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CERTIFICATI PENALI, LA BUROCRAZIA SI ABBATTE SULLE ONLUS

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CERTIFICATI PENALI, LA BUROCRAZIA SI ABBATTE SULLE ONLUS

Fonte www.vita.it – Sembrerebbe uno scherzo d’aprile. Ma  purtroppo non è così. La notizia è questa: entro il prossimo 6 aprile  (fra cinque giorni!), tutte le organizzazioni che impiegano personale  (volontario o meno) le cui mansioni comportino contatti diretti e regolari con  minori dovranno produrre un certificato penale. Se non lo fanno, la sanzione  amministrativa pecuniaria è fissata fra 10mila e 15mila euro.

La disposizione è contenuta nel Decreto legislativo  04/03/2014 n. 39 (G.U. 22 marzo 2014 – serie generale n. 68), in attuazione delladirettiva  2011/93/UE relativa alla lotta contro l’abuso e lo sfruttamento sessuale dei  minori e la pornografia minorile, che sostituisce la decisione quadro  2004/68/GAI. La norma, inoltre, non prevede esenzione al  pagamento del bollo per le onp (“1 marca da bollo da 16 euro + 1 marca  per diritti da 7,08 euro se il certificato è richiesto con urgenza o 1 marca per  diritti da 3,54 euro se il certificato è richiesto senza urgenza”).

Su questo punto, quello del costo del bollo, però ci potrebbe  essere una via d’uscita (da verificare). Questo il suggerimento del nostro  esperto Gianpaolo Concari: «È possibile che sia l’associazione ad  effettuare “collettivamente” l’autocertificazione per i soggetti  interessati (educatori, operatori…) nel momento in cui il legale  rappresentante dichiari che i signori X Y Z non hanno subito condanne per i  reati di (…) . Occorre poi allegare le copie dei documenti di tutte le  persone interessate (legale rappresentante e i soggetti che rientrano  nell’autocertificazione). Così facendo l’ente, se è una Onlus, può  godere dell’esenzione dall’imposta di bollo ai sensi dell’art. 27-bis  della Tabella allegata al d.P.R. 642/72. Nell’autocertificazione bisogna  inserire il riferimento alla norma di esenzione».

Rimane il fatto, nota un altro nostro esperto, Carlo Mazzini  che il decreto legislativo pur ispirandosi a una direttiva europea (n.  2011/93), ne stravolge il senso. Sostiene Mazzini: «Al par. 40 delle  premesse della Direttiva si legge che il datore di lavoro ha il diritto di  essere informato … delle condanne esistenti per reati sessuali ecc. Non solo.  All’art 10, c 2 della Direttiva, il legislatore europeo afferma che “gli Stati  membri adottano le misure necessarie per assicurare che i datori di lavoro, al  momento dell’assunzione di una persona per attività professionali o attività  volontarie organizzate che comportano contatti diretti e regolari con minori,  abbiano il diritto di chiedere informazioni, …”».

Di più: «Più oltre (art 12) la direttiva parla sì di  sanzioni alle persone giuridiche, ma sono quelle collegate alla normativa della  231, (responsabilità amministrativa dell’ente) che il dlgs ha recepito».

Quindi un diritto è stato trasformato in un dovere. Risultato?  «Il legislatore italiano ha travisato il contenuto della  direttiva», taglia corto Mazzini. Intanto però al 6 aprile, mancano 5  giorni. Non sappiamo se il tempo per rimediare ci sia. Rimane il fatto che  ci aspettiamo che nel Palazzo qualcuno almeno si renda conto del danno,  anche involontario, una provvedimento del genere rischia di arrecare a chi  lavora proprio in difesa dei minori.

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