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ISTAT: IN CALO LA SPESA DEI COMUNI PER POVERTÀ E DISAGIO. AUMENTA PER LE PERSONE CON DISABILITÀ

Fonte www.superabile.it Scende la spesa per le politiche di welfare nei comuni italiani. Nel 2011, per la prima volta dal 2003, la spesa sociale risulta in diminuzione rispetto all’anno precedente. Le risorse destinate dai Comuni alle politiche sociali territoriale ammontano, infatti, a circa 7 miliardi e 27 milioni di euro, al netto della compartecipazione alla spesa da parte degli utenti e del Sistema sanitario nazionale, con una diminuzione dell’1 per cento rispetto al 2010.

“Fra il 2010 e il 2011” – spiega l’Istat nel suo rapporto annuale – “la spesa procapite diminuisce in quasi tutte le regioni italiane ma, in rapporto ai valori preesistenti, il calo più consistente si osserva al Sud (-5 per cento), dove i valori medi erano già nettamente al di sotto della media nazionale”.

Al Nord-ovest e al Nord-est la spesa diminuisce rispettivamente del 3 e dell’1 per cento, mentre aumenta dell’1 per cento sia al Centro che nelle Isole. Una persona residente al Sud beneficia mediamente di una spesa sociale annua di circa 50 euro per i servizi e gli interventi offerti dai Comuni, contro i 160 euro del Nord-est. Nel 2011, la spesa corrente impegnata dai Comuni per gli asili nido, al netto della compartecipazione pagata dagli utenti, è stata pari a 1 miliardo e 245 milioni di euro; quella impegnata per i servizi integrativi per la prima infanzia, che include i cosiddetti “nidi famiglia”, risulta di poco inferiore ai 60 milioni di euro, comprensiva degli oltre 9 milioni e mezzo a carico delle famiglie.

L’offerta di asili nido e di servizi integrativi per la prima infanzia mostra ampi divari territoriali. I bambini che usufruiscono di asili nido comunali o finanziati dai comuni variano dal 3,5 per cento del Sud al 17,1 per cento del Nord-est, mentre la percentuale di Comuni che garantiscono la presenza del servizio varia dal 24,3 per cento del Sud all’82,6 per cento del Nord-est.

La spesa rivolta alle persone con disabilità aumenta di circa 35 milioni di euro dal 2010 al 2011 (+ 2,2 per cento). Anche in questo caso le differenze territoriali sono molto rilevanti: mediamente un cittadino con disabilità residente al Nord-est usufruisce di servizi e interventi per una spesa annua pari a 5.370 euro, contro i 777 euro del Sud.

La spesa dei Comuni rivolta agli anziani è in diminuzione rispetto all’anno precedente, sia in valore assoluto che come quota percentuale sul totale della spesa sociale: si passa da 1 miliardo 492 milioni del 2010 a 1 miliardo 388 milioni del 2011 (-7 per cento) e dal 20,9 per cento al 19,8 per cento della spesa sociale complessiva.

In calo anche la spesa dei Comuni per la povertà e il disagio (-2 per cento dal 2010 al 2011), nonostante risultino in crescita le difficoltà economiche nella popolazione.

Per maggiori informazioni

www.istat.it

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RIORGANIZZAZIONE DELLE PROVINCE: GLI ALUNNI PIÙ A RISCHIO

Fonte www.superando.it«A settembre, con l’inizio del nuovo anno scolastico, c’è il rischio che non tutti gli studenti possano tornare a sedersi sui banchi di scuola. Infatti, gli alunni con gravi disabilità che frequentano le scuole superiori potrebbero non avere il supporto dell’assistenza educativa, mentre i bambini e gli adolescenti con disabilità visiva e uditiva potrebbero non trovare in classe l’assistente alla comunicazione».

La denuncia arriva dalla LEDHA (Lega per i Diritti delle Persone con Disabilità), componente lombarda della FISH (Federazione Italiana per il Superamento dell’handicap), alla luce della situazione causata dall’impasse di alcuni enti e dai tempi programmati in base alla Legge 56/07 (Disposizioni sulle Città Metropolitane, sulle Province, sulle unioni e fusioni di Comuni), meglio nota come “Legge Delrio”, che prevede la riorganizzazione delle Province e la redistribuzione delle loro competenze.

«Il rischio più concreto – secondo la LEDHA – è che gli interventi destinati agli alunni con difficoltà non vengano attivati per tempo, costringendo quindi decine di ragazzi a non poter di fatto frequentare le lezioni».

«Queste settimane – si legge ancora nella nota diffusa dalla Federazione lombarda -, rappresentano un momento di transizione delicato che preoccupa non poco le famiglie e le associazioni di persone con disabilità. In tal senso abbiamo raccolto la preoccupazione di molti familiari e delle associazioni della nostra rete, tra cui quelle provenienti dall’ALFA (Associazione Lombarda Famiglie Audiolesi) e dall’ANS (Associazione Nazionale Subvedenti). In esse viene fotografata una situazione di incertezza che mette in seria difficoltà anche la programmazione, da parte delle scuole, per il prossimo anno scolastico».

«Gli interventi che garantiscono ai bambini e agli adolescenti con disabilità di frequentare la scuola – concludono i rappresentanti della LEDHA – devono essere attivati già dal mese di settembre su tutto il territorio della Lombardia e non possono essere rimandati. Per questo motivo, oltre ad avere già attivato i nostri referenti territoriali per avere un quadro più completo della situazione, chiediamo a tutte le Istituzioni coinvolte (Province, Regioni e Ufficio Scolastico Regionale) il massimo impegno per garantire tempistiche e modalità certe sull’erogazione di questi fondamentali servizi». (S.B.) Per ulteriori informazioni e approfondimenti: ufficiostampa@ledha.it.

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Suoni delle Parole

Suoni delle parole L’Anffas-Onlus di Corigliano organizza un Laboratorio espressivo-relazionale, che vede coinvolti ragazzi tra i 7 e i 12 anni disabili.

Il progetto si svolgerà dal 16 al 30 giugno nei giorni di Lunedì-Mercoledì-Venerdì dalle ore 16,00 alle ore 18,00.

Per ulteriori informazioni Tel. 0983.854879 o Email: anffascorigliano@anffascorigliano.it

 

 

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RENZI: IL TERZO SETTORE NON CADRÀ NELLA TRAPPOLA DELLA TASSA DI SCOPO SULL’AZZARDO

Fonte www.vita.itNo alla tassazione di scopo sull’azzardo, qui ne va del futuro di tutti, non del bilancio dei comuni. La richiesta è arrivata forte e chiara, per voce di Riccardo Bonacina e Franco Bomprezzi, al Premier Renzi, in visita nella redazione di Vita il 20 maggio scorso, per illustrare l’imminente riforma del Terzo Settore.

La trappola potrebbe infatti nascondersi proprio tra le pieghe di una riforma, a lungo attesa e sempre disattesa, che oggi sembra trovare una insperata accelerazione finale.

Il terzo settore, ha ribadito Renzi solo pochi giorni fa, è centrale nel suo progetto. Un progetto che – il Premier ne è consapevole – non inciamperà come molti sperano su una questione tanto delicata. Da anni, i concessionari dell’azzardo legale vanno dicendo che il modello da seguire per finanziare il terzo settore e il welfare che verrà è quello spagnolo o finlandese.

Che cosa significa? Significa che, anziché finire nelle fiscalità generale, la tassazione dell’azzardo dovrebbe essere vincolata a uno scopo. Da parte loro, i rappresentanti di alcune amministrazioni comunali stanno facendo passare l’idea che una tassa di scopo sull’azzardo non li vedrebbe affatto contrari. Di recente, un ex sottosegretario all’economia, molto vicino a un mondo che movimenta, si era spinto a ipotizzare l’istituzione delle municipalizzate dell’azzardo.

Una provocazione? Non troppo, vista l’insistenza con cui, da più parti, si invoca il provvedimento. L’imposta di scopo è segnata in bilancio con contabilità separata.

Si definisce “di scopo” perché è – o dovrebbe essere – finalizzata a una particolare destinazione. Con due conseguenze evidenti a tutti: poiché le risorse per scuole, ospedali, associazioni e via discorrendo si prendono dalla tassazione sull’azzardo, da un lato l’azzardo si ritroverebbe eticamente “ripulito” e, dall’altro, sarebbe in futuro impossibile intervenire su di esso e sulle sue distorsioni senza produrre effetti negativi sul settore che da lì trae le proprie risorse.

Un esempio: io rovino la gente con le “macchinette” o i gratta & qualcosa, ma poi i soldi li do al comune che, tramite i suoi servizi sociali, si occuperà di “sostenere” le persone che io ho rovinato. Un circolo vizioso, anzi: una vera e propria trappola.

Le risorse vanno trovate altrove e l’azzardo deve tornare a essere considerato per quello che è: una distorsione della vita comunitaria, non un mezzo per indurla a batter cassa.

Detto questo, una tassazione che vada invece nel senso della fiscalità generale – con l’aumento dei prelievi, spesso risibili, sulla filiera dell’azzardo legale – senza vincolarli a uno scopo resta invece un’opzione non solo possibile, ma necessaria in termini di equità.

Per approfondire

Leggi l’articolo “Ecco come è nata la riforma del Terzo Settore”

Leggi il comunicato stampa FISH sulla riforma

 

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L’INCLUSIONE NEGLI ASILI NIDO

Fonte www.grusol.it – Anche se la Legge Quadro 104/92 si occupava per lo più di scuola, essa stabiliva chiaramente che al bambino da 0 a 3 anni con disabilità dovesse essere «garantito l’inserimento negli asili nido». E già all’inizio degli Anni Settanta, si era parlato di «educazione e socializzazione dei bambini, prima dell’ingresso nella scuola dell’infanzia».

Vediamo dunque l’attuale situazione del settore, fornendo anche qualche utile indicazione alle famiglie

Così, più di quarant’anni fa, la Legge 1044 del 1971 aveva definito gli asili nido: «L’assistenza negli asili-nido ai bambini di età fino a tre anni, nel quadro di una politica per la famiglia, costituisce un servizio sociale di interesse pubblico». Quella norma sembrava poggiare l’attenzione soprattutto sul sollievo della famiglia, e in particolare delle madri, dal peso della gestione quotidiana dei figli piccoli, al fine di consentir loro l’attività lavorativa. Proprio a tale scopo, infatti, furono anche stanziati dei fondi a favore dei Comuni. Con il passare del tempo, però, a quell’obiettivo originario se n’è affiancato un altro, sempre più emergente, e cioè quello dell’educazione e della socializzazione dei bambini, prima dell’ingresso nella scuola dell’infanzia. Per tale motivo, ad assumere un maggiore peso educativo fu via via l’articolo 6, comma 1, punto 3 di quella norma, che recitava: «[gli asili-nido debbono] essere dotati di personale qualificato, sufficiente ed idoneo a garantire l’assistenza sanitaria e psicopedagogica del bambino».

La formazione psicopedagogica degli operatori, in sostanza, venne acquistando sempre più importanza. Quando poi nel 1992 fu approvata la Legge Quadro 104 sulla disabilità, essa, pur occupandosi per lo più di scuola, all’articolo 12, comma 1 stabiliva che al bambino da 0 a 3 anni con disabilità fosse «garantito l’inserimento negli asili nido». Qui l’espressione «garantito» significa chiaramente che la legge riconosce un diritto e che tale diritto è rafforzato dall’articolo 3, comma 3 della medesima Legge, laddove si dice che per gli alunni in situazione di disabilità grave l’accesso ai servizi previsti «assume connotazione di priorità». Ciò significa che i bimbi con certificazione di disabilità ai sensi dell’articolo 3, comma 3 della Legge 104/92 hanno diritto di priorità di accesso agli asili nido, in caso di eccesso di domande di iscrizione.

Questo, ovviamente, purché si tratti di asili nido attivati dal Comune di residenza del bimbo; in quelli, invece, di altri Comuni, il bambino con disabilità, anche grave, deve rispettare le graduatorie, secondo i criteri fissati localmente. A riprova della prevalente funzione educativa di tali servizi, va ricordato poi che sempre la Legge 104, all’articolo 13, comma 2, prevede che i Comuni possano adeguare «l’organizzazione e il funzionamento degli asili-nido» alle esigenze dei bambini con disabilità, «al fine di avviarne precocemente il recupero, la socializzazione e l’integrazione, nonché l’assegnazione di personale docente specializzato e di operatori ed assistenti specializzati».

Addirittura la previsione di tre tipologie di personale specializzato, docente, assistente educativo ed operatore per l’assistenza materiale, chiarisce bene quale sia stata la volontà del Legislatore nella necessità di assicurare interventi precoci di recupero, socializzazione e integrazione. Pertanto, alla luce di tutto ciò, le famiglie possono chiedere ai Comuni la costituzione di asili nido propri o il convenzionamento con asili nido privati che abbiano i requisiti richiesti dai Comuni stessi, anche sulla base delle rispettive Leggi Regionali in materia.

Alcune considerazioni, infine, anche rispetto al pagamento delle rette. Per quelle previste dagli asili nido comunali, si ritiene che i Comuni intendano adottare criteri orientati all’utilizzo dell’ISEE familiare [l’ISEE è l’Indicatore della Situazione Economica equivalente, N.d.R.], tenendo conto del coefficiente concernente la presenza di minori con disabilità.

Si ritiene tuttavia possibile l’applicazione dell’articolo 3, comma 2 ter del Decreto Legislativo 130/00, secondo il quale – nei percorsi sociosanitari – i servizi vanno forniti alle persone con disabilità sulla base del solo ISEE personale e non familiare, poiché dall’espressione indicata sia nell’articolo 6, comma 1, punto 3 della citata Legge 1044/71 («assistenza sanitaria»), sia nell’articolo 13, comma 2 della Legge 104/92, risulta chiaramente che gli interventi precoci sono non solo di socializzazione, ma anche di «recupero sanitario ed integrazione» e quindi hanno una stretta interconnessione sociosanitaria.

In caso di conflitto, pertanto, occorrerà attendere le decisioni del Governo, conseguenti al recente Decreto sul nuovo ISEE

*Già vicepresidente nazionale della FISH (Federazione Italiana per il Superamento dell’Handicap, cui Anffas Onlus aderisce). Responsabile del Settore Legale dell’Osservatorio Scolastico dell’AIPD (Associazione Italiana Persone Down). Il presente testo è il riadattamento di una scheda apparsa anche nel sito dell’AIPD

 

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LA FISH CHIEDE UNA VERA GIUSTIZIA SOCIALE

Fonte www.superando.it – Calati i toni sin troppo accesi della campagna elettorale, la FISH (Federazione Italiana per il Superamento dell’Handicap*) rilancia subito sui temi delle politiche sociali, con alcune riflessioni del suo presidente Vincenzo Falabella: «Ci aspettavamo – dichiara in una nota – che un Decreto che ha nell’oggetto la giustizia sociale cogliesse l’occasione per un rilancio delle politiche sociali a favore delle persone con disabilità, degli anziani e dei minori». Il riferimento è segnatamente al Decreto Legge 66/14 approvato il 24 aprile scorso e in questi giorni all’esame del Parlamento, per essere convertito in Legge -, ben noto come il provvedimento che ha concesso 80 euro mensili nelle buste paga di chi ha un reddito inferiore ai 24.000 euro.

«Si tratta di un Decreto – dichiara Falabella – che contiene molti elementi positivi in termini di trasparenza e ristrutturazione della gestione pubblica, che spinge verso una modalità di spesa più razionale, contenendo sprechi e abusi, ma che prevede anche significative restrizioni, oltre che per i Ministeri, anche per i Comuni, le Province, le Città Metropolitane e le Regioni».

«Quel Decreto – si legge in un approfondimento diffuso sempre dalla FISH – impone in effetti risparmi per 2,1 miliardi nel 2014. Nel dettaglio, 200 milioni (300 nel 2015 e nel 2016) vengono “tagliati” direttamente ai Ministeri, riducendo i relativi stanziamenti. I rimanenti 500 dovranno essere recuperati direttamente dagli stessi Dicasteri. Il Ministero dell’Istruzione, ad esempio, restituisce 6,3 milioni per il 2014 e 9,4 milioni per ciascuno dei due anni successivi. La preoccupazione corre dunque all’obbligo di aggiornamento in servizio sulle didattiche inclusive, ottenuto dalle Associazioni in sede di approvazione della Legge 128/13 e che verosimilmente sembra destinato a rimanere lettera morta».

«Ma poi – prosegue l’approfondimento – tocca ai Comuni, alle Città Metropolitane e alle Province. Il Decreto, infatti, impone loro risparmi di 700 milioni per il 2014 e di oltre un miliardo per ciascuno dei prossimi tre anni. Il risparmio dovuto dagli Enti Locali sarà calcolato sulla loro spesa nell’ultimo triennio. È un calcolo indistinto, però, che comprende sia voci di ordinaria amministrazione e gestione, sia servizi sociali come le mense e i servizi scolastici o le rette in struttura per persone con disabilità, minori, anziani. Paradossalmente, verrebbero premiati i Comuni che meno spendono in servizi alla persona o che, magari, pretendono una maggiore partecipazione alla spesa».

«Ci sembra – è il commento di Falabella – che prevalga ancora la logica dei tagli lineari. Non si opera infatti alcuna distinzione fra il tipo di spesa e la qualità dei servizi erogati dai Comuni e dalle Città Metropolitane, mettendo sullo stesso piano la carta per le fotocopie e i servizi per i disabili o i minori. Rischia dunque di andare perduta quella che era una propizia occasione di riqualificare la spesa e di premiare i Comuni più virtuosi in termini di politiche sociali, se il Parlamento non interverrà in sede di conversione in legge».

Per questo, quindi, la FISH chiede «un intervento correttivo su tali criteri, primo e importante presupposto per rilanciare in modo efficace la spesa sociale (agli ultimi posti in Europa), per attuare il Programma d’Azione Biennale per la Promozione dei Diritti e l’Integrazione delle Persone con Disabilità e per ripensare l’inclusione sociale e il contrasto all’impoverimento, senza i quali non vi è giustizia sociale».

*Cui Anffas Onlus aderisce

 

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DISABILITÀ: L’ITALIA ALLA CONQUISTA DI BRUXELLES

Fonte www.vita.it* – Tra poco più di un anno, gli Obiettivi del Millennio lanciati nel 2000 dalle Nazioni Unite andranno in archivio per lasciare spazio a una nuova agenda per lo sviluppo, chiamata “UN’s post-2015 Development Agenda”. Chi possiede un minimo di domestichezza con le agende politiche internazionali come quelle dell’ONU, sa che gran parte delle decisioni più importanti si prendono molti mesi prima di quando vengono ufficializzate. E il settembre 2015, quando a New York si riuniranno i capi di Stato e di governo per sottoscrivere nuovi impegni a favore dello sviluppo sostenibile e della lotta contro la povertà, è dietro l’angolo. Come tanti altri paesi, l’Italia ha fretta. Tra le sfide che la Farnesina intende portare al centro dell’attenzione, ci sono i diritti delle persone con disabilità, troppo spesso ignorati nelle politiche di sviluppo portate avanti dalla Comunità internazionale.

Dopo aver sottoscritto la Convenzione ONU sui diritti delle Persone con Disabilità, l’Italia ha deciso di assumere la leadership politica sul tema della disabilità adottando nel luglio 2013 un Piano d’azione ad hoc con lo scopo di assicurare la piena implementazione della Convenzione adottata dalle Nazioni Unite nel 2006 e stabilire un quadro che garantisca il sostegno alle categorie sociali più vulnerabili ed emarginate. Ma senza alleati forti a livello globale, queste ambizioni rischiano di diventare carta straccia. Per questo, la DGCS ha organizzato assieme alla Rete Italiana Disabilità e Sviluppo (RIDS) una conferenza presso la sede del Comitato economico e sociale europeo, a Bruxelles, con l’obiettivo di condividere con la Commissione UE, gli Stati membri e la società civile strategia e buone pratiche sulla disabilità nell’ambito del dibattito internazionale sull’Agenda per lo Sviluppo Post-2015.

A dirigere la delegazione italiana era il Direttore Generale della DGCS, Giampaolo Cantini.

Direttore, che bilancio trae da questa conferenza?

L’obiettivo fondamentale era quello di presentare una buona pratica della Cooperazione Italiana ma soprattutto di condividerla con le istituzioni dell’UE – in particolare con la Commissione- nonché con gli Stati Membri e le organizzazioni della società civile. C’è stata una presenza importante di rappresentanti della Cooperazione Tedesca, Spagnola e della Commissione, tutti attori che osservano con grande attenzione le buone pratiche messe in atto dall’Italia a favore delle persone con disabilità. Ora si tratta di mettersi insieme, di creare un partenariato tra Istituzioni, Stati Membri, organizzazioni della società civile e soprattutto i nostri paesi partner per sviluppare un’azione comune: non solo per rafforzare le componenti di disabilità nei programmi di sviluppo ma anche per mettere a punto degli strumenti di lavoro.

Nel concreto che cosa significa?

E’ opportuno sviluppare degli indicatori – i cosiddetti ‘markers di efficacia’ – simili a quelli adottati in altri settori, come ad esempio le tematiche di genere, elaborando a monte dei dati su quanto è stato fatto. Sembrano obiettivi tecnici di poca importanza, ma l’elaborazione di una serie di target e di indicatori accresce la possibilità di includere la disabilità come un tema centrale di inclusione sociale, cruciale per le opportunità per l’impiego, anche nell’accesso a servizi sociali essenziali come l’istruzione e la sanità. In altre parole, ci consentirebbe di portare la disabilità al cuore dei futuri obiettivi di sviluppo sostenibili. II momento è opportuno per unire le forze e sviluppare un piano comune e sollevare questi temi nelle sedi internazionali. Ad esempio l’OCSE DAC potrebbe essere la sede per un lavoro tecnico sui dati, sulla loro disaggregazione e sull’elaborazione di indicatori e di marker di efficacia.

In che modo l’Italia intende sfruttare il prossimo semestre europeo per portare avanti questa strategia?

A parte i gruppi di lavoro specializzati ed il dialogo sempre costante con le organizzazioni della società civile, direi che abbiamo due importanti finestre: la preparazione di una posizione comune dell’UE sull’agenda post 2015 e le opportunità che si offrono a noi per promuovere una comunicazione pubblica di larga scala. Penso al semestre di Presidenza dell’UE che spetta all’Italia tra luglio e dicembre 2014 e all’Anno europeo per lo sviluppo previsto nel 2015.

Perché l’Italia ha deciso di puntare sulla disabilità?

Intanto perché la cooperazione italiana ha sempre avuto una forte caratterizzazione nel sociale e perché esiste un dialogo molto forte con le organizzazioni non governative ed in particolare con RIDS, la Rete Italiana Disabilità e Sviluppo con la quale abbiamo elaborato il piano d’azione. E’ un piano d’azione della cooperazione italiana ma in realtà è stato realizzato in maniera congiunta dalla DGCS e RIDS. Le alleanze sono importanti per rafforzare un tema così particolare nell’agenda politica europea ed internazionale.

Quali sono gli Stati membri pronti a seguirvi?

Oggi abbiamo avuto una testimonianza molto interessante della cooperazione tedesca, che ha elaborato un proprio piano d’azione, sviluppando azioni molto concrete. Anche i colleghi spagnoli ci hanno sostenuto nell’obiettivo di sollevare questi temi nel negoziato sull’agenda post 2015. Sicuramente altri Stati membri stanno sviluppando azioni in questo senso, ma la conferenza ci ha offerto due insegnamenti preziosi : esistono forti potenzialità, ma è necessaria un’azione di raccordo.

*articolo redatto in collaborazione con Evelina Urgolo