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CODICE UNICO DEL TERZO SETTORE: IL PARERE DEL CONSIGLIO DI STATO

Fonte www.nonprofitonline.itIl Consiglio di Stato ha dato il via libera con osservazioni allo schema di decreto legislativo sul “Codice del terzo settore”, in attuazione dell’art. 1, comma 2, lett. b), l. n. 106 del 2016.

Il parere è stato reso ai sensi dell’art. 20, comma 3, lett. a), l. n. 59 del 1997, vista la natura di ‘Codice’ di settore del testo sottoposto all’esame del Consiglio di Stato.

La Commissione speciale ha apprezzato le finalità di fondo del testo, che mira a conferire al fenomeno del non profit una disciplina autonoma e moderna, superando le limitazioni che caratterizzano la disciplina del Libro I del codice civile e assicurando una più ampia attuazione della Carta costituzionale, che riconosce rilievo fondante alle formazioni sociali ove si svolge la personalità del singolo (art. 2) e, più in generale, al fenomeno della c.d. ‘sussidiarietà in senso orizzontale’ (art. 118, comma 4).

Il Consiglio apprezza lo sforzo di conferire una disciplina organica al complesso fenomeno di «economia sociale», in un periodo storico nel quale sempre più spesso ai fenomeni di government failure (inadeguatezza dell’intervento statale a causa della crisi fiscale) si accompagnano quelli di market failure (impossibilità per il mercato informato al sistema dei prezzi di soddisfare determinati interessi generali).

Il Consiglio sottolinea, tuttavia, che sarebbe stato auspicabile un più completo esercizio della delega, anche per la parte relativa «alla revisione della disciplina del titolo II del libro primo del codice civile in materia di associazioni, fondazioni e altre istituzioni di carattere privato senza scopo di lucro, riconosciute come persone giuridiche o non riconosciute».

Sempre in via generale, il Consiglio sottolinea l’esigenza di mediare le due contrapposte esigenze: valorizzare le organizzazioni non lucrative (non profit) e, al contempo, salvaguardare gli equilibri funzionali del libero mercato.

Svariate le osservazioni puntuali svolte in relazione ai dodici Titoli in cui si raggruppano i 104 articoli del testo.

La commissione speciale evidenzia le possibili criticità di ordine costituzionale connesse alla previsione (art. 4) secondo cui solo alle confessioni religiose che hanno stipulato patti, accordi o intese con lo Stato si applicano le disposizioni del Codice del terzo settore, nonché quella sottesa alla previsione (art. 5) di ampliare, con atti amministrativi generali, il novero delle attività di interesse generale elencate dalla legge.

Nel parere si suggerisce un più adeguato raccordo fra la disciplina dell’acquisto della personalità giuridica da parte degli Enti del terzo settore (art. 22) e le previsioni generali in tema di riconoscimento delle persone giuridiche private di cui al d.P.R. n. 361 del 2000 e si raccomanda di chiarire meglio la struttura del Registro unico nazionale del Terzo settore (art. 45), sul rapporto esistente tra la struttura nazionale istituita presso il Ministero della lavoro e delle politiche sociali e le articolazioni territoriali su base regionale.

Inoltre, si suggerisce un migliore coordinamento fra la previsione di cui all’art. 56 (in tema di convenzioni con gli Enti del terzo settore) e i relativi principi di matrice “euro-unitaria”; vengono chiesti alcuni chiarimenti in ordine allo strumento dei ‘titoli di solidarietà’ di cui all’art. 77 del ‘Codice’; si sottolineano alcune lacune nella disciplina della imposizione diretta nei confronti degli Enti del terzo settore (art. 79).

In merito al “social bonus”, di cui all’art.81, il parere suggerisce di introdurre specifiche previsioni antielusive. Infine, si evidenzia l’importanza dell’attività di monitoraggio e di valutazione ex post dell’impatto della regolazione in esame.

Il parere è disponibile cliccando qui

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CARTA PER L’INCLUSIONE DELLE PERSONE CON DISABILITÀ NELLE AZIONI UMANITARIE

Fonte www.edf-feph.org – È passato un anno dal lancio della Charter on Inclusion of Persons with Disabilities in Humanitarian Action – la Carta per l’inclusione delle persone con disabilità nelle azioni umanitarie – ad opera del World Humanitarian Summit: cosa è cambiato? Quali sono stati gli sviluppi?

Ne discuteranno i MEPs – Members of the European Parliament, il 31 maggio prossimo soprattutto in relazione al ruolo dell’Unione Europea e dei suoi stati membri nell’applicazione della Carta in questione.

L’evento si svolgerà a Brussel, nella sede del parlamento europeo, ed è organizzato dall’International Disability and Development Consortium (IDDC) in collaborazione con l’EDF e lo Human Rights Watch.

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FONDI SOCIALI, LE REGIONI CHIEDONO CHIARIMENTI AL GOVERNO

Fonte www.superabile.itIl coordinatore della commissione Affari finanziari della Conferenza delle Regioni, Massimo Garavaglia, è critico sulle risorse da destinare per il sociale nel Documento di Economia e Finanza, pubblicato di recente insieme alla manovra economica (decreto legge 50/2017 pubblicato in Gazzetta il 24 aprile): “Prendiamo atto – afferma Garavaglia – che il Governo non ha mantenuto la parola, alla prossima Conferenza comunque proporrò che almeno la mantengano le Regioni mettendo i 50 milioni di euro per la non autosufficienza: noi la parola la manteniamo”.

“Secondo me le associazioni del sociale, quando leggeranno nel testo che non c’è niente, si arrabbieranno”, aggiunge Garavaglia. “Noi intendiamo comunque mantenere la parola – ribadisce l’assessore al Bilancio della regione Lombardia – poi se al governo va bene tagliare il sociale è una scelta sua ed è perfettamente in linea con la linea del governo di sinistra degli ultimi anni”.

Garavaglia commenta così la manovra e l’assenza dei fondi attesi per il sociale, facendo riferimento sia al taglio del fondo per le politiche sociali che al fondo per le non autosufficienze come era stato definito dall’Intesa nel corsod ella Conferenza Stato-Regioni dello scorso febbraio sul contributo di finanza pubblica.

Garavaglia aveva già chiesto al Governo di mantenere gli impegni ripristinando i 210 milioni di euro per politiche sociali e i 38 milioni di euro per l’assistenza alle persone con disabilità.

Di fronte a questo impegno del Governo la Conferenza delle Regioni anch’essa si era impegnata a recuperare altri 50 milioni da immettere nel Fondo sociale per la non autosufficienza.

Le Regioni, ricorda Garavaglia, avevano incontrato “il ministro Poletti e al termine dell’incontro eravamo usciti con un comunicato congiunto e l’impegno a ripristinare i fondi”. E’ in quell’occasione, infatti, che era stata espressa la volontà del Governo di intervenire per recuperare le risorse da destinare al rafforzamento delle politiche sociali territoriali.

Nel decreto del Governo si attendevano 210 milioni di euro per integrare il Fondo nazionale per le politiche sociali e i 38 milioni per garantire l’assistenza e il trasporto degli alunni con disabilità nel prossimo anno scolastico.

Anche i sindacati Cgil, Cisl e Uil evidenziano che “nella manovrina mancano le risorse necessarie per ristabilire la dotazione del Fondo per le Politiche Sociali a 311,56 milioni e del Fondo per la Non Autosufficienza a 500 milioni di euro, tagliati da un accordo tra Governo e Regioni e che, solo dopo le pressioni sindacali e del mondo associativo, le istituzioni si erano impegnate a recuperare”.

Nel decreto, infatti, sottolineano i sindacati, il Governo avrebbe dovuto stanziare 210 milioni di euro per eliminare i recenti tagli al Fondo nazionale per le politiche sociali come da “impegno assunto, e ribadito dallo stesso Presidente del Consiglio Gentiloni, in occasione dell’incontro con il Presidente della Conferenza delle Regioni Bonaccini”.

Sempre i sindacati ricordano l’accordo che Governo e Regioni avrebbero reperito 50 milioni per cancellare i tagli al Fondo per la non autosufficienza.

“Anche il ministro Poletti e l’assessore Facciolla, responsabile per le Regioni delle Politiche sociali, hanno ribadito i termini dell’accordo in un incontro con i sindacati confederali e dei pensionati e le associazioni del Tavolo nazionale sulla non autosufficienza”. Cgil, Cisl e Uil quindi chiedono “un chiarimento da parte del Governo e soprattutto la certezza che i Fondi vengano ristabiliti alle cifre concordate, con la garanzia che anche per il futuro la già esigua spesa sociale non subisca ulteriori tagli derivanti dal rispetto dei vincoli di bilancio”.

Per approfondire

Leggi l’articolo “Poletti conferma, le risorse nelle prossime settimane”

Leggi il comunicato Fish sull’argomento

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CONFERENZA DEGLI STATI PARTE SULLA CRPD

Fonte www.un.org – Si svolgerà a New York, presso il quartier generale ONU dal 13 al 15 giugno p.v., la Conferenza degli Stati Parte sulla CRPD, appuntamento che si ripete regolarmente così come stabilito dall’art. 40 della Convenzione stessa in cui viene indicata appunto l’importanza di discutere con costanza di tutto ciò che riguarda la CRPD e la sua applicazione.

Possono partecipare alla Conferenza anche le ONG operanti nell’ambito e interessate all’argomento: è necessario però accreditarsi entro il 5 maggio compilando un form disponibile online.

Per sapere esattamente quali ONG possono partecipare e reperire il form per l’accreditamento e le informazioni utili su come compilarlo, è possibile consultare la pagine dedicata all’evento cliccando qui (disponibile in lingua inglese)

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POLITICHE SOCIALI E NON AUTOSUFFICIENZE: OCCHI PUNTATI SUL POSSIBILE SCIPPO

Fonte www.vita.itOcchi puntati sul possibile “scippo” ai danni del Fondo Non Autosufficienza e al Fondo per le Politiche Sociali: 50 milioni in meno per il FNA, che scenderebbe dai 500 attuali per il 2017 a 450 (vanificando in sostanza l’aumento di 50 milioni di euro arrivato soltanto il 22 febbraio con la definitiva conversione in legge del decreto sul Mezzogiorno) e una riduzione di addirittura 200 milioni sui 311 attuali per il Fondo per le Politiche Sociali, pari a un taglio del 64%.

Questi tagli nei trasferimenti si aggiungono al taglio di 422 milioni di euro al fondo sanitario nazionale derivante dalla riduzione del contributo statale alle Regioni.

Per il momento il taglio al Fondo Non autosufficienze e al Fondo per le Politiche Sociali non è scritto esplicitamente e un nuovo incontro fra Governo e Regioni, a inizio settimana prossima, potrebbe forse trovare una mediazione e ricomporre una situazione potenzialmente esplosiva.

I fatti sono questi: secondo quanto previsto dalla legge di stabilità 2016, le Regioni contribuiscono agli obiettivi di finanza pubblica anche a valere sui trasferimenti dallo Stato alle Regioni, per un ammontare pari a circa 485 milioni. A inizio febbraio l’intesa era saltata per «l’avviso negativo formulato dalle Regioni a Statuto speciale Friuli-Venezia Giulia e Sardegna» (qui il report della Conferenza Stato Regioni), mentre il 23 febbraio l’intesa è stata sancita.

Nell’intesa però, fra le voci indicate dalle Regioni per i minori trasferimenti, ci sono anche il Fondo Non Autosufficienze e il Fondo per le Politiche Sociali. Lo ha confermato ieri il sottosegretario Luigi Bobba rispondendo all’interrogazione di Donata Lenzi (PD): «tra questi trasferimenti risultano anche i Fondi citati dall’interrogante, nelle dimensioni riportate», ovvero 50 milioni di euro in meno per la non autosufficienza e 200 in meno per le politiche sociali.

«Faccio presente che il Ministero del lavoro e delle politiche sociali non è stato in alcun modo coinvolto nell’istruttoria dell’Intesa, oggetto di confronto con il solo Ministero dell’economia e delle finanze», ha precisato Bobba, ribadendo che «l’orientamento costante del Ministero del lavoro e delle politiche sociali dimostra la propria contrarietà alla prospettiva di una riduzione di tali fondi, nella consapevolezza che trattasi di risorse destinate alle fasce più deboli della popolazione» (qui la risposta integrale del sottosegretario).

Al telefono il sottosegretario riprende quanto detto in Commissione, aggiungendo solo che «i fondi suddetti sono tra le voci citate, bisogna poi vedere se le Regioni effettivamente prenderanno da lì i soldi o no». Per Donata Lenzi, capogruppo Pd alla Commissione Affari Sociali della Camera, «la risposta del sottosegretario Bobba sembra dire che l’ipotesi c’è ma il taglio non è ancora certo: quel che intendo ribadire è che se il Parlamento stanzia dei fondi per determinati scopi, non sta alla competenza delle Regioni destinarli ad altro, in disprezzo del Parlamento. Lo spostamento di risorse da una voce all’altra è un modo di fare a cui va posto limite, altrimenti la funzione del Parlamento diventa meramente notarile, per questo è importante che nell’interlocuzione ulteriore che ci sarà entrino anche altre voci, non solo quelle del Ministero delle Finanze e delle Regioni».

E in riferimento all’avviso negativo di Friuli Venezia Giulia e Sardegna aggiunto: «È incredibile che le Regioni a statuto speciale si sottraggano e scarichino sulle persone in stato di bisogno delle altre Regioni i tagli che avrebbero dovuto affrontare. Il tema di come stanno nel sistema le regioni autonome si pone». I deputati M5s in commissione Affari Sociali, che danno per certo un taglio «da 50 milioni al Fondo per le non autosufficienze e da 211 milioni al Fondo Politiche Sociali», in una nota scrivono che «il fatto che il ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali, come affermato dal sottosegretario Bobba, non abbia partecipato al confronto non lo esclude dalle responsabilità. Anzi, questa assenza costituisce un’aggravante perché conferma ancora una volta come oramai le politiche per la salute siano totalmente subordinate a alle decisioni economiche. Aggiungiamo che mentre il Fondo politiche sociali sarà sostanzialmente smantellato, passando da 311 a 99,7 milioni, quello per le non autosufficienze perderà quei 50 milioni che gli erano stati aggiunti appena prima dell’intesa Stato-Regioni del 23 febbraio, nell’ambito della legge per la Coesione sociale e il Mezzogiorno. La situazione avrebbe del grottesco, se non fosse grave».

Per approfondire

Leggi il comunicato di Fish e Forum Terzo Settore

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Progetto Home Care Premium 2017: modalità per l’inoltro della manifestazione di interesse

E’ stata pubblicata la richiesta di manifestazione di interesse all’adesione al Progetto Home Care Premium 2017 rivolto agli Ambiti Territoriali Sociali o, in caso di inerzia degli ATS, agli Enti Pubblici Istituzionalmente competenti alla gestione convenzionata di Servizi socio assistenziali.

Gli Ambiti territoriali, altri Enti pubblici che hanno competenza a rendere i servizi di assistenza alla persona, potranno, entro il 10 Aprile 2017, manifestare l’interesse a partecipare al Progetto HCP 2017 trasmettendo il modulo presente nella pagina Home > Concorsi e Gare > Welfare, assistenza e mutualità > Avvisi Welfare alla Direzione Regionale INPS territorialmente competente.

Vai all’Avviso Home Care Premium 2017 manifestazione di interesse

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INCLUSIONE ALUNNI CON DISABILITÀ: ECCO LE OTTO RICHIESTE IRRINUNCIABILI DELLE FAMIGLIE

Fonte www.vita.it – L’esordio di Vincenzo Falabella, presidente della FISH*, in audizione davanti alla Commissioni Cultura e Commissione Affari Sociali della Camera (qui il video completo dell’audizione) è stato durissimo: «Porto qui oggi la rabbia, la delusione e il rammarico delle famiglie che hanno figli con disabilità», ha detto. «Ci aspettavamo molto da queste deleghe, abbiamo tentato di confrontarci ma anche questo Ministero ha ritenuto di non dover tenere conto delle istanze che provenivano dalle nostre famiglie. Noi dovevamo venire qui oggi e chiedere il ritiro immediato del decreto, non lo facciamo solo per senso di responsabilità, demandando a voi di intervenire in maniera significativa per rispondere alle esigenze dei nostri alunni. Perché oggi in Italia c’è un ritorno al passato e questo decreto ne è l’emblema, l’emblema di un arretramento culturale e tecnico, che non giova ai nostri ragazzi».

Il giudizio sui testi presentati dal Governo è una sostanziale bocciatura, come avevamo anticipato: «Nello schema di decreto non si rileva alcuna reale novità migliorativa. Al contrario, rispetto alla legislazione vigente si riscontrano peggioramenti che di fatto ostacolano l’inclusione e il diritto a un’istruzione di qualità degli alunni con disabilità, sanciti dalla Convenzione ONU sui Diritti delle Persone con Disabilità», afferma la memoria consegnata alla Camera.

Le osservazioni della FISH sugli schemi di decreti attuativi della Legge 107/2015, in una visione complessiva delle deleghe e dell’intervento che si sta disegnando sulla scuola italiana (atti del Governo n. 377, 378, 380, 384), sono contenute in una memoria di 34 pagine (qui allegata), dettagliata e poderosa, che mette in luce le criticità e le richieste irrinunciabili, ma propone anche possibili emendamenti ai testi.

Sono otto per la Fish le modifiche irrinunciabili da portare all’interno dei quattro schemi di decreto esaminati, di cui cinque sulla delega per l’inclusione. Senza poter qui entrare negli aspetti più tecnici, le richieste irrinunciabili sono così sintetizzabili:

◾coinvolgimento di tutti gli attori, inclusa la famiglia, nella formulazione del profilo di funzionamento dell’alunno e nella quantificazione delle risorse a lui assegnate (nel testo attuale la famiglia scompare dall’iter valutativo la partecipazione, mentre la famiglia è indicata dalla legge n.104/92 e l’assegnazione delle ore di sostegno all’alunno è di fatto sganciata dal PEI);

◾concreta realizzazione della continuità didattica, in particolare dei docenti per il sostegno, sullo stesso alunno con disabilità (oggi il testo vincola per 10 anni l’insegnante di sostegno al ruolo di sostegno, ma non all’alunno);

◾il tetto massimo di alunni per classe, in presenza di un alunno con disabilità, deve essere inderogabilmente di 22 alunni (la delega innalza da 20 a 22 il numero massimo, introducendo il termine “di norma” e quindi ammettendo eccezioni).

◾occorre poi evitare che vi siano la bellezza di quattro momenti certificativi/valutativi/di pianificazione (accertamento disabilità/valutazione diagnostico funzionale/PEI/ eventuale progetto individuale) con tre (quattro, nel caso di progetto individuale) organi diversi, a cui la famiglia partecipa solo minimamente (in termini di collaborazione e non di co-protagonismo nel PEI e per nulla nei primi due momenti).

Per quanto riguarda lo schema di decreto n. 377 (formazione iniziale e di accesso nei ruoli di docente nella scuola secondaria), per la Fish è irrinunciabile una reale formazione iniziale sulle didattiche inclusive per tutto il personale scolastico, in particolare per i docenti curriculari di scuola secondaria, mentre nel testo non sono definiti i crediti obbligatori sull’inclusione inseriti nella formazione iniziale di tutti in docenti su posti comuni e anche la formazione in servizio dei docenti curriculari non è obbligatoria ma condizionata dalla disponibilità di risorse finanziarie.

Sulla delega 0/6 anni la Fish chiede l’esplicitazione del diritto all’istruzione precoce dei bambini con disabilità di età 0-6 anni, con priorità di accesso ai sensi della legge 104/1992, in modo uniforma sul territorio nazionale e infine, per la valutazione, chiede il ripristino dei criteri di valutazione di tutti gli alunni con disabilità nella scuola del primo ciclo secondo i principi indicati dalla legge 104. In mancanza del recepimento di tali principi irrinunciabili la Fish e le Associazioni ad essa aderenti «non potranno condividere i contenuti dei decreti delegati, anzi si vedranno costrette ad azioni di protesta e di contrasto per i paurosi arretramenti contenuti negli attuali schemi di decreto», ha concluso Falabella.

«Ci sentiamo in una posizione di forza: abbiamo dimostrato al contempo capacità tecnica nel proporre soluzioni sostenibili e la presenza politica che deriva dalle istanze di migliaia di famiglie. Ci auguriamo prevalga quella ragionevolezza necessaria a modificare i decreti proposti e a riaprire il confronto».

Anffas ha sottoscritto il documento della Fish, a cui ha lavorato in prima persona: l’avvocato Gianfranco de Robertis in audizione ha ricordato come «la storia dell’inclusione degli alunni con disabilità in Italia l’hanno scritta proprio le famiglie, non possiamo dimenticarlo» e sottolineato tre punti, cominciando dal fatto che questa riforma «doveva finalmente rivoluzionare il modo in cui si guarda all’alunno con disabilità, non considerandolo più per la sua diagnosi clinica ma per la sua persona, invece questo accade ancora e ancora peggio di quanto previsto dalla legge 104 del 1992, perché si parte da una fotografia astratta della persona, fatta solo da una commissione medica, mentre oggi già nell’iniziale accertamento dello stato di handicap ai sensi della legge n. 104/1992 vi è la presenza di un operatore sociale, perché non è un accertamento esclusivamente diagnostico».

Si parla quindi di una valutazione diagnostico funzionale in capo a un soggetto «in cui non ci sono tutti gli attori che hanno in carica quel ragazzo anche nei percorsi extrascolastici, ma solo una commissione medica integrata da un delegato dell’amministrazione scolastica regionale, da un terapista della riabilitazione e da un operatore sociale, che però non hanno, come oggi, un collegamento con il reale vissuto del alunno/studente e non conoscono i contesti in cui esso si muove: la centralità dell’alunno e delle sue esigenze vengono meno e in più in quella valutazione manca la famiglia».

Questa valutazione diagnostico funzionale «fatta da esterni e che manca della famiglia, non tiene conto della Convenzione Onu quando afferma che non basta dire come è lei, la persona, ma come si rapporta con il contesto, ecco perché servono anche gli altri attori sociali che ruotano attorno a quel bambino».

E quando poi si arriva al PEI, di cui la famiglia non è coprotagonista, ecco che questo «viene svuotato di valore, perché non c’è più l’indicazione dei supporti e sostegni per quell’alunno, la cui individuazione e quantificazione è delegata a un organo provinciale, il GIT, e all’Ufficio scolastico regionale. Se l’interesse del MIUR era quello di evitare i contenziosi sulle ore di sostegno (sappiamo che tutti i TAR ne hanno migliaia), anche questo obiettivo non verrà raggiunto, perché questo iter è viziato per mancata partecipazione del diretto interessato», ha concluso De Robertis in audizione.

«Anche noi, come Anffas, non possiamo accettare che si vada indietro. Come alcuni onorevoli in questa Commissione sanno benissimo siamo partiti volendo migliorare il sistema, ma ahimé non esiste alcun miglioramento».

*Cui Anffas Onlus aderisce

Per approfondire

Leggi il comunicato Fish sull’argomento