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“Disabilità: la discriminazione esiste e noi la combattiamo”

Fonte comunicato stampa Ledha – “Disabilità: la discriminazione esiste e noi la combattiamo” è il titolo del convegno promosso da LEDHA-Lega per i diritti delle persone con disabilità in programma a Milano, presso l’Università degli Studi, giovedì 21 giugno.

Il convegno sarà l’occasione per verificare gli esiti e gli effetti dell’azione di contrasto alla discriminazione fondata sulla disabilità operata negli ultimi tre anni dal Centro Antidiscriminazione Franco Bomprezzi. Un orizzonte di lavoro e di impegno civile che viene proposto, in ottica di condivisione e partecipazione, agli studiosi e ai professionisti del settore legale come a quelli delle politiche sociali.

“Il Centro Antidiscriminazione intitolato a Franco Bomprezzi rappresenta uno dei pilastri centrali dell’attività di LEDHA -sottolinea il presidente dell’associazione, Alessandro Manfredi-. I risultati ottenuti in questi anni per noi sono molto importanti perché mettono in evidenza che c’è un bisogno sommerso, da parte delle persone con disabilità e le loro famiglie, di veder riconosciuti una serie di diritti”. Il convegno sarà quindi occasione per riflettere a tutto tondo sulla legge 67/2006 che ha istituito il concetto di “discriminazione fondata sulla disabilità”.

“Una legge di cui, probabilmente, non sono ancora state completamente esplorate le potenzialità. È importante quindi comprendere i motivi per i quali questa legge non è ancora così conosciuta e utilizzata a tutela delle persone con disabilità”, commenta Giuseppe Arconzo, professore di Diritto Costituzionale presso l’Università degli Studi di Milano e delegato del rettore per le disabilità e i DSA. Durante la giornata, inoltre, verranno presentati i risultati di una ricerca svolta da LEDHA per verificare l’applicazione della normativa antidiscriminatoria nei Tribunali italiani.

Il programma completo e le modalità di iscrizione sono disponibili sul sito di LEDHA.

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Indennità accompagnamento: nuove modalità per domanda e requisiti

Fonte www.disabili.com – Con il messaggio 8 maggio 2018, n.1930 l’INPS ha reso note alcune nuove modalità di semplificazione, operative dal 9 maggio 2018, che interessano le procedure e gli adempimenti per accedere ad alcuni benefici di invalidità civile.

Nel quadro delle attività di semplificazione degli adempimenti sanitari e amministrativi relativi alla concessione dei benefici di invalidità civile, fa sapere l’INPS, sono state avviate azioni di reingegnerizzazione delle fasi organizzative e procedurali del procedimento di concessione dell’indennità di accompagnamento prevista dalla legge 11 febbraio 1980, n. 18, e dall’articolo 1, comma 3, della Legge 21 novembre 1988, n. 508.

LA SEMPLIFICAZIONE – In particolare, per attuare la semplificazione, vengono accelerate le procedure per la domanda online di invalidità civile rivolta dai cittadini non in età lavorativa (ovvero con 66 anni e 7 mesi), con l’obiettivo di accorciare i tempi di erogazione del beneficio dell’assegno sociale. Per raggiungere questa accelerazione viene quindi anticipato l’invio di alcune informazioni che di norma sono trasmesse soltanto al termine della fase sanitaria. Si tratta dei dati relativi all’eventuale ricovero in struttura sanitaria pubblica, l’eventuale delega di riscossione a un terzo e in favore di associazioni, oltre alle modalità di pagamento dell’indennità. Comunicando contestualmente alla domanda di invalidità civile questi dati, la procedura si velocizza, poiché al momento dell’avvenuto accertamento del requisito sanitario, l’erogazione della prestazione sarà più veloce.

COS’E’ L’ASSEGNO SOCIALE – Al compimento dei 65 anni di età (portato dal 2018 a 66anni e 7 mesi, la pensione o dell’assegno mensile concessi agli invalidi civili, e la pensione per i sordi civili viene sostituita automaticamente dall’assegno sociale (art. 19 della legge 118/1971).

LA PROCEDURA DEI PATRONATI – Per consentire l’invio anticipato delle informazioni sono state apportate delle modifiche alla procedura di acquisizione online delle domande di invalidità civile da parte dei beneficiari ultra 66enni. Le modifiche, dicevamo, sono operative dal 9 maggio scorso, e riguardano solo le domande trasmesse dai Patronati. La procedura di acquisizione online delle domande, a disposizione dei Patronati, verifica quindi automaticamente, tramite accesso agli archivi anagrafici a disposizione dell’INPS, se è già stata raggiunta l’età utile per l’accesso all’assegno sociale. Il primo requisito che viene verificato è, infatti, quello anagrafico, attraverso l’inserimento del codice fiscale del richiedente.

REQUISITO ANAGRAFICO – Ricordiamo che 1° gennaio 2018 il requisito anagrafico per accedere all’assegno sociale è di 66 anni e 7 mesi (mentre per il 2019 sarà di 67 anni). E’ stato quindi innalzato di un anno rispetto ai 65 originariamente previsti dall’articolo 3, comma 6, della legge 8 agosto 1995, n. 335, disposto dall’articolo 24, comma 8, del decreto-legge 6 dicembre 2011, n. 201, convertito con modificazioni dalla legge 22 dicembre 2011, n. 214. A questo incremento deve aggiungersi quello derivante dall’adeguamento all’incremento della speranza di vita, ai sensi dell’articolo 24, commi 12 e 13, del decreto-legge 6 dicembre 2011, n. 201, convertito con modificazioni dalla legge n. 214/2011.

Questa nuova semplificazione riguarda anche le domande di accertamento sanitario presentate da coloro che hanno perfezionato il requisito anagrafico prima del 1° gennaio 2018 secondo i requisiti previgenti (ad esempio, 65 anni e 7 mesi compiuti tra il 1° gennaio 2016 al 31 dicembre 2017).

LE FASI DI ACQUISISZIONE DELLA DOMANDA – Una volta verificato il requisito anagrafico, si potrà procedere con l’attività di acquisizione della domanda, che è suddivisa in due sezioni: Sezione 1: relativa all’inserimento dei dati obbligatori. Comprende i dati anagrafici, i recapiti, gli eventuali dati del coniuge, del rappresentante legale e la sezione relativa all’accertamento richiesto. Sezione 2: consente di acquisire i seguenti dati:

1. l’eventuale ricovero;

2. l’eventuale delega alla riscossione di un terzo e in favore delle associazioni ;

3. la modalità di pagamento (quadri F1 o F2).

L’INPS precisa che, in questa fase di avvio, la seconda sezione è facoltativa e, pertanto, resta salva la possibilità per il richiedente di inviare il modello AP70 secondo le ordinarie modalità, dopo il completamento della fase sanitaria. È prevista, infine, una sezione “Allegati” per l’inserimento di dichiarazioni di responsabilità e di altri documenti necessari in relazione alla tipologia di domanda. Una volta acquisisti i dati con queste modalità, verranno passati in fase concessoria dopo la definizione del verbale sanitario, che riconosce il diritto alla prestazione economica. INPS precisa infine che, nel caso in cui il soggetto abbia dichiarato nella domanda semplificata di essere ricoverato, durante le lavorazioni in fase concessoria, occorrerà acquisire il dato relativo alla data di dimissione per poter procedere alla liquidazione.

Per approfondire: leggi il testo del Messaggio INPS n. 1930

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Sanità, la Regione aderisce al ricorso di Federlab e Anisap

Fonte www.quotidianodelsud.it CATANZARO – La Regione aderirà al ricorso delle strutture private accreditate per l’annullamento dei decreti 72 e 87 licenziati da Scura che impongono un taglio di circa venti milioni di euro. E’ il risultato dell’incontro di ieri dei rappresentanti di Federlab e Anisap con Oliverio. Nonostante questo la posizione dei laboratori non cambia, dal 4 di giugno i consociati accreditati erogheranno solo prestazioni a pagamento per mancanza di budget.

Ma non c’è solo questo: da circa 11 mesi i laboratori sono in attesa dei pagamenti delle Asp per prestazioni già erogate, situazione che ha reso molto critica la gestione all’interno delle strutture. All’incontro ha partecipato il presidente della commissione, Sanità Michele Mirabello, il dirigente generale del Dipartimento Tutela della salute della Regione Bruno Zito e per l’Avvocatura regionale l’avvocato Nicola Greco. Da parte sua Oliverio ha chiesto di rivedere la decisione di sospendere l’erogazione dei servizi convenzionati per «evitare di scaricare sui cittadini le conseguenze di atti commissariali assunti senza tener conto dei bisogni delle popolazioni».

Nulla da fare, però, per Anisap e Federlab che hanno confermato la decisione anche in questa riunione perché «undici mesi di mancati pagamenti e il taglio di prestazioni decretato dal commissario Scura non consentono più l’erogazione delle prestazioni per conto del servizio sanitario regionale». Durissimo Oliverio ancora una volta con il commissario Scura, che ha anche chiamato in causa i Prefetti per un possibile «rischio di tensioni sociali dovute a questa decisione».

«La situazione – ha detto – alla luce dell’ostinata presa di posizione del commissario per il piano di rientro, è davvero grave. Sono stati raggiunti livelli preoccupanti ed insostenibili che mettono a serio rischio la salute dei cittadini. Dinanzi all’annunciata sospensione della erogazione delle prestazioni sanitarie convenzionate da parte delle strutture private è necessario assumere ogni utile iniziativa volta ad impedire la negazione di un fondamentale diritto qual è quello alla salute. In tale direzione ritengo opportuno portare all’attenzione anche dei signori Prefetti i rischi a cui è esposta la popolazione calabrese con possibili implicazioni di tensioni sociali, anche alla luce degli annunciati licenziamenti da parte degli titolari delle strutture».

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L’intesa tra disability manager e assistenti sociali, per una rete sempre più fitta

Fonte www.superando.it Grazie al protocollo d’intesa sottoscritto con il CNOAS (Consiglio Nazionale Ordine Assistenti Sociali) – che prevede iniziative formative comuni mirate alla promozione di un approccio multidisciplinare alla disabilità, nonché attività di studio e approfondimento in àmbiti di comune interesse – la SIDIMA (Società Italiana Disability Manager) aggiunge un nuovo tassello al lavoro di consolidamento della rete professionale che si è impegnata a costruire, a garanzia della concretezza dell’operato della figura del disability manager e del costante arricchimento del suo patrimonio di conoscenze.

Nell’àmbito della creazione di accordi con gli Ordini e con le Associazioni rappresentativi delle professioni che operano nel campo della disabili e allo scopo di creare concrete opportunità di collaborazione, oltre a favorire un reciproco arricchimento e sviluppo di conoscenze e competenze, la SIDIMA (Società Italiana Disability Manger) e il CNOAS (Consiglio Nazionale Ordine Assistenti Sociali) hanno stipulato nei giorni scorsi un protocollo d’intesa, iniziativa apparsa del tutto gradita alla Presidenza del CNOAS, «in considerazione del fatto – come è stato dichiarato – che il patrimonio di sapere scientifico e tecnico-professionale dell’assistente sociale trova una comunanza di visioni e di paradigmi concettuali con la figura del disability manager».

«Infatti – si legge in una nota diffusa dalla SIDIMA – la figura professionale dell’assistente sociale assume una visione olistica della persona, considerata in relazione al suo ambiente di vita. Attiva processi di cambiamento che coinvolgono la persona stessa e i suoi contesti di vita. Persegue l’empowerment [“crescita dell’autoconsapevolezza”, N.d.R.] dei singoli e delle comunità, collabora allo sviluppo di una responsabilità collettiva per la tutela dei diritti e l’inclusione sociale. Il disability manager, lo ricordiamo, è un professionista, dotato di autonomia decisionale e tecnica-operativa, che opera direttamente con la persona e il suo ambiente di vita e di lavoro e facilita l’eliminazione di tutte quelle barriere culturali fisiche, psichiche, ambientali che ostacolano la concreta realizzazione dei diritti di partecipazione sociale delle persone con disabilità».

La sottoscrizione del protocollo tra SIDIMA e CNOAS prevede la realizzazione di una serie di iniziative formative comuni, mirate alla promozione di un approccio multidisciplinare alla disabilità e al reciproco scambio di conoscenze e di esperienze, nonché la realizzazione di attività di studio e approfondimento in àmbiti di comune interesse.
In tal modo viene aggiunto un importante tassello nel lavoro di consolidamento della rete professionale che la SIDIMA è impegnata a costruire, a garanzia della concretezza dell’operato della figura del disability manager e del costante arricchimento del suo patrimonio di conoscenze, trovando nell’Ordine degli Assistenti Sociali un solido partner con cui condividere una cultura dell’integrazione tra più professioni.

«Sono particolarmente soddisfatto – dichiara Rodolfo Dalla Mora, presidente della SIDIMA – della stipula di questo protocollo d’intesa con l’Ordine degli Assistenti Sociali che ci vede ancora una volta protagonisti nel promuovere buone pratiche a tutela dei più deboli. Voglio ringraziare, per l’impegno profuso e il risultato raggiunto, Margherita Caristi, responsabile dell’Area Sociale di SIDIMA, e Gianmario Gazzi, presidente del Consiglio Nazionale dell’Ordine degli Assistenti Sociali, per lo spirito collaborativo e l’apertura nei confronti dei disability manager che, come mi capita spesso di dover precisare, non è una professione a sé stante, ma una competenza da sommare alle specifiche abilità professionali».

Per ulteriori informazioni e approfondimenti: Ufficio Stampa SIDIMA (Salvatore Ferragina), stampa.sidima@gmail.com.

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Qual è il senso di un nuovo Ministero della Famiglia e delle Disabilità?

Fonte www.superando.it «Che senso ha un nuovo Ministero della Famiglia e delle Disabilità? E cosa vuole esattamente significare l’abbinamento del Ministero delle Disabilità a quello della Famiglia? Su almeno queste due perplessità si attendono chiarimenti nel discorso programmatico del nuovo Governo»: lo scrive Salvatore Nocera il quale si chiede anche: «Creare un nuovo Ministero, per giunta senza portafoglio, non può significare che le politiche sulle disabilità siano un settore a parte, in discontinuità con le scelte culturali e politiche inclusive realizzate in Italia da cinquant’anni?»

«Che senso ha un nuovo Ministero della Famiglia e delle Disabilità?»: ho posto stamane questa domanda a Prima pagina, trasmissione di RAI Radio 3, sottoponendo alla riflessione degli ascoltatori due perplessità che mi pare circolino molto tra le persone con disabilità e loro familiari.

La prima: da sempre il Ministero delle Politiche Sociali – e soprattutto dal 2009, dopo la ratifica da parte del nostro Paese della Convenzione ONU sui Diritti delle Persone con Disabilità – coordina le politiche sulle disabilità, anche tramite l’Osservatorio Nazionale sulla Condizione delle Persone con Disabilità, composto dai vari Ministeri che hanno competenza sugli aspetti concernenti l’inclusione di tali persone, e dalle Associazioni e Federazioni che promuovono e monitorano tali politiche. Creare un nuovo Ministero, per giunta senza portafoglio, non può significare che le politiche sulle disabilità siano un settore a parte, in discontinuità con le scelte culturali e politiche inclusive realizzate in Italia da cinquant’anni?
Come potrà un nuovo Ministero affrontare i delicati problemi con impiegati e funzionari nuovi che dovranno farsi una cultura in proposito, affrontare i delicati problemi attualmente esistenti e coordinare tutti gli altri Ministeri molto più attrezzati in materia?
Lo scorso anno il Governo, su proposta del citato Osservatorio Nazionale del Ministero delle Politiche Sociali, ha approvato il Secondo Programma di Azione biennale per la promozione dei diritti e l’integrazione delle persone con disabilità, proponendo alla classe politica quasi cinquanta nuove azioni normative da attivare. Il nuovo Ministero farebbe proprio tale programma oppure ripartirebbe da capo come se ancora in Italia fossimo all’anno zero?

La seconda riflessione: cosa vuole esattamente significare l’abbinamento del Ministero delle Disabilità a quello della Famiglia?
Se volesse  preludere a politiche di sgravio delle famiglie dalla presa in carico del progetto di vita delle persone con disabilità, questo abbinamento sarebbe il benvenuto. Si pensi che da noi, a differenza che nel resto d’Europa, circa l’80% delle famiglie assistono in casa i propri familiari con disabilità di tutte le età, con carichi assistenziali gravosissimi specie sulle mamme, le sorelle e le figlie.
Se invece volesse preludere a delle “mancette economiche” affinché le famiglie si accollassero ulteriormente il welfare assistenziale dei propri familiari con disabilità, con un crescente allontanamento dei servizi pubblici dalle politiche dei servizi domiciliari e sociali, allora sarebbe una novità non solo sgradita, ma addirittura deprecabile.

Su almeno queste due perplessità si attendono chiarimenti nel discorso programmatico del nuovo Governo.

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La Risoluzione dell’OMS sulle tecnologie assistive

Fonte www.superando.it Secondo l’AAATE (Association for the Advancement of Assistive Technology in Europe), l’Associazione della Promozione della Tecnologia Assistiva in Europa, «la tecnologia assistiva è un termine per indicare qualsiasi prodotto o servizio basato sulla tecnologia, in grado di facilitare le persone con limitazioni funzionali di ogni età nella vita quotidiana, nel lavoro e nel tempo libero». Proprio in àmbito di tecnologie assistive, appare di particolare importanza la Risoluzione prodotta nei giorni scorsi dall’OMS (Organizzazione Mondiale della Sanità), durante la propria 71^ Assemblea Generale, documento per altro atteso da tempo che assegna una serie di obblighi ai propri Stati Membri.

L’informazione arriva dalla Rete Regionale dei CAAD dell’Emilia Romagna (Centri per l’Adattamento dell’Ambiente Domestico), grazie alla quale possiamo fornire ai Lettori il testo in italiano di quegli stessi obblighi, che sono i seguenti:
«1. Sviluppare, attuare e rafforzare opportune politiche e programmi per migliorare l’accesso alle tecnologie assistive nel quadro dei servizi socio-sanitari garantiti ai cittadini.
2. Allocare adeguate risorse umane opportunamente preparate per la fornitura e la manutenzione degli ausili, ad ogni livello di servizio sociale e sanitario.
3. Garantire che gli utenti e i loro caregiver abbiano accesso agli ausili più appropriati al loro caso e che li sappiano utilizzare in maniera sicura ed efficace.
4. A seconda del contesto e delle esigenze locali, mettere a punto ove opportuno un elenco nazionale di ausili prioritari (basato sull’elenco OMS degli ausili prioritari), che siano alla portata economica dell’utente, la cui efficacia valga il loro costo e che soddisfino a criteri basilari di qualità e sicurezza.
5. Promuovere o investire in ricerca, sviluppo, innovazione e design per rendere gli ausili esistenti più economici; e sviluppare una nuova generazione di ausili, anche di alta tecnologia, basati su principi di design universale e su evidenza tecnologica, in opportuna collaborazione con università, organizzazioni della società civile (in particolare associazioni di persone con disabilità o di persone anziane) e imprese private.
6. Incoraggiare collaborazioni internazionali o regionali per la produzione, acquisizione e fornitura degli ausili prioritari, curando che questi rimangano alla portata economica dell’utente e disponibili al di là delle frontiere.
7. Raccogliere dati epidemiologici sui bisogni sanitari e di assistenza a lungo termine che possono trovare risposta nelle tecnologie assistive, al fine di sviluppare strategie, politiche e programmi basati su evidenza.
8. Investire in e promuovere ambienti privi di barriere in modo che le persone che abbisognano di tecnologie assistive possano utilizzarle in maniera ottimale, per vivere in maniera indipendente e sicura e partecipare pienamente in ogni aspetto della vita.
9. Promuovere l’inclusione degli ausili prioritari e di ambienti privi di barriere nel programmi di preparazione e gestione delle emergenze». (S.B.)

A questo link è disponibile il testo originale (in inglese) della Risoluzione sulle tecnologie assistive, prodotta il 26 maggio dall’OMS (Organizzazione Mondiale della Sanità).

 

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Reddito d’inclusione, dal 1° giugno non serviranno i requisiti familiari

Fonte www.superabile.it È stato pubblicato dall’Inps il nuovo modello di domanda, che recepisce le novità previste dalla legge di bilancio 2018. Si amplia la platea dei beneficiari: servono solo requisiti economici, indipendentemente dalla composizione familiare.

Si amplia la platea dei beneficiari del Rei, i Redito d’inclusione: per richiederlo basterà ora dimostrare di avere un reddito basso, mentre non si terrà più conto della composizione del nucleo familiare. Vengono meno infatti i requisiti familiari, quali la presenza di un minorenne, di una persona con disabilità. Di una donna di gravidanza, di un ultra 55enne disoccupato. A partire dal 1 giugno, potranno dunque presentare domanda tutti coloro che hanno un ISEE fino a 6mila euro, un ISRE fino a 3mila euro e altri specifici requisiti economici, indipendentemente dalla composizione familiare.
 
L’Inps ha infatti pubblicato il nuovo modello di domanda, che recepisce le novità previste dalla legge di bilancio 2018. Il modello è allegato al messaggio 2120 del 24 maggio 2018, che fa seguito al messaggio 1972 dell’11 maggio 2018, contenente alcuni chiarimenti sulle imminenti modifiche. Per esempio, si precisa che il nucleo familiare di riferimento per il calcolo dell’Isee non coincide necessariamente con la famiglia anagrafica. Salvo casi particolari, la normativa Isee prevede infatti che i coniugi facciano parte dello stesso nucleo anche se con diversa residenza anagrafica; i figli minori di 18 anni fanno parte del nucleo del genitore con il quale convivono; i figli maggiorenni, se non sono coniugati e non hanno figli, fanno parte del nucleo familiare dei genitori anche se non conviventi, se risultano a loro carico ai fini Irpef. A tal fine si chiarisce che sono considerati fiscalmente a carico se hanno redditi non superiori alla soglia di euro 2840,51, al lordo degli oneri deducibili.
 
L’Inps conferma che le domande presentate a partire dal 1° giugno saranno dunque automaticamente istruite senza la verifica dei requisiti familiari e che, di conseguenza, sono state apportate le modifiche ai diversi canali di trasmissione delle istanze all’Istituto. Ha inoltre precisato che tutte le domande presentate dal 1° gennaio 2018 al 31 maggio 2018, in possesso di Dsu 2018, rifiutate per la sola mancanza dei requisiti familiari, saranno riesaminate d’ufficio con verifica dei requisiti alla data del 1° giugno 2018.
 
I “numeri” del Rei. Secondo gli ultimi dati resi noti dall’Inps alla fine di marzo, sono 110.138 i nuclei beneficiari del Rei: oltre 316 mila le persone coinvolte, per un importo medio dell’erogazione mensile di 296,75 euro. I dati presentati riguardano le domande pervenute all’Inps dal 1° dicembre 2017, data dalla quale i cittadini hanno potuto cominciare a richiederlo. Sono state le regioni del Sud Italia a presentare il maggior numero di beneficiari, con il 72 per cento dei nuclei familiari e il 76 per cento delle persone coinvolte. Sul totale, inoltre, i nuclei beneficiari con presenza di minori rappresentano circa la metà delle famiglie raggiunte, sono poco più di 57 mila (tra cui le più numerose sono quelle con 3 o 4 componenti). Le famiglie con presenza di disabili, invece sono più di 21 mila, circa una famiglia su cinque.