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CINQUE PER MILLE PAGAMENTO CONTRIBUTI

Fonte www.lavoro.gov.it – Sono disponibili per l’anno 2012 gli elenchi di pagamento, per il tramite dell’Agenzia delle Entrate, per 3.515.063,03 euro relativi a 1.771 enti e per 540,25 euro relativi a 6 enti con importi inferiori a 1.000 euro privi di conto corrente.

1. L’Agenzia delle entrate, sulla base delle scelte operate dai contribuenti per ciascun anno finanziario, trasmette al Ministero dell’economia e delle finanze, i dati occorrenti a stabilire gli importi delle somme che spettano a ciascuno dei soggetti a favore dei quali i contribuenti hanno effettuato una valida destinazione della quota del cinque per mille della loro imposta sui redditi delle persone fisiche.

2. Le somme da stanziare per la corresponsione del cinque per mille sono iscritte in bilancio sull’apposito Fondo dello Stato di previsione del Ministero dell’economia e delle finanze.

3. La corresponsione a ciascun soggetto delle somme spettanti, sulla base degli elenchi all’uopo predisposti dall’Agenzia delle entrate, è predisposta dal Ministero del lavoro e delle politiche sociali per i soggetti del volontariato e delle altre organizzazioni non lucrative di utilità sociale;

4. L’ente beneficiario non ha diritto alla corresponsione del contributo qualora, prima dell’erogazione delle somme allo stesso destinate, risulti di aver cessato l’attività o di non svolgere più l’attività’ che da’ diritto al beneficio.

5. Ai sensi del DPCM 23 aprile 2010 art. 11 comma 7 non vengono erogate le somme di importo complessivo inferiore a 12 euro.

Pagamenti di elenchi forniti dall’Agenzia delle entrate

Elenco dei beneficiari di somme superiori a euro 500.000 inviato dall’11 agosto 2014 agli uffici competenti per l’accreditamento

Con riferimento a un ente beneficiario di contributi superiori ai 500.000 euro, al momento non inseriti in elenco, ci si riserva di pubblicare a breve ulteriori aggiornamenti.

Elenco dei beneficiari di somme inferiori a euro 500 mila inviato il 10 ottobre agli uffici competenti per l’accreditamento

Elenco dei beneficiari di somme inferiori a euro 500 mila inviato il 10 dicembre agli uffici competenti per l’accreditamento

Pagamenti di enti privi di conto corrente Il 5 per mille viene erogato dal Ministero del Lavoro per il tramite dell’Agenzia delle Entrate che trasmette appositi elenchi con le coordinate bancarie/postali.

Il Ministero del lavoro si riserva di erogare direttamente il 5 per mille inferiore a mille euro ai soggetti che dichiarano esplicitamente di non avere e di non volere un conto bancario/postale.

Elenco dei beneficiari privi di conto corrente inviato il 5 dicembre agli uffici competenti per l’accreditamento

Raccomandazioni

•Si invitano gli enti a verificare l’esattezza delle coordinate di accredito del 5 per mille e in caso di mancato accredito per problemi di IBAN comunicare le nuove coordinate esclusivamente alla sede territoriale dell’Agenzia delle Entrate (non al Ministero del Lavoro). La Direzione Centrale dell’Agenzia delle Entrate trasmetterà al Ministero un successivo elenco con le coordinate rettificate degli storni dei pagamenti non andati a buon fine.

Si ricorda che:

• le somme percepite vanno rendicontate entro un anno dalla data di erogazione (DPCM 23 aprile 2010 art. 12), utilizzando il modello e sulla base delle istruzioni contenute nelle linee guida del Ministero del Lavoro e pubblicate sul sito istituzionale nell’ultima versione disponibile, predisponendo altresì la relativa relazione illustrativa;

I rendiconti relativi a contributi di importo pari o superiore a 20.000 euro dovranno essere trasmessi, unitamente alla prescritta relazione illustrativa e ad eventuali allegati, alla Direzione Generale del Terzo Settore – Divisione I – Via Fornovo, 8 – 00192 Roma entro i 30 giorni successivi, esclusivamente con raccomandata A/R.

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5 PER MILLE ALLA SCUOLA? SAREBBE MEGLIO DI NO

Fonte www.vita.it – Il portavoce del Forum Nazionale del Terzo Settore*, Pietro Barbieri interviene sulla decisione di estendere la misura del 5 per mille anche agli istituti scolastici contenuta nel Ddl di Riforma della scuola varato giovedì 12 marzo dal Consiglio dei ministri.

«Pur trovandoci davanti a una Riforma che contiene misure che, da una prima impressione, appaiono interessanti e di sviluppo per il sistema scolastico, non possiamo non esprimere preoccupazione sull’estensione dell’istituto del 5 per mille alle scuole» osserva Barbieri che sottolinea:

«Abbiamo sempre considerato la destinazione del 5 per mille, misura nata come dedicata e riservata agli enti di Terzo settore, un importante istituto di sussidiarietà fiscale, accogliendo sempre positivamente ogni misura che riguardasse la libera scelta, da parte dei cittadini contribuenti, di destinare parte della propria tassazione. Crediamo però che aggiungere le scuole tra i destinatari del 5 per mille rischierebbe di innescare una sorta di “guerra tra poveri”. Le scuole sono state tra i primi ambiti di attenzione da parte del Premier e crediamo che sarebbe più corretto creare un nuovo meccanismo specifico per la destinazione di parte delle imposte, o più in generale di promozione del finanziamento alla scuola, piuttosto che allargare la platea dei destinatari del 5 per mille, a parità di risorse. È facile immaginare che i contributi che oggi i genitori versano volontariamente alle scuole verrebbero trasformati nella destinazione del 5 per mille: con il risultato di penalizzare il Terzo settore e di non fare avere risorse aggiuntive alle scuole. Va benissimo ed è fondamentale promuovere il sostegno alla Scuola, ma sono necessarie modalità più appropriate per risolvere il problema della carenza di fondi».

Dopo queste considerazione Barnieri si auspica a nome di tutto il Forum del Terzo Settore che «durante l’iter parlamentare si possano adottare criteri per modificare tale misura, per promuovere un efficace finanziamento aggiuntivo della scuola e superare la poco gradevole sensazione che il Governo con una mano tolga ciò che con l’altra dispone a favore del Terzo settore»

*Cui Anffas Onlus aderisce

Per approfondire

Leggi qui l’articolo “Buona scuola, cattivo 5×1000”

Leggi il comunicato del Comitato Editoriale Vita (di cui è parte anche Anffas Onlus)

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LA MAMMA DI UNA BIMBA DOWN SFIDA LA CRUSCA SPAGNOLA

Fonte www.west-info.euAggiornare e modificare all’interno del vocabolario la definizione di parole come “subnormale” e “mongolismo”. È quanto chiede in una petizione online una donna spagnola, madre di una bambina Down che si rivolge direttamente alla Reale Accademia di Spagna (RAE), responsabile della pubblicazione del Dizionario, per far rivedere il significato – da lei stessa definito “obsoleto”- dato a questi termini.

La connotazione negativa che queste parole hanno assunto nell’uso corrente, infatti, è palesemente omessa dal vocabolario della lingua castigliana che continua a definirli semplicemente come termini per indicare una persona che ha “una capacità intellettiva notevolmente inferiore al normale”.

Un’iniziativa, quella di questa mamma coraggio, che ha ottenuto anche il supporto della Federazione spagnola Sindrome di Down.

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PART-TIME E LAVORATORI CON DISABILITÀ

Fonte www.superando.it – La Legge 183/14, meglio nota come Jobs Act, ha previsto la successiva emanazione di Decreti Legislativi, allo scopo di regolare vari aspetti legati all’occupazione e ai rapporti di lavoro. In queste settimane il Consiglio dei Ministri ne ha approvati quattro, che ora passano all’esame delle Camere per il relativo parere prima dell’emanazione definitiva.

Ci soffermiamo qui sul Decreto relativo alle tipologie contrattuali e alle mansioni, nella parte riguardante il part-time, tema di cui ci eravamo già occupati, nei giorni scorsi, parlando nello specifico di sclerosi multipla.

La trasformazione del proprio rapporto di lavoro da tempo pieno a parziale rappresenta per molti lavoratori l’opportunità di conciliare esigenze personali e familiari di diversa natura con il mantenimento di una occupazione stabile. Di fatto, ad oggi il diritto di trasformare il rapporto di lavoro da tempo pieno a part time è limitato ai lavoratori con malattia oncologica, che conservano anche la possibilità di “ritornare” al tempo pieno al termine di percorsi di terapia. In tutti gli altri casi il passaggio è condizionato da una contrattazione fra le parti (lavoratore-azienda). Ebbene, proprio su questo aspetto è la principale novità introdotta dal Decreto Legislativo in via di perfezionamento, relativa al fatto che d’ora in poi potranno contare sugli stessi diritti anche i lavoratori affetti da gravi patologie cronico-degenerative ingravescenti, accertate da un’apposita commissione presso l’ASL.

Mentre poi per questi lavoratori viene stabilito un diritto cui l’azienda non si potrà opporre, per una serie di familiari, invece, viene fissata solo una priorità nella concessione del part-time. Si tratta esattamente di quei lavoratori che siano coniuge, figlio o genitore di una persona con patologie oncologiche o gravi patologie cronico-degenerative ingravescenti e di quei lavoratori che assistano una persona convivente «con totale e permanente inabilità lavorativa, che assuma connotazione di gravità ai sensi dell’articolo 3, comma 3, della legge 5 febbraio 1992, n. 104, alla quale è stata riconosciuta una percentuale di invalidità pari al 100 per cento, con necessità di assistenza continua in quanto non in grado di compiere gli atti quotidiani della vita».

In altri due casi, poi, viene ammessa la priorità nella trasformazione del contratto di lavoro da tempo pieno a tempo parziale, ma essa è limitata ai soli genitori: nel caso cioè di figlio convivente di età non superiore a 13 anni e nel caso di figlio convivente portatore di handicap «ai sensi dell’articolo 3 della legge n. 104 del 1992» (da notare che non è richiesta la gravità indicata dal comma 3 dell’articolo citato).

C’è inoltre un’ulteriore opportunità riguardante il part-time e derivante dai nuovi provvedimenti. Il lavoratore, cioè, può chiedere, per una sola volta, in luogo del congedo parentale «spettante ai sensi del Capo V del Decreto Legislativo 26 marzo 2001, n. 151», la trasformazione del rapporto di lavoro a tempo pieno in rapporto a tempo parziale, per un periodo corrispondente, con una riduzione d’orario non superiore al 50%. Il congedo richiamato, per altro, non è quello previsto dall’articolo 42 (Capo VI) del citato Decreto Legislativo 151/01, concesso ai parenti che assistono un familiare con handicap grave, retribuito e della durata massima di due anni, ma si tratta di quei congedi parentali concessi per ogni bambino, nei primi suoi otto anni di vita, a ciascun genitore e che non possono complessivamente eccedere il limite di dieci mesi (salvo casi particolari). Fino al terzo anno di vita del bambino è riconosciuta un’indennità pari al 30% della retribuzione, per un periodo massimo complessivo tra i genitori di sei mesi.

Inoltre, i congedi sono coperti da contributi figurativi. Nel caso poi il bambino sia persona con handicap grave (articolo 3, comma 3 della Legge 104/1992) il congedo estende la sua durata a tre anni (con indennità fino a sei mesi e copertura previdenziale figurativa).

Qual è dunque la nuova opportunità? Anziché fruire dei congedi, si può chiedere il passaggio al part-time per la stessa durata del congedo. Ad esempio, anziché chiedere e ottenere sei mesi di congedo retribuito con indennità al 30% (e “rimanere a casa”), si può passare al part-time per sei mesi, percependo una retribuzione proporzionata e una copertura previdenziale effettiva.

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VITA INDIPENDENTE PER TUTTE LE PERSONE CON DISABILITÀ

Fonte www.superando.it – Un ampio documento è stato inviato dal Consiglio Direttivo della LEDHA – la Lega per i Diritti delle Persone con Disabilità che costituisce la componente lombarda della FISH (Federazione Italiana per il Superamento dell’Handicap*) – agli assessori della Regione Lombardia Maria Cristina Cantù (Famiglia e Solidarietà Sociale) e Mario Mantovani (Salute), oltreché al presidente della Terza Commissione Consiliare Fabio Rizzi. In tale testo, come si legge in una nota prodotta dalla stessa LEDHA, «si sottolinea che quello alla Vita Indipendente è oggi un diritto di tutte le persone con disabilità; si evidenzia come le modalità di promozione e riconoscimento reale di questo diritto possano essere diverse, ma non possano prescindere dal supporto alla realizzazione di progetti di vita globali e integrati, sostenuti da una presa in carico pubblica; si ricorda che la Vita Indipendente sottintende il riconoscimento al diritto all’autodeterminazione, che dev’essere consentito in ogni misura possibile a tutte le persone con disabilità, in special modo a chi conviva con menomazioni di carattere intellettivo e relazionale».

Si tratta di affermazioni con cui la LEDHA si propone di incidere concretamente sui percorsi di riforma regionali in tema di servizi sanitari e sociosanitari, così come sui percorsi normativi sulla vita indipendente, «percorsi – prosegue la nota della Federazione lombarda – che avranno probabilmente tempi lunghi di approvazione e di implementazione. Nel frattempo, però, le esigenze delle persone con disabilità che aspirano alla Vita Indipendente non possono rimanere senza risposta». Ed è proprio per questo che nella lettera di presentazione al citato documento, vengono proposte alla Regione Lombardia alcune azioni immediatamente attuabili, vale a dire «la definizione della presa in carico globale e integrata come Livello Essenziale di Assistenza Regionale; l’istituzione del Fondo Regionale per la Non Autosufficienza, con una dotazione minima di 10 milioni di euro; la dotazione del Fondo Sociale Regionale con almeno 70 milioni di euro».

Un altro punto che la Federazione intende puntualizzare con forza è quello relativo al corretto significato di alcune “parole chiave”.

«Valutiamo positivamente – dichiara infatti Maria Villa Allegri**, presidente della LEDHA – le varie iniziative sviluppatesi in questi mesi (Delibere Regionali su Fondo per le Non Autosufficienze 2014 e 2015; Proposte di Legge avanzate da diversi gruppi consiliari), che stanno facendo emergere anche in Lombardia il dibattito attorno al tema del diritto alla Vita Indipendente. E tuttavia, molto spesso, si tende a dare un significato non corretto a “parole chiave” come autonomia, autogestione e indipendenza. Un’interpretazione errata di questi termini può infatti creare confusione nelle risposte che il livello istituzionale deve garantire all’esigibilità dei diritti e alla soddisfazione dei bisogni dei cittadini lombardi con disabilità. Speriamo dunque, con questo nostro documento, di dare un contributo alla discussione, al fine di contribuire a indirizzare le politiche sociali sulla disabilità nella nostra Regione in modo adeguato e sostenibile».

Da ultimo, ma non ultimo, il tema dell’assistenza indiretta. «Attraverso l’assunzione di assistenti personali – concludono dalla LEDHA – molte persone con disabilità motoria (ma non solo) hanno avuto in questi anni la possibilità di affermare la propria indipendenza e crearsi un progetto di vita soddisfacente. Che ha evitato, in molti casi, l’istituzionalizzazione. Alla Regione chiediamo quindi di garantire la continuità di questi progetti di vita e, attraverso le sperimentazioni in atto, di programmare e offrire esperienze similari ad altre persone che decidano di utilizzare lo “strumento” dell’assistenza indiretta, per creare le premesse di un progetto di Vita Indipendente». 

È disponibile il testo integrale del documento sulla Vita Indipendente inviato dalla LEDHA ai rappresentanti della Regione Lombardia e anche la lettera che lo presenta.

Per ulteriori informazioni e approfondimenti

ufficiostampa@ledha.it

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RIFORMA DEL TERZO SETTORE: INTRODOTTO FINALMENTE L’AUTOCONTROLLO

Prosegue in commissione Affari sociali alla Camera la discussione sul DDL Delega di Riforma Terzo Settore. Il relatore ha presentato un emendamento che specifica che il Ministero del Lavoro “promuove l’adozione di adeguate forme di autocontrollo degli enti del terzo settore, anche attraverso l’utilizzo di strumenti atti a garantire la più ampia trasparenza e conoscibilità delle attività svolte dagli enti medesimi, sulla base di apposite convenzioni stipulate con gli organismi maggiormente rappresentativi degli enti stessi o con il sistema dei centri di servizio per il volontariato per consentire il necessario supporto agli enti di dimensioni ridotte.”

“Valutiamo molto positivamente l’introduzione di forme di autocontrollo per il terzo settore, una richiesta che abbiamo fatto sin dall’inizio del percorso e che riteniamo lo strumento più idoneo per il nostro mondo. Riteniamo positiva infatti la responsabilizzazione del terzo settore rispetto al tema della trasparenza, che passi attraverso l’auto-organizzazione per le grandi reti dell’associazionismo, e attraverso il coinvolgimento dei centri di servizio per il volontariato per le organizzazioni più piccole.”

“Rispetto all’ art.4, di cui la Commissione sta vagliando gli emendamenti, siamo al momento soddisfatti dell’iter intrapreso. Aspettiamo tuttavia con particolare attenzione il delicato passaggio che riguarda il tema della distribuzione degli utili nelle imprese sociali.” Conclude il Portavoce

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RIFORMA TERZO SETTORE, NIENTE AGENZIA O AUTHORITY

Fonte www.vita.it – Così la relatrice della Legge Delega di Riforma del Terzo settore, Impresa sociale e Servizio Civile, on. Donata Lenzi ha presentato l’emendamento che ha chiuso la discussione sull’art. 2 della Riforma: “Nell’illustrare il contenuto di tale proposta emendativa, sottolinea di non considerare opportuna l’istituzione di un’Agenzia di settore o di una Autorità indipendente. Osserva in proposito che una vigilanza efficace su una platea così vasta richiederebbe una struttura di dimensioni rilevanti, con conseguenti problemi nell’individuazione delle risorse necessarie, manifestando contrarietà per il prospettato utilizzo dei fondi per il 5 per mille. Dichiara, in ogni caso, di avere voluto raccogliere le sollecitazioni a rafforzare il sistema di vigilanza e controllo sul Terzo settore, prevedendo un ruolo più incisivo del Ministero del lavoro e delle politiche sociali, in collaborazione con gli altri Ministeri interessati. Sottolinea l’importanza della previsione di un raccordo con l’Agenzia delle entrate, esigenza emersa anche nel corso della audizioni svolte dalla Commissione, nonché l’indicazione esplicita dell’estensione del controllo alle imprese sociali.   Evidenzia che il secondo comma dell’articolo aggiuntivo da lei presentato, che raccoglie alcuni degli spunti presenti in altre proposte emendative, mira ad assicurare un coinvolgimento degli stessi soggetti del Terzo settore nelle procedure di controllo, anche tramite la collaborazione con i centri di servizio per il volontariato per consentire il necessario supporto agli enti di dimensioni ridotte”.

L’emendamento approvato dal Governo e dalla Commissione dice no sia all’ipotesi di Unità di missione proposta dal testo Governativa sia alla richiesta contenuta in tanti emendamenti di procedere a una riedizione della Agenzia o di un’Authority. Il compito della Vigilanza e controllo rimarrà (perchè già ora è così e con scarsi risultati) in capo al Ministero del Lavoro e delle Politiche sociali.

A questo punto gli articoli 1, 2, 3 e 5 sono stati approvati, in discussione, attualente c’è l’art. 4 dedicato alla Riforma dell’impresa sociale.

Leggi il commento del Forum Terzo Settore