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La cura dei malati non autosufficienti non è un fatto privato

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La cura dei malati non autosufficienti non è un fatto privato

Dal sito www.superabile.it ROMA – Sono almeno un milione i malati cronici non autosufficienti in Italia, quasi il 2% della popolazione. Di questi, circa la metà sono affetti da demenza senile o morbo di Alzheimer. Sono persone che hanno diritto a cure specifiche e che non possono essere “parcheggiate” nelle liste d’attesa né essere rimandate a casa se i familiari non sono in grado di prendersene cura. Le leggi ci sono. Il problema è che non tutti ne sono a conoscenza. Il testo di Maria Grazia Breda e Andrea Ciattaglia “Non è sufficiente. Storie e proposte di chi lotta per garantire il diritto alle cure alle persone non autosufficienti” (Altraeconomia, 2013), raccoglie storie di disinformazione, raggiri e torti subiti dai familiari di molti anziani nel loro tentativo di ricevere le cure e l’assistenza di cui hanno diritto.

“Suo padre sta meglio. È pronto a tornare a casa”. È questo il ritornello di molti ospedali che, dopo il ricovero di un anziano, insistono per le dimissioni del paziente perché “Asl e comune non hanno più soldi per le cure”. In realtà, spiegano gli autori, la questione è molto diversa. “Carenze di soldi e posti letto non possono pregiudicare le cure: tutti i malati cronici non autosufficienti hanno diritto per legge alle cure sanitarie e, se ricoverati, non possono essere rimandati a casa a meno che i congiunti non lo accettino”. L’alternativa c’è e si chiama ‘opposizione alle dimissioni’: una lettera raccomandata inviata all’ospedale e all’Asl di residenza dove si comunica il rifiuto delle dimissioni del malato e se ne chiede la prosecuzione delle cure, anche in un’altra struttura. “L’Asl, l’ospedale, gli assistenti sociali non ci hanno mai spiegato a pieno i nostri diritti”, racconta Claudio, parlando della storia di sua moglie Emma, malata di Alzheimer dal 2002. “E’ incredibile quanto queste condizioni siano diffuse e quanto i diritti di queste persone siano sconosciuti e, almeno in un primo tempo, rifiutati dal senso comune delle persone – gli fa eco Marta, figlia di una paziente psichiatrica – . Purtroppo c’è la convinzione che sia un dovere esclusivo della famiglia farsi carico della malattia di un suo componente“. In molti casi una presa in carico totale del malato da parte della sua famiglia può essere davvero onerosa: assumere una “badante” può arrivare a costare fino a 2 mila euro al mese mentre il ricovero in una Rsa può raggiungere i 3500 euro. Molti non sanno che è possibile chiedere e ottenere le cure sanitarie con oneri sostenibili. Il testo ripercorre il quadro normativo attuale, a partire dall’art. 32 della Costituzione fino ad arrivare alle prestazioni socio-sanitarie previste dai Lea, i livelli essenziali di assistenza, in base ai quali le Asl devono farsi carico delle prestazioni per anziani cronici non autosufficienti e/o dementi per una quota che varia dal 40 al 70% del costo totale, a seconda del livello di autosufficienza del paziente.

Gli autori puntano il dito anche contro il sistema di informazione televisivo e quello della carta stampata, colpevoli di mettere in luce solamente fatti di cronaca relativi ai malati non autosufficienti, uccisi dai parenti che spesso si tolgono la vita insieme a loro, senza indagare e approfondire l’altra tragedia, quella dei diritti negati e del perché si giunge a una soluzione tanto estrema. Il problema è che queste tragedie sono il “risultato di una cultura che punta a ridurre il problema della cura dei malati non autosufficienti ad un fatto privato”.

Tuttavia, una nuova organizzazione delle cure è possibile. Secondo il Csa, il Coordinamento sanità e assistenza, per scongiurare un “abbandono terapeutico” è necessario puntare sulla de-ospedalizzazione protetta, meno onerosa dell’ospedale o delle case di cura private, importante anche per assicurare la continuità delle cure oltre il ricovero, nonché sulle prestazioni di tipo domiciliare con il sostegno di Asl e comuni. “Non è accettabile, legalmente e moralmente, che lo Stato abbandoni queste persone a se stesse e alle loro famiglie – lasciate peraltro sole – solo perché li considera soggetti improduttivi e ‘di peso’ per la società”. (Federica Onori)

(16 febbraio 2014)

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