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Concorrenza, nel sociosanitario uno sbaglio non riconoscere la specificità del Terzo settore

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Concorrenza, nel sociosanitario uno sbaglio non riconoscere la specificità del Terzo settore

Fonte www.vita.it – Il 30 settembre 2023, secondo la legge, per l’accreditamento dei servizi sociosanitari non ci sarà alcuna differenza tra enti di Terzo settore e privato profit. In barba alla specificità degli Ets riconosciuta dalla riforma e ai principi della amministrazione condivisa. Anffas Nazionale e Confcooperative Federsolidarietà chiedono la modifica della Legge n. 118/22 e del suo decreto attuativo.

Concorrenza, nel sociosanitario gli enti di Terzo settore e il privato profit non sono la stessa cosa. Anffas Nazionale e Confcooperative Federsolidarietà chiedono la modifica della Legge n. 118/22, “Legge annuale per il  mercato e la concorrenza 2021”, e del Decreto del Ministero della Salute del 19 dicembre 2022,  attuativo della stessa, i quali, intervenendo su alcune disposizioni del D.lgs. n. 502/92, hanno  comportato l’estensione delle regole sulla concorrenza agli enti privati che erogano servizi sanitari  e sociosanitari e, conseguentemente, anche agli Enti del Terzo settore. 

L’art. 15 della Legge n. 118 del 5 agosto 2022 e il DM del 19  dicembre 2022 hanno modificato la disciplina dell’accreditamento e del convenzionamento delle strutture private nonché del monitoraggio e della valutazione degli erogatori  privati convenzionati: tali modifiche hanno l’effetto di attrarre alla disciplina della concorrenza tutti i  soggetti privati, senza distinzione alcuna tra Enti di Terzo Settore e privati profit. «Ciò appare assolutamente ingiustificabile e, tra l’altro, non si comprende come possa coordinarsi  con il ruolo che agli Enti di Terzo Settore viene assegnato con la Riforma del Terzo Settore», scrivono Anffas e Confcooperative Federsolidarietà.

Già lo scorso maggio una nota a firma  congiunta metteva in luce le criticità e le gravissime conseguenze che tale modifica normativa, così predisposta, comporterà alle persone che usufruiscono di tali servizi e alle strutture che li  erogano. La nota e le proposte di modifica, però, ad oggi non hanno avuto riscontro. 

Basti pensare agli strumenti di “amministrazione condivisa”, che per la stessa Corte costituzionale rappresentano un’applicazione dell’art. 118 della Costituzione, che valorizza la possibile convergenza su “attività di interesse generale” fra la pubblica amministrazione e gli Enti di Terzo Settore.

La specificità degli enti di Terzo settore è evidente e non può in alcun modo essere ignorata dal  legislatore. Tutto ciò, senza realizzare alcun coordinamento con i principi e criteri direttivi sanciti nella Legge  n. 227/21 (“Delega in materia di disabilità”) e nella Legge n. 33/23 (“Deleghe al Governo in materia  di politiche in favore delle persone anziane”). Non si tiene neppure conto delle diversificate realtà esistenti a livello regionale e, conseguentemente, delle ingenti difficoltà che alcune di esse hanno nell’adeguarsi alla nuova  normativa nei tempi così ristretti previsti: il 30 settembre 2023.

Tra l’altro, non si è operata  alcuna differenziazione, neppure a seconda della tipologia di prestazione erogata o della condizione  della persona presa in carico, dei suoi bisogni e delle sue esigenze, andando a standardizzare tutto  il comparto dei servizi. Ciò, con grave pregiudizio sia dei diritti delle persone con disabilità che  usufruiscono di tali servizi sia  di quelli alla continuità gestionale e organizzativa delle strutture già accreditate o contrattualizzate che operano, magari da anni e stabilmente, in tali settori.

Anffas Nazionale e Confcooperative Federsolidarietà chiedono:

1. l’esclusione dall’ambito di applicazione della Legge n. 118/22 e del DM 19 dicembre 2022  e, quindi la previsione di una differente disciplina, per le attività sanitarie e sociosanitarie  di interesse generale, poste in essere dagli Enti di Terzo Settore (D.lgs. n. 117/17) e dagli  ETS Imprese Sociali (D.lgs. 112/17), accreditati e contrattualizzati con il SSN (esclusione già  prevista per gli enti pubblici e IRCSS);  

2. la previsione di una disciplina diversificata, con diverse ulteriori regole ed indicatori per  aree di fragilità, al fine di garantire i diritti fondamentali delle persone con disabilità che  accedono ai servizi.

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