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DISABILITÀ IN OSPEDALE, ANCORA POCA ATTENZIONE NELL’ACCOGLIENZA

Fonte www.superabile.it – Per chi è cieco l’ospedale può essere un labirinto inestricabile: dalla macchinetta che eroga il foglietto con il numero della prenotazione allo sportello ai percorsi per raggiungere gli ambulatori, non c’è nulla che lo aiuti. Ed è quanto emerge da una ricerca, condotta tra gennaio e settembre 2014, su 814 strutture in Italia: la maggior parte degli ospedali non ha ancora installato mappe a rilievo o percorsi tattili.

Inoltre, solo il 36% delle strutture contattate ha un flusso prioritario per pazienti con disabilità presso i servizi ambulatoriali e i day hospital con erogatori di numeri dedicati e solo il 19% ha un punto unico di accoglienza. Anche la presenza in Pronto Soccorso di locali e percorsi specifici per pazienti con disabilità cognitiva e intellettiva sembra essere un miraggio.

La ricerca è stata promossa dalla cooperativa sociale Spes contra spem e dalla Fondazione Ariel in partnership con l’Osservatorio nazionale sulla salute nelle regioni italiane dell’Università Cattolica del Sacro Cuore di Roma. I primi risultati sono stati presentati a Milano durante la giornata di studio dal titolo “L’ospedale discrimina? L’accoglienza in ospedale delle persone con disabilità” (leggi qui la nostra news).

“L’assenza, nella maggioranza dei nostri ospedali, di percorsi clinico assistenziali per le particolari esigenze delle persone con disabilità non solo contravviene a un principio di giustizia ma ha ricadute sulla qualità delle cure in generale”, afferma Nicola Panocchia, dirigente medico del Policlinico Gemelli di Roma. Da poco più di un anno esiste la Carta dei diritti delle persone con disabilità in ospedale, curata dalla cooperativa sociale onlus Spes contra spem e già adottata dal Policlinico Gemelli di Roma e dall’ospedale Asl Alto Vicentino. È composta da 14 articoli, che sanciscono diritti imprescindibili e forniscono esempi concreti delle esigenze specifiche dei pazienti con disabilità, molto spesso non in grado di esprimersi, di comprendere, di comunicare. Soluzioni spesso di ordine organizzativo e pratico a cui si aggiungono attenzione e flessibilità: percorsi specialistici, ambienti più tranquilli, tempi personalizzati per visite ed esami diagnostici, la presenza del familiare o caregiver, sono alcuni esempi della sfida della personalizzazione delle cure e dei percorsi di assistenza

Per approfondire

Leggi l’articolo “Diritti di cura. Se il paziente con disabilità è un paziente scomodo”

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DISABILITÀ IN OSPEDALE, LA SOLUZIONE? ACCOMODAMENTI RAGIONEVOLI

Fonte www.personecondisabilita.it – Come dichiarato da Antonio Malafarina: “Le persone con disabilità in ospedale non hanno maggiori diritti bensì gli stessi diritti cui rispondere con soluzioni personalizzate, come per tutti”. È l’accomodamento ragionevole il punto focale dell’intervento che Luisa Bosisio Fazzi, consigliere Ledha, ha tenuto lo scorso 3 ottobre durante il convegno “ L’ospedale discrimina? L’accoglienza in ospedale delle persone con disabilità”, promosso da Fondazione Ariel e dall’associazione “Spes contra spem”.

Durante la giornata è stata presentata anche la “Carta dei diritti delle persone con disabilità in ospedale” elaborata da “Spes contra spem”. “Una carta scritta in modo encomiabile – sottolinea Luisa Bosisio Fazzi – che porta in rilievo purtroppo la necessità per le persone con disabilità di dover ricorrere a Carte, appunto, e Convenzioni che rammentino alla comunità (in questo frangente quella sanitaria) il loro diritto ad usufruire degli stessi diritti che per ogni cittadino è naturale”.

Diritti che vengono sanciti nella Dichiarazione universale dei diritti dell’uomo (articolo 25) e nella Convenzione Onu sui diritti delle persone con disabilità (articolo 25) in cui si chiede “ai professionisti sanitari di fornire alle persone con disabilità cure della medesima qualità rispetto a quelle fornite ad altri”.

Già, ma in che modo si possono tradurre in azioni concrete questi principi? Il primo tema da affrontare è quello dell’accessibilità. “Un principio generale ma anche un mezzo potente per la partecipazione e l’inclusione”, sottolinea Bosisio Fazzi. Ma rendere accessibile un ospedale non significa solo rimuovere le barriere architettoniche, ma anche garantire alle persone con disabilità la possibiltà di accedere al sistema di informazioni e comunicazioni, nel sistema di trasporto privato e pubblico. Per non parlare dell’accessibilità e dell’usabilità delle strumentazioni sanitarie come per esempio la poltrona del dentista, il lettino ginecologico, il macchinario per la mammografia, le strumentazioni oculistiche. Accessibilità significa anche prestare attenzione alle esigenze dei pazienti con disabilità intellettive, relazionali e/o comportamentali.

Per trovare una risposta alle esigenze delle persone con disabilità in ospedale non è necessario stilare un rigido elenco di azioni, indicazioni e prassi da seguire “che, pur con l’obiettivo di garantire la qualità dei servizi, finirebbero per perseguire una accessibilità per tutti impossibile a priori da determinare”, spiega Luisa Bosisio Fazzi. La soluzione – aggiunge – viene attraverso il cosiddetto accomodamento ragionevole. “Ovvero le modifiche e gli adattamenti necessari e appropriati che non impongano un onere sproporzionato o eccessivo. Adottati, ove ve ne sia necessità in casi particolari, per garantire alle persone con disabilità il godimento e l’esercizio, su base di uguaglianza con gli altri, di tutti i diritti umani e delle libertà fondamentali”, spiega Bosisio Fazzi che sottolinea: “Accomodamento ragionevole non significa abbassare gli standard di qualità o la rimozione degli standard di qualità operativi”.

Accomodamento ragionevole può essere la modifica di un protocollo, l’abbattimento di una barriera architettonica, una ristrutturazione, un adeguamento di una prassi o di un percorso. Ma per riuscire a realizzarlo è essenziale che il paziente con disabilità (o il suo tutore) sia coinvolto in questo processo di identificazione e valutazione del possibile accomodamento. “ Poiché le limitazioni poste dalle differenti disabilità varia ampiamente tra i pazienti e nello stesso tempo le funzioni di in un sistema ospedaliero variano altrettanto, possiamo affermare che un efficace accomodamento deve essere determinato caso a caso – conclude Luisella Bosisio Fazzi -. Inoltre una dose di creatività e flessibilità sono strumenti importanti nel processo di incontro tra le necessità dei pazienti con disabilità e quelle della struttura ospedaliera”.

Le buone pratiche non mancano. A partire dal progetto DAMA (attivo all’interno dell’ ospedale San Paolo di Milano, a Mantova e a Varese) divenuto negli anni un’unità operativa in grado di offrire una risposta rapida ai problemi medici e chirurgici di persone con grave disabilità, in particolare con deficit comunicativo.

Per approfondire

Leggi l’intervento integrale

Consulta la Carta dei diritti

 

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NO ALLA STERILIZZAZIONE DELLE PERSONE CON DISABILITÀ!

Fonte www.west-info.euÈ giunto il momento di mettere la parola fine alla sterilizzazione forzata e permanente dei giovani con disabilità. Per ragioni etiche e legali. L’appello arriva dall’illustre American Academy of Pediatrics. Convinta che anche i ragazzi con disabilità abbiano diritto a ricorrere, come il resto della popolazione, a strumenti di contraccezione come il preservativo, la pillola o i cerotti anziché essere obbligati a sottoporsi a interventi di isterectomia o di legatura delle tube.

“Per la semplice ragione che” – specificano i pediatri d’Oltreoceano in uno studio senza precedenti – “ i dati rivelano che gli adolescenti con disabilità e affetti da malattie croniche hanno comportamenti sessuali simili a chi è sano, necessitano quindi anche loro di consulenza e sostegno nelle scelte che riguardano la sessualità”

 

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L’ITALIA CRESCE SE SI SOSTIENE LA CRESCITA DEGLI ITALIANI

L’allarme lanciato ieri dal Censis sulla drastica diminuzione del numero delle nascite in Italia, con 62mila nati in meno all’anno dal 2008, ci proietta drammaticamente nella realtà di un Paese precipitato nella crisi più di altri perché più di altri non ha investito nella crescita del suo primo vero valore: le persone.

“Se oggi siamo più deboli di altri Paesi europei – afferma il Portavoce del Forum Nazionale del Terzo Settore, Pietro Barbieri – é perché, a differenza di essi, non abbiamo ancora capito che prima di tutto è necessario investire sui cittadini. Le politiche a sostegno delle famiglie, in Italia, sono pressoché assenti, pochi gli sgravi fiscali a favore delle nascite, costi scolastici molto alti, pochi servizi a supporto di chi decide di avere un figlio. I tagli continui che negli ultimi anni hanno colpito il Fondo nazionale per le politiche sociali, il Fondo per l’Infanzia e l’Adolescenza, quello per la Non Autosufficienza, il Fondo per le politiche della famiglia e per le politiche giovanili, le scarse politiche di contrasto alla povertà, le poche garanzie nel mondo del lavoro e la crisi economica che stiamo attraversando, non aiutano certo i nuovi genitori nella scelta di costruire una famiglia.”

“Ci aspettiamo dalla Legge di Stabilità una svolta determinante a favore delle politiche sociali, per l’infanzia e di contrasto alla povertà – conclude Barbieri -, con finanziamenti sicuri e a lungo termine. Chiediamo un cambiamento di rotta che tenga presenti le nostre proposte di politiche e servizi a favore di bambini e giovani che stiamo preparando e che presenteremo quanto prima al Governo. Il nostro auspicio è che la Legge di Stabilità 2015-2017 rappresenti una svolta anche per i minori presenti in Italia.”

*Cui Anffas Onlus aderisce

 

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“ALLO STUDIO DEL GOVERNO UN PIANO NAZIONALE DI LOTTA ALLA POVERTÀ”

Fonte www.quotidanosanita.itPiano nazionale di lotta alla povertà, nuovo Isee a partire dal prossimo mese di gennaio, Fondo nazionale per le politiche sociale e per la non autosufficienza che devono godere di risorse certe e godere di una programmazione stabile “perché non si può in ogni legge di stabilità riaprire la discussione per definire entità e forme di intervento”.

Ma anche il Casellario dell’assistenza del sistema informativo dei servizi sociali e della banca dati delle prestazioni sociali agevolate su cui il governo “sta lavorando” insieme al Programma di azione biennale per le persone con disabilità e infine il Piano d’azione per l’infanzia e il tema dell’immigrazione perché ad oggi sono “oltre 3 milioni e 800mila gli immigrati presenti nel nostro Paese”.

Su queste direttrici si è mosso l’intervento del ministro del Lavoro e delle Politiche sociali, Giuliano Poletti, che davanti alla Commissione Affari sociali ha svolto l’audizione del Ministro sulle linee programmatiche del Governo in materia di politiche sociali. Lotta alla povertà dunque il primo obiettivo dell’esecutivo. E per questo è allo studio un piano nazionale di contrasto al fenomeno.

Secondo il ministro, “siamo di fronte ad una situazione di peggioramento significativo di questa condizione, legata alla dinamica economico-sociale degli anni recenti. Da una parte con una apertura di una forbice di distanza tra le diverse fasce della società, ma in particolare con un elemento di impoverimento di un’area sempre più larga di cittadini”.

Per leggere l’articolo integrale clicca qui

 

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“DESIGN FOR ALL”, INDAGINE DELL’UNIONE EUROPEA

Fonte www-e-include.eu – Con l’obiettivo di sviluppare e promuovere il “Design for All” – la progettazione universale che prevede la costruzione e la realizzazione di edifici, prodotti e ambienti accessibili a ogni categorie di persone, a prescindere dall’eventuale presenza di una condizione di disabilità – l’Unione Europa ha chiesto alle persone con disabilità e alle associazioni che le supportano di segnalare, attraverso una survey online, tutti gli ostacoli che impediscono l’accessibilità.

L’indagine è disponibile sul web: per compilarla e per avere maggiori informazioni clicca qui (pagina in lingua inglese)

 

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SCUOLA E DISABILITÀ: MAMME IN CLASSE E GENITORI ‘ARRUOLATI’

Fonte www.edscuola.eu – La scuola è iniziata da pochi giorni: dai bimbi più piccoli che hanno intrapreso il loro primo percorso didattico ai ragazzi più grandi che sono alle scuole superiori. Esiste un minimo comune multiplo: le madri devono essere presenti. Incredibile ma vero. Mi hanno scritto* in molti in queste due settimane. Ho letto e ascoltato storie che non avevo mai udito prima. Genitori che accompagnano a scuola il loro bambino. Bellissima giornata di festa per molti, ma non per tutti. Loro, genitori speciali (così ci definiscono troppo spesso), si sentono dire che devono tornare casa . Manca l’insegnante che non si sa quando arriverà; la nomina esiste, tutto è stato predisposto, eppure…si è ammalato il primo giorno di scuola. Baratro della burocrazia che fa esplodere la rabbia, la frustrazione, l’angoscia.

E così abbiamo iniziato il mondo scuola, inclusiva e integrata. Non è finita qui. Ci sono genitori (prevalentemente madri) che riescono a ricevere la grazia dell’ingresso a scuola ma…devono rimanere nei paraggi perché manca qualche ora da coprire. Manca anche l’esperienza nel gestire i nostri figli “Ufo“, manca la volontà di fare il proprio lavoro seriamente. E man mano si cresce.

In questo comanda madre natura e quindi si procede fino alle superiori. Qui il circo rende tutto più allegro. Chi tocca la sedia a rotelle? Sì. Avete letto bene. Un genitore si è sentito chiedere di entrare per spostare il figlio fin quando la dirigenza non avrà chiarito a chi spetta questa (secondo loro) gigantesca manovra titanica. Eppure di esempi ottimi ce ne sono. E’ così difficile far incontrare il bene e il male e cercare di creare una omogeneità di buon lavoro e buona prassi? Pare proprio di si.

Ma stiamo sereni per ora che tutte le questioni risolte saranno più o meno sistemate (non risolte, ma sistemate), inizierà l’occupazione studentesca che risbatterà a casa tutti gli studenti con disabilità!! Così poi c’è Natale e diventiamo buoni per iniziare una programmazione verso gennaio. Attenzione a non dimenticare mai di dire grazie! Perché nella loro realtà, davvero lontana anni luce dalla realtà oggettiva che noi viviamo, siamo riceventi di una grazia senza rendercene conto.

Andiamolo a raccontare alla madre che si è vista il figlio bagnato di urina perché non accudito adeguatamente e spieghiamo a questo ragazzo cosa succede. Andiamo anche dalle giovani madri che non hanno potuto fare la prima foto al primo giorno di scuola. Anche questo neghiamo a queste famiglie. Tante chiacchiere, finché si tratta di darsi secchiate in testa tutti solidali. Quando invece si tratta di “fare sul serio qualcosa di immediato” la questione cambia.

Sono molto arrabbiata. Il senso di impotenza è enorme. E soprattutto rispetto le giovani famiglie che vivono una fase molto delicata di riequilibrio, sento un dolore fortissimo. Tutto questo non è giusto. Tutto questo non può essere tollerato. Dove è finito il tanto invidiato sistema scolastico italiano? Se davvero questo è il massimo risultato ottenibile, non sarebbe il caso di pensare a qualche alternativa?

*Articolo di Fabiana Gianni tratto da ilfattoquodiano.it

Per approfondire

Leggi l’articolo “Aumentano le classi e il rapporto alunni/docente torna a scendere”