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Al via il programma estivo di Anffas Onlus Corigliano

Luglio in Anffas è mare, escursione, gioco, amici, musica. Tutto è pronto per vivere questa calda estate così come scelto dal gruppo degli autorappresentanti insieme a tutti i giovani che frequentano il centro di via Degli Iris 15 in Schiavonea. Un periodo ricreativo per i giovani adulti che consolideranno, supportati dagli operatori e da volontari, gli obbiettivi di autonomia e vita indipendente presenti nei progetti individuali di ogni giovane di cui anffas si prende cura.

Obiettivi che sono il filo conduttore di tutte le attività che la locale associazione, presente nel territorio dal 2003, persegue partendo dal bisogno della persona con disabilità rilevato attraverso lo strumento ICF(Classificazione Internazionale del Funzionamento, della Disabilità e della Salute ) e soprattutto l’uso di Matrici Ecologiche, strumento innovativo di Anffas che consente, attraverso un sistema informatico integrato, di realizzare il progetto di vita Individuale ai sensi dell’art. 14 della legge 328/00. Tale strumento, partendo dalla valutazione multidimensionale, consente di sviluppare piani di sostegno basati sui desideri e le aspettative della persona e della famiglia, volti al miglioramento della loro qualità di vita.
Tre giorni a settimana i ragazzi restano in associazione dalle 9,30 alle 17,30 con attività che prevedono al mattino: mare, preparazione del pranzo, riassetto locali zona pranzo; pomeriggio: giochi, laboratori di creatività.
Negli altri giorni le attività iniziano alle 15,30 fino alle 18,00.
Il progetto estate, finanziato dalle famiglie e dal contributo del 5 per mille, si concluderà il 31 luglio. Le attività riprenderanno il 2 settembre 2019.
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Segreteria
Anffas Onlus Corigliano  

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Non autosufficienza: verso il Piano

Fonte comunicato stampa FISH* – La FISH ha partecipato al Tavolo convocato dal Ministero del Lavoro per iniziare un confronto per la definizione di un Piano nazionale sulla non autosufficienza. Presenti sia le organizzazioni delle persone con disabilità che referenti sindacali, della Conferenza delle Regioni, dell’ANCI, dell’INPS, del Forum del Terzo Settore*. Presenti per il Governo i sottosegretari Claudio Cominardi (Lavoro e politiche sociali) e Vincenzo Zoccano (Famiglia e disabilità).

Il confronto parte correttamente dall’analisi dei dati sulla spesa e sull’impiego del Fondo per la Non Autosufficienza (FNA) che negli ultimi anni ha visto un progressivo aumento degli stanziamenti, giungendo per il 2019 a circa 570 milioni di euro. Il Ministero del Lavoro ha prodotto un report sulla base del monitoraggio sull’impiego del Fondo da parte delle Regioni (non tutte hanno risposto).

Va ricordato che nel tempo il Ministero del Lavoro, in occasione dell’approvazione dei relativi decreti di riparto, ha introdotto alcuni indicatori selettivi che consentissero di individuare le disabilità gravissime o, per essere più precisi, quelle persone non autosufficienti che necessitano di assistenza vitale. Nel 2016 sono state individuate con precisione alcune condizioni patologiche che rientrassero in quella indicazione espressa dal legislatore, fornendo anche gli indicatori (scale) da applicare.

Uno sforzo ulteriore è stato praticato per individuare le effettive condizioni di grave carico assistenziale. Anche su questo sono stati individuati indicatori, di facile applicazione, che consentano di delineare vari livelli di bisogno assistenziale e, conseguentemente, graduare interventi tenendo conto della limitazione delle risorse a disposizione. Al momento questi indicatori non sono ancora stati adottati.

Da una analisi del Ministero del Lavoro, attualmente il Fondo raggiunge solo il 5% dei titolari di indennità di accompagnamento. Quindi i destinatari effettivi sono ancora molto limitati: circa 110 mila beneficiari, di cui circa 50 mila gravissimi.

La suddivisione delle risorse ipotizzata inizialmente era di almeno 50% ai gravissimi. In realtà, dai dati prodotti dal Ministero si rileva una notevole differenza dalle percentuali stimate e soprattutto una grande disomogeneità territoriale. In particolare, in alcuni casi si è andati ben oltre il 50% per i gravissimi (ad esempio, il Molise all’85%). In genere nel Mezzogiorno si tende a offrire maggiori garanzie a quelle situazioni, anche se, su scala nazionale, la spesa per i gravi è superiore a quella per i gravissimi. Si tratta di disparità territoriali verosimilmente legate alle diverse politiche regionali e alla diversa qualità dei servizi. Ma altre disomogeneità si ravvisano anche nelle modalità di accesso al Fondo, ad esempio nel ricorso all’ISEE familiare anziché quello più favorevole socio-sanitario.

Una tendenza prevalente è invece quella della tipologia di supporto richiesto e concesso: quello dell’assistenza indiretta, cioè dell’assegnazione di contributi di natura economica che assumono denominazione diversa a seconda delle regioni (ad esempio, assegno di cura, contributo per la non autosufficienza ecc.). Questa voce rappresenta circa il 90% della spesa complessiva.

Su queste analisi e valutazioni, oltre che sulle elaborazioni successive, c’è l’intento, come detto, di costruire un Piano nazionale per la non autosufficienza.

Sul punto FISH, da sempre in prima linea su questi aspetti, ha espresso alcune preliminari considerazioni.

In linea generale il FNA deve essere considerato come fondo integrativo e non sostitutivo di servizi non resi o di politiche regionali assenti o deboli. In tal senso è centrale, nella realizzazione del Piano per la Non Autosufficienza, monitorare la qualità della spesa delle Regioni per evitare sperequazioni territoriali come oggi avviene.

L’ultima legge di bilancio prevede uno stanziamento per il FNA pari a 573 milioni per il 2019, 571 per il 2020 e 569 per il 2021. Dal 2022 il bilancio prevede 5,6 miliardi l’anno. La FISH chiede la conferma di questo intento e, possibilmente, di anticiparne lo stanziamento.

Il terzo elemento riguarda l’individuazione dei destinatari di queste misure: gli strumenti e le modalità dovrebbero essere basati su un riconoscimento della condizione di disabilità congruente con la Convenzione ONU e quindi anche individuando le necessità di maggiore sostengo assistenziale.

Un ulteriore centrale elemento riguarda i progetti per la vita indipendente: devono uscire dallo sperimentalismo in cui sono fino ad oggi confinati con un finanziamento residuale, per diventare una opportunità realmente perseguibile con continuità e certezza su tutto il territorio nazionale. Quindi finanziamento proprio e specifico e diffusione di modelli consolidati.

“Sarà un percorso impegnativo e di intensa elaborazione per il quale però siamo attrezzati, – commenta a margine dell’incontro il Presidente di FISH Vincenzo Falabella forti di elaborazioni pluriennali che hanno avuto il merito di porsi in un’ottica di ascolto, confronto e sintesi. Ad iniziare dall’Osservatorio nazionale sulla condizione delle persone con disabilità all’interno del quale già abbiamo ampiamente condiviso molte riflessioni poi confluite nel secondo Programma d’azione.”

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Riforma del turismo: la novità è quello accessibile

Fonte www.superabile.it – Un sistema integrato di offerta in grado di accogliere le esigenze speciali, fra cui quelle delle persone disabili, un brand nazionale e una rete tra enti locali, operatori turistici e associazioni. Ecco cosa prevede il ddl “Delega al governo in materia di turismo”.

C’è anche il turismo sanitario e termale (basato su un’offerta di viaggio e permanenza improntata sulla cura della salute e la ricerca del benessere, che preveda trattamenti sanitari specifici e assistenza da parte di personale medico professionalmente qualificato), più quello accessibile, nel disegno di legge delega in materia di turismo su cui il governo dovrà adottare uno o più decreti di settore entro i prossimi due anni. Ed è questa la principale novità introdotta dopo l’avvenuto esame in commissione Attività produttive e su cui due giorni fa la Camera ha iniziato la discussione generale in assemblea.
 
L’idea è quella di “sviluppare il modello di turismo accessibile, inteso come sistema integrato di offerta in grado di accogliere le esigenze speciali che meritano maggiore attenzione, fra cui quelle delle persone con disabilità, delle famiglie numerose, degli anziani e dei giovani, attraverso progetti e programmi che agevolino l’accesso all’esperienza turistica indipendentemente dalle condizioni personali, sociali ed economiche, mediante l’armonizzazione della normativa nazionale agli articoli 7 e 30 della Convenzione delle Nazioni unite sui diritti delle persone con disabilità, la promozione di interventi mirati al soddisfacimento di specifiche richieste connesse a problematiche di allergie e intolleranze alimentari, la creazione di un brand Turismo accessibile Italia e la sua promozione a livello nazionale e internazionale, la promozione di un’offerta integrata di servizi turistici attraverso la creazione di una rete accessibile tra gli enti locali, gli operatori turistici, le associazioni e le organizzazioni maggiormente rappresentative, le federazioni sportive dilettantistiche”, si legge tra gli emendamenti approvati la settimana scorsa.
 
“Per individuare misure inclusive e a basso costo si prevede, e questa è una novità importantissima, anche l’utilizzo del patrimonio immobiliare pubblico”, ha sottolineato in aula Diego Binelli della Lega. Secondo il deputato Anna Laura Orrico (Movimento 5 Stelle), “è fondamentale garantire a tutti il diritto di viaggiare e godere delle meraviglie che offre il nostro Paese. A oggi si calcola che il reddito potenziale derivato dal turismo accessibile ammonti a circa 166 miliardi di euro e i numeri ci dicono che questo mercato si aggira intorno ai 127 milioni di persone che non viaggiano a causa delle barriere architettoniche e dei servizi poco pensati per loro. Turismo accessibile significa, quindi, un turismo che offre più opportunità per tutti, non solamente per la persona con disabilità, ma per tutti gli attori coinvolti, i familiari, gli accompagnatori, le strutture ricettive, la comunità che accoglie”.
 
Anche il Codice del turismo di otto anni fa – il decreto legislativo 79/2011 – enunciava principi in tema di turismo accessibile (art. 3). Ma tale articolo era poi stato dichiarato incostituzionale perché, come altri, non comprendeva il riassetto generale dei rapporti con le Regioni in materie non di competenza esclusiva dello Stato. E questa è ancora la preoccupazione dell’opposizione; per Sara Moretto del Pd, infatti, “resta sullo sfondo la questione delle competenze legislative: la materia del turismo è competenza esclusiva delle Regioni, e su questo aspetto si sono fermati e stoppati diversi tentativi di intervento statale già avviati nel passato”.

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L’Assemblea Nazionale di Anffas dice basta alla negazione di diritti e proclama lo stato di mobilitazione permanente

Con una mozione generale, approvata all’unanimità, le persone con disabilità e le famiglie facenti parte di Anffas rivolgono al Ministro per la Famiglia e le Disabilità, Lorenzo Fontana, un accorato appello affinché siano ascoltate le proprie istanze.

I nostri diritti vengono ancor oggi, e sempre più negati e la vita dei nostri congiunti con disabilità, unitamente a quella di noi genitori e familiari, è oggetto di discriminazioni, emarginazione e mancanza di pari opportunità”.

Così inizia la mozione generale approvata all’unanimità dall’Assemblea Nazionale Anffas, tenutasi il 29, 30 e 31 maggio u.s.

Un documento molto articolato che pone in risalto il fatto che Anffas, negli oltre 60 anni di vita, ha contribuito a far emanare tante leggi che avrebbero dovuto contribuire a migliorare considerevolmente le condizioni di vita materiale delle persone con disabilità e dei loro familiari. Purtroppo, rileva Anffas, ancora oggi molte di tali leggi non sono concretamente attuate in modo puntuale, omogeneo e capillare sull’intero territorio nazionale.

Tale accorato appello nasce dalle tante testimonianze portate in assemblea dalle persone con disabilità e dai loro familiari, manifestando forte preoccupazione di fronte alla ulteriore involuzione dell’intero sistema dei servizi. Infatti dai vari interventi è drammaticamente emerso che “l’accesso ai pochi servizi è reso sempre più difficoltoso ed oneroso e l’enorme carico della disabilità, anche dal punto di vista economico, pesa principalmente sulle spalle dei familiari”.

Inoltre, continua l’appello “i fondi statali sono del tutto insufficienti a garantire l’esigibilità dei diritti e anche le risorse, laddove messe a disposizione dalle Regioni e dagli enti locali, non risultano sufficienti“.

L’Assemblea ha anche sottolineato come le indennità economiche e le pensioni corrisposte siano irrisorie e del tutto inadeguate a garantire il soddisfacimento delle minime necessità di vita delle persone con disabilità.

La mozione evidenzia, ancora, che “gli attuali strumenti di protezione giuridica (interdizione, inabilitazione ed amministrazione di sostegno) risultano difformi alle previsioni della Convenzione ONU e, nella loro pratica attuazione, molto spesso, si assiste ad abnormi distorsioni e gravosi adempimenti che nulla hanno a che vedere con i veri interessi delle persone con disabilità e delle loro famiglie”.

Per queste ragioni le persone con disabilità, i familiari e tutti coloro che a vario titolo fanno parte di Anffas hanno detto “BASTA” e si sono mobilitate chiedendo un concreto intervento al Ministro Fontana affinché, prendendo atto di questa situazione intollerabile vissuta dalle persone con disabilità e dai loro familiari, provveda a rimuoverne le cause.

Non c’è più tempo e non siamo più disponibili ad attendere i tempi biblici della politica, anche perché non ce lo possiamo permettere!”.

Nel merito la mozione riepiloga le tante leggi già presenti nel sistema giuridico italiano, mettendo in risalto il fatto che per larga parte tali leggi non sono compiutamente applicate o ostaggio di un sistema burocratico o carenza di risorse, che di fatto ne negano l’esigibilità e ciò a partire dalla legge 18/2009 con la quale l’Italia ha recepito la Convenzione Onu sui Diritti delle Persone con Disabilità, nonché altre importanti leggi come la legge 104 del 1992 – legge -quadro per l’assistenza, l’integrazione sociale e i diritti delle persone handicappate” e connessa legge 162/98; la legge 68 del 1999 – “norme per il diritto al lavoro dei disabili” e s.m.i., la legge 328 del 2000 – “legge quadro per la realizzazione del sistema integrato di interventi e servizi sociali” a partire dall’art.14; la legge 112 del 2016 – “legge sul cd. durante e dopo di noi” ecc., per citarne alcune.

Ma la mozione assembleare mette in risalto anche il fatto che oggi non basta più applicare le leggi che ci sono, ma è necessario ri-partire da una revisione complessiva dell’intero sistema per adeguarlo “in primis” ai nuovi paradigmi culturali introdotti dalla Convenzione Onu, unitamente all’aggiornamento ed emanazione di nuove leggi, quale ad esempio “una legge che abroghi gli istituti dell’interdizione e dell’inabilitazione, previo rafforzamento della legge sull’amministrazione di sostegno, semplificandone gli adempimenti e correggendo le tante, troppe distorsioni applicative riscontrate”.

Anffas richiede, inoltre, la predisposizione di norme che attuino una progressiva deistituzionalizzazione nonché il contrasto ad ogni forma di segregazione ed emarginazione sociale, unitamente a provvedimenti realmente efficaci ed utili alla prevenzione di episodi di violenza e maltrattamenti.

Altro tema affrontato riguarda il diritto allo studio e all’inclusione scolastica degli alunni con disabilità intellettiva e del neurosviluppo, tema questo rispetto al quale Anffas si è sempre battuta. Nella mozione si chiede che tale diritto venga rispettato, in modo omogeneo, sull’intero territorio nazionale, compresi i servizi a carico degli enti locali facendo sì che l’intero sistema garantisca non solo quantità, ma soprattutto qualità e che il primo giorno di scuola sia tale per tutti gli alunni e studenti con e senza disabilità.

Basta allo “scarica barile” tra i diversi enti deputati a garantire i diritti!

Dal corposo elenco delle istanze non poteva mancare la richiesta di far sì che l’intero sistema sia messo finalmente in grado di predisporre il progetto individuale di vita, come previsto dall’art. 14 della legge 328/2000, dando attuazione al modello bio-psico-sociale ed avviando un virtuoso ed avanzato sistema di valutazione multidimensionale dei bisogni di sostegno, basando il tutto sul modello ancorato ai diritti umani ed alla qualità della vita.

Con questa mozione, quindi, Anffas da una lato pone l’accento sulle difficoltà, gli ostacoli e le troppe pratiche burocratiche che ogni giorno le persone con disabilità e le loro famiglie incontrano, dall’altro dice basta a questo non più tollerabile stato di cose, avanzando delle proposte concrete.

Per questo Anffas tutta, auspicando di non essere sola in questa “battaglia”, ha deciso di rivolgersi esclusivamente al Ministro Fontana in quanto Ministro per le Famiglie e le Disabilità. Infatti, a parere di Anffas, oggi “in primis” è proprio il Ministro Fontana, appunto quale Ministro per la disabilità, che deve porsi al fianco delle persone con disabilità e dei loro familiari ed assumersi il compito e la responsabilità digarantire adeguati sostegni a tutte le persone con disabilità ed ai loro familiari attraverso una rete integrata di servizi. Consapevoli che ciò non rappresenta un costo, bensì un investimento che a medio/lungo termine porta all’intero sistema paese indubbi benefici, anche occupazionali, di razionalizzazione ed efficacia della spesa, oltre che consentire all’Italia di potersi realmente fregiare della definizione di “Paese civile” che garantisce a tutti i suoi cittadini diritti civili ed umani, pari opportunità e qualità di vita”.     

 

In allegato la Mozione generale “I diritti delle persone con disabilità e dei loro familiari se non sono resi esigibili diventano gentili concessioni”.

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Diritto al gioco per tutti, l’appello del Garante per l’infanzia per la Giornata mondiale

Fonte www.superabile.it – In Italia sono solo 234 i parchi gioco inclusivi, concentrati prevalentemente al centro nord e spesso non accessibili ai ragazzi con disabilità intellettiva o con disturbi dello spettro autistico. In un volume dedicato, l’Autorità garante chiede investimenti strutturali, una legge ad hoc, politiche sociali adeguate, formazione degli operatori e una mappatura di spazi ed esperienze.

In Italia sono solo 234 i parchi gioco inclusivi, concentrati prevalentemente al centro nord e spesso non accessibili ai ragazzi con disabilità intellettiva o con disturbi dello spettro autistico. E’ uno dei dati che emerge dal lavoro d’indagine, avviato lo scorso maggio dalla Consulta delle associazioni e organizzazioni presieduta dall’Autorità garante dei diritti dell’Infanzia e dell’adolescenza, con il supporto tecnico dell’Istituto degli Innocenti e confluito nel volume Documento di studio “Il diritto al gioco e allo sport dei bambini e dei ragazzi con disabilità“. Sono stati realizzati quattro focus group e interviste a 238 persone, è stato somministrato, in collaborazione con Anci, un questionario a 173 comuni e raccolto il parere della Consulta dei ragazzi dell’Agia. E l’appello della garante Filomena Albano, lanciato per la Giornata mondiale del Gioco (che ci celebra il 28 maggio) è che tutti coloro che organizzano eventi prevedano anche attività inclusive.
 
Manca una legge che renda effettivo il diritto al gioco e allo sport per tutte le persone di minore età, comprese quelle con disabilità. E mancano anche i dati: per questo, nelle sue raccomandazioni, l’Autorità garante ha chiesto sistemi di monitoraggio a più livelli territoriali e la mappatura dei luoghi di spazi e servizi per il gioco e lo sport. “È necessario un cambiamento culturale – ha dichiarato Albano – Servono formazione e sensibilizzazione rivolte alle famiglie, agli insegnanti, agli operatori e ai professionisti che lavorano con bambini e ragazzi. Ma non solo. Per favorire una vera inclusione occorre partire dai piccoli, che vanno educati all’accoglienza e al riconoscimento della diversità, stimolati all’apertura e alla solidarietà. Bisogna insegnare loro a guardare il mondo da angolature diverse, a creare relazioni autentiche basate sul rispetto dell’altro. Dai racconti dei ragazzi con disabilità che abbiamo ascoltato – ha aggiunto la Garante – emerge un vissuto di solitudine, sperimentato sin da piccoli nel giocare da soli e, quindi, il desiderio di stare insieme ad altri sia quando si gioca che quando si fa un’attività sportiva. A differenza degli adulti, i ragazzi descrivono il gioco e lo sport come divertimento e piacere ed esprimono il desiderio di giocare con i loro coetanei”.
 
I focus. Sono stati realizzati quattro focus group nelle città di Milano, Roma, Alatri (Frosinone) e Palermo, che hanno coinvolto ragazzi a sviluppo tipico della scuola secondaria di primo grado e famiglie con bambini e ragazzi con disabilità. Complessivamente sono state ascoltate 238 persone, di cui 207 di minore età. Per quanto riguarda i ragazzi, ciò che emerge in generale è una difficoltà a entrare in relazione con i coetanei con disabilità in contesti di gioco o sportivi. Dal capoluogo siciliano è arrivata una proposta: “Bisognerebbe fare in modo che gli stessi ragazzi facciano da tutor ai ragazzi con disabilità che fanno sport”. Per quanto riguarda le famiglie, in termini generali gioco e sport sono visti come attività nelle quali è centrale la prestazione e che devono condurre a obiettivi riabilitativi. Viene tralasciata, invece, la finalità di piacere e divertimento. A Milano confermano che il gioco è sempre vissuto in ambito domestico o scolastico ed esprimono il timore che possa essere fonte di frustrazione e ulteriore indice di esclusione dal gruppo dei pari. A Palermo, quasi inconcepibile per le famiglie dei bambini con disabilità immaginare il figlio in un gioco inclusivo con i pari, salvo che questo non avvenga in un ambiente protetto e con la mediazione di un adulto, come l’insegnante di sostegno.
 
Le interviste ai ragazzi con disabilità. Sono state realizzate 18 interviste con ragazzi disabili: otto a Milano (11-16 anni) e 10 a Palermo (12-14 anni). In generale, a differenza degli adulti, i ragazzi caratterizzano il gioco e lo sport come attività divertente e piacevole ed esprimono il desiderio di giocare con i pari. A Milano, dove sono stati ascoltati solo ragazzi con disabilità intellettiva, emerge un vissuto di solitudine sperimentato sin da piccoli nel giocare da soli e, quindi, il desiderio di stare insieme ad altri sia quando si gioca, sia quando si fa un’attività sportiva. I ragazzi di Palermo ricordano il gioco da bambini e il desiderio di volerlo continuare soprattutto in gruppo perché più divertente. Il gioco con gli altri è comunque limitato ai vicini di casa, ai fratelli o ai compagni di scuola.
 
Il questionario. Dal questionario che l’Autorità garante per l’infanzia e l’adolescenza ha somministrato in collaborazione con Anci a un campione di 173 comuni, emerge che il 27% dei comuni coinvolge le famiglie nelle politiche di inclusione. In quelli più piccoli, con meno di 10 mila abitanti, la percentuale si attesta al 21%. I minorenni con disabilità sono coinvolti direttamente nelle scelte relative al gioco e allo sport nel 18% dei comuni (15% in quelli con meno di 10 mila residenti). Le campagne di sensibilizzazione per sostenere la piena inclusione vengono realizzate nel 31% dei casi (25% nei comuni con meno di 10 mila abitanti). Quanto agli spazi dedicati per le attività sportive, sono risultati presenti impianti accessibili e facilmente fruibili nel 69% dei comuni, mentre i parchi gioco lo sono nel 40%. Sono emerse anche buone prassi: tra queste, la prossima realizzazione del Parco Inclusivo Padova, frutto di una coprogettazione che ha coinvolto università, scuole, amministrazione comunale, terzo settore e aziende. Si tratta della creazione di un luogo di gioco destinato a tutta la cittadinanza. Sul piano dello sport un’attività inclusiva è rappresentata dal baskin (unione dei termini basket e inclusione) giocato insieme da ragazzi con disabilità e a sviluppo tipico. Nato nel 2003 a Cremona è oggi disciplinato da un regolamento apposito: esso si basa sul principio che tutti i giocatori concorrono, ciascuno con un ruolo definito, al conseguimento della vittoria. “In Italia risultavano censiti al 2016, secondo una ricerca di SuperAbile Inail, 234 parchi gioco inclusivi – si legge nel documento -. La maggior parte di essi (152) ha però solo altalene per sedie a ruote”.

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La tecnologia per le persone, non il contrario!

Fonte www.superando.it – Come garantire che le nuove tecnologie, in continua evoluzione, siano anche accessibili, oltre ad evitare ulteriori potenziali rischi derivanti dalle stesse? A tale tema l’EDF, il Forum Europeo sulla Disabilità, sta dedicando una serie di preziosi documenti, dai quali emerge come il principio guida debba essere il design inclusivo, alla base di tutti i prodotti e servizi, con il costante coinvolgimento delle stesse persone con disabilità.

La tecnologia per le persone, non il contrario: è stato questo il motto della Global Accessibility Awareness Day, la Giornata Mondiale dell’Accessibilita del 16 maggio scorso, evento voluto principalmente per sensibilizzare tutti coloro che si occupano di tecnologie digitali sui temi dell’accessibilità e dell’inclusività.
In tale occasione, l’EDF, il Forum Europeo sulla Disabilità, ha reso pubblico il rapporto curato dai propri esperti di accessibilità e tecnologia, intitolato Plug and Pray? (letteralmente “Collega e prega?”), ovvero Una prospettiva per la disabilità su intelligenza artificiale, processi decisionali automatizzati e tecnologie emergenti (disponibile in lingua inglese a questo link).

Nella recente Direttiva dell’Unione Europea nota come European Disability Act o European Accessibility Act,  si parla di accessibilità a largo raggio: treni, viaggi aerei, siti web pubblici, banche, e-commerce ecc. Con tale provvedimento, infatti, l’Unione Europea ha inteso fare pressione per regole e leggi coerenti e omogenee sull’accessibilità, più ambiziose di quelle vigenti in diversi Stati Membri.
E tuttavia, sebbene molti dei Fondi Europei non possano essere utilizzati per finanziare infrastrutture o progetti che non tengano conto dell’accessibilità per le persone con disabilità, resta ancora tanto da fare, rispetto alla continua evoluzione delle nuove tecnologie, sempre più presenti nelle nostre vite.
Oggi assistiamo quasi quotidianamente a nuove scoperte tecnologiche legate all’intelligenza artificiale, ad assistenti virtuali, alla cosiddetta “realtà aumentata”, alla robotica, agli ambienti intelligenti e così via. L’EDF, quindi, ha voluto esaminare l’impatto di queste tecnologie emergenti sulle vite di persone con disabilità, pubblicando nel proprio sito un vero e proprio “pacchetto” di documenti, ovvero:
° Un testo introduttivo di Shadi Abou-Zahra, esperto di strategie e tecnologie per l’accessibilità per il W3C (World Wide Web Consortium), il Consorzio Internazionale degli Standard del Web.
° Una presentazione del già citato rapporto Plug and Pray? (Una prospettiva di disabilità sull’intelligenza artificiale, il processo decisionale automatizzato e le tecnologie emergenti).
° Un webinar (seminario in rete) sul nuovo standard Design for All (“Progettazione per tutti”).
° Una video intervista del coordinatore  politico del Forum, Alejandro Moledo, ad AXSChat, una community online aperta dedicata all’accessibilità.
Prossimamente, inoltre, è prevista anche una pubblicazione speciale, con la valutazione del Forum sull’European Disability Act e sui piani necessari a sostenerne l’implementazione.

Ma entriamo nel merito di quanto spiegato da Shadi Abou-Zahra. «Devo ammettere – scrive – che amo la tecnologia e le opportunità che offre a molte persone. Essendo tetraplegico, con problemi sia alle braccia che alle gambe, ho potuto  completare la scuola e in seguito l’università con l’aiuto del computer portatile. Mi ha permesso, infatti, di prendere appunti, scrivere i compiti e organizzarmi in modalità impossibili per me con carta e penna. I progressi derivanti dal riconoscimento vocale e da quello dell’immagine, dalla connettività internet e dalla potenza di calcolo sono mozzafiato. È incredibile pensare che il cellulare nella mia piccola tasca sia di gran lunga superiore al mio ingombrante laptop che utilizzavo a scuola, e che sia anche notevolmente più economico. E tuttavia, nonostante le opportunità offerte dalla tecnologia, dobbiamo anche riconoscere e affrontare le numerose sfide e i rischi che pone. Ad esempio, con tutti i sistemi di pagamento contactless [“senza contatto”, N.d.R.] e con gli sportelli automatici (ATM), basta un terminale montato leggermente troppo alto per tenermi bloccato all’interno del parcheggio fino a quando non riesco a pagare il mio biglietto. Questo non accadeva quando i parcheggi erano gestiti da personale “umano”. Non mi si fraintenda: non sono contrario ai progressi tecnologici, chiedo solo che il terminale sia montato all’altezza appropriata, per rendere la tecnologia utilizzabile anche da me».

A quanto scrive Shadi Abou-Zahra, va aggiunto anche che i dispositivi di pagamento POS, se mancanti di tastiera fisica e provvisti solo di un sistema touchscreen  non vocalizzato, costituiscono una barriera per un cieco, che deve necessariamente dettare il proprio codice PIN a qualcuno per effettuare il pagamento!

«Se da un lato la tecnologia si evolve alla velocità della luce – prosegue l’esperto dell’EDF – vediamo anche che le opportunità e le sfide si moltiplicano: Un mio amico non vedente che viaggiava da solo per affari ha recentemente testato una App mobile che utilizza tecniche di intelligenza artificiale per riconoscere oggetti e testo con la telecamera e l’ha usata per orientarsi in un albergo in cui era appena arrivato. La App gli ha spiegato la collocazione dei corridoi e ha letto i numeri delle porte sui cartelli in modo che potesse trovare in autonomia la propria stanza. Ciò è incredibile, considerando anche che la diffusione e l’uso tradizionale dell’intelligenza artificiale sono solo alle fasi iniziali. E tuttavia, il fatto che il mio amico stia utilizzando questa App è un’indicazione per il distributore della stessa, per il fornitore del sistema operativo e potenzialmente anche per l’operatore di telefonia mobile, che lui è cieco. In altre parole, non ci rendiamo conto che lasciamo sempre maggiori  informazioni personali  quando usiamo le nuove tecnologie e non è sempre chiaro come questi dati vengano utilizzati oggi e domani. Con l’intelligenza artificiale che permea i processi decisionali, questa è una minaccia vera e imminente: ad esempio, poiché molte persone con disabilità sono attualmente disoccupate, un sistema di apprendimento automatico (machine-learning) potrebbe erroneamente concludere che il mio amico è meno adatto al lavoro perché ha anche una disabilità».

Qual è dunque il tema comune agli esempi esposti da Shadi Abou-Zahra e come possiamo garantire che la tecnologia sia accessibile?
Nel suo impegno in àmbito di e-accessibility, il Forum Europeo sulla Disabilità afferma che:
° I prodotti e i servizi possono essere accessibili soltanto coinvolgendo persone con disabilità. La mancanza di consapevolezza e la mancanza di coinvolgimento degli utenti finali durante i processi di progettazione e sviluppo costituiscono infatti delle barriere.
° I gruppi di lavoro che si occupano di nuove tecnologie non sono abbastanza diversificati; l’industria, cioè, deve assicurare che i propri team riflettano la diversità della popolazione generale.
° L’accessibilità e i principi del design universale dovrebbero far parte dei programmi di studio in ambito di formazione di design, informatica, esperienza dell’utente e altri argomenti correlati.
° Le organizzazioni di persone con disabilità e quelle che si occupano  di diritti digitali devono lavorare insieme.

In conclusione, si può dire che per evitare errori come un terminale montato in modo errato, un POS non accessibile o un sistema di assunzioni basato sul machine-learning che arrivi a conclusioni erronee, il design inclusivo deve diventare il principio guida affinché la tecnologia non sia più una questione di Plug and Pray?, ovvero “attacca la spina e prega (che sia accessibile)”, come usa provocatoriamente l’EDF nel titolo del proprio rapporto, bensì di Plug and Play, vale a dire semplicemente “attacca la spina e usa (senza problemi)”!

Membro del gruppo di esperti ICT (Tecnologie dell’Informazione e della Comunicazione) dell’EDF (European Disability Forum), con delega sulle medesime problematiche per l’ADV e per la FISH (Federazione Italiana per il Superamento dell’Handicap). È inoltre Certificata Disability Manager.