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QUEL “NULLA” DOPO LA SCUOLA PER LE PERSONE CON DISABILITÀ

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QUEL “NULLA” DOPO LA SCUOLA PER LE PERSONE CON DISABILITÀ

Fonte www.edscuola.eu Secondo il Censis, dopo la scuola ha il lavoro solo il 31,4% dei ragazzi con sindrome di Down con più di 24 anni e appena il 10% ddei ragazzi con autismo over 20. Intanto, però, le persone con disabilità aumentano di numero, ma sotto traccia.

Secondo le stime del Censis il 6,7% della popolazione ha una disabilità, un totale di 4,1 milioni di persone che nel 2020 raggiungeranno i 4,8 milioni (7,9% della popolazione) e nel 2040 saliranno a 6,7 milioni (il 10,7% della popolazione). In Italia, pubblica Il Sole 24 riportando i dati del Censis, ci sono circa 48mila persone con sindrome di Down, di cui solo il 21% ha meno di 14 anni. È al 66% e rappresenta la fascia di età più ampia, quella fra i 15 e i 44 anni, mentre il 13% ha oltre 44 anni. L’aspettativa di vita per chi è portatore della sindrome di Down è di 61,6 anni per i maschi e di 57,8 anni per le femmine.

Le persone con autismo in Italia secondo le stime sarebbero circa 500mila, pari all’1% della popolazione. Intanto nelle scuole statali cresce il numero dei ragazzi con disabilità che erano 202.314 nell’anno scolastico 2012/2013 e 209.814 nell’anno 2013/2014. Aumentato anche il numero dei docenti di sostegno dai 101.301 del 2012/2013 ai 110.216 del 2013/2014 (+8,8%).

Secondo un’indagine del Censis, i bambini con sindrome di Down in età prescolare che frequentano il nido o la scuola dell’infanzia sono l’82,1%, tra i 7 e i 14 anni l’inclusione scolastica raggiunge il 97,4%, ma già tra i 15 e i 24 anni la percentuale scende a poco meno della metà, anche se l’11,2% prosegue il percorso formativo a livello professionale.

Tra i ragazzi affetti da disturbi dello spettro autistico, fino a 19 anni è il 93,4% a frequentare la scuola, ma il dato scende al 67,1% tra i 14 e i 20 anni, e arriva al 6,7% tra chi ha più di 20 anni.

Dopo la scuola, tutti a casa

E poi? Tutti a casa. Dopo la scuola, infatti, gli adulti con sindrome di Down e con autismo scompaiono nelle loro case, con pochissime opportunità di inserimento sociale e di esercizio del loro diritto alle pari opportunità. Nel mondo del lavoro l’inclusione è pressoché inesistente. Ha un lavoro solo il 31,4% delle persone Down over 24 anni. E la maggioranza di quelli che lavorano (oltre il 60%) non è comunque inquadrata con contratti di lavoro standard.

Nella maggior parte dei casi lavorano in cooperative sociali, spesso senza un vero e proprio contratto. In oltre il 70% dei casi non ricevono nessun compenso o ne percepiscono uno minimo, comunque inferiore alla normale retribuzione per il lavoro che svolgono. Ancora più grave è la situazione per le persone con autismo: a lavorare è solo il 10% degli over 20.

Gli adulti con disabilità rimangono in carico alla responsabilità delle loro famiglie, con sostegni istituzionali limitati, focalizzati quasi esclusivamente sul supporto economico. In Italia la spesa per le prestazioni di protezione sociale per la disabilità, cash e in natura, è pari a 437 euro pro-capite all’anno, superiore solo al dato della Spagna (404 euro) e molto inferiore alla media europea di 535 euro (il 18,3% in meno).

I genitori delle persone con autismo e delle persone Down spendono nell’assistenza diretta e nella sorveglianza complessivamente 17 ore al giorno. La valorizzazione economica di questo tempo vale circa 44.000 euro per famiglia nel caso delle persone Down e circa 51.000 euro per le persone affette da disturbi dello spettro autistico.

Aumenta il senso di abbandono delle famiglie e cresce la quota di quelle che lamentano di non poter contare sull’aiuto di nessuno pensando alla prospettiva di vita futura dei propri figli con disabilità. Mentre tra i genitori di bambini e ragazzi Down fino a 15 anni la quota di genitori che pensa a un «dopo di noi» in cui il proprio figlio avrà una vita autonoma o semi-autonoma varia tra il 30% e il 40%, tra i genitori degli adulti la percentuale si riduce al 12%.

La quota di genitori di bambini e adolescenti con autismo che prospettano una situazione futura di autonomia anche parziale per i loro figli (23%) si riduce ancora più drasticamente (5%) tra le famiglie che hanno un figlio con autismo di 21 anni e più.

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