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STATO DI SALUTE E QUALITÀ DELL’ASSISTENZA NELLE REGIONI ITALIANE

Saluteinternazionale.info – – Le differenti scelte programmatorie a livello regionale, l’organizzazione e la gestione dei servizi sanitari basata su scenari finanziari in molti casi problematici, determinano una eterogeneità che influisce sia sulla qualità dell’offerta dei servizi erogati che sull’equità dell’accesso. Le regioni più in difficoltà sono ancora le regioni del Meridione e lo scenario è certamente aggravato dalle ripercussioni della crisi economica principalmente sugli stili di vita e, quindi, sulla qualità di vita dei cittadini, soprattutto di quelli meno abbienti.

I dati analizzati nel Rapporto Osservasalute 2015, analogamente agli anni passati, evidenziano come lo stato di salute degli italiani sia complessivamente buono anche se gli effetti del processo di invecchiamento continuano a manifestarsi riflettendosi sul numero di malati cronici e, in generale, sui bisogni di salute che si traducono in domanda di assistenza.

Inoltre, sebbene in lieve diminuzione la percentuale di soggetti con stili di vita non salutari (abitudine al fumo, consumo di alcol e sedentarietà), emerge chiaramente la necessità di incentivare l’offerta e l’adesione ad attività di prevenzione primaria e secondaria, quali vaccinazioni e screening, e le politiche socio-sanitarie ad hoc in grado di fronteggiare i bisogni sanitari di una popolazione sempre più “vecchia” ed affetta da più patologie contemporaneamente.

Permangono negli ambiti indagati, spesso intensificandosi, le differenze tra macroaree geografiche, tra singole regioni e tra uomini e donne. Le differenti scelte programmatorie a livello regionale, l’organizzazione e la gestione dei servizi sanitari basata su scenari finanziari in molti casi problematici, determinano, infatti, una eterogeneità che influisce sia sulla qualità dell’offerta dei servizi erogati che sull’equità dell’accesso. Le regioni più in difficoltà sono ancora le regioni del Meridione e lo scenario è certamente aggravato dalle ripercussioni della crisi economica principalmente sugli stili di vita e, quindi, sulla qualità di vita dei cittadini, soprattutto di quelli meno abbienti.

L’Osservatorio Nazionale sulla Salute nelle Regioni Italiane monitora, dal 2003, lo stato di salute della popolazione italiana e l’impatto dei determinanti organizzativi e gestionali su cui si fondano, ad oggi, i Servizi Sanitari Regionali. Il Rapporto è suddiviso in due parti: la prima è dedicata a tematiche riguardanti la salute ed i bisogni della popolazione e la seconda ai Sistemi Sanitari Regionali ed alla qualità dei servizi offerti.

L’obiettivo è di raccogliere dati oggettivi e scientificamente rigorosi e di metterli a disposizione della comunità scientifica nazionale ed internazionale e dei decisori, affinché possano adottare azioni tempestive e razionali per migliorare la salute e soddisfare i bisogni delle popolazioni di riferimento.

Di seguito, alcuni risultati evidenziati dall’analisi delle diverse aree tematiche trattate.

Aspetti demografici

Lo studio della struttura per età della popolazione rappresenta un aspetto centrale per la programmazione delle policies e degli interventi nel settore sanitario, visto che moltissimi fenomeni legati ai bisogni di salute sono correlati, o direttamente influenzati, dalla struttura per età della popolazione.

Continuano a manifestarsi gli effetti del processo di invecchiamento della popolazione ed appaiono evidenti sia quando si considera la piramide della popolazione per età, genere e cittadinanza che quando si analizzano i diversi contingenti che compongono la popolazione anziana nel suo complesso (“giovani anziani”, “anziani” e “grandi vecchi”). Dalle analisi emergono, inoltre, marcate differenze territoriali che vedono alcune aree del Paese maggiormente coinvolte nel processo di invecchiamento: ad un estremo la Liguria, regione che ormai da anni detiene il record di regione “più vecchia” d’Italia, all’altro la Campania, dove il processo di invecchiamento della popolazione si trova in uno stadio relativamente meno avanzato, grazie all’alta natalità che ha caratterizzato questa regione fino a pochi anni fa.

Per quanto riguarda il rapporto tra generi (ossia il rapporto tra il numero di uomini e quello di donne) si evidenzia come, nelle età più avanzate, questo sia fortemente sbilanciato a favore delle donne che godono di una sopravvivenza più elevata.

Inoltre, la popolazione ultracentenaria continua ad aumentare sia in termini assoluti che relativi. Al 1 gennaio 2015 più di tre residenti su 10.000 hanno 100 anni ed oltre. In questo segmento di popolazione le donne sono estremamente più numerose.

Sopravvivenza e mortalità

Nel 2014, la speranza di vita alla nascita è pari a 80,3 anni per gli uomini e 85,0 anni per le donne. Il dato conferma l’andamento degli ultimi anni che evidenzia un incremento più favorevole tra gli uomini, pur in presenza di un’aspettativa di vita ancora superiore per le donne. La distanza tra i due generi è, infatti, pari a +4,7 anni a favore delle donne, contro i +5,0 anni del 2010.

Nella PA di Trento si riscontra, sia per gli uomini che per le donne, la maggiore longevità (rispettivamente, 81,3 anni e 86,1 anni). La Campania, invece, è la regione dove la speranza di vita alla nascita è più bassa, 78,5 anni per gli uomini e 83,3 anni per le donne.

Per quanto riguarda la mortalità, dai dati del 2012, le cause più frequenti sono le malattie ischemiche del cuore, responsabili da sole di 75.098 morti (poco più del 12% del totale dei decessi). Seguono le malattie cerebrovascolari (61.255 morti, pari a quasi il 10% del totale) e le altre malattie del cuore non di origine ischemica (48.384 morti, pari a circa l’8% del totale). La quarta causa più frequente è rappresentata dai tumori maligni di trachea, bronchi e polmoni, che negli uomini determina 24.885 decessi (2° causa di morte), il triplo di quelli osservati nelle donne (10° causa di morte). I decessi dovuti a malattie ipertensive (20.367), nonché a demenza e malattia di Alzheimer (18.226), causano tra le donne il doppio dei decessi osservati tra gli uomini.

La situazione territoriale mostra, comunque, una evidente eterogeneità geografica. Infatti, i tumori maligni di trachea, bronchi e polmoni, la demenza, la malattia di Alzheimer e l’influenza e la polmonite mostrano una importanza relativa maggiore nelle aree settentrionali, mentre nell’area meridionale la maggiore rilevanza in termini relativi si riscontra per i decessi per diabete e malattie ipertensive.

Fattori di rischio, stili di vita e prevenzione

Fumo – Nel 2014, la quota di fumatori tra la popolazione di 14 anni ed oltre è pari al 19,5%. Si continua a registrare, come già segnalato nel 2013, una lieve diminuzione. Lo studio della prevalenza degli ex-fumatori evidenzia un andamento non lineare. Si registra, infatti, un valore di 22,6% nel 2014 che risulta inferiore rispetto al 23,3% del 2013 ed uguale al valore registrato nel 2012.

L’analisi per le ripartizioni geografiche considerate (Nord-Ovest, Nord-Est, Centro, Sud ed Isole) evidenzia come siano le regioni del Nord-Est quelle con la più alta prevalenza di ex-fumatori, mentre le regioni del Sud quelle in cui la prevalenza è più bassa (17,1%).

Ancora molto elevata la differenza tra uomini e donne rispetto a coloro che dichiarano di fumare sigarette (si mantiene la differenza evidenziata negli anni precedenti di quasi 10 punti percentuali: 14,8% di donne di 14 anni ed oltre dichiara di fumare sigarette rispetto al 24,5% di uomini di pari età) o tra gli ex-fumatori (30,4% uomini vs 15,3% donne).

Le fasce di età che risultano più critiche, sia per gli uomini che per le donne sono, nel 2014, quella dei giovani tra i 20-24 e 25-34 anni in cui, rispettivamente, il 28,8% e 33,5% degli uomini e il 20,5% e il 19,3% delle donne si dichiarano fumatori.

Alcol – La prevalenza degli astemi e degli astinenti degli ultimi 12 mesi è pari, nel 2014, al 35,6% ed è rimasta stabile rispetto al 2013 (34,9%). Si registra un aumento della percentuale di non consumatori rispetto al 2013, principalmente in Toscana (+5,2 punti percentuali), ed una diminuzione soprattutto in Piemonte (-3,0 punti percentuali) ed in Friuli Venezia Giulia (-3,2 punti percentuali).

Consumo di alimenti – Le Linee Guida per una sana alimentazione assegnano un ruolo centrale alla varietà di alimenti e, tra i diversi gruppi alimentari, Verdura, Ortaggi e Frutta (VOF) spiccano per le forti evidenze di associazione con la riduzione del rischio di malattie cardiovascolari e, più in generale, per la loro capacità di veicolare le sostanze antiossidanti all’interno dell’organismo umano.

Nel 2014, circa tre quarti della popolazione di 3 anni ed oltre dichiara di consumare, giornalmente, frutta (73,6%); meno diffuso il consumo di verdura (52,1%) e di ortaggi (45,5%). I consumi giornalieri di verdura ed ortaggi sono più diffusi nelle regioni del Nord e del Centro, mentre al Meridione si osservano prevalenze più elevate nel consumo giornaliero di frutta.

In tutte le regioni, il consumo di VOF più diffuso è sempre al di sotto del benchmark delle 5 porzioni e si attesta tra le 2-4 porzioni. Nel quadro generale, l’andamento nel tempo dell’indicatore “consumo di 5 porzioni e più al giorno di Verdura, Ortaggi e Frutta”, negli anni 2005-2014, mostra valori in diminuzione.

Sovrappeso ed obesità – In Italia, nel 2014, più di un terzo della popolazione adulta (36,2%) è in sovrappeso, mentre poco più di una persona su dieci è obesa (10,2%): complessivamente, il 46,4% dei soggetti di età ≥18 anni è in eccesso ponderale.

Nel confronto interregionale, si conferma il gradiente Nord-Sud ed Isole: le regioni meridionali presentano la prevalenza più alta di persone di età 18 anni ed oltre, obese (Molise 14,6%, Abruzzo 13,1% e Puglia 11,9%) ed in sovrappeso (Campania 41,5%, Calabria 39,6% e Puglia 39,4%) rispetto alle regioni settentrionali (obesità: PA di Trento 7,5% e PA di Bolzano 8,1%; sovrappeso: PA di Trento 28,5% e Valle d’Aosta 31,5%).

Analizzando i dati per specifiche fasce di età, emerge che la percentuale di popolazione in condizione di eccesso ponderale cresce all’aumentare dell’età: il sovrappeso passa dal 14,9% della fascia di età 18-24 anni al 46,5% della fascia di età 65-74 anni; l’obesità dal 2,4% al 15,7% per le stesse fasce di età. Emergono forti differenze di genere: il sovrappeso è più diffuso tra gli uomini che tra le donne (44,8% vs 28,2%), così come l’obesità (10,8% vs 9,7%).

La fascia di età in cui si registrano le maggiori percentuali è, per entrambi i generi, quella tra i 65-74 anni.

Attività fisica – Nel 2014, in Italia, le persone di 3 anni ed oltre che dichiarano di praticare uno o più sport nel tempo libero sono il 31,6% della popolazione, pari a circa 18 milioni e 500 mila. Tra questi, il 23,0% si dedica allo sport in modo continuativo e l’8,6% in modo saltuario.

Coloro che, pur non praticando uno sport svolgono un’attività fisica, sono il 28,2% della popolazione, mentre i sedentari sono circa 23 milioni e 500 mila, pari al 39,9%.

Con l’aumentare dell’età diminuisce l’interesse per lo sport (continuativo o saltuario), mentre aumenta quello per l’attività fisica. L’analisi di genere mostra delle forti differenze in tutte le fasce di età, ad eccezione dei giovanissimi (3-5 anni), con livelli di pratica sportiva molto più alti fra gli uomini (uomini: il 27,1% pratica sport con continuità e il 10,3% lo pratica saltuariamente; donne: 19,2% e 7,0%, rispettivamente). La quota di sedentari è maggiore tra le donne (44,1% vs 35,5%).

Copertura vaccinale antinfluenzale – La copertura vaccinale antinfluenzale nella popolazione generale si attesta, nella stagione 2014-2015, al 13,6%, con lievi differenze regionali, ma senza un vero e proprio gradiente geografico. Nei bambini e nei giovani adulti i tassi di copertura, a livello nazionale, non superano l’1,8% nelle diverse classi di età considerate. Si registra, invece, un valore più alto, pari al 7,2%, per la classe di età 45-64 anni. Negli anziani ultra 65enni la copertura antinfluenzale in nessuna regione raggiunge i valori considerati minimi (75%) e ottimali (95%) dal Piano Nazionale Prevenzione Vaccinale. Nell’arco temporale 2003-2004/2014-2015, per quanto riguarda la copertura vaccinale degli ultra 65enni, si è registrata una diminuzione, a livello nazionale, pari al 22,7%.

Screening oncologici – Il sistema “Progressi delle Aziende Sanitarie per la Salute in Italia” (PASSI) rileva informazioni sulla copertura degli screening, inseriti nei programmi organizzati dalle Aziende Sanitarie Locali (ASL) oppure su iniziativa personale, sui fattori predittivi della pratica dello screening e sull’attività di promozione.

Secondo i dati PASSI, per la mammografia a scopo preventivo, a livello nazionale e nel periodo 2011-2014, il 51% della popolazione target femminile ha aderito ai programmi offerti dalle ASL, mentre il 19% ha effettuato l’esame, nei tempi raccomandati, su iniziativa spontanea. Si evidenziano differenze territoriali legate alla quota di donne che aderisce ai programmi organizzati (la quota più rilevante), con gradiente Nord-Sud ed Isole; rispetto a questa, risulta speculare la geografia dello screening mammografico spontaneo con valori più bassi al Nord (16%) e maggiori al Centro-Sud ed Isole (21%).

Nel periodo 2011-2014, il 42% della popolazione target femminile si sottopone a screening per il tumore della cervice uterina (Pap test e/o Human Papilloma Virus test) aderendo ai programmi offerti dalle ASL, mentre il 37% vi si sottopone su iniziativa spontanea. Si notano differenze geografiche fra lo screening nell’ambito di programmi organizzati e lo screening spontaneo (49% vs 37% nel Nord, 46% vs 39% nel Centro e 32% vs 34% nel Meridione). Dal 2008 al 2014 cresce, in tutto il Paese, la copertura dello screening per il tumore della cervice uterina organizzato, mentre resta stabile o diminuisce significativamente nelle regioni del Nord (-9,4%) quella dello screening spontaneo.

Riguardo allo screening per il tumore del colon-retto, la copertura nazionale è molto lontana dall’atteso: solo il 41% della popolazione target riferisce di essersi sottoposta, a scopo preventivo, ad uno degli esami per la diagnosi precoce dei tumori colorettali. Forte il gradiente geografico Nord-Sud ed Isole, con percentuali di copertura del 64% al Nord, 43% al Centro e 19% al Sud ed Isole. Nel tempo si registra una crescita lenta, ma significativa in tutto il Paese: dal 2010 al 2014, la quota di persone che si sottopone a screening per il tumore del colonretto a scopo preventivo, secondo le Linee Guida, è cresciuta, mediamente, del 7,9% (+11,7% al Nord, +8,8% al Centro e +7,5% al Sud ed Isole).

Incidenti

Nel 2014, in Italia, gli incidenti stradali con lesioni a persone sono stati 177.031 ed hanno causato 3.381 morti (entro il 30° giorno) e 251.147 feriti con lesioni di diversa gravità. Rispetto al 2013, si riscontra una diminuzione del numero degli incidenti con lesioni a persone (-2,5%) e del numero dei morti (-0,6%) e feriti (-2,7%). Il numero di morti è diminuito, nel 2014, del 52,4% rispetto al 2001. I tassi standardizzati di mortalità sono nettamente superiori per il genere maschile rispetto al genere femminile (0,91 vs 0,22 per 10.000).

Analizzando gli infortuni e la mortalità sul lavoro nel periodo 2010-2014, si osserva un calo significativo di oltre il 25% del tasso di incidenza (4.292,8 vs 3.277,0 per 100.000 addetti). Le regioni del Nord presentano, in generale, i valori più elevati, mentre le regioni del Mezzogiorno, fatta eccezione per Abruzzo e Puglia, presentano tassi di incidentalità più bassi. Per quanto riguarda i tassi di mortalità per infortuni sul lavoro, il valore più elevato si registra in Basilicata (20,54 per 100.000), mentre il tasso minimo in Valle d’Aosta (2,15 per 100.000).

Per quanto riguarda gli incidenti domestici, essi hanno coinvolto, nel 2014, 688 mila persone (11,3 per 1.000). Le donne sono le più colpite (quasi il 70% di tutti gli incidenti), con un quoziente di infortuni del 15,4 (per 1.000). Hanno subito almeno un incidente domestico oltre 27 anziani over 74 anni (per 1.000) e 9,4 bambini di età <6 anni (per 1.000). Relativamente alle differenze territoriali non si evidenzia alcun gradiente.

Malattie cardio e cerebrovascolari

Le malattie cardiovascolari costituiscono ancora oggi, in Italia, uno dei più importanti problemi di salute pubblica, sia in termini di numero di decessi e di disabilità indotta, sia per l’impatto che queste hanno sulla qualità della vita e sui costi economici e sociali. In questa classe di patologie rientrano le malattie ischemiche del cuore che causano un elevato tasso di ospedalizzazione, in particolare tra gli uomini. Infatti, nel 2014, il tasso di ricovero per queste patologie è pari a 892,4 per 100.000 uomini (donne: 315,2 per 100.000). Stesse differenze di genere si riscontrano per l’infarto acuto, pari a 374,5 ricoveri per 100.000 uomini vs 150,9 ricoveri per 100.000 donne, e per le altre forme acute e subacute di ischemia cardiaca, pari a 521,8 ricoveri per 100.000 uomini vs 200,6 ricoveri per 100.000 donne.

Un dato incoraggiante è che, tra il 2011 ed il 2014, si continua a registrare, come negli anni precedenti, una diminuzione dei tassi di ospedalizzazione sia per le malattie ischemiche del cuore nel loro complesso sia per l’infarto miocardico acuto.

Malattie metaboliche

Il diabete mellito è una delle patologie croniche più diffuse in tutto il mondo, rappresentando uno dei maggiori problemi di salute con una richiesta di risorse sempre maggiore.

In merito all’ospedalizzazione in regime di Ricovero Ordinario (RO) e di Day Hospital (DH), nel 2014, come evidenziato negli anni precedenti, i tassi standardizzati risultano maggiori nel Sud e nelle Isole. Il tasso standardizzato di dimissioni ospedaliere in regime di RO più elevato si registra in Molise (89,76 per 10.000), seguito da Puglia (88,85 per 10.000) e Campania (83,01 per 10.000). Considerando il regime di DH, invece, i valori più alti si osservano in Molise (23,12 per 10.000) e Campania (17,57 per 10.000). Dal confronto dei dati 2005-2014, a livello nazionale, si evidenzia una costante diminuzione del tasso medio di dimissione per tutti i regimi di ricovero (da 92,21 a 66,94 per 10.000). Inoltre, per entrambe le tipologie di ricovero si conferma che i tassi standardizzati di dimissione ospedaliera sono maggiori negli uomini.

I dati di mortalità relativi all’anno 2012 e stratificati per regione e genere, evidenziano che i tassi più elevati si osservano, per entrambi i generi, in due regioni meridionali: per gli uomini in Sicilia (5,50 per 10.000) seguita dalla Campania (4,72 per 10.000), mentre per le donne in Campania (4,83 per 10.000) seguita dalla Sicilia (4,65 per 10.000). Dal confronto con l’anno precedente risulta evidente un gradiente geografico a svantaggio del Meridione ed un maggiore coinvolgimento delle fasce di età avanzate.

Salute mentale e dipendenze

Relativamente al consumo di farmaci antidepressivi, dopo l’aumento costante registrato nel decennio 2001-2011, il volume prescrittivo sembrava aver raggiunto nel 2012 una fase di stabilità (38,50 Dosi Definite Giornaliere-DDD/1.000 ab die nel 2011; 38,60 DDD/1.000 ab die nel 2012), mentre, in realtà, nel biennio successivo si è registrato un nuovo incremento (39,10 DDD/1.000 ab die nel 2013; 39,30 DDD/1.000 ab die nel 2014). Il trend in aumento può essere attribuibile a diversi fattori tra i quali, ad esempio, l’arricchimento della classe farmacologica di nuovi principi attivi utilizzati anche per il controllo di disturbi psichiatrici non strettamente depressivi (come i disturbi di ansia), la riduzione della stigmatizzazione delle problematiche depressive e l’aumento dell’attenzione del Medico di Medicina Generale nei confronti della patologia. I consumi più elevati, nell’anno 2014, si sono avuti in Toscana, nella PA di Bolzano, in Liguria, in Emilia-Romagna e in Umbria, mentre i consumi minori in Basilicata, Campania, Puglia e Sicilia. Il Lazio e l’Umbria sono le 2 regioni che hanno registrato il maggiore calo dei consumi nell’ultimo anno.

Salute materno-infantile

La salute materno-infantile rappresenta una parte importante della salute pubblica poiché la gravidanza, il parto e il puerperio sono, in Italia, la prima causa di ricovero femminile.

Il ricorso al Taglio Cesareo (TC) resta elevato nonostante la continua lieve riduzione osservata negli ultimi anni, attribuibile per lo più alla riduzione dei TC primari. La quota totale dei parti con TC si riduce dal 37,76% al 36,05% tra il 2011-2014. Permane il gradiente Nord-Sud ed Isole, che vede i valori più elevati di TC in Campania (62,20%), Molise (45,43%) e Sicilia (43,92%). Il valore minimo si registra in Friuli Venezia Giulia (23,92%). Nonostante l’età non sia un’indicazione assoluta per effettuare un TC, è un dato di fatto che all’aumentare dell’età aumenta la probabilità di partorire con TC.

In riferimento all’Interruzione Volontaria di Gravidanza (IVG) l’Italia mostra valori tra i più bassi tra i Paesi a Sviluppo Avanzato. Il numero di IVG notificate nel 2013 risulta pari a 100.342, in calo rispetto al 2012 (103.191 casi). Nel 2013, il tasso di abortività continua a decrescere (7,1 casi ogni 1.000 donne di età 15-49 anni) in tutte le classi di età. Le regioni che presentano i valori più elevati del tasso standardizzato rispetto al dato nazionale sono la Liguria, il Piemonte, la Valle d’Aosta e l’Emilia-Romagna, mentre valori più bassi si osservano per la PA di Bolzano, il Veneto, la Sardegna e la Basilicata. Le classi di età più giovani (20-24, 25-29 e 30-34 anni) presentano i livelli più elevati del tasso, tutti oltre gli 11 casi per 1.000 donne a livello nazionale.

Nel 2013, inoltre, resta molto elevato il ricorso all’anestesia generale (76,6%), anche se in diminuzione rispetto al 2012 (80,1%). Il ricorso all’anestesia locale per effettuare l’IVG è la pratica più raccomandata a livello internazionale, ma in Italia, però, nel 2013 è stata utilizzata mediamente solo nel 5,6% dei casi, risultando anche in diminuzione rispetto all’anno precedente. Solo 3 regioni superano la soglia del 10%: Marche (42,9%), Lazio (13,8%) e Toscana (10,5%). A livello nazionale, il 14,6% di IVG vengono effettuate dopo un’attesa >21 giorni, con una rilevante variabilità territoriale. Nel 2013, inoltre, la percentuale di ginecologi obiettori risulta pari al 70,0%, senza sostanziali differenze rispetto al 2012 (69,6%).

Assetto economico-finanziario

Nel 2014, la spesa sanitaria pubblica pro capite, in Italia, è di 1.817€, del tutto in linea con il valore dell’anno precedente, segnando così un arresto del trend in diminuzione dal 2010. La spesa pro capite più alta si registra in Molise (2.226€) e la più bassa in Campania (1.689€). La distribuzione fra le regioni si presenta disomogenea senza, però, un netto gradiente Nord-Sud ed Isole.

Nel 2014, il disavanzo sanitario nazionale, calcolato con la metodologia della Ragioneria Generale dello Stato (ossia escludendo dai ricavi le “risorse aggiuntive da bilancio regionale” e sottraendo dai risultati consolidati regionali gli eventuali utili conseguiti da singole aziende), ammonta a circa 864 milioni di euro, in chiara diminuzione rispetto al 2013 (1,744 miliardi di euro).

Si conferma, ancora una volta, il trend di sistematica riduzione che si è registrato, per ogni anno, a partire dal 2005.

Assetto istituzionale-organizzativo

Il Capitolo affronta l’organizzazione dei Servizi Sanitari Regionali con riguardo a due aspetti: quello dell’efficienza amministrativa e quello delle risorse umane.

Riguardo all’efficienza, viene considerato un aspetto particolare legato ai tempi medi di pagamento (Days of Sales Outstanding) delle strutture sanitarie pubbliche. Questo indicatore, utilizzato per la prima volta nel Rapporto Osservasalute, può essere considerato una proxy dell’efficienza amministrativa delle Aziende Sanitarie. A livello nazionale, i tempi medi di pagamento delle strutture sanitarie pubbliche sono passati da 300 giorni nel 2011 a 195 giorni del 2014, con una riduzione del 35%. Tuttavia, sebbene la situazione sia nettamente migliorata nel quadriennio preso in analisi, i tempi medi di pagamento delle strutture sanitarie pubbliche si discostano ancora molto da quanto prescritto dalla normativa vigente (D. Lgs. n. 192/2012).

Riguardo alle risorse di personale del Servio Sanitario Nazionale (SSN), nel 2013, la spesa ammonta a 35,169 miliardi di euro e registra un decremento dell’1,4% medio annuo (-4,1% assoluto) nel periodo 2010-2013. La diminuzione della spesa è, sostanzialmente, il risultato delle politiche di blocco del turnover attuate dalle regioni sotto Piano di Rientro e delle misure di contenimento della spesa per il personale portate avanti autonomamente dalle altre regioni.

Assistenza territoriale

A livello nazionale, nel corso del 2013, sono stati assistiti, complessivamente, al proprio domicilio 732.780 pazienti. Il numero di pazienti trattati in ADI è in continua crescita, attestandosi ad un valore pari a 1.217 casi (per 100.000), con un incremento del 14,17% rispetto al 2012.

Permane, dal confronto con gli anni precedenti, una notevole variabilità regionale. Si va, infatti, da un tasso minimo di 146 persone (per 100.000) che hanno iniziato il trattamento di ADI della PA di Bolzano ad un valore massimo di 2.850 (per 100.000) dell’Emilia-Romagna, cui seguono Toscana e Friuli Venezia Giulia (2.834 e 2.182 per 100.000, rispettivamente).

Il numero di anziani trattati in ADI riferito alla stessa popolazione anziana residente mostra la consueta variabilità regionale, passando da 3,3 casi (per 1.000) nella Valle d’Aosta a 111,4 (per 1.000) casi in Toscana.

Per quanto riguarda il numero di ADI rivolte ai pazienti terminali, si evidenzia come nelle regioni del Nord vi sia il tasso più elevato (125,9 per 100.000) rispetto alle regioni del Sud ed Isole e del Centro (rispettivamente, 111,2 e 93,2 per 100.000). Rispetto al 2012, tali valori permangono in aumento per le regioni del Nord e del Meridione (rispettivamente, + 41,8% e +7,6%), mentre si registra una ulteriore sensibile flessione per le regioni del Centro (-10,0%).

Assistenza farmaceutica territoriale

L’andamento del consumo di farmaci a carico del Servizio Sanitario Nazionale (SSN) rispetto all’anno precedente non è omogeneo tra le regioni: si assiste ad una riduzione dei consumi in Veneto (-1,4%), Liguria (-2,1%) e Sicilia (-2,5%), mentre si registra un aumento in Molise (5,7%), Calabria (4,0%) e Campania (3,9%). Il consumo sul territorio oscilla tra il valore massimo di 1.192 e 1.188 Dosi Definite Giornaliere-DDD/1.000 ab die, rispettivamente, della Calabria e del Lazio a quello di 879 (DDD/1.000 ab die) della Liguria e di 948 (DDD/1.000 ab die) del Veneto.

Relativamente alla spesa farmaceutica territoriale a carico del Servizio Sanitario Nazionale, nel 2014, si è registrata una diminuzione del 3,9% rispetto al 2013 e del 14,1% rispetto al 2001. Le regioni con la spesa più elevata sono la Campania, la Puglia, la Calabria e la Sicilia, mentre le regioni con il valore più basso sono l’Emilia-Romagna con 139,20€ pro capite e la Toscana con 143,70€ pro capite. Nell’arco temporale 2001-2014, tutte le regioni hanno registrato una riduzione della spesa lorda pro capite con una riduzione, a livello nazionale, del 14,1% (da 209,90€ a 180,40€).

Assistenza ospedaliera

La struttura dell’offerta è stata valutata tramite l’analisi della dotazione regionale dei Posti Letto (PL) ospedalieri per tipologia di attività e regime di ricovero. I dati, relativi al 1 gennaio 2014, hanno rilevato una dotazione di 3,63 PL (per 1.000 residenti), di cui 3,04 PL (per 1.000) per acuti, 0,15 PL (per 1.000) per lungodegenza e 0,43 PL (per 1.000) per riabilitazione. La dotazione di PL complessiva ha subito un lieve calo rispetto al 3,74 PL per 1.000 del 2013 ed ha raggiunto un valore inferiore all’obiettivo normativo di 3,70 PL per 1.000. Tale riduzione ha interessato, quasi esclusivamente, la componente per acuti. I dati presentano un marcato gradiente geografico con una dotazione di PL superiore al valore nazionale e allo standard in tutte le regioni del Nord e del Centro, ad eccezione di Toscana e Umbria, mentre si registra un tasso di PL inferiore al dato nazionale nel Meridione, ad eccezione del Molise.

Per la dimensione dell’appropriatezza clinica e organizzativa, la percentuale di interventi per frattura di femore eseguiti entro 2 giorni dal ricovero ha registrato un netto incremento, passando dal 35,1% del 2010 al 54,9% del 2014 mostrando un aumento di quasi 5,0 punti percentuali solo nell’ultimo anno. Nonostante questo buon risultato i valori registrati rimangono lontani dagli obiettivi indicati dalle Linee Guida internazionali e raggiunti in altri Paesi, in particolare del Nord Europa. Si conferma, inoltre, la forte variabilità regionale con un range compreso tra il 19,2% del Molise e valori leggermente al di sopra dell’80% della Valle d’Aosta e della PA di Bolzano.

Conclusioni

L’auspicio è che i dati presentati vengano utilizzati come spunto di riflessione e come base per l’attività programmatoria futura.

Oltre a ciò, fondamentale è anche la collaborazione tra le Istituzioni, i professionisti sanitari ed i cittadini, sia a livello nazionale che regionale, in modo tale da poter attenuare i differenziali di salute garantendo un’adeguata ed equa assistenza sanitaria a tutti i soggetti, indipendentemente dal luogo di residenza e dallo status socio-economico.

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RIFORMA DELLE POLITICHE SOCIALI E L. 328 DEL 2000

La Regione Calabria parte dalla legge 328 del 2000 per riformare le politiche sociali : questo è quanto emerso nella conferenza del Forum Terzo Settore  svoltasi lo scorso 27 maggio presso la Cittadella ,sede della Regione Calabria.

Alla conferenza erano presenti l’assessore regionale alle politiche sociali , Federica Roccisano, Gianni Pensabene, portavoce regionale del Forum Terzo Settore, don Giacomo Panizza della Comunità Progetto Sud, Luciano Squillaci, vicepresidente CSVnet , Carlo Borgomeo, presidente di Fondazione con il Sud.

La legge prevede la realizzazione del sistema integrato di interventi e servizi sociali per  una migliore qualità di vita delle persone e delle persone con disabilità attraverso l’analisi  scientifica del bisogno e il lavoro sinergico tra enti e terzo settore per dare risposte  che hanno  come obiettivo primario la Persona e non il costo economico.  Anche Anffas era presente  alla conferenza con la coordinatrice Anffas Calabria,  Marinella Alesina, che ha espresso vivo compiacimento all’assessore Roccisano per aver finalmente posto l’attenzione su un tema quello della 328/00 che vede Anffas tutta impegnata da anni . In particolare è propria dalla Calabria che è partita la prima sentenza del tribunale amministrativo Tar Calabria che ha condannato il comune di Cassano per aver negato ad una persona con disabilità il progetto individuale art.14 della 328/00. Anche il comune di Corigliano Calabro, a cui dal 2010 sono state presentate più di 20 istanze da parte di familiari di persone con disabilità intellettiva, non è riuscito a produrre il progetto individuale ai sensi della suddetta legge.

La Calabria ha accumulato un ritardo d 16 anni rispetto alla legge ed è necessario ripensare le politiche sociali alla luce dei nuovi scenari rivedendo la spesa pro capite che è di circa €27,00, pensare ai diritti secondo quanto chiarisce la Convenzione  Onu sulla disabilità (legge 18/2009), organizzare il Dopo di Noi  alla luce della recente legge italiana: questo a più voci è stato ribadito dai vari relatori.

                                                                                            Area Comunicazioni Anffas

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Il progetto individuale va sempre rispettato e attuato

superando.it «Il progetto individuale della persona con disabilità non può essere ridotto o modificato senza una valida giustificazione che affondi le radici nell’esclusivo interesse del soggetto con disabilità stesso»: lo si legge in un’importante Sentenza del Tribunale di Ancona, ottenuta dalla famiglia di un ragazzo con disabilità dell’ANFFAS, che costituisce un ulteriore importante precedente nel caratterizzare il progetto di vita della persona con disabilità come diritto soggettivo esigibile e non comprimibile per mere ragioni economiche o carenze di organico. «Questa non è solo una mia vittoria personale, ma un risultato che dà speranza e forza a tutte le famiglie di ANFFAS, e non solo, che tutti i giorni subiscono continui attacchi ai diritti dei propri figli, quasi sempre motivati dalla carenza di risorse economiche. La pronuncia del Tribunale di Ancona ci dà ora maggiore coraggio per affrontare le battaglie quotidiane e apre i cuori alla speranza. Ora è chiaro, se mai ci fosse stato alcun dubbio, che le sole motivazioni economiche non sono sufficienti a comprimere un progetto di vita che produce risultati positivi per la persona e che rappresenta un diritto soggettivo fondamentale ed esigibile».
Così Giulio Pietrangeli, presidente dell’ANFFAS di Fabriano (Associazione Nazionale Famiglie di Persone con Disabilità Intellettiva e/o Relazionale) e padre di Mirco, ragazzo con disabilità, commenta la recente Sentenza n. 893/16, con cui Dorita Fratini, giudice del Tribunale Civile di Ancona, ha accolto la sua domanda, dopoché il Comune di Fabriano aveva negato al figlio, in dispregio del suo progetto individuale, la frequenza a un servizio educativo diurno, visto che già risultava fruitore di un servizio residenziale, tentando quindi di modificare unilateralmente e per soli motivi economici quanto previsto dal progetto stesso.
«La nostra Associazione – si legge in una nota dell’ANFFAS Nazionale – ha da sempre sostenuto in tutte le sedi che la predisposizione di un progetto personalizzato a favore di una persona con disabilità, che individui le necessità e i relativi sostegni e supporti, coordinandoli tra loro, viene a costituire un diritto soggettivo perfetto, immediatamente esigile e non suscettibile di compressione per ragioni economiche o carenze di organico. Questo principio viene ora ancor più rafforzato dalla Sentenza pronunciata dal Tribunale di Ancona, che ha precisato come, una volta che il progetto individuale sia stato redatto, e ancor più se abbia già trovato una sua prima positiva attuazione, questo “non può essere ridotto o modificato senza una valida giustificazione che affondi le radici nell’esclusivo interesse del soggetto disabile”».

In sostanza il Giudice di Ancona, dopo avere disposto una consulenza medico-legale, volta a individuare la congruità del progetto individuale rispetto alle esigenze del giovane e all’efficacia degli interventi in esso previsti, ne ha riconosciuto il diritto soggettivo a mantenere il progetto individuale già approvato e attuato negli anni 2009-2010 e, quindi, il diritto a mantenere la frequenza congiunta del Centro Residenziale e del Centro Diurno, nel rispetto del rapporto un assistito/un educatore. Tutto ciò anche in virtù del percorso già intrapreso, rivelatosi proficuo e la cui sospensione sarebbe stata addirittura dannosa per la persona stessa, garantendo, quindi, il superiore benessere di Mirco e l’efficacia degli interventi a suo favore.
Allo stesso tempo, inoltre, è stata respinta la domanda del Comune di Fabriano, volta a ottenere da Pietrangeli il pagamento di somme a titolo di compartecipazione ai costi di gestione del Centro Diurno, come se la frequenza di questo secondo servizio fosse riconducibile a una sua scelta arbitraria e non determinata dalle reali esigenze già indicate nel progetto individuale.
Oltre naturalmente a quella del signor Pietrangeli, più che legittima appare anche la soddisfazione del suo difensore, l’avvocato Gianfranco Pascucci del Foro di Macerata, consulente legale dell’ANFFAS di Macerata e dell’ANFFAS Marche, che ha invocato l’applicazione dell’articolo 14 della Legge 328/00, relativo al progetto individuale di vita e degli articoli 24, 25 e 26 della Convenzione ONU sui Diritti delle Persone con Disabilità (Legge 18/09 dello Stato Italiano), quali norme che costituiscono «un baluardo formidabile a tutela dei diritti umani fondamentali delle persone con disabilità».

«Purtroppo – dichiara Roberto Speziale, presidente nazionale dell’ANFFAS – ancora una volta il familiare di una persona con disabilità è dovuto andare in Tribunale per garantire un servizio dovuto. Ormai, come ANFFAS, abbiamo tantissimi precedenti giudiziari sul diritto al progetto individuale e su cosa comporti lo stesso, ma oggi mi sento di porgere un vivo compiacimento per il risultato ottenuto da Mirco, dal padre e dall’avvocato Pascucci, perché si è stabilita l’ormai chiara e inequivocabile prevalenza degli interessi della persona con disabilità, rispetto a logiche burocratiche e di esercizio miope della spesa pubblica, volto solo a ridurre i costi del momento, senza una visione del più complessivo intervento come Istituzione».
«Credo – aggiunge Speziale – che questo risultato porterà tutte le persone con disabilità o i loro familiari a presentare, senza alcun indugio, ai Comuni di propria residenza, la richiesta per la predisposizione del progetto individuale ai sensi e per gli effetti dell’articolo 14 della Legge 328/00, ricordando che l’ANFFAS tutta è a disposizione per l’accompagnamento in tale percorso».
L’ANFFAS, va ricordato infatti, si batte ormai da anni perché ciascuna persona con disabilità veda redatto il proprio progetto individuale di vita, secondo sistemi scientificamente validati – si pensi in tal senso al “Progetto Matrici”, di cui più volte «Superando.it» si è occupato – e per far sì lo stesso progetto venga concretamente attuato, senza limitazione alcuna, neppure di carattere economico. (S.B.)

Per ulteriori informazioni e approfondimenti: comunicazione@anffas.net

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SAVE THE DATE: MERCOLEDÌ 8 GIUGNO 2016

IL GRUPPO CRC ANNUNCIA  LA PUBBLICAZIONE DEL 9° RAPPORTO SULLA ATTUAZIONE DELLA CONVENZIONE ONU DEI DIRITTI DELL’INFANZIA

La presentazione ufficiale mercoledì 8 giugno 2016 alla presenza del Ministro del Lavoro e delle Politiche Sociali Giuliano Poletti e dell’ Autorità Garante per l’Infanzia e l’Adolescenza Filomena Albano.

La fotografia delle persone di minore età in questi 25 anni è profondamente cambiata: nel 1991 erano 11.222.308 (il 19,7% della popolazione), il tasso di natalità era di 9,79 % (nati vivi per ogni 1000 residenti), grazie ai 556.000 nuovi nati. Nel 2015, i minorenni sono 10.096.165 (16,6%), il tasso di natalità è sceso a 8 e i nuovi nati hanno toccato il minimo storico dall’Unità d’Italia (solo 488.000). Questi alcuni dei dati che emergono dal 9° Rapporto di monitoraggio sull’attuazione della Convenzione sui Diritti dell’Infanzia e dell’Adolescenza nel nostro Paese, realizzato dal Gruppo CRC, alla cui redazione hanno contribuito 91 associazioni del Gruppo.
Quest’anno il Rapporto viene annunciato in un’occasione speciale: il 25° anniversario dalla ratifica della Convenzione ONU sui Diritti dell’Infanzia e dell’Adolescenza in Italia, avvenuta il 27 maggio 1991 con la Legge 176/1991.
Eppure nel Rapporto viene messo in luce come tanti principi enunciati nella Convenzione non abbiano ancora trovato piena applicazione nel nostro Paese e le 143 raccomandazioni rivolte alle Istituzioni e contenute nel documento fanno riflettere su come il cammino sia ancora lungo. A fare punto sulla situazione il Ministro del Lavoro e delle Politiche Sociali Giuliano Poletti e l’Autorità Garante per l’Infanzia e l’Adolescenza Filomena Albano, mercoledì 8 giugno 2016 in occasione della presentazione ufficiale del Rapporto.

Anffas Onlus, in quanto parte del Comitato, ha partecipato e contribuito alla redazione del rapporto mettendo a disposizione tutte le risorse, le conoscenze e l’esperienza a disposizione.

NOTA: Il Gruppo CRC è un network, coordinato da Save the Children Italia, che si è costituito nel 2000, ed è composto da 91 soggetti del Terzo Settore che da tempo si occupano attivamente della promozione e tutela dei diritti dell’infanzia e dell’adolescenza nel nostro Paese. Il Gruppo CRC pubblica ogni anno un Rapporto di aggiornamento sul monitoraggio della CRC, in occasione dell’anniversario della ratifica della Convenzione in Italia (27 maggio). Ad oggi, il Network ha realizzato otto Rapporti di aggiornamento annuali e due Rapporti Supplementari inviati al Comitato ONU sui diritti dell’infanzia e dell’adolescenza in occasione dell’esame del nostro Paese nel 2003 e nel 2011.
Il Gruppo CRC è composto dalle seguenti 91 associazioni: ABA Onlus- Fondazione Fabiola De Clercq, Fondazione ABIO Italia onlus, ACP – Associazione Culturale Pediatri, Fondazione ACRA, AGBE, Agedo – Associazione di genitori, parenti e amici di omosessuali, AGESCI – Associazione Guide e Scout Cattolici Italiani, Agevolando, AIAF – Associazione Italiana degli Avvocati per la Famiglia e per i Minori, Ai.Bi. – Associazione Amici dei Bambini, AISMI – Associazione Italiana Salute Mentale Infantile, ALAMA – Associazione Laziale Asma e Malattie Allergiche, Ali per giocare – Associazione Italiana dei Ludobus e delle Ludoteche , Alpim – Associazione Ligure per i minori, Anfaa – Associazione Nazionale Famiglie Adottive e Affidatarie, Anffas Onlus – Associazione Nazionale Famiglie di Persone con Disabilità Intellettiva e/o Relazionale, ANPE – Associazione Nazionale dei Pedagogisti Italiani, ANPEF Associazione Nazionale dei Pedagogisti Familiari, Associazione Antigone Onlus, A.P.MA.R. – Associazione Persone con Malattie Reumatiche Onlus, Archè – Associazione di Volontariato Onlus, Archivio Disarmo – Istituto di Ricerche Internazionali, ARCIRAGAZZI, Associazione Bambinisenzasbarre Onlus, Batya – Associazione per l’accoglienza, l’affidamento e l’adozione, CamMiNo – Camera Nazionale Avvocati per la Famiglia e i Minorenni, CAM – Centro Ausiliario per i problemi Minorili, CARE – – Coordinamento delle Associazioni familiari adottive e affidatarie in Rete, Caritas Italiana, CbM – Centro per il bambino maltrattato e la cura della crisi famigliare, Coop. Cecilia Onlus, CSB – Centro per la Salute del Bambino onlus, Centro Studi Minori e Media, Centro Studi e Ricerche IDOS/Immigrazione Dossier Statistico, Cesvi Fondazione Onlus, CIAI – Centro Italiano Aiuti all’Infanzia, CISMAI – Coordinamento Italiano dei Servizi contro il Maltrattamento e l’Abuso dell’Infanzia, Cittadinanzattiva, CNCA – Coordinamento Nazionale delle Comunità d’Accoglienza, Comitato Giù Le mani dai bambini onlus, Comitato italiano per l’Unicef Onlus, Coordinamento Genitori Democratici onlus, CR.EA. “Crescere Educare Agire” – Società Sportiva Dilettantistica, CSI  – Centro Sportivo Italiano, CTM onlus Lecce, Dedalus Cooperativa Sociale, ECPAT Italia, Cooperativa Sociale E.D.I. Onlus, FederASMA e ALLERGIE Onlus – Federazione Italiana Pazienti, Associazione Figli Sottratti, FISH onlus – Federazione Italiana per il Superamento dell’Handicap, G2- Seconde Generazioni, Geordie Associazione onlus, Associazione Giovanna d’Arco Onlus, Fondazione Giuseppe Di Vittorio, Gruppo Nazionale nidi e infanzia, HelPeople Foundation Onlus, IBFAN Italia, International Adoption, IPDM – Istituto per la Prevenzione del Disagio Minorile, IRFMN – Istituto di Ricerche Farmacologiche Mario Negri, Associazione L’abilità Onlus, Fondazione L’Albero della Vita onlus, L’Altro diritto onlus, La Gabbianella ed altri animali, La Gabbianella Coordinamento per il Sostegno a distanza Onlus, La Leche League Italia Onlus, M.A.I.S. – Movimento per l’Autosviluppo l’interscambio e la Solidarietà, MAMI – Movimento Allattamento Materno Italiano Onlus, Fondazione Mission Bambini Onlus, On the Road Associazione onlus, Opera Nomadi Milano, OsservAzione – centro di ricerca azione contro la discriminazione di rom e sinti, OVCI la Nostra Famiglia, Fondazione PAIDEIA, Associazione Pollicino e Centro Crisi Genitori Onlus, Fondazione Roberto Franceschi onlus, Save the Children Italia, Associazione Saveria Antiochia – Osservatorio antimafia a.p.s., SIMM – Società Italiana di Medicina delle Migrazioni, SINPIA – Società Italiana di Neuropsichiatria dell’Infanzia e dell’Adolescenza, SIP – Società Italiana di Pediatria, SOS Villaggi dei Bambini onlus, Terre des Hommes, UISP – Unione Italiana Sport Per tutti, UNCM – Unione Nazionale Camere Minorile, Valeria Associazione Onlus, VIS – Volontariato Internazionale per lo Sviluppo, WeWorld, Fondazione Emanuela Zancan onlus, Associazione 21 Luglio.

Per ulteriori informazioni:
ufficiostampa.leeloo@gmail.com
Francesca Romana Gigli
francesca.r.gigli@gmail.com- 331.6158303
Patrizia Notarnicola
patrizianotarnicola@yahoo.it – 331.6176325

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DOPO DI NOI, ECCO LE ULTIME NOVITÀ

vita.it – «Presto e bene», aveva promesso la relatrice Anna Maria Parente e oggi il testo della legge sul dopo di noi è stato approvato dal Senato. Tra le modifiche più importanti, l’integrazione tra dopo di noi e progetti individuali, l’estensione oltre al solo trust delle agevolazioni per la destinazione del patrimonio, anche in ottica mutualistica. Subito dopo le amministrative il voto finale della Camera

L’Assemblea del Senato ha approvato il ddl n. 2232, recante disposizioni in materia di assistenza in favore delle persone con disabilità grave, la cui condizione non sia determinata dal naturale invecchiamento, prive del sostegno familiare. Il testo torna alla Camera dei Deputati. Sono stati 181 i voti a favore, 20 i no e 12 gli astenuti. Sel ha annunciato l’astensione perché «il ddl non garantisce l’assistenza domiciliare e il trust interessa soltanto poche famiglie, escludendo quelle con redditi bassi», mentre il M5S votato contro perché «il ddl prende in considerazione soltanto i disabili gravi, prevede che le prestazioni siano erogate nei limiti delle risorse disponibili, l’introduzione del trust risponde a interessi lobbistici. Obiettivo del ddl non è potenziare l’assistenza autogestita e autodeterminata, ma smantellare il welfare statale e favorire strutture private».

«Vogliamo fare presto e bene», ha ripetuto spesso durante il dibattito la senatrice Anna Maria Parente (PD), relatrice del provvedimento, consapevole dell’attesa da parte delle famiglie, di quanto si attendano nel Paese risposte concrete a bisogni urgenti. Sembrava un provvedimento blindato invece c’è stata grande capacità di mediazione, ascolto, interlocuzione fra maggioranza e opposizione e così nel passaggio dalla Camera al Senato qualche modifica è stata fatta. È stato inserito ovunque l’aggettivo “grave”, nelle finalità della legge è stato inserito il riferimento al «superiore interesse delle persone con disabilità grave», è stata superata l’esclusività del trust, aprendo ad altri tipi di investimento e di segregazione dei patrimoni rispetto alla finalità del dopo di noi, in particolare con il riferimento esplicito ai vincoli di destinazioni di cui all’articolo 2645-ter del Codice Civile e ai fondi speciali (una novità) composti di beni sottoposti a vincolo di destinazione e disciplinati con contratti di affidamenti fiduciario anche in favore di onlus che operano prevalentemente nel settore della beneficienza (vedi art. 1, comma 3 e art. 5), con tutto un dettaglio sull’atto istitutivo del trust o del contratto di affidamento fiduciario che vuole scongiurare qualsiasi utilizzo della norma per fini non legati al dopo di noi. L’articolo 1 comma 2 precisa che tutte le misure ai sensi di questa legge sono «integrate» nel progetto individuale, con il coinvolgimento dei soggetti interessati», «nel rispetto delle volontà della persona con disabilità grave, ove possibile, dei loro genitori o di chi ne tutela gli interessi» e anche l’articolo 2 ora rafforza il nesso fra la legge e quanto le Regioni dovranno fare.

Proprio ieri è stato accolto un emendamento della senatrice Laura Bignami (gruppo misto – MovX, il cui intervento ha commosso molti genitori con figli con disabilità, qui dal minuto 2.09.14) che ha inserito l’inciso «ove necessario e, comunque, in via residuale» alla lettera b), dell’articolo 4 comma 1, che prevede la realizzazione di interventi per la permanenza temporanea in una soluzione abitativa extrafamiliare per far fronte ad eventuali situazioni di emergenza. «Non si specificavano troppe cose e non si specificava il fatto di dover chiedere, dove possibile, il rispetto della volontà del disabile stesso o anche dei suoi genitori. Non era specificato che non fosse una priorità di questo fondo e aver inserito quell’inciso è importante per questi genitori perché, come potete vedere su Facebook, veniva da loro chiamato il «comma della deportazione». Questa modifica li rende quindi contenti ed, anzi, mi dicono di ringraziarvi», ha detto oggi in Aula la senatrice Bignami.

    Abbiamo rafforzato le finalità della legge attraverso l’integrazione con il progetto individuale: dal giorno dopo l’entrata in vigore della legge, i Comuni potranno integrare le volontà delle persone con disabilità e dei loro genitori per il dopo di noi in ciò che già si fa per il durante noi, nei progetti individuali, senza dover inventare strumenti nuovi, la 328 è una delle più belle leggi d’Italia
Anna Maria Parente

Soddisfatta la relatrice, Anna Maria Parente, che annuncia «l’impegno da parte del Governo perché in poche settimane questa legge sia definitiva, abbiamo lavorato insieme ai colleghi della Camera, spero possa andare in Aula già la settimana dopo le elezioni», dice. Soddisfatta perché «abbiamo rafforzato le finalità della legge attraverso l’integrazione con il progetto individuale: dal giorno dopo l’entrata in vigore della legge, i Comuni potranno integrare le volontà delle persone con disabilità e dei loro genitori per il dopo di noi in ciò che già si fa per il durante noi, nei progetti individuali, senza dover inventare strumenti nuovi, la 328 è una delle più belle leggi d’Italia», spiega, e «avere scritto in una legge che contano le “volontà” è molto importante». Il contratto di affidamento fiduciario gestito da una onlus per la relatrice è un passo avanti importante nell’ottica del mutualismo: «perché se un genitore vuole destinare parte del proprio patrimonio a un’associazione onlus in modo che questo patrimonio contribuisca in ottica mutualistica anche a dare una migliore qualità di vita di chi non ha un patrimonio, è una cosa bella».

«Non siamo riusciti a modificare l’articolo 5, come sapete, per un problema di coperture. In Aula però ho espresso il mio impegno perché questo tema delle assicurazioni in favore delle persone con disabilità sia ripreso in altri provvedimenti legislativi», conclude la senatrice Parente.

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RIFORMA DEL TERZO SETTORE, ECCO COSA CAMBIA

vita.it – A due anni dalle prime linee guida promosse dal premier Matteo Renzi si è finalmente concluso l’iter in terza lettura alla Camera col voto contrario di Sel, 5 Stelle e Forza Italia. Mancano ancora i decreti delegati ma è un giorno storico per il non profit italiano. Ecco cosa prevede la legge

È un giorno storico. A due anni dalla divulgazione delle linee guida per una riforma del Terzo settore firmate da Matteo Renzi, il disegno di legge Delega al Governo per la riforma del Terzo settore, dell’impresa sociale e per la disciplina del servizio civile universale è stato approvato alla Camera in via definitiva ed è diventato legge.
«La miglior legge?», si chideva su Facebook Riccardo Bonacina, presidente di VITA, in attesa dell’approvazione. «No, io preferivo il testo originario. Ma è la miglior legge possibile. Finalmente». Ma cosa stabilisce il testo? Una breve guida.
Una carta d’identità per il terzo settore. Cresciuto a partire dalla fine degli anni Ottanta in maniera esponenziale ed anche disordinata, riconosciuto con atti legislativi a “silos” e a strati negli anni Novanta, gli oltre 300 enti del Terzo settore per la prima volta avranno una carta d’identità unitaria. Così l’art. 1 definisce il Terzo settore: “il complesso degli enti privati costituiti per il perseguimento, senza scopo di lucro, di finalità civiche, solidaristiche e di utilità sociale e che, in attuazione del principio di sussidiarietà e in coerenza con i rispettivi statuti o atti costitutivi, promuovono e realizzano attività di interesse generale mediante forme di azione volontaria e gratuita o di mutualità o di produzione e scambio di beni e servizi. Non fanno parte del Terzo settore le formazioni e le associazioni politiche, i sindacati, le associazioni professionali e di rappresentanza di categorie economiche.” Enti che, aggiunge l’art. 2 che hanno la finalità di rendere effettivi gli art. 2, 3, 18 e 118 della Costituzione, ovvero la tutela del diritto di associazione, la valorizzazione delle formazioni sociali liberamente costituite, il riconoscimento dell’iniziativa economica privata e la sussidiarietà effettiva.
Semplificazione e riordino della normativa. Finalmente si prevede la semplificazione delle norme riguardanti lo statuto civile delle persone giuridiche (Titolo II del Codice Civile) e la stesura di un Codice del Terzo Settore che contenga disposizioni generali applicabili a tutti gli enti, individui le attività di interesse generale svolte dalle organizzazioni del terzo settore e la loro differenziazione tra i diversi tipi di ente, definisca forme e modalità di organizzazione, amministrazione e controllo, preveda il divieto di redistribuzione degli utili, determini le modalità di rendicontazione, verifica, controllo, informazione ispirate alla trasparenza e le modalità di tutela dei lavoratori e della loro partecipazione ai processi decisionali. Il Codice deve inoltre prevedere la definizione del Registro Nazionale del Terzo Settore e le modalità di iscrizione (obbligatoria per numerose categorie di enti) oltre che le forme di partecipazione all’elaborazione delle politiche pubbliche. L’Osservatorio del Volontariato e quello dell’Associazionismi di promozione sociale, lasceranno il posto a un Organismo unico denominato Cosiglio Nazionale del Terzo settore.
Revisione della normativa in materia di volontariato e promozione sociale. Viene prevista l’armonizzazione della normativa su volontariato e promozione sociale, la promozione del volontariato anche in collaborazione con il sistema scolastico e la valorizzazione dell’esperienza dei volontari in ambito formativo e lavorativo. I Centri di Servizio per il Volontariato (CSV) potranno essere gestiti non solo dalle organizzazioni di volontariato ma da tutti gli enti del terzo settore (sebbene negli organi di governo la maggioranza deve essere garantita al volontariato) e i servizi saranno erogati a tutti gli enti che si avvalgono di volontari. È inoltre prevista la costituzione di organismi di coordinamento regionali e sovraregionali con funzione di programmazione e controllo dei CSV.
Una nuova impresa sociale. Preso atto del fallimento della Legge 155/06 che introduceva la definizione di impresa sociale ma che in 10 anni ha prodotto poco più di 700 imprese, e davanti alle sfide del nuovo welfare e della gestione dei ben comuni, la Legge delega introduce importanti novità che renderanno possibile la coproduzione di beni e servizi tra non profit, Pubblica amministrazione e investitori privati. L’impresa sociale viene definita come “organizzazione privata che svolge attività d’impresa per le finalità di cui all’articolo 1, che destina i propri utili prioritariamente al conseguimento dell’oggetto sociale ma può remunerare il capitale investito nella misura pari a quanto oggi in vigore per le cooperative a mutualità prevalente, adotta modalità di gestione responsabili e trasparenti, favorisce il più ampio coinvolgimento dei dipendenti, degli utenti e di tutti i soggetti interessati alle sue attività. I settori di attività delle imprese sociali dovranno essere comprese nelle attività di interesse generale saranno stabiliti con un decreto del Presidente del Consiglio. Si prevede inoltre l’aumento delle categorie di lavoratori svantaggiati che dovrebbero comprendere anche le nuove forme di esclusione.
Servizio civile Universale. Il servizio civile universale, si aprirà ai cittadini stranieri regolarmente residenti, prevederà uno status giuridico specifico per i volontari in servizio civile e modalità di accreditamento per gli enti titolari di progetto. Il progetto avrà una durata variabile tra otto mesi e un anno con possibilità di adeguamento alle esigenze di vita e lavoro del giovane volontario, con la previsione che il servizio sia prestato in parte in uno degli Stati membri dell’Unione europea nonché per iniziative riconducibili alla promozione della pace e della nonviolenza e alla cooperazione allo svilupo anche nei Paesi extra europei. Il servizio civile potrà essere riconosciuto a fini formativi e lavorativi.
Fiscalità e sostegno economico. Viene prevista la semplificazione della normativa fiscale e l’istituzione di misure di supporto come alcuni strumenti di finanza sociale, l’agevolazione delle donazioni, la costituzione di un fondo presso il Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali, il consolidamento e una più trasparente regolazione del cinque mille. Viene però richiesta maggiore trasparenza alle organizzazioni del terzo settore.
Si prevede l’istituzione di una fondazione di diritto privato denominata Italia Sociale con lo scopo di sostenere mediante l’apporto di risorse finanziarie e di competenze gestionali, la realizzazione e lo sviluppo di interventi innovativi da parte di enti di terzo settore caratterizzati dalla produzione di beni e servizi con elevato impatto sociale e occupazionale
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ISEE APPROVATO: VECCHIE RISERVE E NUOVE ASPETTATIVE

Fishonlus.it – La Camera ha dunque approvato in via definitiva la conversione con modificazioni del decreto-legge 42/2016. Nel provvedimento – che riguarda in generale il funzionamento del sistema scolastico – è confermato l’articolo (2 sexies) che modifica l’impianto dell’ISEE introdotto su proposta del Governo e già approvato dal Senato.

“Confermiamo tutte le perplessità già espresse dopo l’approvazione a Palazzo Madama, dato che il testo non ha subito alcuna modifica – dichiara Vincenzo Falabella, presidente della Federazione Italiana per il Superamento dell’Handicap – Se da un lato le nuove norme accolgono le Sentenze del Consiglio di Stato vietando il computo delle provvidenze assistenziali per disabilità, dall’altro elimina franchigie e la possibilità di detrarre le spese per assistenza effettivamente sostenute dalle famiglie.”

In effetti con le nuove disposizioni le franchigie differenziate per gravità di disabilità e la possibilità di detrarre spese assistenziali sono soppresse e sostituite da una maggiorazione, uguale per tutte le persone con disabilità, delle scale di equivalenza, cioè del divisore che viene usato per il calcolo dell’ISEE.

“Quello che ci restituisce questa legge è uno strumento ancora meno equo e selettivo e che non riconosce appieno il costo della disabilità. Inoltre è uno strumento che crea ancora forti disparità di trattamento”, prosegue Falabella.

L’unico segnale parzialmente positivo deriva dalla contestuale approvazione di un Ordine del Giorno, presentato dall’Onorevole Margherita Miotto, che impegna il Governo ad indicare tempi certi e tempestivi per la revisione del regolamento ISEE, tenendo conto delle spese di assistenza, della presenza di pluriminorazioni, differenziando l’indicatore a seconda della gravità della disabilità e valorizzando in modo più conveniente i patrimoni accantonati per il ‘dopo di noi’. Ci auguriamo che il Governo rispetti questa indicazione approvata a larga maggioranza dalla Camera. Duole invece che non siano recepite, da parte governativa, indicazioni a favore dei minori con disabilità (esclusi dalla possibilità di redigere un ISEE ridotto) e di valorizzazione del lavoro dei caregiver familiari.”

Sui contenuti di questo Ordine del Giorno FISH investe nuove aspettative per una più razionale modificazione dell’ISEE ed è proprio su questo processo che la Federazione lancia la sua disponibilità, ma anche la sua sfida al Governo.