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ALTERNANZA SCUOLA LAVORO E DISABILITÀ

Fonte www.disabili.com – La Legge di riforma dell’istruzione, n. 107/15 prevede, tra le altre cose, un dettagliato piano per le Scuole Secondarie di Secondo Grado, riguardante l’alternanza scuola-lavoro.

Nello specifico sono previste, per gli istituti tecnici e professionali, nel secondo biennio e nell’ultimo anno del percorso di studi, almeno 400 ore e, per i licei, nel triennio, almeno 200 ore. I percorsi di alternanza devono essere inseriti nei piani triennali dell’offerta formativa elaborati dalle istituzioni scolastiche.

L’alternanza scuola-lavoro può essere svolta durante la sospensione delle attività didattiche e può essere realizzata anche all’estero. E’ previsto un regolamento, con cui è definita la Carta dei diritti e dei doveri degli studenti in alternanza scuola-lavoro.

Le scuole, inoltre, devono attivare percorsi di formazione in materia di tutela della salute e della sicurezza nei luoghi di lavoro, rivolti agli studenti inseriti nei percorsi di alternanza, secondo quanto disposto dal D. Lgs. n. 81/08. Il dirigente scolastico individua, all’interno di un registro nazionale, le imprese e gli enti pubblici e privati disponibili all’attivazione dei percorsi e stipula con essi apposite convenzioni.

Analoghe convenzioni possono essere stipulate con musei, istituti e luoghi della cultura e delle arti, nonché con gli uffici centrali e periferici del Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo.

La legge 107, nell’indicare le modalità di attivazione dei percorsi di alternanza scuola-lavoro, non fa alcun riferimento agli alunni con disabilità. In essa si legge che il percorso di alternanza si attiene a quanto previsto dal D. Lgs. N. 77/05, nel quale è indicato che i periodi di apprendimento mediante esperienze di lavoro sono dimensionati, per gli studenti con disabilità, in modo da promuoverne l’autonomia anche ai fini dell’inserimento nel mondo del lavoro. Ciò, naturalmente, sembra indicare che tali esperienze saranno progettate in misura coerente con gli specifici bisogni degli alunni.

Non si ravvisano, però, anche in questo documento normativo, ulteriori dettagli. L’alternanza scuola-lavoro, dunque, è stata già fissata da una norma di dieci anni fa ed è già presente in forma sperimentale in molte realtà scolastiche. Essa rappresenta un’ottima opportunità di inclusione per i ragazzi con disabilità. Ciò però è possibile solo individuando scelte coerenti con le attitudini e con le specificità dei ragazzi. In caso contrario diventa mero atto formale e grande occasione persa. A tale coerenza è stato dedicato un recente convegno realizzato a Napoli dall’Unione Italiana dei Ciechi e degli Ipovedenti, dal titolo Il lavoro che fa per me! e dedicato alle azioni positive volte all’inclusione lavorativa.

Non si tratta solo, infatti, di favorire l’inserimento in situazioni lavorative, ma, piuttosto, di ricercare quelle specifiche situazioni in cui un ragazzo con disabilità possa esprimere al meglio le proprie capacità. Questa finalità, sia pure già indicata nella Legge n. 68/99, che tutela il diritto al lavoro, è stata infatti troppe volte disattesa e il mondo del lavoro spesso ha interpretato l’assunzione di una persona con disabilità in termini assistenziali e non, invece, secondo parametri di inclusione sociale.

Anche la scuola non ha elaborato nel tempo un concreto modello inclusivo idoneo a favorirne l’inserimento lavorativo, nonostante fosse previsto dalla Legge n. 104/92. Vi è l’alternanza scuola-lavoro, prevista ormai da dieci anni ed oggi confermata da una legge. In essa non vi sono riferimenti specifici per gli alunni con disabilità.

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DISABILITÀ E LAVORO: DAL DIRITTO TEORICO ALL’INCLUSIONE REALE

Fonte www.fishonlus.it“Apprezziamo il lodevole intento di rendere reali ed efficaci il diritto al lavoro delle persone con disabilità e il collocamento mirato profilati dalla legge 68/1999 ma, fino ad oggi, molto lontani dall’essere una tangibile concretezza. Se ne occupa, in modo innovativo, lo schema di decreto legislativo (Atti del Governo, n. 176), attuativo della delega di cui alla legge 183/2014 (Jobs Act), sottoposto al parere della Conferenza Stato-Regioni e delle competenti Commissioni di Senato e Camera. E a Commissioni e Conferenza chiediamo di formulare pareri pienamente favorevoli cosicché il decreto possa speditamente essere approvato per diventare operativo.”

Questa la dichiarazione congiunta di CISL, FISH* (Federazione Italiana per il Superamento dell’Handicap) e UICI (Unione Italiana Ciechi e Ipovedenti).

“Si tratta di un testo dalla volontà spiccatamente inclusiva, il risultato di un percorso e l’inizio – lo speriamo – di una nuova fase. Vi sono indicazioni ampiamente maturate in 16 anni di confronti, analisi, tavole rotonde, documenti, approfondimenti.” Sottolinea Vincenzo Falabella, Presidente FISH. “Su questi temi centrali abbiamo condiviso attivamente il lavoro dell’Osservatorio Nazionale sulla condizione delle persone con disabilità, istituito in base alla Convenzione ONU. Plaudiamo, quindi, con viva soddisfazione, al recepimento nel decreto di gran parte degli indirizzi emersi in quella sede. Gli attriti di questi giorni si fondano in realtà sull’evidente equivoco tra chiamata nominativa e assunzione diretta, o si basano sull’analisi non aggiornata delle norme.” ricorda Maurizio Bernava, Segretario Confederale CISL.

“L’unica preoccupazione reale sul testo dello schema di decreto riguarda l’istituto dell’assunzione diretta, che consente al datore di lavoro di adempiere all’obbligo e accedere ai finanziamenti del Fondo Nazionale senza alcun contatto con i servizi competenti. Questa procedura rischia di penalizzare proprio le disabilità più gravi” evidenzia Mario Barbuto, Presidente UICI.

E a ben vedere le novità ventilate nel Capo I dello schema di decreto attuativo del Jobs Act non sono di poco conto sia sul fronte dei servizi per l’impiego che su quello delle politiche attive che, infine, del monitoraggio di un fenomeno con ancora troppi coni d’ombra informativi.

L’inclusione lavorativa dovrebbe essere garantita da un sistema razionale e certo di accomodamenti ragionevoli e dall’istituto del disability manager (organismo collegiale).

Parte integrante delle politiche attive è la revisione degli incentivi per l’assunzione: le agevolazioni, che vengono innalzate, prolungano la loro durata (60 mesi nel caso di persone con disabilità intellettiva e psichica) e se ne rende automatica l’erogazione, brevi e certi i tempi.

In coerenza con la legge 68/1999, che assegna alla chiamata nominativa un ruolo di primo piano, lo schema di decreto sancisce una modalità già ampiamente applicata, che consente proprio di selezionare la “persona giusta” e collocarla, attraverso l’insieme degli strumenti a disposizione, nel “posto giusto”: questa è inclusione.

L’istituto della chiamata numerica, usato oggi essenzialmente per le aziende non ottemperanti, viene inoltre ridisegnato dallo schema di decreto che limita fortemente molte “scappatoie” fino ad oggi possibili e impone tempi e controlli molto più stringenti. Una serie di misure hanno poi l’effetto di allargare la disponibilità di posti di lavoro.

Per colmare le molte carenze informative – che limitano il monitoraggio e gli interventi sul fenomeno della inoccupazione delle persone con disabilità – viene istituita all’interno della “Banca dati politiche attive e passive” l’apposita “Banca dati del collocamento mirato”.

È però indispensabile che le informazioni vengano rese disponibili anche alle rappresentanze delle parti sociali e delle associazioni delle persone con disabilità.

“Lo schema di decreto non affronta invece una più profonda riforma degli esoneri ed esclusioni, e sarà dunque opportuno affinare gli interventi. Inoltre – sottolineano Falabella, Barbuto e Bernava – siamo molto perplessi per la proposta, in altro schema di decreto, dell’abrogazione delle commissioni ‘tripartite’ del lavoro e conseguentemente dei comitati tecnici.”

Infine un obiettivo per l’immediato futuro: “A settembre ci auguriamo di poter agire per rilanciare e rafforzare il diritto al lavoro delle persone con disabilità, a partire dalle Linee Guida sul collocamento mirato, insieme a tutte le forze sociali, sindacali, associative, datoriali.”

La dichiarazione è disponibile a questo link

*Cui Anffas Onlus aderisce

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LA RIFORMA? L’OBIETTIVO È L’OK ENTRO L’ANNO

Fonte www.vita.it – Tra i tanti delusi dall’ulteriore slittamento dei tempi al Senato per la legge delega di Riforma del Terzo settore, impresa sociale e Servizio civile c’è anche lui, Luigi Bobba, sottosegretario al Welfare che è stato vera levatrice di questa legge delega che fatica a vedere la luce, con una presenza costante sia dentro il Parlamento (non ha mancato una riunione della discussione alla Camera) sia in giro per il Paese in 120 incontri in un anno.

Delusione e amarezza che non ha nascosto quando è venuto a sapere che la Presidente della Commissione Affari Costituzionali della Camera dopo un primo rinvio per la scadenza per la presentazione degli emendamenti dal 9 al 21 luglio, ha ulteriormente rinviato al 7 settembre.

Anche per questo la ministra per i Rapporti con il Parlamento on. Maria Elena Boschi ha convocato una riunione con Luigi Bobba, i senatori Finocchiaro (presidente di Commissione), Lepri (relatore al Senato), Zanda capogruppo dei Democratici, e gli onorevoli Rosato (capogruppo Democratici alla Camera) e Lenzi (relatrice).

Una riunione per non trovarsi più di fronte a sorprese e per stabilire le tappe di un calendario condiviso.

Ha letto i tanti interventi di presidenti di organizzazioni e di professori che chiedono di fare presto?

Si mi hanno molto colpito, ed anche consolato perché segno di una consapevolezza che del resto constato in decine e decine di incontri in giro per l’Italia. Sono voci diverse di diversa estrazione culturale ma all’unisono sanno che la sfida dell’economia civile e della creazione di capitale sociale è fondamentale per il nostro Paese. L’unica condizione per un nuovo sviluppo. La politica dovrebbe ascoltare di più questa armonia di voci.

Anche lei è deluso sottosegretario?

Beh, un po’ di amarezza c’è stata, sinceramente speravo che il testo fosse licenziato al Senato entro l’estate. Forse la scelta di collocare questa legge delega in una Commissione che ha tra le mani provvedimenti come la Riforma Costituzionale non è stata tra le più felici.

Come è andata la riunione ieri?

Il ministro Boschi è stato molto chiaro, non possiamo permetterci il lusso che la Riforma non arrivi in porto entro quest’anno, per le ragioni a più riprese sottolineate dallo stesso premier che ha più volte ribadito come questo sia uno dei punti nodali dell’azione riformatrice di questa legislatura. Per questo in Senato non potrà essere rimesso in discussione l’impianto della legge uscito dopo otto mesi di lavoro alla Camera, otto mesi che hanno visto una partecipazione ampia sia nelle audizioni sia tra le forse politiche e dove si è trovato un buon punto di equilibrio.

Cosa è stato stabilito sui tempi?

Con la Presidente di Commissione si è stabilito che nel mese di settembre si proceda con la valutazione degli emendamenti così che sia possibile ad ottobre andare in Aula. Riforme costituzionali e Unioni civili permettendo. Già, sarà complicato. Poi il testo dovrà tornare alla Camera e se ci saranno cambiamenti sostanziali i tempi si allungheranno ancor di più. Le modifiche che possono essere apportate saranno concordate, per questo ieri erano presenti i due capigruppo e i due relatori, così che il passaggio alla Camera sia un adempimento poco più che formale.

Su quali punti saranno fatte modifiche?

Sicuramente non sull’art. 1 che a giudizio di tutti, anche di eminenti giuristi, è una sintesi felice di ciò che è il Terzo settore. Le modifiche utili riguarderanno il Servizio civile, il ruolo dei Centri di Servizio e qualche precisazione sull’impresa sociale.

Lei quindi ci crede che la Delega vedrà la luce entro l’anno?

Ci spero. E, naturalmente, farò di tutto perchè accada.

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BORSE DI STUDIO PER STUDENTI CON DISABILITÀ

Fonte www.superando.itUn’interessante opportunità rivolta agli studenti con disabilità, impegnati nei settori dell’informatica o simili, è quella promossa dall’EDF, il Forum Europeo della Disabilità, con il sostegno di Oracle, sistema gestionale di dati noto a livello internazionale.

Si tratta di una borsa di studio di 8.000 euro, per il prossimo anno accademico 2015-2016, basata su progetti di ricerca riguardanti soluzioni innovative per l’accessibilità delle tecnologie dell’informazione e della comunicazione (accessibilità dei siti web, tecnologie assistive ecc.), perché «l’innovazione in questi settori – come spiegano dall’EDF – è un elemento chiave per rendere le persone con disabilità sempre più cittadini attivi nella propria comunità».

Le varie proposte – che dovranno essere inviate entro il 1° settembre, da studenti con disabilità di un’Università dell’Unione Europea – verranno giudicate in base all’originalità, alla qualità scientifica e allo rispetto dello stato dell’arte delle conoscenze, oltreché, naturalmente, per come e quanto sapranno tener conto dell’accessibilità alle tecnologie dell’informazione e della comunicazione.

In questa pagina del sito dell’EDF sono disponibili tutte le informazioni (in lingua inglese) sull’iniziativa

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DOPO DUE ANNI E SETTE MESI, SI PUÒ CHIEDERE IL CONGEDO PARENTALE A ORE

Fonte www.vita.it – Ci sono voluti due anni e sette mesi per implementare una procedura, ma finalmente dal 16 luglio è possibile presentare all’Inps domanda di Congedo Parentale ad Ore.

A dare la notizia è stata la pagina Facebook Inps per la Famiglia, con questo post: «#‎CongedoParentaleAOre: dal 16 luglio è online la procedura per richiederlo, aggiornato in base alla nuova normativa. Potete accedere ai servizi online del sito Inps con il vostro PIN e selezionare la voce Congedi parentali su base oraria nella sezione Congedi Parentali».

La possibilità per i genitori di usufruire del congedo parentale a ore è prevista dalla legge di stabilità 2013, pubblicata in Gazzetta Ufficiale il 29 dicembre 2012, che ha recepito le modifiche disposte dal Dl 216/2012 attuativo della direttiva 2010/18/ Ue. In sostanza secondo la legge dal dicembre 2012 in poi un genitore può usufruire del congedo parentale retribuito al 30% solo per alcune ore al giorno, “spalmandolo” così su un periodo più lungo, riducendo l’impatto sul bilancio famigliare della riduzione dello stipendio e tornando comunque al lavoro per alcune ore, con beneficio anche per l’azienda.

Vantaggi per tutti, quindi e possibilità ribadita anche a inizio luglio con i decreti attuativi del Jobs Act.

Peccato che per due anni e sette mesi il congedo parentale “a ore” è esistito ma nessuno l’ha potuto richiedere, perché mancava la procedura e nessuno all’Inps sapeva dire come fare per presentare la domanda.

«Era praticamente un diritto inesigibile», spiega Simone Sereni, di Roma, che quel congedo a ore avrebbe voluto prenderlo nell’ottobre 2014, alla nascita del suo quarto figlio. Ne ha fatto una battaglia di principio, continuando a chiedere informazioni anche quando il congedo personalmente non lo interessava più. Quella di oggi, quindi, è anche un po’ una sua vittoria.

Il suo blog è diventato inaspettatamente il punto di riferimento dei genitori alle prese con l’impossibilità pratica di chiedere il congedo a ore (basta digitare su Google “congedo parentale a ore come chiedere” e al primo posto compare il suo blog, prima ancora del sito istituzionale dell’Inps): «Mi sono reso conto che le persone arrivavano sul mio blog da Google, in poco tempo il blog è diventato una sorta di forum autorganizzato e altri genitori nei commenti hanno man mano condiviso esperienze, risposte, prassi».

Già, perché la cosa più incredibile in questo lunghissimo tempo di limbo è stata la gestione della comunicazione: diverse sede Inps in Italia hanno dato risposte diverse, il contact center diceva una cosa diversa da quello che diceva la propria sede territoriale, i social dicevano un’altra cosa ancora (la stessa cosa sta accadendo in questi giorni circa le modalità con cui fare richiesta del congedo parentale retribuito al 30% per i figli dai 3 ai 6 anni, novità introdotta poche settimane fa). Una babele.

«Devo riconoscere che chi gestisce l’account twitter dell’Inps mi ha sempre dato feedback, per quanto immagino che chi chiede il congedo parentale a ore sia numericamente parlando una piccola nicchia. È un successo anche loro», spiega Sereni.

Da oggi quindi niente più confusione, la domanda si fa online.

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LA NORMATIVA INCLUSIVA NELLA NUOVA LEGGE DI RIFORMA

È stato pubblicato dalla casa editrice Key l’instant book “La normativa inclusiva nella nuova legge di riforma sulla buona scuola”*, testo di Salvatore Nocera e Nicola Tagliani.

Spiegano gli autori:

Trattandosi di una legge appena pubblicata, la cui interpretazione non è ancora sorretta dal supporto di interpretazioni giurisprudenziali, abbiamo tentato di effettuarne una lettura a caldo, basandoci sull’esperienza quotidiana di consulenza a famiglie, dirigenti scolastici e docenti ed operatori di associazioni, enti ed istituzioni territoriali, realizzata presso la sezione legale (Nocera) e psicopedagogica (Tagliani) dell’Osservatorio Scolastico dell’AIPD (Associazione Italiana Persone Down).

Abbiamo voluto offrire nel primo capitolo una mappa di lettura dell’ampia materia ammassata informalmente nei 212 commi dell’unico articolo di cui si compone la legge; ciò al fine di avvicinare i lettori a prendere confidenza con una materia tanto vasta e varia.

Nel secondo capitolo abbiamo evidenziato le principali novità normative introdotte, cercando di accennare al clima culturale e politico in cui tali novità sono state imposte, anche se con qualche compromesso, dal Governo.

Nel terzo capitolo ci siamo concentrati sull’analisi dei possibili contenuti del decreto delegato che la legge prevede debba essere emanato sulla revisione della normativa inclusiva. In applicazione dei principi contenuti nella delega, sono state ipotizzate delle soluzioni, de jure condendo, applicative degli stessi che riteniamo possano migliorare la qualità inclusiva delle scuole italiane, sperando che esse trovino una qualche udienza negli estensori istituzionali dei contenuti del decreto delegato.

Il nostro lavoro espositivo ed interpretativo mira a facilitare l’utilizzo della nuova legge di riforma da parte non solo degli operatori della scuola, ma anche delle famiglie e degli operatori delle organizzazioni del Terzo Settore, al quale la legge fa continuo riferimento, per ottenerne la collaborazione per le attività durante l’apertura pomeridiana delle scuole, durante le vacanze e per l’alternanza scuola-lavoro, fortemente volute dal legislatore. Anche gli operatori del diritto potranno trovare spunti utili per l’applicazione delle norme contenute nella riforma e nei numerosi decreti applicativi e saremo grati a quanti vorranno fornirci interpretazioni diverse dalle nostre. Se così fosse, saremo lieti di aver positivamente contribuito, con le nostre piccole forze, al dibattito sulla riforma della “buona scuola”.

* Il testo di 66 pagine è acquistabile: 1. on-line dallo store www.homebookshop.it in formato e-book al prezzo di € 5,99 e in formato cartaceo + e-book al prezzo di € 12.

Da lunedì 20 luglio è acquistabile anche da tutti i principali web store di libri: Amazon, Google play, Feltrinelli, Mondadori, ecc. 2.

In formato cartaceo + e-book al prezzo di € 12 presso le seguenti librerie a partire dal 24 o 27 luglio: Amazon, IBS, Alice, Google Play, librerie Medichini Lepanto, Clodio e Forense di Roma, Quaglia di Milano, Libreria del tribunale di Firenze, Palazzo di Giustizia di Torino, Culc di Caltanissetta, Azuni di Sassari, Libreria Professionale di Forlì.

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L’INCLUSIONE SOCIALE DELLE PERSONE CON LIMITAZIONI FUNZIONALI, INVALIDITÀ O CRONICITÀ GRAVI

Fonte www.istat.itNel 2013, circa 13 milioni di persone di 15 anni e più risultano avere limitazioni funzionali, invalidità o cronicità gravi. Complessivamente si tratta del 25,5% della popolazione residente di pari età. Per queste persone l’interazione tra condizioni di salute e fattori ambientali può tradursi in restrizioni dell’inclusione sociale.

Tra le persone con limitazioni funzionali, invalidità o cronicità gravi, il 23,4% riferisce di avere limitazioni gravi, cioè il massimo grado di difficoltà in almeno una tra le funzioni motorie, sensoriali o nelle attività essenziali della vita quotidiana.

Il numero di tali persone nella popolazione residente in Italia è stimato in circa 3 milioni.

Nella popolazione con limitazioni funzionali, invalidità o cronicità gravi prevalgono le donne (54,7%) e le persone anziane (61,1%). La quota di persone con gravi limitazioni è più alta tra le anziane (37,8%) rispetto a quella registrata tra gli uomini anziani (22,7%). Circa 5 milioni di persone tra 15 e 64 anni con limitazioni funzionali, invalidità o cronicità gravi non sono iscritte a corsi di alcun tipo (scolastici, universitari o di formazione professionale). Tra questi individui, l’8,4% ha restrizioni nella possibilità di studiare a causa di problemi di salute. La quota sale al 37,3% tra quanti hanno limitazioni funzionali gravi.

Le condizioni di salute hanno un forte impatto sulla partecipazione al mondo lavorativo. Nel 2013 risulta occupato il 44,0% delle persone di 15-64 anni con limitazioni funzionali, invalidità o cronicità gravi, contro il 55,1% del totale della popolazione. Tra le persone con limitazioni funzionali gravi risulta occupato solamente il 19,7%.

È molto elevata la percentuale di persone con limitazioni funzionali, invalidità o cronicità gravi che hanno restrizioni nella mobilità a causa di problemi di salute: il 27,2% ha difficoltà a uscire di casa, il 22,3% ad accedere agli edifici e il 19,7% a utilizzare i trasporti pubblici.

Tra le persone con limitazioni funzionali gravi le quote raggiungono rispettivamente il 76,2, il 70,5 e il 59,6%. Il 13,0% delle persone con limitazioni, invalidità o cronicità gravi ha difficoltà a usare i mezzi pubblici a causa di barriere ambientali.

La quota raggiunge il 29,6% tra chi ha limitazioni funzionali gravi. Il 17,0% delle persone con limitazioni funzionali, invalidità o cronicità gravi dichiara di avere difficoltà per motivi di salute a incontrare amici o parenti e il 22,1% a svolgere attività nel tempo libero.

La percentuale di chi dichiara difficoltà, per gli stessi motivi, a usare internet risulta più contenuta (11,1%). Le quote si triplicano tra le persone con limitazioni funzionali gravi, arrivando rispettivamente al 47,6, 60,8 e 36,3%.

Per approfondire

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