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Stop alle visite per i minori autistici, i commenti: “Non è una vera svolta”

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Stop alle visite per i minori autistici, i commenti: “Non è una vera svolta”

Carlo Giacobini (HandyLex): “L’autismo grave era già tra le patologie non rivedibili elencate nel decreto del 2007. Ora però si svincola da indennità”. Nicoletti: “Sempre la solita storia: si è autistici fino a 18 anni, poi si smette di essere riconosciuti”

ROMA – Un segnale positivo, ma non certo una “svolta epocale” e ancora meno una “soluzione del problema”: Carlo Giacobini, direttore di HandyLex ed esperto di normativa sulla disabilità, non accoglie con entusiasmo la notizia della circolare con cui l’Inps riconosce come non rivedibili i minorenni con autismo grave Di fatto, anzi, “la notizia secondo me non c’è: l’esonero per questi disturbi era già previsto dal decreto ministeriale del 2 agosto 2007, che elencava le patologie non rivedibili”. Nell’elenco, che include 12 voci, al punto 10 si parla in effetti di “patologie mentali dell’età evolutiva e adulta con gravi deficit neuropsichici e della vita di relazione”: nessun riferimento pontuale all’autismo, che però sembra rientrare pienamente nella categoria.

Restano aperti, invece, alcuni problemi relativa da un lato all’autismo, dall’altro alla questione generale della rivedibilità. Per quanto riguarda l’autismo, “mancano le linee guida per la valutazione: l’Inps parla di casi lievi e borderline, ma di fatto c’è discrezionalità”. Per quanto riguarda invece la rivedibilità, ancora tante sono le questioni irrisolte: “innanzitutto, il fatto che per ottenere questo esonero è necessario che la persona con grave e stabilizzata patologia abbia anche un’indennità di accompagnamento o di comunicazione. Una condizione assurda, visto che, per esempio, un amputato non ha né l’una né l’altra, ma non si capisce perché debba essere considerato rivedibile! Anche molte persone autistiche, per esempio, non hanno l’indennità: soprattutto i minori, che possono avere l’indennità di frequenza, non considerata dal decreto ai fini dell’esonero”. In questo senso, quindi, la nuova comunicazione dell’Inps potrebbe sì agevolare le persone autistiche, perché svincolerebbe l’esonero dall’indennità: in altre parole, la sola gravità della patologia (riconosciuta però “discrezionalmente”), anche senza indennità, eviterebbe l’onere delle visite di verifica.

C’è però un altro “cavillo”, nella breve comunicazione dell’Inps: il limite dei 18 anni. “in realtà – spiega Giacobini tutte le persone con patologie non rivedibili, al 18° anno di età devono comunque sottoporsi a visita, per l’eventuale riconoscimento della pensione”: si tratta però, in questo caso, di una visita “una tantum”, dopo la quale la patologia torna ad essere “non rivedibile”. Diverso sembra essere invece quanto previsto da questa circolare: al compimento del 18° anno, infatti, sarebbe la rivedibilità stessa a venir meno: l’adulto autistico sarebbe quindi nuovamente sottoposto all’obbligo della revisione periodica. “Se così fosse – commenta Giacobini – non ci sarebbe alcuna razionalità nella norma. Anzi, noi come Fish stiamo chiedendo da anni che sia eliminato anche l’obbligo della visita al 18° anno di età, che comporta gravi disagi per tante famiglie, trattandosi sempre di casi gravi“.

Su questo punto, è scettico anche Gianluca Nicoletti, giornalista, papà di Tommy fondatore di Insettopia: “E’ sempre la solita storia: in Italia si è autistici fino a 18 anni, poi si smette di essere riconosciuti: spero che, dietro questa indicazione dell’Inps, non si nasconda questo”. Per il resto, “da un certo punto di vista l’Inps, con questa comunicazione, mostra di voler evitare l’inutile e dolorosa forca caudina della valutazione, a cui la persona autistica deve sottoporsi. Già la diagnosi è una trafila lunghissima: perché, in assenza di possibilità di guarigione, si devono fare tutte queste visite? Quando poi si parla di autismo lieve, non capisco proprio che si possa dire: una diagnosi di lieve autismo è una diagnosi senza senso“.

Il problema della definizione e della classificazione è sottolineato anche da Roberto Speziale, presidente dell’Anffas: “questa comunicazione dell’Inps non risolve il problema vero, che è quello della classificazione definitiva dei disturbi dello spettro autistico all’interno dei Lea. Certo, nella situazione attuale e nel vuoto normativo, l’Inps tenta di alleviare il disagio almeno per chi ha una conclamata gravità. Ma non ha certo affrontato il problema in maniera risolutiva”.

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