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L’AMMINISTRATORE DI SOSTEGNO NON È IN LINEA CON LA CONVENZIONE ONU

Vita.it – «Non c’è stato nessun fraintendimento da parte degli esperti dell’Onu della figura dell’amministratore di sostegno. Anzi, la segnalazione delle criticità che questa figura ancora presenta l’abbiamo fatta noi nel rapporto alternativo. Lì ho chiesto di emendare la legge 6/2014, non di abolire questo istituto, ma la Commissione è stata drastica. D’altronde l’articolo 12 è il nucleo della Convenzione Onu, c’è una grandissima attenzione a livello internazionale ed europeo sul tema, portata avanti soprattutto dalle persone con disabilità psicosociali, che in Europa si autorappresentano, non sono rappresentati dalle famiglie… Ci sono davvero grossi abusi in nome del loro “migliore interesse”. È un passaggio fondamentale, noi siamo un po’ indietro rispetto alla comprensione stessa del cambiamento di prospettiva». A parlare così è Donata Vivanti, vice-presidente dell’Italian Forum on Disability (FID), della FISH], dell’European Disability Forum (EDF) e fra gli autori dello shadow report sull’attuazione della Convenzione Onu sui diritti delle persone con disabilità.

Proprio sull’attuazione della Convenzione a fine agosto l’Italia è stata chiamata fare il punto dinanzi al Committee on the Rights of Persons with Disabilities (CRPD) e aveva destato qualche sorpresa leggere fra le raccomandazioni della commissione l’invito a superare non solo gli strumenti dell’interdizione e inabilitazione ma anche quello dell’amministrazione di sostegno.

In realtà le associazioni l’hanno scritto nero su bianco nel rapporto inviato a Ginevra, nel capitolo sulle violazioni all’articolo 12 della Convenzione: «both the legal institutions of interdiction/incapacitation, that are still in force, and the current legal institution of Support Administration are based on a concept of protection in the best interest of the person, in contrast with art. 12, which disposes for the recognition of full legal capacity of all persons with disabilities without exceptions, as well as for the provision of support to decision making in the respect of the person’s will», chiedendo poi il superamento di interdizione e inabilitazione e alcune modifiche alla legge sull’amministratore di sostegno, volte in particolare al passare dal concetto di sostituirsi alla persone nella decisione, nel suo milgiore interesse, al concetto di supportare la persona nelle decisioni, nel rispetto della sua volontà, comunque espressa (pp. 42-43 dello shadow report).

Lei ha scritto il report, ci spiega perché l’amministrazione di sostegno è un istituto che viola la Convenzione Onu, come l’interdizione e l’inabilitazione?
La Convenzione all’articolo 12 non parla di sostenere la persona con disabilità nel suo migliore interesse bensì nella sua volontà, comunque venga espressa. Il centro è il rispetto della volontà della persona. La legge sull’amministratore di sostegno invece si fonda ancora sul concetto di protezione del migliore interesse e utilizza concetti negativi come “incapacità”, identificando l’incapacità mentale e l’incapacità legale. Le faccio un esempio: la famiglia decide di inserire il figlio in un programma di ricerca, per il suo bene. Ma lui fa capire chiaramente che non vuole. In questa situazione non è stata rispettata la sua volontà ma solo il suo interesse. Questa non è l’ottica della Convenzione Onu, che parla invece di dare supporto alla persona con disabilità nel prendere decisioni, nel rispetto della sua volontà. Nessuna legge in Italia ad oggi assicura e regolamenta l’accesso a questi supporti al prendere decisioni, in linea con l’articolo 12.

Cosa significa esattamente sostenere la persona nel prendere le decisioni? Chi può farlo?
È ovvio che questo sostegno alla presa di decisione va normato. Non si tratta però di normare un sostegno da parte di un amministratore di sostegno, ma normare un altro tipo di supporto, un sostegno a prendere decisioni, nel rispetto delle volontà. Chi può farlo? Chi può comprendere le volontà, comunque siano espresse, della persona con disabilità? Quelli che le sono vicine, che la conoscono e la capiscono: quindi genitori, parenti, amici, volontari, anche un gruppo di persone allargato. L’amministratore di sostegno è una figura comunque legata al sistema giudiziario, non alla vita e ai bisogni della persona. Ha fatto un percorso giuridico, come si spoglia di queste competenze per mettersi nei panni della persona, come comunica con lei?

Come si fa però a evitare abusi?
Esistono le salvaguardie. La Convenzione Onu chiede che siano stabilite delle salvaguardie, cioè un giudice tutelare o delle figure competenti che prendano in carico il fatto di sorvegliare che il sostegno o la rete di sostegni alla presa di decisioni, che deve essere ufficialmente riconosciuto, faccia la volontà della persona. Le salvaguardie non seguono la persona in tutto ciò che fa, ma verifica precisamente questo rispettare la sua volontà. Ci sono diversi Paesi che stanno lavorando in questo senso, il Belgio ad esempio partiva più indietro di noi, aveva una interdizione molto pesante, ma ha fatto una legge interessante, che prevede un sistema articolato che descrive chi, per quanto tempo e come sostiene la persona.

E se la persona è incapace di esprimersi?
La Convenzione non ammette l’incapacità, tant’è che la persona non è più interdetta, però prevede che il sostegno alle decisioni e le salvaguardie siano proporzionali, quindi il sostegno alla presa di decisione può sovrapporsi al sostegno amministrativo, ma certamente non agisce nell’interesse della persona ma in base alla volontà della persona. È una differenza sostanziale. Tra l’altro la comunità internazionale rivendica anche che la persona con disabilità possa avere la dignità dell’errore. Noi tutti impariamo dall’errore, perché loro no?

* Federazione per il Superamento dell’Handicap Onlus a cui anche Anffas Onlus aderisce 

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IL GOVERNO PREPARA LA RIFORMA DEL SOSTEGNO

Vita.it – Esattamente, quanti insegnanti di sostegno ancora mancano nelle scuole italiane? Come è andato il concorso, che per la prima volta ha dedicato una classe di concorso al sostegno? Quanti insegnanti hanno fatto richiesta di assegnazione provvisoria sul sostegno, anche non avendo il titolo di specializzazione? Quanti di loro andranno in aula? Numeri dal Ministero non ne escono. Di ufficiale ci sono solo i numeri complessivi per l’anno scolastico in corso: oltre 224.000 studenti con disabilità e 124.572 posti di sostegno, di cui 96.480 in organico stabile e gli atri dati – quest’anno – come deroghe. Le assegnazioni sono ancora in corso, la situazione si stabilizzerà nei prossimi giorni con il completamente delle operazioni. Il sottosegretario Davide Faraone risponde però ad alcune domande sulla delega che andrà a ridisegnare il sistema per l’inclusione degli alunni con disabilità.

La legge 107 prevede una delega specifica sull’inclusione scolastica: a che punto sono i lavori? Si può anticipare qualcosa?

Sulla delega che riguarda l’inclusione scolastica stiamo lavorando ormai da mesi in una dimensione di confronto costante con famiglie, operatori e associazioni direttamente coinvolte sul tema della disabilità. Il governo ha 18 mesi dall’entrata in vigore della legge per concludere la stesura del testo, siamo ormai in dirittura d’arrivo e a buon punto. Nel testo che stiamo elaborando stiamo tenendo conto di tutte le criticità che sono emerse fin qui sul tema dell’inclusione degli studenti disabili, per eliminarle e per spazzare via una volta per tutte le ipocrisie che sporcano un sistema d’eccellenza a confronto con gli altri paesi europei. Per questo stiamo andando sempre più nella direzione di una maggiore formazione e competenza per i docenti di sostegno, che fanno un lavoro straordinario ma vanno preparati adeguatamente e in maniera più specializzata, ma anche e soprattutto di tutta la comunità scolastica, perché l’inclusione è responsabilità di tutti e non soltanto di un insegnante particolare per un certo numero di ore. Stiamo andando incontro alle esigenze delle famiglie dando continuità al sostegno per i propri figli, semplificando e uniformando a livello nazionale il sistema di certificazione. Stiamo guardando a un “progetto di vita” per questi ragazzi che tenga conto delle loro abilità e che vada oltre il piano educativo della scuola. Perché non vogliamo più che le famiglie intimorite continuino a chiedere ai presidi di bocciare i figli per mantenerli al sicuro: dobbiamo creare, oltre a una scuola accogliente, una società veramente inclusiva.

 Un anno fa proprio lei annunciò la nascita di 106 “sportelli autismo”, con Vicenza come modello, da rumors però pare che ora su questo ci sia una marcia indietro, nel senso che questi sportelli non sarebbero più finanziati. È così?

Sull’inclusione e sugli strumenti di supporto alle famiglie e agli insegnanti non si fa mai marcia indietro. Al contrario andiamo sempre più verso il consolidamento di luoghi e prassi che possano diventare struttura portante a sostegno di questi ragazzi. La funzione degli sportelli autismo è rafforzata e va inquadrata in coerenza con la delega e con le reti previste dalla legge 107. Il che vuol dire che queste strutture non riceveranno somme una tantum ma diventeranno cardini di un’azione più precisa, puntuale ed efficace. Saranno degli sportelli aperti nei territori, luoghi di supporto per determinate criticità e di risposta alle esigenze che emergeranno. In coerenza con i punti unici di accesso alla cui definizione stiamo lavorando in questi giorni.

Colpisce molto un dato fornito dalla delegazione italiana a Ginevra, rispondendo alle osservazioni del CRPD: l’Italia spende 6,4 miliardi di euro l’anno per i soli insegnanti di sostegno, mentre la Francia, con un numero di alunni comparabile, ne spende solo 1. Tutti dicono che il nostro problema, in termini di inclusione, non è la quantità ma la qualità. Cosa sta immaginando il Ministero per raggiungere e realizzare questa qualità dell’inclusione scolastica?

La delega alla quale stiamo lavorando è una grande occasione per rivoluzionare anche ciò che è stata la percezione del sostegno finora. Mi fa l’esempio della Francia. Ma io potrei citarle tantissimi altri casi di sistemi d’istruzione europei ritenuti eccellenti che però continuano ad avere classi e scuole speciali. Da noi non è più così da decenni: è una conquista di civiltà. Questo, però, non deve esimerci dal costante miglioramento della situazione, perché c’è ancora tanto da fare per i ragazzi disabili e per le loro famiglie. Il sostegno non dovrebbe essere calcolato soltanto in copertura di ore, bisogna non perdere mai di vista la qualità: l’obiettivo è quello di garantire l’apprendimento di questi studenti, di dare loro la possibilità di sviluppare competenze e abilità che gli servano nel proprio progetto di vita.

E proprio per questo non possiamo più pensare che il sostegno sia prerogativa esclusiva di questi insegnanti “eroi per scelta”: tutti devono contribuire al pieno inserimento degli studenti disabili nella comunità scolastica. Perché la disabilità non è qualcosa in meno, è qualcosa di diverso. Una diversità che arricchisce, non che deve essere colmata. Come Ministero noi stiamo lavorando su due binari complementari: da una parte stiamo disponendo sul piano degli attrezzi tutti gli strumenti e le risorse fondamentali per garantire l’inclusione; dall’altra stiamo proponendo una rivoluzione culturale nel modo di pensare alla disabilità e degli interventi a sostegno di questa. Se la scuola riesce nel suo scopo di istruire e educare uno studente con disabilità, riesce con tutti. E noi la scuola italiana la vogliamo proprio così.

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I BANCOMAT DEVONO ESSERE ACCESSIBILI A TUTTI!

Superando.it – È destinata certamente a “fare giurisprudenza” la recente Sentenza n. 18762, con cui il 23 settembre scorso la Corte di Cassazione ha stabilito che l’accesso e la fruibilità del servizio bancomat delle banche, in edifici pubblici o privati, debba essere garantito alle persone con disabilità, rimuovendo tutti gli ostacoli architettonici e che ciò avvenga anche «in mancanza di norme regolamentari di dettaglio che dettino le caratteristiche tecniche che luoghi, spazi, parti, attrezzature o componenti di un edificio o parti di questo debbano avere per consentire l’accesso».

Il caso specifico riguardava il ricorso di una persona con disabilità in carrozzina diFirenze, correntista della filiale Unicredit del capoluogo toscano, che non aveva reso accessibile il proprio Sportello ATM (Automated Teller Machine, ovvero appunto il bancomat), precludendone quindi l’utilizzo al proprio cliente.
Dalla sua, l’istituto di credito si era fatto forte della precedente decisione della Corte d’Appello di Firenze che, nel rigettare il ricorso, aveva fatto leva sul fatto che la norma regionale della Toscana cui faceva riferimento la persona con disabilità fosse successiva all’installazione dello sportello. Di parere opposto, invece, è stata la Suprema Corte, che applicando sostanzialmente la tutela antidiscriminatoria, ha pienamente accolto la tesi del ricorrente.

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TURISMO PER TUTTI: PROMUOVERE L’ACCESSIBILITÀ UNIVERSALE

Superando.it – Guardiamo con particolare attenzione al tema proposto dall’Organizzazione Mondiale del Turismo (OMT) per la Giornata Mondiale del Turismo 2016, prevista per oggi, 27 settembre, vale a dire Tourism for All. Promoting Universal Accessibility, ovvero “Turismo per tutti. Promuovere l’accessibilità universale”.
Anche in questa occasione, poi registriamo come si distingua la Repubblica di San Marino – già scelta dall’OMT alla fine del 2014 per ospitare la prima conferenza internazionale dedicata al turismo accessibile in Europa, come avevamo
riferito a suo tempo – per ampliare ulteriormente la fruibilità delle proprie proposte.

Nel corso infatti di un incontro in programma proprio per oggi, 27 settembre, verrà innanzitutto presentata la nuova opportunità di noleggiare – attraverso un sistema fruibile per tutto l’anno – il triride, la nota apparecchiatura ideata dall’imprenditore Gianni Conte, che in pochi secondi trasforma la carrozzina manuale in uno scooter elettrico, favorendo lo spostamento in autonomia della persona e consentendo anche di superare dislivelli impegnativi. Un’iniziativa certamente utile nella piccola Repubblica del Titano, che per peculiarità morfologica pone non poche sfide in questo senso.

Per l’occasione, insieme a un rappresentante di Triride Italia, interverranno a Palazzo Graziani (Piazzale Lo Stradone, 13, ore 11.30) Teodoro Lonfernini, segretario di Stato al Turismo di San Marino, Mahena Abbati del Consorzio San Marino 2000, che illustrerà il Progetto San Marino per Tutti, già attivo da alcuni anni e Roberto Vitali, fondatore e presidente di Village for all (V4A®), la nota rete che conferisce il marchio internazionale dell’ospitalità accessibile e che collabora con San Marino per le iniziative legate all’accessibilità.
Testimonial d’eccezione sarà l’atleta paralimpica Francesca Porcellato, campionessa mondiale di handbike e fresca di medaglia di bronzo ai Giochi di Rio de Janeiro, che al termine della conferenza offrirà una dimostrazione “su strada” di Triride.

Ma non vi sarà solo questo, oggi, a San Marino: si potranno infatti anche visitare gratuitamente i principali musei e monumenti (Palazzo Pubblico, Prima e Seconda Torre, Museo di Stato, Museo Pinacoteca San Francesco, Museo dell’Emigrante e Museo di Storia Naturale) e la stessa esperienza di un viaggio in funivia potrà essere vissuta eccezionalmente senza costi.
Da ultimo, ma non certo ultimo, l’“antipasto” del 24 settembre, con l’evento organizzato dalla locale Associazione Sportiva e Culturale Attiva-Mente, sul tema Tuttavia… è la Convenzione l’orizzonte, che ha voluto celebrare il decimo anniversario della Convenzione ONU sui Diritti delle Persone con Disabilità con momenti di approfondimento e spettacolo. Ricordando anche, a tal proposito, che la Repubblica di San Marino è stato tra i primi venti Paesi del mondo a ratificare la Convenzione, il 22 febbraio 2008, più di un anno prima dell’Italia.

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ASSISTENZA ALLE PERSONE CON DISABILITÀ

Quotidianosanita.it – La Corte costituzionale interviene – sentenza 23 settembre 2016, n. 213 – sui permessi della legge 104/1992 relativi all’assistenza alle persone con disabilità– handicappate per la vetusta terminologia della legge – con una decisione che permette la cessazione della discriminazione in relazione allo status di persona non sposata.

L’articolo 33, comma 3, della legge 104 limitava, infatti, la fruizione dei detti permessi mensili – in ragione di tre – ai coniugi, parenti o affini entro il secondo grado “ovvero entro il terzo grado qualora i genitori o il coniuge della persona con disabilità  in situazione di gravità abbiano compiuto i sessantacinque anni di età oppure siano anche essi affetti da patologie invalidanti o siano deceduti o mancanti”.

Non era prevista la concessione dei permessi al “convivente more uxorio”. Con tale espressione, come è noto, si intende la condizione di due persone che convivono con una relazione affettiva stabile, come se fossero sposate, non avendo contratto matrimonio.

in relazione alla vicenda  di un paziente con disabilità, portatore di una grave forma di morbo di Parkinson, il convivente si è visto  rifiutare – o più correttamente, dopo l’autorizzazione, i permessi sono  stati revocati con conseguente recupero dei giorni fruiti – la concessione dei permessi proprio perché non legato da “coniugio” con la persona da assistere.

Nel giudizio di legittimità incidentale il Tribunale di Livorno ha rimesso gli atti alla Corte costituzionale affinché dichiarasse l’illegittimità costituzionale del terzo comma dell’articolo 33 della legge 104/92 . La Consulta ha dichiarato illegittima costituzionalmente la norma “nella parte in cui non include il convivente tra i soggetti legittimati a fruire del permesso mensile retribuito per l’assistenza alla persona con disabilità in situazione di gravità, in alternativa al coniuge, parente o affine entro il secondo grado”.

La motivazione dei giudici costituzionali, che fa cessare la discriminazione sulla mancata fruizione del permesso mensile retribuito, è ineccepibile. Osserva la Corte che  il permesso mensile è espressione “dello Stato sociale che eroga una provvidenza in forma indiretta, tramite facilitazioni e incentivi ai congiunti che si fanno carico dell’assistenza di un parente con disabilità grave”. Si tratta di “uno strumento di politica socio-assistenziale…basato sul riconoscimento della cura alle persone con disabilità in situazione di gravità prestata dai congiunti e sulla valorizzazione delle relazioni di solidarietà interpersonale ed intergenerazionale”.

Il diritto alla salute psico-fisica del disabile deve essere tutelato ai sensi dell’articolo 32 della Costituzione. E’ un diritto inviolabile riconosciuto a chiunque e la Carta costituzionale prevede che tale diritto venga garantito all’uomo sia come “singolo che nelle formazioni sociali ove si svolge la sua personalità”.

La famiglia di fatto è una “formazione sociale” basata su valori di affettività e il soggetto disabile non può trovare, nella tutela del suo diritto alla salute, ostacoli diversi da altri soggetti. I giudici supremi sono chiarissimi sul punto: il diritto della persona disabile non sposata “verrebbe ad essere irragionevolmente compresso, non in ragione di una obiettiva carenza di soggetti portatori di un rapporto qualificato sul piano affettivo, ma in funzione di un dato ‘normativo’ rappresentato dal mero rapporto di parentela o di coniugio”.

Ancora una volta è la giurisprudenza della Corte costituzionale a entrare nel mondo dei diritti correggendo le storture e i ritardi della politica. Stupisce la costituzione in giudizio dell’Inps e, ancora di più, dell’Avvocatura dello Stato, o quanto meno, stupiscono le argomentazioni portate per fare rigettare il ricorso che avrebbero le lancette dell’orologio indietro nei decenni.

Probabilmente non c’è da stupirsi sui ritardi della politica. E’ entrata in vigore da pochi mesi la legge 7672016 sulla “Regolamentazione delle unioni civili e disciplina delle convivenze” su cui ci sono state molte polemiche. La legge non regolamenta – sin dal titolo – soltanto le coppie omoaffettive, ma detta norme anche per le convivenze eterosessuali. Queste ultime sono state sostanzialmente ignorate dalla c.d. legge Cirinnà trovandosi in una situazione di forte svantaggio, non solo rispetto alle coppia sposate, ma anche nei confronti delle nuove unioni civili.

Ricordiamo che le “parti” che si uniscono in unioni civili assumono i diritti che nella normativa si attribuiscono ai coniugi. Quindi in relazione alla legge sulle unioni civili, alla parte unita, spettano i benefici della legge 104.

Per i diritti delle coppie eterosessuali conviventi ci ha pensato con questa sentenza la Corte costituzionale a far cessare la discriminazione facendo emergere la riluttanza del nostro legislatore a perseguire una moderna politica dei diritti.

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SOCCORRERE TUTTI SIGNIFICA SOCCORRERE MEGLIO

Superando.it – È ormai da tempo che i Vigili del Fuoco dedicano attenzione ai temi esaminati a Firenze [in occasione della quinta Conferenza Nazionale sulle Politiche della Disabilità, 16-17 settembre 2016, N.d.R.], in un percorso che gradualmente si è evoluto, al passo con lo sviluppo della nostra società, partendo dalla sicurezza delle persone con disabilità, per giungere a una più matura sicurezza inclusiva, la cui differenza non è solo lessicale.
Si pensi solo al fatto che in un decreto sui temi della prevenzione incendi pubblicato nell’agosto del 2015, il termine inclusione è diventato formalmente parte integrante del vocabolario di questa materia e, quindi, del progetto della sicurezza antincendio.
Ma anche sugli aspetti del soccorso alle persone con esigenze specifiche i Vigili del Fuoco hanno profuso impegno e risorse. Un esempio è la pubblicazione delle linee guida sulla gestione dell’emergenza in cui sono coinvolte queste persone, ma anche l’effettuazione di esercitazioni con il loro diretto coinvolgimento, un altro esempio in cui l’inclusione diventa parte integrante del soccorso.

Torniamo per un attimo ai recenti giorni di grande impegno e sofferenza, legati alterremoto del 24 agosto nel Centro Italia.
La gestione del soccorso nelle zone terremotate è stata complessa per le difficoltà dello scenario e la violenza dell’evento. I Vigili del Fuoco si sono prodigati in un’opera che ha valso l’estrazione dalle macerie di circa 250 persone, di cui almeno 215 effettuate da essi stessi.
In tale circostanza ha giocato un ruolo fondamentale la formazione degli operatoriche coordinavano gli scenari operativi e nel cui àmbito è stata incontrata anche la disabilità; la formazione, infatti, ha permesso loro di operare con la massima consapevolezza ed efficacia, oltre che sensibilità. Anche in tale frangente si è fattosoccorso inclusivo.

Forse pochi sanno che queste modalità hanno posto il nostro Paese – proprio tramite le attività del Corpo Nazionale dei Vigili del Fuoco – in linea con le indicazioni della Convenzione ONU sui Diritti delle persone con Disabilità, che si esprime in merito con il suo articolo 11*.
Ma come si stanno evolvendo queste esperienze e quali sono i progetti per il futuro? Per affrontare queste problematiche è stato dapprima istituito uno specificoOsservatorio composto da tecnici dei Vigili del Fuoco, esperti della materia e rappresentanti delle Associazioni di persone con disabilità. Successivamente l’attenzione è stata rivolta ai seguenti due aspetti: da una parte, la condivisione di unabanca dati sugli interventi di soccorso come strumento di conoscenza su questi argomenti e supporto alle strategie di sicurezza del nostro Paese. Si tratta di una banca dati arricchita in particolare dall’analisi di esperienze pratiche, tanto che durante il recente terremoto sullo scenario territoriale era presente una squadra dedicata proprio a questo argomento, con l’obiettivo di analizzare casi, per acquisire informazioni ed esperienze da condividere. Dall’altra parte, l’elaborazione di un’applicazione (App) per smartphone, da rendere disponibile gratuitamente a tutti i cittadini, con le indicazioni su come comportarsi in emergenza in presenza di persone con disabilità, ma anche sulle tematiche della disabilità che è importante conoscerenella vita quotidiana.
Sono tutte attività, queste, che si esprimeranno anche su altri versanti, di volta in volta posti all’attenzione.

C’è però un aspetto da considerare particolarmente e che merita maggiore impegno da parte di tutti: la consapevolezza rispetto alla propria sicurezza e alla possibilità di tutelare se stessi in condizioni di emergenza. Sono competenze da acquisire attraverso un percorso di informazione e formazione delle persone e dei loro familiari, certamente i primi che hanno la possibilità di rispondere in tali occasioni.
Anche su questi aspetti i Vigili del Fuoco sono impegnati a sviluppare le proprie competenze, sono a disposizione in un quadro di iniziative e strumenti  [si legga in tal senso il nostro resoconto di due recenti incontri ad Ascoli Piceno e Rieti, N.d.R.], per stimolare una cultura della sicurezza inclusiva nel nostro Paese, ma prima ancora delrispetto verso le altre persone.
I Vigili del Fuoco credono fermamente che una sicurezza inclusiva sia la sicurezza che deve essere realizzata, che la sicurezza non possa essere riservata ad alcuni ed escludere altri, che essere capaci di soccorrere tutti significhi soccorrere meglio.
La sicurezza inclusiva richiede impegno, attenzione, miglioramento continuo: è ciò che cerchiamo di fare giorno dopo giorno, con determinazione, ricercando gli strumenti fisici e di formazione più adatti e più aggiornati, con fatica ma con passione ed emozione, con la gioia dei salvataggi e con il dolore per le sofferenze che incontriamo, che restano nei nostri ricordi, ogni giorno, e che ci legano indissolubilmente a questo incredibile mestiere.

*Composto di un unico comma, l’articolo 11 della Convenzione ONU recita: «Situazioni di rischio ed emergenze umanitarie – Gli Stati Parti adottano, in conformità agli obblighi derivanti dal diritto internazionale, compreso il diritto internazionale umanitario e le norme internazionali sui diritti umani, tutte le misure necessarie per garantire la protezione e la sicurezza delle persone con disabilità in situazioni di rischio, incluse le situazioni di conflitto armato, le emergenze umanitarie e le catastrofi naturali».

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SCUOLA, TUTTI IN CLASSE, QUALCUNO ESCLUSO. LA DENUNCIA DI LEDHA

Superabile.it – La campanella è suonata, ma non tutti sono riusciti a salire in classe. Colpa di servizi non ancora partiti, sebbene siano fondamentali per gli studenti con disabilità e le loro famiglie. La denuncia arriva dalla Ledha, la Lega per i diritti delle persone con disaiblità, che così fotografa la situazione in Lombardia. Una situazione che però accomuna, in misura diversa, tutte le regioni. “I maggiori disagi si registrano sul territorio della Città Metropolitana di Milano – riferisce il presentie Alberto Fontana -, che lo scorso 12 settembre ha inviato ai genitori degli alunni con disabilità una lettera in cui si scusa ‘per il disagio arrecato e per i possibili ritardi nell’avvio degli interventi’ e annuncia che ‘per attivare nei tempi più brevi possibili gli interventi a favore dei figli intende chiedere la collaborazione agli Uffici di Piano del Territorio metropolitano e agli istituti scolastici’. Inoltre, Città Metropolitana deve ancora corrispondere il saldo di quanto anticipato direttamente da molte famiglie lo scorso anno per gli interventi assistenziali”.

Intanto però, molti alunni e studenti con disabilità ancora non hanno potuto tornare a sedersi tra i banchi assieme ai loro compagni di scuola.”Purtroppo non è una sorpresa – commenta ancora Fontana – Già nei giorni precedenti l’inizio dell’anno scolastico avevamo denunciato come in Lombardia la situazione fosse disomogenea”. Tanto che, nel corso di questa prima settimana di scuola, diversi genitori, preoccupati per la mancata attivazione dei servizi, si sono rivolti al Centro Antidiscriminazione Franco Bomprezzi di Ledha. Mamme e papà che ancora non sanno quando potranno mandare a scuola i propri figli, non sanno quante ore di assistenza saranno garantite. Non sanno se verrà attivato il servizio di trasporto, non sanno se avranno gli ausili tiflo-didattici.

“In questi giorni abbiamo parlato con tanti genitori, molti di loro sono demoralizzati. Stanchi di trovarsi ogni volta a lottare con le istituzioni per ottenere quello che è un diritto dei loro figli: il diritto all’istruzione – aggiunge Alberto Fontana. Le famiglie sono disorientate e frustrate dalla mancanza di informazioni e di collaborazione da parte degli enti territoriali. Alcune, pur di garantire ai propri figli il diritto ad andare a scuola, sono disposte a pagare i tasca propria i costi per l’assistente alla comunicazione o l’assistenza ad personam. Altre li terranno a casa in attesa di avere informazioni più precise, altre ancora ricorreranno alle aule dei tribunali”.

Analoghe difficoltà sono state segnalate da territorio di Como, dove la Provincia ha comunicato alle scuole di non avere alcuna possibilità di impegnare somme non previste nel bilancio per l’assistenza degli alunni delle scuole superiori.”Anche la regione Lombardia ha gravi responsabilità di questa situazione – aggiunge Donatella Morra, referente del gruppo Ledha Scuola -. A oggi, per l’anno scolastico appena iniziato non ha stanziato nemmeno un euro per finanziare servizi che attengono a un diritto esigibile e tutelato dalle leggi nazionali e regionali. Né si è attivata per promuovere l’annunciato dialogo tra le istituzioni con l’obiettivo di individuare insieme soluzioni concertate e risposte adeguate. Un intervento che invece sarebbe indispensabile e doveroso sia dal punto di vista economico, sia dal punto di vista gestionale. Il Difensore civico regionale, a seguito delle diffide inviate dalle famiglie, aveva sollecitato tutte le Istituzioni a intervenire. Compresa Regione Lombardia. Tuttavia, in una nota di riscontro, la Regione si è chiamata fuori – aggiunge Donatella Morra – impegnandosi nell’anno scolastico 2016/2017 solo a distribuire la quota del finanziamento statale che arriverà in Lombardia e che basterà a coprire le spese solo di una parte dell’anno”.