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SCUOLA IN OSPEDALE: IN ARRIVO FONDI PER TECNOLOGIE E LABORATORI MOBILI

Fonte www.disabili.comSul sito del MIUR è stato pubblicato un avviso rivolto alle scuole polo in ospedale e riguardante i criteri e le modalità per accedere allo stanziamento di fondi per la creazione di laboratori mobili e per l’acquisto di strumenti tecnologici.

Lo stanziamento fa parte dei Fondi Strutturali Europei – Fondo Europeo di Sviluppo Regionale (FESR) – per il Programma Operativo Nazionale Per la scuola, competenze e ambienti per l’apprendimento 2014-2020, che prevede un finanziamento complessivo di oltre 3 miliardi di euro per il potenziamento dell’offerta formativa, il rafforzamento delle competenze degli studenti, l’innovazione degli ambienti di apprendimento e della didattica.

Le scuole ospedaliere potranno utilizzare le risorse, quantificate in 180 mila euro, per acquistare attrezzature digitali, dispositivi e strumenti per realizzare esperienze concrete di apprendimento per le diverse discipline e in grado di trasformarsi in spazi multimediali e di interazione, strumenti di connessione ad internet.

Le scuole in ospedale I servizi di scuola in ospedale e di istruzione domiciliare, come già sottolineato, garantiscono agli alunni ricoverati, o a quelli impossibilitati alla frequenza delle lezioni in classe per via di gravi di patologie, la concreta possibilità di continuare il proprio percorso formativo attraverso lezioni individualizzate, anche con il supporto delle attrezzature tecnologiche, che permettono di garantire un collegamento con le aule scolastiche, di non isolare gli studenti costretti dalla malattia a lunghi periodi di cura.

In Italia sono 18 le scuole polo ospedaliere regionali, 141 ospedali, 240 sezioni ospedaliere e circa 116 docenti impegnati in tutti gli ordini di scuola. Le 18 scuole polo ospedaliere potranno beneficiare dello stanziamento inviando il proprio progetto dal 18 gennaio al 14 marzo 2016. La scuola in ospedale necessita di organizzazione e modalità peculiari e necessita di un importante lavoro di rete, mettendo in pratica un modello integrato di interventi, coordinati dai comitati regionali e da scuole polo che promuovono coordinazione, comunicazione, informazione, sensibilizzazione e formazione. Naturalmente, le tecnologie occupano un posto importante nell’affiancare l’offerta formativa della scuola in ospedale e a domicilio.

Le attività didattiche realizzate con l’ausilio degli strumenti tecnologici, infatti, concorrono a mantenere nell’alunno la motivazione all’impegno e la rete di rapporti con la scuola di appartenenza e l’ambiente. I fondi dedicati, quindi, sono destinati a promuovere interventi che mirano a dotare le scuole polo in ospedale di attrezzature tecnologiche, al fine di facilitare e ottimizzare l’intervento in ospedale e a domicilio dei docenti con i minori gravemente malati. In particolare, le risorse messe a disposizione delle 18 scuole polo regionali consentiranno di dotare il personale docente in ospedale e/o a domicilio di tablet e, nel contempo, di strumenti di connessione ad internet, indispensabili quando si lavora in ospedale o a domicilio, cioè in situazioni certamente non ordinarie.

Le Scuole polo in ospedale che intendono acquisire tale fondi dovranno predisporre un Progetto, che dovrà essere approvato dagli Organi Collegiali e dovrà contenere: obiettivi specifici che si intende perseguire, coerenza con il Piano dell’Offerta Formativa (POF) e descrizione del progetto relativamente all’acquisizione di attrezzature. Sono ammesse alla procedura valutativa le candidature che provengano dalle scuole polo in ospedale, individuate presso ogni regione e presentate nel rispetto delle condizioni e dei termini previsti dall’avviso.

Una volta ricevuta l’approvazione del Progetto ed il corrispondente finanziamento, le scuole polo in ospedale potranno procedere all’acquisto delle dotazioni tecnologiche e dei servizi connessi, secondo le modalità indicate dettagliatamente nell’avviso. Si tratta di un’opportunità significativa attraverso cui dotare le scuole ospedaliere di strumenti e supporti significativi ai fini dell’azione didattica utile a garantire l’inclusione degli alunni ricoverati o che seguano il percorso di istruzione domiciliare. Ci si augura pertanto che tutte le scuole polo vorranno aderire.

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SCUOLA, ISCRIZIONI PER L’ANNO SCOLASTICO 2016/2017

Fonte www.superabile.it – Con la Circolare del 21 dicembre 2015 n. 22, il Ministero dell’istruzione, dell’università e della ricerca disciplina le iscrizioni alle scuole dell’infanzia e alle prime classi delle scuole di ogni ordine e grado per l’anno scolastico 2016/2017. Il termine di scadenza per le iscrizioni alle scuole dell’infanzia, alle prime classi del primo ciclo, alle prime classi del secondo ciclo, ivi comprese quelle relative ai percorsi di istruzione e formazione professionale erogati in regime di sussidiarietà integrativa e complementare dagli istituti professionali, è fissato al 22 febbraio 2016. Le domande possono essere presentate dal giorno 22 gennaio 2016, tenendo presente che le famiglie possono già avviare la fase della registrazione al portale delle iscrizioni on line dal 15 gennaio 2016. Nella circolare inoltre, è stabilito che le iscrizioni devono essere fatte esclusivamente on line, per tutte le classi iniziali dei corsi di studio di scuola primaria, secondaria di primo grado e secondaria di secondo grado, escluse da tale procedura le iscrizioni alla scuola dell’infanzia. Occorre registrarsi sul sito www.iscrizioni.istruzione.it, seguendo le indicazioni presenti.

ALUNNI E STUDENTI CON DISABILITÀ

Le iscrizioni di alunni e studenti con disabilità effettuate nella modalità on line, devono essere perfezionate con la presentazione alla scuola prescelta, da parte dei genitori, della certificazione rilasciata dalla ASL di competenza, a seguito degli appositi accertamenti collegiali previsti dal Decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri del 23 febbraio 2006 n. 185, comprensiva della diagnosi funzionale. Sulla base di tale certificazione la scuola procede alla richiesta di personale docente di sostegno e di eventuali assistenti educativi a carico dell’Ente locale, nonché alla successiva stesura del piano educativo individualizzato in stretta relazione con la famiglia e gli specialisti dell’ASL. Per approfondire clicca qui

ALUNNI E STUDENTI CON DISTURBI SPECIFICI DI APPRENDIMENTO (DSA)

Le iscrizioni di alunni e studenti con disturbi specifici di apprendimento (DSA) effettuate nella modalità on line, devono essere perfezionate con la presentazione alla scuola prescelta, da parte dei genitori, della relativa diagnosi, rilasciata ai sensi della Legge dell’8 ottobre 2010 n. 170 e secondo quanto previsto dall’Accordo Stato-Regioni del 24 luglio 2012, sul rilascio delle certificazioni. Le istituzioni scolastiche assicurano le idonee misure compensative e dispensative di cui al Decreto Ministeriale del 12 luglio 2011 n. 5669 e delle allegate linee guida. Per approfondire clicca qui

Per ulteriori informazioni leggi la Circolare del 21 dicembre 2015 n. 22 punto 9.1 disabilità, punto 9.2 dsa (Iscrizioni alle scuole dell’infanzia e alle scuole di ogni ordine e grado per l’anno scolastico 2016/2017).

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MOBILITÀ: NON SI PUÒ MULTARE IL CITTADINO CON DISABILITÀ CHE NON COMUNICA IL NUMERO DI TARGA AL COMUNE

Fonte www.west-info.euIn Italia, a un cittadino con disabilità basta avere il contrassegno per poter circolare nelle corsie riservate ai mezzi pubblici mentre, non è in nessun modo obbligato a comunicare il proprio numero di targa: per questo motivo, il Giudice di Pace di Milano ha annullato oltre 200 verbali in cui veniva contestata ad un cittadino sempre la stessa infrazione ossia, il non aver trasmesso al Comune i dati della sua nuova auto.

Un atto, quest’ultimo, che non era assolutamente costretto a compiere visto che il pass “che autorizza la circolazione e la sosta del veicolo adibito a trasporto di una persona con capacità di deambulazione sensibilmente ridotta” è personale. Di conseguenza è sufficiente dimostrare di esserne in possesso per potersi muovere liberamente in tutte le zone urbane, comprese quelle a traffico limitato e le aree pedonali.

 

Per scaricare la sentenza clicca qui

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L’ITALIA NON SPENDE POCO, MA SPENDE MALE

Fonte www.vita.it – Sul piatto della protezione sociale l’Italia ogni anno mette più di 400 miliardi di spesa pubblica. Nel 2012 erano 424 miliardi, di cui 103 per la sanità (tutte prestazioni in servizi a carico delle Regioni), 287 per la previdenza (tutti trasferimenti economici a carico dell’Inps) e 34 per l’assistenza (di cui almeno tre quarti in denaro e gestiti dall’Inps). Includendo la (piccola) fetta di spesa privata si tratta di una quota pari al 28,9% del Pil nazionale: un valore in asse con il 28,6% della media Ue e il 29,1% della sola area euro.

La spesa italiana è quindi allineata a quella dei nostri partner. L’Italia però spende male. Il dato emerge dal rapporto 2015 sulla lotta alla povertà della Fondazione Zancan (edito dal Mulino). Confrontando le percentuali di popolazione a rischio povertà prima e dopo i trasferimenti sociali, lo scarto è pari a 5 punti percentuali a fronte di una media europea dell’8,9% (vedi la tabella a questo link). Tra i minorenni poi la capacità dei trasferimenti di ridurre il rischio di povertà in Italia è di circa 7 punti percentuali, contro una media Ue di circa 14 punti. «L’efficacia della spesa sociale erogata sotto forma di trasferimenti (escluse le pensioni)», scrivono i ricercatori, «in termini di riduzione della quota di popolazione a rischio povertà, in Italia è quindi minore che negli altri principali Paesi europei».

La conseguenza diventa evidente se ci chiediamo quanto è efficace la spesa per i trasferimenti sociali al netto delle pensioni. La Fondazione Zancan stima che in Italia per ogni milione di euro speso in trasferimenti escono dalla povertà 38,5 persone. Questa riduzione però mediamente nei Paesi dell’Unione europea è pari a 62 persone (sempre per milione di euro speso) e assume valori superiori rispetto a quello italiano in tutti i principali Paesi. Ma perché un euro investito in Italia rende quasi la metà di un euro investito in Spagna?

«Le ragioni sono sostanzialmente due», spiega Maria Bezze, uno dei curatori dell’indagine della Fondazione padovana. La prima ha a che vedere con i beneficiari. La seconda con l’oggetto del trasferimento. Partiamo dal primo punto. «L’Inps ci dice che nel nostro Paese per ogni 100 euro spesi, soltanto 3 van- no al 10% più povero della popolazione; escludendo poi la spesa previdenziale, al 10% più povero sono destinati 7 euro su 100 spesi per prestazioni sociali non pensionistiche», spiega Bezze.

Da analisi internazionali risulta che in Italia al 20% più povero della popolazione va il 9% di tutti i trasferimenti monetari pubblici, mentre mediamente nei Paesi Ocse va il 21,7% (dato 2010). Soltanto la Turchia destina una quota di trasferimenti inferiore a quella italiana (5,2%) a beneficio del 20% più povero. «Questo accade perché una larga parte dei supporti finisce nelle tasche di chi non ne avrebbe bisogno, o almeno non ne avrebbe bisogno in quella misura».

Altri dati, questa volta estratti dal rapporto Zancan 2014: oltre un quinto (circa 182mila) delle pensioni o assegni sociali, equivalenti a una spesa di 950 milioni di euro, vanno a famiglie con ricchezza netta superiore ai 301mi- la euro e quasi un terzo (circa 240mila), equivalenti a una spesa di 1,25 miliardi vanno a famiglie con ricchezza superiore a 202mila euro.

L’analisi ha considerato anche le integrazioni al minimo delle pensioni da lavoro: la spesa stimata per erogazioni in favore delle 420mi- la famiglie con ricchezza netta superiore ai 301mila euro è di oltre un miliardo (su 5,5 miliardi al 2012), mentre la spesa stimata per erogazioni a beneficiari in famiglie con ricchezza oltre i 215mila euro (590mila nuclei) è di quasi di 1,5 miliardi «Sono dati che dimostrano che non tutte le pensioni assistenziali vanno a persone che ne hanno bisogno», chiosa la ricercatrice. Il secondo nodo riguarda lo sbilanciamento fra gli aiuti monetari e quelli in servizi. Ancora Bezze: «Esistono diversi studi che dimostrano come l’impatto della spesa in trasferimenti monetari sia inferiore a quello della spesa in servizi, per esempio in educazione». Questo avviene perché «con più soldi nel portafoglio il beneficiario soddisfa un bisogno immediato , mentre con l’ingresso in un percorso di supporto “sociale” che prevede l’erogazione di servizi (siano essi lavorativi, sociali, abitativi, educativi) la persona ha più probabilità di uscire dalla condizione di bisogno. Certamente dare soldi è più facile, ma meno utile per riscattarsi dalla povertà».

Nella prima metà dell’anno Fondazione Zancan insieme a Fondazione L’Albero della Vita ha chiuso una ricerca in 7 grandi città italiane che ha indagato la condizione delle famiglie «fragili» con figli minori. Quasi tre quarti delle 277 famiglie intervistate ha dichiarato di ricevere contributi economici (diretti o come compartecipazione a spese sanitarie, abitazione ecc.). Oltre 6 famiglie su 10 beneficiano di beni materiali di prima necessità. Solo una famiglia su tre si avvale invece di servizi di sostegno socio educativo, quasi una su cinque di orientamento/sostegno e una su sei di assistenza abitativa, una su otto (13%) beneficia infine di abbattimenti di tariffe/rette per l’accesso a servizi (in buona parte destinati a minori per mensa, tra- sporto scolastico ecc.).

«Gli interventi ritenuti più utili», concludono i ricercatori «non sono tuttavia quelli ricevuti più frequentemente. In particolare, quelli ritenuti più validi so- no mediamente i servizi di accoglienza (ludico ricreativa, residenziale, educati- va), gli interventi di sostegno alle vittime di abuso e violenza, l’abbattimento di tariffe/rette per l’accesso a servizi, gli interventi di sostegno socio-educativo, i servizi di consultazione e orientamento. Minore utilità è invece associata ai contributi economici e, ancora inferiore, ai beni materiali di prima necessità».

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LE PROVVIDENZE ECONOMICHE 2016: PER QUALCHE SPICCIOLO IN PIÙ

Come ogni anno, l’INPS ha ridefinito – collegandoli agli indicatori dell’inflazione e del costo della vita – gli importi delle pensioni, degli assegni e delle indennità che vengono erogati agli invalidi civili, ai ciechi civili e ai sordi e i relativi limiti reddituali previsti per alcune provvidenze economiche.

A fissare dunque per l’anno 2016 i vari importi e i relativi limiti reddituali è stata esattamente la Circolare n. 210 della Direzione Centrale delle Prestazioni dell’INPS, prodotta il 31 dicembre scorso.

Nel link riportato di seguito si possono vedere i vari importi in euro, dai quali risultano, come si potrà notare, scostamenti minimi o nulli rispetto allo scorso anno. Questo succede perché, come viene spiegato dal Servizio HandyLex.org, «l’INPS si adegua alle indicazioni del Decreto del 19 novembre 2015, emanato dal Ministero dell’Economia e delle Finanze, di concerto con il Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali, che fissa nella misura dello 0,2 per cento l’aumento di perequazione automatica da attribuire alle pensioni, in via definitiva, per l’anno 2015, e nella misura dello 0,0 per cento l’aumento di perequazione automatica da attribuire alle pensioni stesse, in via previsionale, per l’anno 2016».

La tabella è disponibile a questo link

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STRUTTURE RESIDENZIALI: LA FOTOGRAFIA DELL’ISTAT

Fonte – www.superando.itIl 17 dicembre scorso è stato pubblicato dall’ISTAT il report annuale I presidi residenziali socio-assistenziali e socio-sanitari, relativo all’anno 2013. In Italia, dunque, risultavano essere 12.261 i presìdi residenziali socio-assistenziali e socio-sanitari attivi al 31 dicembre 2013, per un totale di 384.450 posti letto (6,3 ogni 1.000 persone residenti). Si tratta di un dato in crescita, rispetto a quello registrato nel 2012 (11.571 presidi, per un totale di 372.962 posti letto).

Gli ospiti dei presìdi residenziali socio-assistenziali e socio-sanitari erano esattamente 367.485 (354.777 nel 2012) e in particolare quasi 279.000 di essi erano anziani con almeno 65 anni di età (75,8%); oltre 71.000, invece, gli adulti con un’età compresa tra i 18 e i 64 anni (19,3%) e oltre 17.000 i minori (4,8%). Sempre al 31 dicembre 2013, inoltre, le persone con disabilità e non autosufficienza presenti nei presìdi residenziali socio-assistenziali e socio-sanitari erano 263.048, pari al 71,6% del numero complessivo di ospiti, delle quali 2.658 minori con disabilità e disturbi mentali dell’età evolutiva, 49.536 adulti con disabilità e patologia psichiatrica e 210.854 anziani non autosufficienti. Poco più dell’80% degli ospiti con disabilità e non autosufficienza, dunque, erano anziani non autosufficienti. In particolare, nel 92,7% dei casi gli anziani non autosufficienti risultavano essere ospiti di strutture integranti le funzioni di assistenza sociale con interventi di carattere sanitario e nell’84,6% dei casi, si trattava di anziani cui veniva garantito un livello di assistenza sanitaria medio-alto, ossia trattamenti medico-sanitari estensivi per la non autosufficienza (livello medio) o intensivi per il supporto delle funzioni vitali (livello alto). Possiamo quindi parlare per lo più di anziani in condizioni di gravità e che nel 97,6% dei casi erano ospiti di strutture che non riproducevano le condizioni di vita familiari, risultando quindi potenzialmente segreganti.

Per quanto poi riguarda l’aspetto territoriale, oltre il 60% del numero complessivo di ospiti adulti con disabilità e anziani non autosufficienti si concentrava in quattro Regioni, vale a dire la Lombardia, il Veneto, il Piemonte e l’Emilia Romagna.

Infine, gli stranieri con disabilità e non autosufficienti erano 1.581 (il 9,5% degli ospiti stranieri e lo 0,6% degli ospiti con disabilità e non autosufficienza) che per oltre la metà erano adulti con disabilità e patologia psichiatrica, nel 24,2% dei casi minori con disabilità e disturbi mentali e nel restante 22% anziani non autosufficienti.

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IL SOSTEGNO NEL 2016: CONTINUERÀ LA BALLATA DELLE SUPPLENZE?

Fonte www.disabili.com – Nelle settimane scorse si è fatto riferimento ad una recente indagine dell’Istat sull’integrazione scolastica degli alunni con disabilità riferita all’anno scolastico 2014/2015, secondo la quale il 41,9% degli alunni di Scuola Primaria e il 36,5% di quelli di Scuola Secondaria di Primo Grado hanno cambiato insegnante di sostegno rispetto all’anno scolastico precedente.

In essa è emerso che è aumentata la presenza di alunni con disabilità nella scuola italiana, ma la continuità didattica resta ancora un obiettivo lontano e sono ancora molte le famiglie che devono ricorrere ai Tribunali per ottenere per i propri figli tutte le ore di sostegno cui hanno diritto. Nello specifico, rispetto all’anno scolastico 2001-2002, gli allievi con disabilità iscritti alla Scuola Primaria sono passati dal 2,1% al 3,1% del totale degli alunni, mentre alle Scuole Secondarie di Primo Grado sono passati dal 2,6% al 3,8%. Meno consistente è stato l’incremento del numero degli insegnanti di sostegno, aumentati di 5 mila unità rispetto all’anno scolastico precedente. Inoltre, in molti casi rimane ancora molto elevato il numero di supplenti che cambiano nel corso dell’anno.

Secondo l’Istat, questo fenomeno riguarda, nel corso dell’anno scolastico, il 14,7% dei docenti di sostegno di Scuola Primaria ed il 16,5% di quelli di Scuola secondaria di Primo Grado; gli incarichi annuali, invece, riguardano il 41,9% dei docenti di Scuola Primaria ed il 36,5% degli insegnanti di Scuola Secondaria di Primo Grado. Significa che ancora oggi quasi un docente di sostegno ogni due è precario, con buona pace dell’importanza della continuità didattica.

Ogni anno, a volte anche più spesso, si annullano le relazioni faticosamente e delicatamente costruite in un groviglio di turn over che toglie senso ad ogni progetto concreto di inclusione scolastica. Una grave debolezza su cui intervenire, perché la precarietà toglie motivazioni e continuità all’azione didattica, così commenta C. Giacobini della Federazione Italiana per il Superamento dell’Handicap* (Fish).

Il Miur evidenzia la recente tendenza verso una stabilizzazione ed i numeri delle assunzioni degli ultimi anni lo confermano; eppure, ancora oggi, più del 37% dei docenti di sostegno continua ad essere personale precario