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DOPO DI NOI: ECCO COME FARE PER ATTUARLO DAVVERO NEL 2017

Fonte www.vita.it – Sono trascorsi sei mesi dall’entrata in vigore della legge 112/2016, meglio nota come legge sul “dopo di noi”. Erano sei i passaggi previsti per rendere davvero operativa la legge e di essi, a sei mesi da quel 25 giugno 2016, ne è stato fatto solo uno, quello fondamentale, ovvero il decreto per individuare i requisiti di accesso alle misure di assistenza, cura e protezione a carico del Fondo e di riparto delle risorse del Fondo tra le regioni (questo decreto, firmato il 23 novembre, non è ancora stato pubblicato in Gazzetta Ufficiale). Vita ha chiesto al Presidente Nazionale di Anffas Onlus, Roberto Speziale, di fare il punto nell’ultimo giorno dell’anno che ha visto la legge venire alla luce: queste le sue osservazioni, che riportiamo in toto.

Cosa manca

Manca la definizione dei livelli essenziali delle prestazioni nel campo sociale da garantire ai destinatari della legge, manca la definizione degli obiettivi di servizio per le prestazioni da erogare ai destinatari della legge (decreto previsto entro sei mesi dall’entrata in vigore della legge, quindi entro il 24 dicembre 2016), manca il decreto per definire le modalità di attuazione dell’articolo inerente i trust, i vincoli di destinazione e fondi speciali (previsto entro 60 giorni, quindi al 24 agosto 2016), manca la campagna di comunicazione e informazione sul nuovo strumento, e mancano gli atti delle Regioni, che devono adottare indirizzi di programmazione e definire i criteri e le modalità di erogazione dei finanziamenti, le modalità per la pubblicità dei finanziamenti e per la verifica dell’attuazione delle attività svolte (tutte queste attività di programmazione prevedono il coinvolgimento delle organizzazioni di rappresentanza delle persone con disabilità). Occorre continuare nella stessa direzione che si è delineata con il primo decreto attuativo, se non si vuole che la legge non “abbia le gambe” per andare avanti.

Agevolazioni fiscali

È il decreto in questo momento più urgente. L’articolo 6 della legge 112/2016 prevede agevolazioni fiscali e tributarie per i trust, i vincoli di destinazione ed i fondi speciali composti di beni sottoposti a vincolo di destinazione, ma se non esce il decreto attuativo (atteso già entro il 24 agosto), non si sa come potersi regolare per la fruizione delle agevolazioni previste dalla legge. Ci sono già casi concreti di famiglie che vorrebbero mettere in atto questi nuovi strumenti previsti dalla legge, in favore di figli o nipoti con disabilità gravi – la legge ha suscitato un certo fermento tra le famiglie – ma per il momento tutto è bloccato in attesa del decreto, per essere certi di rispettare, negli atti, tutte le condizioni formali che saranno previste. Già per l’anno 2016 sarebbe stato possibile effettuare erogazioni liberali, donazioni e atti a titolo gratuito nei confronti dei trust e dei fondi speciali previsti per persone con disabilità, usufruendo poi, con la dichiarazione dei redditi da presentare nel 2017, dell’agevolazione della deducibilità degli stessi nel limite del 20% (dal 10% attuale) e per un massimo non più di 70.000 euro, ma di 100.000 euro. Cosa succederà quindi per chi si è trovato nell’ipotesi più ampia della nuova norma? Il Ministero dovrà dare subito risposte, quanto meno per la compilazione della prossima dichiarazione dei redditi. Tutte le altre agevolazioni inerenti i trust, i vincoli di destinazione ed i fondi speciali si applicano, per legge, a decorrere dal 1° gennaio 2017 e ancor di più era essenziale che questo decreto uscisse almeno entro il 31 dicembre 2016, proprio per non creare problemi per la fruizione anche delle altre agevolazioni.

Livelli essenziali delle prestazioni e obiettivi di servizio

In attesa della definizione dei livelli essenziali delle prestazioni (DL 68/2011), l’articolo 2 della legge sul dopo di noi prevede la definizione di obiettivi di servizio per le prestazioni specifiche da erogare ai beneficiari del fondo, cioè specifici per il dopo di noi. Questi obiettivi di servizio dovevano essere definiti entro sei mesi dall’entrata in vigore della legge (quindi entro il 24 dicembre 2016). Gli obiettivi di servizio non sono ancora dei livelli essenziali delle prestazioni, ossia dei livelli minimi da garantire in maniera omogenea in ogni Regione ed immediatamente esigibili dai cittadini beneficiari della legge, ma quantomeno definiscono in termini quantitativi cosa concretamente deve essere fatto, determinando quindi anche un controllo sull’azione attuativa della Legge. Sappiamo che i sei mesi non sono perentori, però l’inutile decorso del tempo è indice di una certa responsabilità politica, visto che gli obiettivi di servizio erano addirittura il traguardo più basso da raggiungere rispetto ai veri e propri Livelli essenziali.

La programmazione delle Regioni

Il decreto che fissa i requisiti per l’accesso alle prestazioni a carico dell’apposito Fondo istituito dalla legge 112/2016 e che stabilisce la ripartizione tra le Regioni dei 90 milioni per l’anno 2016, introduce anche alcune novità – o almeno sottolineature che nella legge non erano così esplicite – e definisce alcune priorità.

Partendo da quel decreto, quali indicazioni di lavoro si devono ricordare quindi alle Regioni?

◾La condizione imprescindibile per finanziare una misura attraverso il Fondo per il dopo di noi è l’esistenza di un progetto individuale, o già esistente (quindi la misura sul dopo di noi si inserisce in quel progetto, in coerenza con esso) oppure steso ex novo, considerando, fin dall’inizio, anche l’aspetto del dopo di noi. Il fatto è che il progetto individuale in Italia, pur essendo previsto fin dal 2000 con legge 328, non si fa. Ne esistono pochissimi e si è iniziato a farli solo a seguito di sentenze. Si potrebbero citare decine di episodi in proposito: uno per tutti è quello del progetto individuale chiesto nel 2010 al Comune di Cassano allo Jonio per una studentessa universitaria e redatto solo a novembre 2016 dopo due cause al Tar ed interlocuzioni estenuanti anche mediate il poderoso intervento dell’Anffas Nazionale e dell’Anffas locale di Corigliano. Uno dei nodi più importanti da superare è che le unità di valutazione multidisciplinare presso cui devono essere redatti i progetti individuali, pur essendo previste sulla carta, pressoché da tutte le Regioni, non sono quasi mai partite o non lavorano in base a criteri legati all’ICF, espressamente richiamato invece nel decreto di riparto del Fondo.

Le Regioni, quindi, sono chiamate a ragionare su tali aspetti chiarendo le competenze ed i ruoli delle unità di valutazione multidisciplinare oltre che i criteri e l’approccio che le stesse devono seguire nella costruzione del progetto individuale. Infatti, col progetto individuale si assiste ad un cambio radicale di logica: non si tratta solo di elencare i servizi formali da attivare, ma di ragionare in termini dinamici, prospettici, considerando anche i bisogni della persona che oggi non necessitano di interventi pubblici (perché trovano una risposta informale nel sostegno della famiglia) ma che occorre avere presenti in previsione di quando, al posto del sostegno informale, saranno necessari interventi pubblici, semmai iniziando anche a costruire un percorso di avvicinamento a questi.

Il decreto fa esplicito riferimento a questa logica di progettazione, tanto che si dovrebbe auspicare che nei prossimi anni, a regime, il criterio di riparto del Fondo per il dopo di noi non sia, come avvenuto per questo primo anno, il numero delle certificazioni di disabilità gravi in ogni Regione, ma il bisogno emergente dai vari progetti individuali esistenti.

◾Il secondo aspetto innovativo è che il decreto aggancia al progetto individuale un budget di progetto: il progetto individuale pertanto conterrà, da ora in avanti, il budget di progetto. Il tema concreto quindi sarà come fare in modo che, in sede di atti di programmazione e di provvedimenti regionali per l’utilizzo sul territorio delle risorse attribuite dal Fondo Nazionale, si valorizzino i singoli budget di progetto, facendo in modo quindi che le misure finanziate producano effetti sulle persone ed in coerenza con i loro effettivi bisogni, così come delineati dai loro specifici progetti individuali e non finanzino invece “strutture” di enti, piccoli o grandi. Per essere chiari, facciamo un esempio. Una Regione potrebbe fare un bando aperto agli enti del terzo settore che presentino il progetto di un appartamento per il dopo di noi, apparentemente coerente con la legge e con i requisiti (di capienza, ecc..) previsti dal decreto attuativo, anche rispetto al target dei beneficiari ultimi, ma senza che questi siano concretamente individuati in specifiche persone con un loro specifico progetto individuale, che si dimostri coerente con il progetto dell’Ente stesso.

La Regione in questo modo continuerebbe ancora a finanziare servizi di enti, non i budget di progetto dei singoli. Questa modalità striderebbe con due indicazioni del decreto riparto, quella che parla di budget di progetto (art. 2 del decreto) e quella che nel disegnare le priorità degli interventi (art. 4) parla di singoli beneficiari.

La scelta fatta invece con la nuova legge, e più che mai col decreto attuativo, è che le Regioni tengano conto di questo nuovo approccio. Si possono anche prevedere bandi per il finanziamento di interventi progettati dal Terzo Settore, ma che questi siano costruiti partendo dalle persone concretamente individuate ed in base al loro progetto individuale. È la singola persona che viene prima del progetto ed il progetto deve essere “tagliato su misura” sulle varie persone che rientrano nel progetto di cui si chiede il finanziamento.

Nella prospettiva della legge 112/2016 si deve partire dai progetti individuali e costruire singoli budget di progetto; non fare come si è fatto fino ad oggi finanziando un’ idea progettuale generale e poi andando a cercare i singoli destinatari che possano “riempirla”. È un cambiamento radicale, una sfida epocale, ma contemporaneamente un nodo molto complesso, perché molte sarebbero le difficoltà operative per la Regione che si rivolgesse direttamente alle singole persone e al singolo budget di progetto.

Che fare quindi?

Occorre fare bandi per erogare risorse solo ai progetti che partono dalle persone, anche quando sono presentati da enti del Terzo Settore che, semmai, hanno avuto la capacità e la sensibilità di accompagnare la costruzione del progetto e del budget di progetto di ciascuna persona ed anche eventualmente di mettere insieme persone che hanno progetti di vita e budget tra loro conciliabili, dovendosi – si ripete – sempre partire da questi.

L’esperienza di Anffas insegna che il Terzo settore ha la capacità di andare a coniugare tutti questi aspetti, di fare una progettazione non di “case”, ma di progetti individuali, di fare un accompagnamento alla costruzione di un budget di progetto o di convogliare budget di più persone in una soluzione che valorizzi i singoli progetti individuali delle stesse. È possibile pensare di creare protocolli di intesa della Regione con organizzazioni del Terzo settore esperte in questa progettazione, anche perché si aiutino le famiglie o i gruppi di famiglie a costruire loro soluzioni, facendogliele pure presentare direttamente.

Quanto ipotizzato per il Terzo settore può essere pensato anche per gli enti locali?

Sì, ma solo se questi non pensino che in tal maniera, ricorrendo alle risorse del Fondo, possano dismettere gli interventi cui istituzionalmente sono tenuti, visto anche che tali misure sono, per definizione stessa della legge, integrative ed aggiuntive a quelle già esistenti.

◾Il terzo tema da affrontare operativamente, nelle Regioni, riguarda la verifica degli esiti delle misure finanziate. La legge parla di revoca dei finanziamenti (art 3 comma 3) e di verifica dell’attuazione delle attività svolte.

“Verifica dell’attuazione” significa verificare che le cose siano fatte? O anche verifica degli esiti di quelle azioni, dell’impatto, dei miglioramenti delle condizioni di vita delle persone con disabilità beneficiarie delle misure? Nella logica del progetto individuale, dinamico, stiamo parlando indiscutibilmente della seconda verifica: in un progetto dinamico si devono verificare gli esiti avuti sulle persone e ricalibrare continuamente i sostegni, anche perché non serve pagare servizi che non servono a niente.

Tutto questo è molto complesso, ma per esempio, Anffas ha sperimentato le cosiddette “matrici ecologiche e dei sostegni” ossia un innovativo sistema, tradotto in software, tramite il quale non solo è possibile progettare in maniera flessibile servizi e sostegni per le persone con disabilità, ma soprattutto verificarne gli esiti, nel tempo (clicca qui per maggiori informazioni sul progetto). Purtroppo il decreto attuativo nulla ha aggiunto a tal proposito, ma sarebbe bene che in sede di atti regionali, si individuino subito quantomeno alcuni indici numerici con cui poter fare una prima verifica, auspicando poi gradualmente il raggiungimento anche di quella verifica, sopra detta, sugli esiti rispetto alla condizione delle persone con disabilità beneficiarie. Ad esempio, sarebbe interessante verificare il numero di persone che hanno ottenuto un progetto personalizzato, il dettaglio del numero di persone inserite in ciascuna misura prevista dal fondo (casa, gruppo appartamento, “palestre di vita”….), la dimensione delle soluzioni alloggiative, oltre ad aversi una verifica rispetto ai finanziamenti erogati , come previsto dalla legge.

La campagna informativa

Un ultimo aspetto per la piena attuazione della legge sul dopo di noi riguarda il rendere le persone con disabilità, le famiglie e chi è vicino alle stesse consapevoli dei nuovi strumenti e delle nuove possibilità. Questo cambiamento non può esserci se le persone con disabilità con il supporto ed il sostegno della famiglia o di chi le protegge giuridicamente (tutore, curatore, amministratore di sostegno) non chiedono il progetto individuale e se non si crede al protagonismo della persona con disabilità. Occorre anche rendere informate le famiglie su come essere co-protagonisti nella costruzione del progetto di vita, lasciando loro anche la possibilità di partecipare alla costruzione di tutto ciò con le loro risorse, mettendo, ad esempio, a disposizione proprio la casa di abitazione dove la persona con disabilità continuerà a vivere o facendo un trust.

Manca ancora, quindi, una campagna informativa che si rivolga alle persone con disabilità ed alle loro famiglie e dica loro “Sai che hai diritto a un progetto individuale? A un budget di progetto? Sai che la persona con disabilità insieme al tuo supporto e sostegno ha diritto a progettare il suo futuro?”. Molte famiglie possono non avere la capacità di costruire da sole questo percorso, specie quello di prevedere un modello dell’abitare in autonomia e per questo devono sapere che possono anche collaborare con altre famiglie o ricorrere all’esperienza di organizzazioni del Terzo settore.

Le stesse Regioni ed enti locali devono essere consapevoli delle opportunità di tale legge, visto che, anche loro, come le famiglie e gli enti del Terzo settore, possono co-finanziare gli interventi sostenuti sul loro territorio con le risorse del Fondo per valorizzarle e dar vita ad un nuovo “welfare generativo”. Per vincere la sfida bisogna unire tutti: Regioni, Comuni, famiglie, associazioni, fondazioni ed enti privati.

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LAVORO, IN VIGORE LE MODIFICHE SULL’ASSUNZIONE DELLE PERSONE CON DISABILITÀ

Fonte www.superabile.it – In vigore a tutti gli effetti, dal 1 gennaio 2017, la nuova normativa introdotta dal decreto legislativo 151/2015 che ha cambiato le regole sull’inserimento lavorativo delle persone con disabilità.

D’ora in avanti chi occupa un numero di dipendenti prossimo alle 15 unità deve prestare particolare attenzione al raggiungimento di tale limite, perché è ormai cessato il regime transitorio introdotto dall’ art.3, comma 2 della legge 68/1999, che consentiva un’applicazione graduale degli obblighi di assunzione delle persone con disabilità da parte di datori di lavoro esclusi dal collocamento obbligatorio dalla legge 482/1968.

Dal 2017, i datori di lavoro pubblici e privati sono tenuti ad avere alle loro dipendenze lavoratori appartenenti alle categorie protette nella seguente misura: 7% dei lavoratori occupati, se occupano più di 50 dipendenti; due lavoratori, se occupano da 36 a 50 dipendenti; un lavoratore, se occupano da 15 a 35 dipendenti.

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INVERTIRE LA MARCIA DELL’INGIUSTIZIA SOCIALE ED ECONOMICA

Fonte www.superando.it«La Legge di Bilancio per il 2017 è stata approvata in via definitiva al Senato il 7 dicembre scorso, con un iter accelerato a causa della crisi di Governo, ma i problemi dell’Italia restano irrisolti. Difficile che il prossimo Governo possa affrontarli. Se tuttavia la politica istituzionale non sembra per ora in grado di “cambiare verso”, le quarantasette organizzazioni di Sbilanciamoci! non si rassegnano e continuano a costruire dal basso la loro agenda alternativa». Si apre così una nota diffusa da Sbilanciamoci!, la campagna composta da un nutrito gruppo di organizzazioni della società civile – tra cui anche la FISH* (Federazione Italiana per il Superamento dell’Handicap) – che ogni anno, in occasione della Legge di Stabilità, rende pubblico un proprio Rapporto, contenente varie proposte operative su come utilizzare la spesa pubblica per i diritti, la pace, l’ambiente. Si tratta di una sorta di “Controfinanziaria”, che offre un contributo concreto al dibattito, componendosi di analisi, soluzioni organiche e coperture economiche, operanti nel segno della giustizia sociale, dell’equità, della redistribuzione della ricchezza e della sostenibilità ambientale.

Il Rapporto 2017 di Sbilanciamoci! è dunque disponibile a tutti e ne possono essere sintetizzate così le priorità perseguite, tramite altrettante analisi e proposte: «Occupazione buona e utile al paese; lotta contro le diseguaglianze sociali, la xenofobia e il razzismo; garanzia dei diritti sociali universali e di un reddito dignitoso per tutti; equità e progressività fiscale; lotta ai cambiamenti climatici, energie pulite e salvaguardia del territorio; cooperazione tra i popoli e politiche di pace; saperi, ricerca, cultura, nuovi stili di vita e di consumo per una nuova economia e una società più umana, non competitiva, solidale e libera dalla paura».

«Alla nostra “Contromanovra 2017” a saldo zero da 40,8 miliardi, presentata lo scorso 15 novembre – spiegano da Sbilanciamoci! – segue il testo completo del Rapporto che supporta 115 proposte di politiche alternative, con analisi dettagliate su fisco e finanza, politiche industriali, lavoro e reddito, cultura e conoscenza, ambiente, welfare, pace e cooperazione e altraeconomia. Il Rapporto stesso è accompagnato da una selezione di dati statistici ufficiali, ove si fornisce la fotografia delle priorità che dovrebbero essere affrontate per utilizzare bene le risorse pubbliche del nostro Paese, al guado tra la crisi economica e sociale – che stenta ad arretrare – e quella politica, che alle prime due è strettamente connessa. Ad esempio, nel 1996 in Europa la tassazione sui redditi più alti delle persone fisiche era in media del 47%, nel 2015 è scesa al 39,3%. In Italia la tendenza è stata la stessa, sia pure meno accentuata: dal 51% la tassazione media dei redditi più alti è scesa al 48,9%. Un dato, questo, che racconta una delle tante forme dell’ingiustizia sociale ed economica che attraversa l’Italia e l’Europa: in altre parole, la crisi non ci ha reso solo più poveri, ma anche più diseguali e le scelte politiche adottate dai Governi europei hanno premiato chi ha di più, riducendone il carico fiscale, anziché le fasce di popolazione che si trovano in maggiori difficoltà».

Nei prossimi mesi di gennaio e febbraio, il Rapporto 2017 di Sbilanciamoci! verrà presentato in varie città italiane, per discutere con Associazioni e realtà territoriali. «Sullo sfondo – conclude la nota – la convinzione che la crisi democratica, economica e sociale non possa essere affrontata senza ribaltare l’attuale rapporto di sudditanza che lega le Istituzioni nazionali ed europee ai grandi poteri economici e finanziari. E solo la partecipazione dal basso può fare in modo che ciò diventi possibile».

*Cui Anffas Onlus aderisce

Per ulteriori informazioni e approfondimenti: info@sbilanciamoci.org

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PER UNA COOPERAZIONE INTERNAZIONALE INCLUSIVA DELLA DISABILITÀ

Fonte www.superando.it – Si è svolta a Roma, presso la Camera dei Deputati, la conferenza intitolata Inclusione della disabilità nella cooperazione italiana, organizzata dalla Direzione Generale per la Cooperazione allo Sviluppo del Ministero degli Affari Esteri e della Cooperazione Internazionale e dall’AICS (Agenzia italiana per la Cooperazione allo Sviluppo), in collaborazione con la RIDS (Rete Italiana Disabilità e Sviluppo), l’alleanza strategica avviata nel 2011 da EducAid, dall’AIFO (Associazione Italiana Amici di Raoul Follereau), da DPI Italia (Disabled Peoples’ International) e dalla FISH* (Federazione Italiana per il Superamento dell’Handicap), ovvero da organizzazioni che si occupano prevalentemente di cooperazione allo sviluppo e da associazioni di persone con disabilità e delle loro famiglie.

Come ha ricordato Marina Sereni, vicepresidente della Camera, l’incontro si è svolto nel decimo anniversario dell’approvazione da parte dell’Assemblea Generale delle Nazioni Unite della Convenzione ONU sui Diritti delle Persone con Disabilità – avvenuta appunto il 13 dicembre 2006 – e in occasione di due importanti eventi, vale a dire la Giornata Internazionale delle Persone con Disabilità del 3 Dicembre e la Giornata Mondiale dei Diritti Umani del 10 Dicembre. Sereni ha voluto poi sottolineare l’impegno parlamentare sulla disabilità, a partire dalla ratifica della Convenzione ONU (Legge 18/09), impegno che, a suo dire, «ha permesso all’Italia di assumere un ruolo di leadership in questo settore».

Dal canto suo Pietro Sebastiani, responsabile della Direzione Generale per la Cooperazione allo Sviluppo del Ministero degli Affari Esteri e della Cooperazione Internazionale, ha sottolineato alcuni aspetti della politica della cooperazione nei confronti della disabilità e in primo luogo il lavoro dell’Italia per l’attuazione della Convenzione ONU anche in campo internazionale, come testimonia il Piano d’Azione della Cooperazione Italiana sulla Disabilità, adottato nel 2013.

In secondo luogo l’impegno nei confronti delle persone con disabilità nel campo degli aiuti umanitari. Infine, la collaborazione con la società civile e particolarmente con le organizzazioni delle persone con disabilità e la rete della RIDS.

Successivamente, Laura Frigenti, che dirige l’AICS, ha annunciato la prossima costituzione di quattro gruppi di lavoro, mirati rispettivamente: all’aggiornamento delle Linee Guida per l’introduzione della tematica della disabilità nell’ambito delle politiche e delle attività della Cooperazione Italiana (2010); all’analisi e alla raccolta di dati in linea con quanto previsto dall’Agenda 2030 per lo Sviluppo Sostenibile e dai diciassette Obiettivi di Sviluppo Sostenibile delle Nazioni Unite; alla progettazione inclusiva e all’accessibilità delle infrastrutture, dei beni e dei servizi; alla disabilità in situazioni di emergenza.

Nel corso del 2017, inoltre, l’AICS intende intraprendere iniziative di sostegno ai diritti delle persone con disabilità, e in particolare in alcune situazioni, come in Palestina, Tunisia, Mozambico, Giordania (aiuti umanitari), Albania e Libano.

È stata poi la volta di Raffaele Tangorra, direttore generale per l’Inclusione e le Politiche Sociali del Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali, che ha illustrato il ruolo e gli obiettivi dell’Osservatorio Nazionale sulla Condizione delle Persone con Disabilità, previsto dalla Legge 18/09 che ha ratificato nel nostro Paese la Convenzione ONU e «che l’Italia – ha affermato – ha recepito in maniera innovativa, facendone un organo partecipato, che riunisce le istituzioni ai diversi livelli, le agenzie e le associazioni di persone con disabilità». E ancora, Stefano Severe, rappresentante in Giordania dell’Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i Rifugiati, si è soffermato sulla situazione venutasi a creare nel Paese mediorientale, a seguito della guerra in Siria.

L’emergenza umanitaria che riguarda i profughi coinvolge anche le persone con disabilità, aspetto, questo, che spesso appare quasi del tutto ignorato dagli organi d’informazione.

Infine, il presidente della RIDS Giampiero Griffo ha illustrato innanzitutto gli aspetti innovativi della Convenzione ONU e in particolare l’avere considerato le persone con disabilità come parte della società al pari di tutti gli altri, e che devono pertanto poter beneficiare di uno sviluppo inclusivo, considerando anche che il 15% della popolazione mondiale è portatrice in maniera permanente o temporanea di disabilità. La stessa Convenzione, per altro, per poter raggiungere i propri obiettivi, prevede anche una sua proiezione nel campo della cooperazione internazionale.

Griffo ha sottolineato quindi l’impegno delle Nazioni Unite nel campo della disabilità, per pervenire agli Obiettivi dello Sviluppo Sostenibile e per ridurre i rischi delle persone con disabilità in situazioni di emergenza. Rispetto alla RIDS, Griffo ha espresso apprezzamento per la positiva collaborazione fin qui intrapresa con il Ministero degli Affari Esteri e della Cooperazione Internazionale, ma anche per l’impegno annunciato dall’AICS, senza tuttavia nascondere le difficoltà e le sfide, anche culturali, che la disabilità pone alle Istituzioni e a tutta la società.

Si è infine augurato che per il prossimo anno l’impegno del Ministero e dell’AICS continui con l’applicazione del già citato Piano d’Azione della Cooperazione Italiana sulla Disabilità, e ciò anche a garanzia della visibilità dell’Italia e del suo protagonismo nel dibattito internazionale, così come sarà necessario monitorare attentamente gli impegni assunti sia dall’Unione Europea che dalle Nazioni Unite.

Moderata da Paola Severini, che dirige «Angeli Press», la conferenza si era aperta con la proiezione di un video dedicato allo Straordinario viaggio di Nujeen, una giovane siriana, disabile fin dall’infanzia, fuggita dalla guerra in carrozzina, dalla Siria fino alla Germania, seguendo la rotta dei migranti.

*Cui Anffas Onlus aderisce

 Per ulteriori informazioni e approfondimenti: Luciano Ardesi (lardesi.dns@tiscali.it)

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DISABILITÀ E MEDIA: “NIENTE STEREOTIPI, PER FAVORE”.

Fonte www.superabile.it – Come tratta il tema della disabilità il mondo dell’informazione e come dovrebbe trattarlo? Cosa c’è di buono e cosa andrebbe migliorato? O ancora: in quale modo giornali e tv riescono a raffigurare le persone con disabilità? Dopo le Paralimpiadi di Rio 2016, che hanno portato gli atleti con disabilità alla ribalta delle cronache, il numero di dicembre della rivista cartacea SuperAbile Inail prova a rispondere a queste domande attraverso un lungo dossier intitolato “Niente stereotipi, per favore”.

A prendere la parola sono dieci giornalisti, comunicatori e blogger che vivono la disabilità sulla propria pelle, anche se non sempre se ne occupano anche a livello professionale. Le voci sono le più varie: Luisa Bartolucci, direttore di Slash radio web, emittente online dell’Unione italiana ciechi e ipovedenti; Alessandro Capoccetti, fotografo e direttore italiano per la campagna di comunicazione sociale inglese “Models of diversity”; Simone Fanti, giornalista di “Io donna” e Corriere.it; Manuela Figlia, protagonista del docu-reality “Ho sposato un gigante”; Corrado Fontana, giornalista di Televideo e “Valori”; Maurizio Molinari, addetto stampa del Parlamento europeo in Italia; Noria Nalli, giornalista e autrice del blog “La stampella di Cenerentola” su lastampa.it; Simona Petaccia, comunicatrice per le imprese pubbliche e private; Fiamma Satta, voce storica di Radio2 e dal 2009 autrice per la “Gazzetta dello sport” della rubrica e blog “Diversamente affabile, diario di un’invalida leggermente arrabbiata sui temi dell’inciviltà; Valentina Tomirotti, autrice di Pepitosablog.com.

Ma qual è l’impressione generale dei testimonial interpellati? Grazie soprattutto al racconto delle ultime edizioni dei Giochi paralimpici, l’informazione sul mondo della disabilità è sicuramente migliorato – fanno notari alcuni – ma molto ancora resta da fare: “Secondo me, i nostri media dovrebbero rafforzare la convinzione che la disabilità non definisca chi la indossa ma ne rappresenti solo una condizione e che il disabile debba meritare il rispetto dovuto a tutti, con disabilità o non”, spiega Fiamma Satta.

“La nostra società dell’informazione necessita di aggiornare la percezione che il pubblico ha delle persone con disabilità (parola ingannevole, che nasconde una sconfinata varietà di situazioni), rendendole più vicine, togliendo loro intorno paure ingiustificate ed eccessive cautele”, aggiunge Corrado Fontana. Critico anche il punto di vista di Manuela Figlia: “Oggi la disabilità viene ancora trattata come un caso eccezionale da parte dei media; invece, come la malattia, è una realtà con cui ciascuno di noi potrebbe in qualsiasi momento della vita doversi confrontare. Questo approccio da parte dei media porta alla conseguenza di dipingere questi individui come supereroi che, con la loro sola forza, sono riusciti a superare traumi insormontabili”.

Quanto alla auto-rappresentazione dei sempre più numerosi blogger e comunicatori con disabilità, le opinioni non sono pienamente concordanti: “Sono il primo che in alcuni contesti, come il blog InVisibili del “Corriere della sera”, racconta da dentro – chiarisce Simone Fanti. – Esistono concetti che “passano” meglio se corredati da emozioni e racconti in prima persona. Dall’altra parte esistono contesti in cui deve prevalere la figura dell’osservatore che racconta e che fa la cronaca. Un distacco professionale che consente di analizzare la realtà dall’esterno. Un giusto equilibrio fra le due realtà non è facile da trovare. È per questo che non ci si inventa comunicatori o giornalisti”.

Ma c’è anche chi, come Valentina Tomirotti, pensa che “raccontare le nostre vite in real time offre una panoramica più reale, raccontiamo ciò che viviamo. È uno storytelling importante per seminare messaggi che portano alla comprensione di cosa accade in questo mondo, che è il mondo di tutti”.

Taglia corto, infine, Alessandro Capoccetti: “C’è tanta gente che ama raccontare la propria vita in prima persona e ciò può funzionare a patto di non cadere nel piangersi addosso – commenta –. È utile indicare come superare le difficoltà, ma guai a cadere nella lagna fine a se stessa: non serve a niente ed è controproducente”.

Tra gli altri articoli presenti sul numero di dicembre di SuperAbile Inail, l’intervista alla stilista guatemalteca con sindrome di Down Isabella Springmuhl e un’inchiesta sull’accessibilità del grande schermo. E poi, come sempre, tante recensioni e segnalazioni dei libri, film e programmi tv più interessanti del momento. Sempre in tema di disabilità, ovviamente

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LA 104 TUTELA ANCHE CHI ASSISTE UN FAMILIARE NON GRAVE

Fonte www.west-info.euIn Italia, il lavoratore beneficiario della 104 non può essere trasferito neanche se il familiare con disabilità che assiste non è grave. È quanto si evince da una recente sentenza della Corte di Cassazione che, in linea con una giurisprudenza ormai consolidata, scioglie una chiara questione di diritto, ovvero se il datore di lavoro ha facoltà o meno di mandare in un’altra città il dipendente che si occupa di un parente con disabilità.

A questo proposito, quindi, i Supremi Giudici hanno spiegato che ciò è vietato anche quando l’assistito non versa in condizioni di particolare gravità, a meno che non vengano provate effettive ed urgenti esigenze aziendali, “insuscettibili di essere altrimenti soddisfatte”.

La sentenza è disponibile a questo link

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#CREDONEIDIRITTI

Fonte www.ledha.it#Credoneidiritti è il titolo della campagna social lanciata da LEDHA – Lega per i diritti delle persone con disabilità per promuovere l’edizione 2016 della campagna “I diritti non si pagano… ma costano!” per sostenere le attività del Centro Antidiscriminazione Franco Bomprezzi.

Il centro offre in maniera gratuita informazioni, consulenza e assistenza legale alle persone con disabilità vittime di discriminazione.

Quest’anno, LEDHA ha lanciato una sottoscrizione a premi (qui tutte le info su dove trovare i biglietti e i premi in palio) e parallelamente lancia la campagna di sensibilizzazione #Credoneidiritti.

Partecipare è semplice. Basta acquistare un biglietto della lotteria (o più di uno), scattarsi un selfie (anche in gruppo), condividerlo sulla pagina Facebook di Ledha con l’hashtag #Credoneidiritti o #Crediamoneidiritti e invitare gli amici a fare altrettanto. Lo hanno già fatto Giovanni, Marco, Franz, Stella, Gaetano, Roberto, Silvia e Marco.

Il ricavato della sottoscrizione a premi permetterà a LEDHA di continuare a schierarsi al fianco di coloro che vedono violati i propri diritti, finanziando le attività del Centro Antidiscriminazione Franco Bomprezzi. Risorse che serviranno anche a finanziare le attività di aggregazione e informazione sui territori svolte dalle associazioni delle persone con disabilità in Lombardia.