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L’estate sta finendo? “I caregiver non vedono l’ora”

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L’estate sta finendo? “I caregiver non vedono l’ora”

Fonte www.superabile.it – La testimonianza di Irene Gironi Carnevale, mamma e caregiver a tempo pieno: “Per me l’estate è un incubo: le ferie non esistono, e vacanze men che mai. Devo gestire mio figlio da sola e non vedo l’ora di tornare alla mia ordinaria diversità”.

ROMA – Nessun rimpianto, nessuna nostalgia per l’estate che sta per finire: mentre gran parte degli italiani oggi (e in questi giorni) rientrano dalle vacanze durate sempre troppo poco, c’è chi tira un sospiro di sollievo perché un incubo sta per finire. E’ l’incubo dell’estate del caregiver familiare, di chi ogni giorno, 24 ore su 24, d’estate come d’inverno, si prende cura a tempo pieno di un figlio con una grave disabilità. “Chi ha una persona disabile in famiglia, nella fattispecie un figlio, vive l’estate come un incubo, a meno che non goda di casa in luogo di vacanza e parenti, operatori, amici tuttofare disponibili per tutto il periodo estivo a interagire e aiutare nella gestione”, ci racconta Irene Gironi Carnevale, mamma e unica caregiver di un ragazzo con disabilità.

“Al vostro buon cuore”

“Il problema – spiega – non è solo trovare il modo di fargli trascorrere un periodo gradevole, magari assecondando i suoi gusti. Mio figlio, ad esempio, adora il mare e, a parte la settimana di soggiorno estivo che ci elargisce la Asl a fronte di un’estate che dura tre mesi buoni, e un periodo oscillante tra 10 e 14 giorni in cui il padre lo porta con sé, il resto è tutto da costruire, tra attività solite azzerate, strutture inesistenti, città poco disponibile per attività alternative, operatori giustamente in ferie”.
Quello dell’assistenza si classifica naturalmente come il problema numero uno: “Difficile spiegare all’assistente sociale (che la fa facile e insiste su una sostituzione) che non puoi mandare in giro tuo figlio, dal comportamento imprevedibile, con l’ultimo arrivato che non lo conosce”. Per far fronte a questo problema, ricorda Carnevale,”Elena Improta, madre di Mario, ha chiesto aiuto ad amici e conoscenti per aiutarla ad organizzare un soggiorno al figlio nella loro casa di Capalbio. Una sorta di appello ‘al vostro buon cuore” da parte di due persone, madre e figlio, bisognose di un sostegno e un’assistenza che non ci sono. E’ la solita vecchia storia di cui sono piene le cronache, intasate le caselle mail delle istituzioni, nel silenzio generale di chi dovrebbe e potrebbe fare qualcosa e invece se ne frega”.

Una serie di “Come faro

E poi c’è un altro aspetto, meno pratico, più psicologico e intimo. “Per quanto mi riguarda il periodo estivo da molti anni un periodo insopportabile non solo per l’impegno di giocare a tetris col tempo, lo spazio e le occasioni di svago per mio figlio, ma anche per la disponibilità di troppo tempo per pensare. Sì, perché mentre stai camminando per le strade semideserte con lui, o quando la notte stai sveglia per le alte temperature, i pensieri cominciano a girare e rigirare nella mente e assumono dimensioni abnormi. Si affacciano alla mente una serie di ‘Come farò?’ che spaziano dalla mancanza di un lavoro fisso e dunque di disponibilità monetaria ai contenziosi familiari di vario genere: gli altri figli, a cui devi dedicare tempo e attenzione, l’ ex marito e i parenti vari e magari anche qualche problema di salute da tenere a bada. Tutto questo, nelle bollenti notti d’estate e negli assolati pomeriggi silenziosi – assicura Carnevale – si trasforma in un piccolo esercito di mostri, di ostacoli insormontabili che si cerca di affrontare, verso i quali si tenta di mettere in atto strategie per tenerli almeno a bada, mentre tuo figlio ti prende per un braccio e ti porta in cucina, temendo che tu non ti dedichi abbastanza diligentemente a preparargli il pasto. Eh sì, va detto: anche in un uomo autistico alberga un maschio medio!”, osserva Carnevale.

“Tu non le hai fatte le ferie?”

E’ questo che succede, in estate, nella casa e nella testa di un caregiver: “E’ come se si dilatasse l’attimo e ti inglobasse, ti soffocasse con tutte le ipotetiche problematiche di sempre che in questo momento sembrano più gravi e irrisolvibili del solito. E poi c’è sempre la conoscente col sorrisetto, magari la madre di un compagno delle elementari di tuo figlio che conosce la situazione, che vedendoti cadaverica ad agosto ti chiede:’Tu non le hai fatte le ferie?’. No, non le ho fatte perché le ferie le fa chi ha un lavoro e io non ce l’ho più da molti anni, non le ho fatte perché non avendo un lavoro non ho i soldi per farle, non le ho fatte perché muovermi per due giorni con mio figlio è più uno sfinimento per entrambi che un riposo, non le ho fatte e basta!”

“Si fa la stecca come i carcerati”

Con l’estate, insomma, inizia per il caregiver un vero e proprio conto alla rovescia: “Ci si barcamena altalenando e guardando il calendario, pensando che quando si sarà rientrati nella routine quotidiana tutto sembrerà meno drammatico perché, è vero, si diventa un po’ autistici, disabili anche noi a forza di stare con i nostri congiunti, si istalla un principio automatico di vasi comunicanti, forse perché la vita in simbiosi con i nostri figli porta inevitabilmente a questo. E allora si fa ‘la stecca’ come i carcerati o i ragazzi che una volta facevano il militare, smarcando mentalmente i giorni che ci riportano alla nostra quotidiana ‘ordinaria diversità’, per dirla sempre con Elena, che in fondo è rassicurante perché pone dei limiti anche ai nostri pensieri che a volte, se lasciati troppo liberi, possono prendere una deriva pericolosa per chi, come noi, non si può permettere né la follia né la depressione e nessun’altra via di fuga. E la chiamano estate!”

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