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PERSONE CON DISABILITÀ E LAVORO IN ITALIA. IL LUNGO PERCORSO

Grusol.it – A partire da un’esperienza ultra trentennale in materia di inserimento lavorativo delle persone con disabilità, Carlo Lepri, Psicologo e docente presso l’Università di Genova,  riflette e analizza l’esperienza maturata in questi anni in un intervista pubblicata sul sito del Gruppo Solidarietà. Dalla fase pionieristica alla situazione attuale nella quale, in nome della sostenibilità economica, i servizi e i sostegni vengono tagliati.

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IL GIOCO CHE METTE IN PRATICA L’INCLUSIONE

Superando.it – Alcuni anni fa impazzava il dibattito, specie tra noi addetti ai lavori, sui termini giusti per indicare la disabilità. “Persona con handicap”, “diversabile”, “diversamente abile” e chi più ne ha più ne metta. Non ho assolutamente voglia di riaprire questo confronto, voglio solo farvi notare quanto la cultura della disabilità sia in continua evoluzione, in continuo aggiornamento.

Così oggi, giustamente, si punta ad altro. Ad eliminare i prefissi. A lavorare per valorizzare le abilità, le abilità senza “dis”. Il mio amico Claudio Arrigoni la chiama semplicemente “cultura dell’ abilità, perché guardare le abilità vuol dire uscire dal pregiudizio. Esaltare la persona nella pienezza della sua esistenza”. Seguendo questa nuova cultura nasce un nuovo progetto “Play for inclusion” che per ora ha dato vita a Kibu. Un nascente gioco che non può non entrare a far parte della storia dell’inclusione del nostro Paese.

A spiegare questo bellissimo nuovo progetto ci aiuta Antonio Malafarina, dal blog Invisibili del Corriere della Sera. “Il progetto, in buona sostanza, si propone di mettere al completo servizio della società anni di studio e ricerche. L’obiettivo è quello di andare incontro alle esigenze dei bambini con bisogni educativi speciali (bes), cioè bambini che presentano una richiesta di speciale attenzione per una varietà di ragioni: svantaggio sociale e culturale, disturbi specifici di apprendimento e/o disturbi evolutivi specifici, difficoltà derivanti dalla non conoscenza della cultura e della lingua italiana perché appartenenti a culture diverse.

“Play for inclusion”, quindi, è una piattaforma che-continua Antonio- intende mettere la ricerca scientifica al servizio dei bambini ed il primo prodotto è Kibu, un videogioco per smartphone e tablet pensato per bambini dai cinque agli otto anni volto a potenziare le funzioni cognitive dell’utente calibrando la propria difficoltà sulle peculiarità del bambino. In parole povere il bambino giocando potenzia le sue capacità avendo a disposizione un gioco che è pensato per andare incontro alle esigenze di ogni bambino, inteso come essere unico ed irripetibile.”

A riprendere in pieno il mio concetto iniziale, quello della cultura delle abilità ci pensa ancora Malafarina intervistando Francesca Postiglione, una delle ideatrici del progetto: “Io penso che se la didattica, l’insegnamento a scuola come quello professionale sul luogo di lavoro, applicasse questa metodologia-afferma la dottoressa Postiglione- non solo il termine inclusione non avrebbe finalmente più ragione di esistere ma avremmo costruito una società in grado di attingere alle risorse di tutti. E di svilupparle.” Un semplice enunciato che dipinge un mondo perfetto. E ci mostra che si può iniziare a costruirlo.

Un gioco didattico, un gioco per tutti i bambini perché, oltrepassando il concetto di riabilitazione per abbracciare quello di abilitazione, vuole permettere ad ogni bambino di sviluppare al meglio le proprie potenzialità adattandosi al suo livello di sviluppo. Un passo fondamentale per iniziare a lavorare sulla cultura dell’abilità e della personalizzazione.

Evidenziando la strada da percorrere, come riprende Arrigoni, “ecco il passaggio che la società deve fare: togliere le parole disabilità, integrazione, inclusione. Pensare e guardare alle abilità, quelle di ognuno secondo le sue capacità.”

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NASCE ANACA, ASSOCIAZIONE DEGLI ASSISTENTI ALL’AUTONOMIA E ALLA COMUNICAZIONE

Superando.it –  «Abbiamo bisogno dell’impegno di tutti per realizzare una presenza capillare che abbia un’unica voce che tenga conto delle specificità locali e abbia sempre l’obiettivo di uniformare a livello nazionale formazione di base, regolamenti, condizioni contrattuali ed etica professionale. Abbiamo bisogno di essere riconosciuti come categoria e quindi lo sforzo sarà quello di accettare i diversi percorsi di ciascuno di noi, di saper auto-valutarci e auto-promuoverci per superare le differenze e puntare tutto su quanto abbiamo in comune e valorizzarlo»: sono sostanzialmente questi i punti principali del programma con cui si presenta l’ANACA, ovvero l’Associazione Nazionale Assistenti all’Autonomia e alla Comunicazione, recentemente sorta.

La nuova organizzazione, come si legge in una nota diffusa dalla stessa, «è stata fortemente voluta e costituita da operatori del settore, riuniti per la promozione di una categoria che parta da una formazione di base uniforme su tutto il territorio nazionale e conduca alla richiesta di condizioni di lavoro certe e dignitose, dopo anni di richieste di regolamentazione rimaste inaccolte», il tutto, viene sottolineato, «con l’obiettivo prioritario di assicurare il diritto allo studio di alunni con disabilita sensoriali e psico-fisiche».

«L’assistenza all’autonomia e alla comunicazione – ricordano poi dalla nuova Associazione – è un rapporto ad personam che si instaura tra un operatore specializzato e uno studente con disabilita. Sin dal 1977 [Legge 517/77, N.d.R.] è compito degli Enti Locali fornire questo tipo di figura a supporto dell’offerta formativa ed educativa, per essere poi denominata con esattezza nella Legge 104/92 come “assistenza per l’autonomia e la comunicazione”. E tuttavia, proprio la competenza data agli Enti Locali ha prodotto una frammentarietà di difficile ricomposizione, a iniziare dalla stessa denominazione: Personale Educativo Assistenziale (PEA), Operatori Socio Educativi (OSE), Assistente Educativo Culturale (AEC), Assistenti alla Comunicazione (ASCO), Assistenti all’Autonomia e alla Comunicazione (ASACOM), educatori scolastici, lettori, solo per fare alcuni esempi. Per quanto poi riguarda la formazione, essa va dal solo diploma al titolo di operatore socio-sanitario, da poche ore di formazione sulle disabilita a qualifiche professionali altamente specializzanti, a master e quant’altro».

«Negli ultimi anni – conclude la nota dell’ANACAsono state diverse le esperienze di collaborazione tra i colleghi di ogni Regione d’Italia, dall’elaborazione  di una proposta alternativa alle condizioni di lavoro cui siamo sottoposti, chiedendo l’inserimento a pieno titolo nel personale scolastico, alla consegna, ai Ministeri competenti, di un profilo professionale per la formazione di base degli assistenti all’autonomia e alla comunicazione. In tal senso, intendiamo continuare a chiedere di essere interlocutori in tutti i tavoli tecnici di questo settore, a qualsiasi livello, nazionale, regionale e locale».

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IL “DOPO DI NOI” È LEGGE: IL COMMENTO DI FISH

La Camera ha dunque approvato in via definitiva la legge sul cosiddetto “Dopo di noi” accogliendo gli emendamenti introdotti dal Senato della Repubblica.

Il lungo e serrato dibattito attorno a questo tema, nelle Aule parlamentari e nel Paese, è senza dubbio il segno di quanto sia forte l’interesse, ma anche di quanto siano diversi gli accenti e le sensibilità attorno ai temi dell’autonomia personale delle persone con disabilità.”

Questo il primo commento di Vincenzo Falabella, presidente della FISH*.

Questo confronto e interesse deve ora diffondersi nei territori e nelle comunità locali per rendere operativi e concreti gli intenti della norma, ma deve anche estendersi ad altri aspetti altrettanto drammatici che riguardano il rischio di segregazione e di isolamento delle persone con disabilità.”

FISH infatti, pur apprezzando il traguardo raggiunto, conferma le perplessità circa quella che considera un’occasione perduta e cioè interventi molto più stringenti per la deistituzionalizzazione delle persone con disabilità che oggi vivono in istituti segreganti. “Non è sufficiente prevedere in legge che il ‘dopo di noi’ riguarda anche percorsi di di deistituzionalizzazione, ma è necessario impedire che quelle istituzioni continuino ad esistere, siano accreditate, convenzionate e finanziate con soldi pubblici.”

Ora la norma deve essere concretamente applicata. Se le novità che riguardano il trust e le agevolazioni fiscali non dovrebbero incontrare difficoltà applicative, rimangono al contrario una incognita i tempi e le modalità di concreta attuazione dei servizi e dei sostegni diretti alle persone e alla famiglie. Su questi molto incide la volontà politica e la capacità organizzativa di regioni e territori oltre all’indirizzo dei Ministeri competenti.

Su questo anche FISH svolgerà il suo ruolo di monitoraggio e di stimolo per favorire una corretta e veloce attuazione, ma anche per vigilare su distorsioni applicative lontane dalle volontà del Legislatore e di chi ha voluto questa norma.”

Per leggere il comunicato stampa in originale cliccare qui

*Federazione Italiana per il Superamento dell’Handicap cui Anffas Onlus aderisce

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MIGRANTI CON DISABILITÀ TRA ISOLAMENTO E STIGMA. “ESCLUSI DALLE LORO COMUNITÀ”

Redattoresociale.it – Inchiesta di SuperAbile Inail. Nel numero di giugno spazio anche all’esperienza di Mirco Mencacci, cieco, uno dei più riconosciuti sound designer italiani, ai Trisome games, le Olimpiadi internazionali riservate ad atleti con Sindrome di Down e al kit per rendere accessibile la tecnologia

 Non sono pochi, nel nostro Paese, gli stranieri con disabilità. Circa 27mila sono iscritti nelle nostre scuole, altri 14mila al collocamento mirato, 18mila i titolari d’indennità. Le difficoltà sono tante, grande l’isolamento. Secondo Vincenzo Falabella, presidente della Fish, “sono spesso esclusi sia dalle loro comunità, sia dalle associazioni per disabili”. Un tema spinoso, quello del doppio stigma nei confronti degli immigrati disabili, affrontato sul numero di giugno del mensile SuperAbile Inail. L’inchiesta cerca di verificare a che punto è l’inclusione, presentando anche esperienze positive e buone pratiche promosse nelle sedi Inail. Il servizio fotografico è firmato da Stefano Dal Pozzolo, dell’agenzia Contrasto.
 L’intervista di questo mese è a Mirco Mencacci, uno dei più riconosciuti sound designer italiani. Cieco, si occupa di audio per film, video-arte e musica ed è l’ideatore del concept del Parco Tematico del Suono di Valdera (Pisa), un luogo che unisce la ricerca all’entertainment. Nel 1996 fonda l’impresa di post-produzione Sam, dove ha progettato, diretto e supervisionato editing audio di oltre 400 film, collaborando con registi quali Michelangelo Antonioni, Ferzan Ozpetek e Marco Tullio Giordana. È direttore artistico della casa discografica Samworld e fondatore del Sam Recording Studio, noto per la collaborazione con artisti di fama internazionale quali Stefano Bollani, Paolo Fresu, Ornella Vanoni e Irio De Paula.
Fra i servizi, spazio all’esperienza della giovane Caterina, componente del gruppo di auto mutuo aiuto per infortunati sul lavoro della sede Inail di Savona: racconta la propria esperienza dopo un incidente in itinere avvenuto nel 2009, che l’ha resa paraplegica. Ha deciso di raccontarsi come “libro vivente” durante una recente iniziativa in Liguria. Ancora, il successo del ristobar “21 grammi”, gestito da sei ragazzi con sindrome di Down, e poi i segreti di Click for All, un kit informatico di auto-costruzione pensato per consentire alle persone con disabilità l’accesso a computer, tablet e smartphone attraverso interfacce costruite e/o personalizzate rispetto alle loro abilità e capacità cognitive, motorie e sensoriali.
La rivista presenta anche la prima edizione dei Trisome Games, le Olimpiadi internazionali riservate ad atleti con Sindrome di Down, che si svolgeranno a Firenze dal 15 al 22 luglio: una straordinaria iniziativa, voluta dall’organizzazione Sport Union for athletes with Down Syndrome, che si ripeterà ogni 4 anni in corrispondenza dei Giochi olimpici e paralimpici. Poi alcuni malati di sclerosi multipla testimoniano come sia possibile provare l’ebbrezza del paracadutismo, con emozioni indescrivibili. Nel portfolio fotografico, gli scatti che documentano le prodezze di molti atleti paralimpici a livello mondiale.
Nelle pagine culturali, spazio a Minority Report, una nuova rivista sulla disabilità ideata e realizzata dall’Università Orsola Benincasa di Napoli, e la recensione di Pesce d’aprile, edito da Sperling: la storia in viva voce di Cesare Bocci (interprete di Mimì Augello nella fortunata fiction Il commissario Montalbano) e Daniela Spada, la sua compagna colpita da un ictus al cervelletto dopo il parto della loro figlia Mia. A distanza di 16 anni, hanno deciso di raccontare la loro storia per dimostrare che l’ictus ha lasciato anche inattesi regali. Perché, come dice Daniela, “invece di pensare a quello che non potete più fare, pensate a quello che avete in più”.
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NEW YORK. INCLUSION INTERNATIONAL E “OUR VOICE MATTERS”: UNA SESSIONE PER GLI AUTORAPPRESENTANTI

E-include.eu – Domani 15 giugno Inclusion International ospiterà l’evento “Our Voice Matters”. Un evento collaterale alla Nona sessione della Conferenza degli Stati Parte della Convenzione sui diritti delle persone con disabilità presso la sede delle Nazioni Unite e destinato agli autorappresentanti. Un’occasione per discutere dell’importanza dell’autorappresentanza e condividere idee su come rendere la vita più inclusiva.

 La sessione offrirà consigli pratici e strumenti su come essere più inclusivi. Interverranno Mark Mapemba e Barb Coppens in qualità di autorappresentanti, per Inclusion International Connie Laurin-Bowie e per Europe in Action 2016 Sue Swenson.
L’evento è co-sponsorizzato da The Disability Alliance e People First of Canada.
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IN VIOLAZIONE DELLE CONVENZIONI INTERNAZIONALI LI CHIUDONO NEGLI ISTITUTI

west-info.eu – In Serbia sono ancora centinaia i bambini con disabilità che sperimentano abbandono e isolamento negli istituti di cura dove sono costretti a vivere. Con inevitabili ripercussioni negative sul loro stato di salute fisico, mentale ed emotivo. Secondo il governo di Belgrado, nel 2014 quasi l’80% dei minori presenti negli istituti del Paese balcanico aveva un handicap. La ragione di questo vertiginoso numero è dovuta al fatto che quando nasce un figlio con disabilità la maggior parte dei genitori, spesso su consiglio proprio di medici e assistenti sociali, decide di inviarlo negli istituti residenziali. Strutture spesso lontane dalle loro case e dai loro familiari che non rappresentano in alcun modo il luogo ideale dove prendersi cura di loro. A fare luce su questa desolante situazione è un dettagliatissimo rapporto di 88 pagine redatto dall’organizzazione Human Rights Watch. Che, anche attraverso un video di sensibilizzazione con testimonianze di persone che hanno vissuto in prima persona queste esperienze, chiede al governo serbo di promuovere la deistituzionalizzazione e favorire la cura e l’inserimento dei piccoli con disabilità all’interno della comunità nella quale sono nati.

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