Fonte www.edscuola.eu – Nell’aprile 2015 in un dibattito pubblico tenutosi al Palazzo Campanella del Consiglio della Regione Calabria dal titolo “La Buona Scuola, opportunità per il SUD”, alla presenza di un nutrito pubblico, aveva parlato dei docenti di sostegno che si occupavano di accompagnare i ragazzi con disabilità al bagno e che con la “Buona scuola” questo non accadrà più, perché si punta alla qualificazione della professionalità dei docenti di sostegno. In buona sostanza il sottosegretario sosteneva che i docenti di sostegno non sono qualificati professionalmente ma lo diventeranno con l’attuazione della riforma della scuola.
In quell’occasione l’On. Faraone venne contestato e dal pubblico ci fu chi disse: “Onorevole Lei non sa di cosa sta parlando, i docenti di sostegno non accompagnano i ragazzi al bagno per questo servizio ci sono gli assistenti sociali o i collaboratori scolastici”. Oggi in un’intervista che il sottosegretario Faraone ha rilasciato a “Il Messaggero”, si legge che secondo lui gli insegnanti di sostegno sono “eroi per scelta”. Poi però lo stesso Faraone si contraddice dicendo che è necessario elevare il vincolo quinquennale, per passare dal sostegno all’insegnamento su disciplina, a decennale. Alla domanda del perché è necessario portare fino a 10 anni il vincolo di permanenza di un docente su posto di sostegno, Faraone ha così risposto: “Il sostegno non deve più essere una scorciatoia per entrare in ruolo, l’innalzamento del vincolo è necessario per evitare alcuni opportunismi che spesso hanno nascosto le migliaia di esperienze positive e di eccellenza che hanno costellato la nostra scuola. Una scuola all’avanguardia nell’inclusione”.
La contraddizione è evidente e nasconde una chiara realtà, infatti prima Faraone definisce i docenti di sostegno come “eroi per scelta” e poi parla di “scorciatoie” per entrare in ruolo e di opportunismi di convenienza.
Qual è la versione esatta? Chi vive la scuola sa benissimo che gli eroi per scelta sono pochi e che la specializzazione per il sostegno è per lo più usata per evitare esili decennali dalla propria residenza, tanto che docenti di ruolo lontani dalla propria residenza hanno massicciamente richiesto l’utilizzazione sul sostegno per non viaggiare. Ecco il motivo reale, senza ipocrisie e contorsionismi, per cui si vuole elevare fino a 10 anni la permanenza sul posto di sostegno.
Tuttavia se così fosse resta il problema delle utilizzazioni annuali, non sono anche queste “opportunismi”? Come si intende agire sulle utilizzazioni su posti di sostegno nei prossimi anni? Sarebbe interessante sentire l’opinione del sottosegretario Faraone anche su queste domande.
Fonte www.vita.it – Undici multinazionali sono diventate le prime firmatarie della recente Carta dell’Organizzazione Internazionale del Lavoro per l’inclusione delle persone con disabilità in una cerimonia tenutasi presso la sede dell’OIL a Ginevra.
La Carta esprime la volontà di promuovere l’occupazione delle persone con disabilità in tutto il mondo e affronta una vasta gamma di temi, dalla protezione del personale con disabilità da ogni forma di discriminazione alla trasformazione dei luoghi di lavoro in senso accessibile per tutti i dipendenti con disabilità.
“Assumere persone con disabilità non è solo una buona causa morale, è anche un vantaggio per il business”, ha affermato Guy Ryder, Direttore Generale dell’OIL. “La mancanza di pari opportunità di lavoro per le persone con disabilità spesso determina povertà e di esclusione sociale”, ha aggiunto Ryder. “I primi firmatari della Carta contribuiranno a diffondere questo messaggio semplice ma essenziale e potranno anche dare un contributo alla realizzazione molti obiettivi della Agenda 2030 per lo sviluppo sostenibile “.
Tutti i firmatari – Accenture, Accorhotels, Adecco, AXA Group, Carrefour, Dow Chemical, Groupe Casino, L’Oréal, Orange, Standard Bank, Michelin – sono membri dell’OIL Global Business and Disability Network, creata nel 2010, che promuove l’inclusione della disabilità e facilita lo scambio di conoscenze e di buone pratiche tra le imprese, le reti aziendali e l’OIL. Inoltre ha prodotto uno strumento di autovalutazione che permette alle aziende di valutare quanto bene stanno facendo in materia di disabilità.
Parlando a nome dei firmatari, il presidente del comitato direttivo della Network, Wendy Orr, ha dichiarato: “Siamo orgogliosi di essere tra le prime aziende a firmare la Carta. Questo è un passo avanti per dimostrare il nostro impegno per l’inclusione delle persone con disabilità nel mercato del lavoro. Noi crediamo e abbiamo sperimentato come una forza lavoro diversificata sia fonte di opportunità per i datori di lavoro, i dipendenti e la società in generale. Incoraggiamo dunque altre grandi aziende di unirsi a noi e firmare la Carta nei prossimi mesi”.
Fonte www.e-include.eu – Thérèse Kempeneers-Foulon, Direttore of Inclusion Belgio ha incontrato nelle settimane passate Nils Muiznieks, Commissario per i Diritti umani del Consiglio d’Europa durante una visita di quest’ultimo in Belgio.
Nel corso dell’incontro, il Direttore di Inclusion Belgio ha evidenziato come vi sia da parte dei giudici belgi una tendenza dovuta alla scarsa formazione ad intrpretare in senso molto restrittivo la legge sulla capacità giuridica nei confronti delle persone con disabilità, minandone la capacità di rendersi più autonomi. Altro tema trattato è stato quello dell’inclusione scolastica, un settore in cui il Belgio purtroppo non si distingue in bene dato che sono ancora moltissimi i minori che vengono inseriti in istituti o scuole speciali invece di frequentare la scuola con tutti gli altri coetanei.
In poche settimane il Commissario produrrà una relazione sulla visita in Belgio.
Per maggiori informazioni clicca qui (pagina in lingua inglese)
Fonte www.superando.it – «Hai mai pensato di prendere il posto di una persona con disabilità? Potrebbe essere un’esperienza illuminante e sorprendente. Scoprire che esistono barriere fisiche, ma ancora prima atteggiamenti di paura e pregiudizio che ti escludono, ti marchiano. Ne usciresti con un punto di vista, qualunque esso sia, molto cambiato».
Con questo messaggio, la FISH* (Federazione Italiana per il Superamento dell’Handicap) – che raggruppa tante Associazioni di persone con disabilità e delle loro famiglie (se ne veda l’elenco in calce) e che da più di vent’anni è protagonista di iniziative di impegno civile per i diritti e l’inclusione delle persone, ma anche di contrasto al pregiudizio e alla discriminazione basati sulla disabilità – lancia in vista del 3 Dicembre, Giornata Internazionale ed Europea delle Persone con Disabilità, una campagna dai caratteri decisamente innovativi e di importante valenza culturale. Si tratta di #INMYPLACE, ovvero, letteralmente, “Al posto mio”, iniziativa voluta per impattare più direttamente sugli atteggiamenti, spesso inconsapevoli ma sempre determinanti, delle persone comuni verso la disabilità.
Preparata già da qualche tempo con la precedente iniziativa denominata Racconta la tua storia con disabilità, che ha già consentito di raccogliere numerose testimonianze di vita, componendo un racconto corale, basato sui diversi aspetti legati alla disabilità – il pregiudizio, l’esclusione, la discriminazione, gli ostacoli, le barriere – la campagna intende ora ampliare il proprio orizzonte.
Essa punta infatti alla condivisione di quei racconti, da parte di tanti volti noti e meno noti, che potranno “adottare” una storia (ma anche più di una in giorni successivi), con un semplice clic nel sito realizzato per l’iniziativa e condividerla sul proprio profilo Facebook o Twitter, “prendendo appunto il posto” del protagonista di quella stessa storia.
«Tutti possono partecipare alla piena riuscita dell’iniziativa – spiegano dalla FISH – ma prima ancora per contribuire a modificare atteggiamenti e percezioni ancora troppo distorti. Il 3 Dicembre si celebrerà la Giornata Internazionale ed Europea delle Perone con Disabilità e ci auguriamo di poter arrivare a quella data con innumerevoli “scambi di posto”, per poter abbattere l’ostacolo più grande, quello della paura, perché una volta superata quella, c’è un posto per tutti!».
Ricordiamo ancora il sito realizzato specificamente per la campagna #INMYPLACE.
Per ulteriori informazioni e approfondimenti, accedere allo spazio Contatti del sito stesso (oppure: ufficio stampa@fishonlus.it).
*Cui Anffas Onlus aderisce
Fonte www.superabile.it – Casi gravi – e purtroppo non certo infrequenti – come quello cortesemente segnalato da Francesco Diomede della Giunta Nazionale FISH* (Federazione Italiana per il Superamento dell’Handicap), riguardante una bimba con disabilità di Bari, costretta a cambiare scuola perché garantita nell’assistenza all’uso dei servizi igienici solo «nei limiti previsti dalla disponibilità del personale», impongono ancora una volta la massima chiarezza sulla materia e per questo si cede la parola a Salvatore Nocera, già vicepresidente nazionale della FISH, della quale è attualmente presidente del Comitato dei Garanti, oltreché responsabile dell’Area Normativo-Giuridica dell’Osservatorio Scolastico dell’AIPD (Associazione Italiana Persone Down).
«A chi sostiene – dichiara dunque Nocera – che per l’assistenza igienica agli alunni con disabilità, oltre all’incarico attribuito dal Dirigente Scolastico a taluni specifici collaboratori, con conseguente aumento retributivo, serva anche il loro consenso, va risposto che proprio non è così, poiché tali mansioni sono previste espressamente dalla Tabella A allegata al Contratto Collettivo Nazionale di Lavoro (CCNL) 2006-2009. Quindi, ove vi sia l’incarico del Dirigente Scolastico, previa assemblea o consultazione sindacale, il collaboratore designato non può rifiutarsi. In caso contrario, infatti, ci si trova in presenza di una mancata assistenza a un minore con disabilità e a un’interruzione di pubblico servizio, fatti per i quali, a mio avviso, proprio il Dirigente sarebbe passibile di denuncia da parte della Procura della Repubblica».
«Per quanto poi riguarda l’obbligo di aggiornamento in servizio per i collaboratori scolastici – prosegue Nocera – esso è espressamente previsto dall’articolo 1, comma 181, lettera c, punto 8 della Legge 107/15 [la Legge di riforma, nota come quella della cosiddetta “Buona Scuola”, N.d.R.]. In quel punto si parla testualmente della “previsione dell’obbligo di formazione in servizio per il personale amministrativo, tecnico e ausiliario, rispetto alle specifiche competenze, sull’assistenza di base e sugli aspetti organizzativi ed educativo-relazionali relativi al processo di integrazione scolastica”».
«È certamente vero – conclude Nocera – che tale norma è prevista come principio cui dovrà informarsi l’emanando Decreto Delegato sull’inclusione scolastica; quest’ultimo, però, dovrà normare le modalità esecutive di tale principio che è intanto immediatamete operante e che i Contratti Collettivi Nazionali di Lavoro non potranno modificare, ricordando come l’articolo 1, comma 196 della medesima Legge 107/15 stabilisca che “sono inefficaci le norme e le procedure contenute nei contratti collettivi, contrastanti con quanto previsto dalla presente legge”».
Annotazioni assai chiare, a disposizione di tutte le famiglie che come quella di Bari si sentano dire dalla scuola che l’assistenza per l’uso dei servizi igienici da parte del figlio o della figlia con disabilità è garantita, ma solo «nei limiti previsti dalla vigente normativa e dalla disponibilità di personale».
*Cui Anffas Onlus aderisce
Fonte www.superabile.it – Si chiama “trust”, in Italia già esiste da tempo, ma ora potrebbe diffondersi molto di più, soprattutto tra le persone con disabilità e in funzione di quel Dopo di noi a cui Renzi ha dedicato uno stanziamento specifico in legge di stabilità (90 milioni) e di cui si occupa una legge già vagliata alla Camera e in attesa di passare al Senato. Una legge che è il frutto di cinque proposte, unificate e integrate da Ileana Argentin, prima firmataria del testo unificato.
Tra le novità principali, c’è una cosa che si chiama “trust”: a incoraggiarne l’inclusione nel testo normativo è stata Francesca Romana Lupoi, avvocato dell’associazione Trust in Italia. “Nessuna delle cinque proposte includeva il trust – ci spiega- che pure già esisteva in Italia dal 1992, in virtù di una convenzione di diritto internazionale. In alcune di queste proposte si parlava invece di ‘fondo di sostegno’, che però non aveva alcuna base giuridica. Per questo, ho proposto di sostituire questa espressione con ‘trust’, ormai ampiamente riconosciuto e praticato dai giudici tutelari. E i legislatori mi hanno seguito”.
Ma in cosa consiste il trust? “E’ una sorta di patrimonio segregato, separato rispetto a quello personale del soggetto che lo gestisce: nel fondo in trust, si va a mettere una somma, un bene mobile o immobile, secondo modalità molto flessibili (per esempio, anche con versamenti periodici, ndr): e questo viene ‘consacrato’, destinato esclusivamente alla finalità prevista. E nessuno può toccarlo, se non il beneficiario”. Il trust, insomma, ha bisogno di tre soggetti: un “disponente”, ovvero il proprietario del bene; il beneficiario; e il “trustee”, ovvero colui che è chiamato a gestire quel bene, secondo le modalità e le volontà indicate dal disponente. Questo strumento giuridico e finanziario è molto utilizzato in ambito sociale, “anche in caso di donazioni – spiega Lupoi – In questi casi, spesso il disponente è una persona anziana che vuole sostenere una determinata realtà ma non ha le capacità o la possibilità o l’intenzione di occuparsene in prima persona, quindi nomina un trustee”.
Anche nell’ambito della disabilità, questo strumento inizia ad essere sempre più conosciuto e utilizzato: “Qui il trustee non è generalmente remunerato, come accade negli altri casi, ma quasi sempre è un membro della famiglia o della rete amicale. Il disponente è di solito il genitore, il beneficiario naturalmente è il figlio disabile. Il bene può essere una somma di denaro, o un immobile, anche lo stesso in cui la famiglia vive attualmente: in questo caso, i genitori possono riservarsene una parte come nuda proprietà. Ma la cosa importante, soprattutto quando parliamo di trust per il Dopo di noi, è che questo è un vero e proprio programma di vita e qui sta la sua forza”.
In che senso? “Nell’atto, viene indicato con precisione come la famiglia vuole che sia utilizzato quel bene. Si allegano le cosiddette ‘lettere dei desideri’, in cui i genitori declinano un vero e proprio progetto per il figlio. In questo modo, sotto questo profilo la loro morte sarà irrilevante, perché il trustee garantirà l’esecuzione di quel progetto e il figlio sarà completamente tutelato”.
Il trustee, in definitiva, consiste in un bene vincolato, con un corollario ben preciso di regole e indicazioni a cui il trustee dovrà attenersi: in questo modo, desideri e progetti diventano legge.
“Per questo, l’atto di trust è su misura, entra nel cuore dei genitori e nelle abitudini del ragazzo. Il trustee si impegna a realizzare nel miglior modo possibile le volontà dei disponenti. Ed eventuali violazioni saranno perseguibili davanti al giudice”, precisa Lupoi.
Un esempio? Una coppia ha un figlio con disabilità ormai adulto e una grande casa di proprietà – racconta Lupoi, riferendo di un caso seguito tempo fa – I genitori hanno diviso l’appartamento in due parti, riservandosene una per usufrutto. Nell’altra ala dell’appartamento, il ragazzo ora vive insieme ad altri cinque ragazzi con disabilità, costantemente assistiti dagli operatori di una cooperativa. In questo modo, il Dopo di noi si sta realizzando anche prima. E la famiglia, dopo diversi anni di sperimentazione, si dice molto soddisfatta”. Ora, con l’inserimento del trust nella legge per il Dopo di noi, questa pratica dovrebbe diffondersi ancora di più in questo ambito: “è infatti prevista la defiscalizzazione, in modo che non siano più dovute imposte ipotecarie e catastali, che ammontano a circa i 3%. Un ulteriore incoraggiamento alle famiglie, affinché utilizzino questo strumento, utile soprattutto nel sostenere quella domiciliarità che da più parti è richiesta”.
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Fonte www-ed-scuola.eu – L’U.s.p. di Bologna ha recentemente riepilogato gli adempimenti amministrativi che le scuole debbono eseguire nel caso di alunni con disabilità e disturbi specifici di apprendimento. Innanzitutto, l’Ufficio ribadisce l’importanza della corretta redazione, da parte delle Istituzioni Scolastiche, del Profilo Dinamico Funzionale per gli alunni con certificazione legge 104/92 a partire dalla scuola primaria fino alla fine della secondaria di secondo grado.
Il Profilo Dinamico Funzionale va redatto dal Gruppo Operativo, sulla base dei dati delle Diagnosi Funzionali, delle osservazioni collegialmente rilevate dai docenti, operatori sanitari e genitori. Si tratta di un importante strumento che servirà nel percorso scolastico dell’alunno e, al termine di esso, ad indicare le reali competenze acquisite nel corso degli anni trascorsi a scuola. Particolare attenzione deve essere posta anche alle rivalutazioni AUSL dei ragazzi di 16 anni, alle quali possono seguire modifiche delle Diagnosi Funzionali e inevitabilmente rielaborazioni e aggiornamenti del Piano Educativo Individualizzato.
Particolare cura richiedono anche le stesure dei Piani Educativi Individualizzati (legge 104/92) e dei Piani Didattici Personalizzati (legge 170/2010) quando vengono stilati negli anni conclusivi dei cicli, perché da questi si desumeranno le modalità e i criteri di valutazione che sanno adottati durante gli esami dalle Commissioni.