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SCUOLA E INCLUSIONE: VERSO UNA NUOVA LEGGE

Proprio nei giorni in cui viene lanciata una grande sfida di riforma della scuola italiana, compie un ulteriore e decisivo passo in avanti la proposta di legge sull’inclusione scolastica delle persone con disabilità.

Il Presidente della Federazione Italiana per il Superamento dell’Handicap* ne ha presentato gli elementi essenziali e lo stato di avanzamento durante la Festa dell’Unità di Orvieto . Il testo predisposto da tempo dalle associazioni per migliorare la qualità dell’inclusione scolastica è stato presentato al Ministero, ulteriormente corretto e raffinato, quindi è approdato a Montecitorio dove alcuni parlamentari l’hanno sottoscritto e depositato agli atti. È in via di pubblicazione proprio in questi giorni.

Le disposizioni che la proposta prevede potrebbero favorire la continuità didattica, oggi frenata dal diffuso precariato, creando degli appositi ruoli per i docenti per il sostegno. Vi si ribadisce anche l’obbligo di riduzione del numero di alunni per classe e del numero di alunni con disabilità nella stessa classe.

Ed ancora: l’obbligo di formazione iniziale ed in servizio dei docenti sulle didattiche inclusive, cioè quelle che consentono davvero di migliorare l’efficacia didattica nei confronti delle persone con disabilità o con bisogni educativi speciali.

“La proposta delle associazioni, ormai risorsa anche per un dibattito parlamentare, è quanto mai attuale. Esprimiamo un forte apprezzamento per l’attenzione raccolta. Fra tutti spicca l’interessamento diretto del Ministro dell’Istruzione Stefania Giannini che su questi temi si è dimostrata particolarmente disponibile. – annota Falabella – Non nascondiamo che la nostra aspettativa migliore risiede nella speranza che la proposta venga adottata direttamente dal Governo imprimendo una accelerazione e una svolta determinanti all’iter di approvazione.”

*Cui Anffas Onlus aderisce

 

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SOSTEGNO E DINTORNI: BUON INIZIO SCUOLA!

Fonte www.disabili.com – In questi giorni la grande protagonista è la scuola, non solo perché con settembre c’è il ritorno degli alunni in classe, ma anche sul piano politico è arrivata “La buona scuola”, le linee generali sulla riforma scolastica del Governo Renzi. A questo proposito, sul fronte strettamente connesso con la disabilità – quindi con il sostegno, il Governo intende agire in direzione di un rafforzamento della qualifica della figura dell’insegnante di sostegno, di modo da essere in grado di affrontare non solo situazioni di disabilità vera e propria, ma anche di difficoltà di apprendimento nelle varie sfumature (vedi DSA E BES).

Tutte cose sacrosante e importanti, ma come abbiamo avuto modo di ricordare anche recentemente, questo non basta. Uno dei problemi principali del sostegno è la mancanza di continuità didattica per questi ragazzi che pagano la mancanza di docenti specializzati per il sostegno (tanto che a più di 40.000 alunni con certificazione non potrà essere garantita la continuità didattica). Ma sono davvero tanti i punti su cui sarebbe il caso di soffermarsi, dalla necessità di rivolgersi al Tar per vedere riconosciute le ore di sostegno certificate, alla situazione delle barriere architettoniche nelle scuole, e via dicendo.

A questo punto, quindi, con l’augurio di un buon inizio di anno scolastico a tutti – alunni ed insegnanti, ma anche famiglie, operatori e assistenti -, condividiamo le “Undici cose da non dimenticare” su scuola, alunni con disabilità e sostegno, evidenziati da “Tutti a scuola”, la onlus impegnata per i diritti degli alunni con disabilità, contro ogni forma di discriminazione, che ci ricorda che:

1 .gli alunni con disabilità sono ogni anno superiori di migliaia di unità alle previsioni che il Miur registra diligentemente al momento delle iscrizioni (a.s. 2013-14: 231.500 contro i previsti 223.000)

2.gli alunni con disabilità sono in percentuale maggiore presenti in Trentino Alto Adige (6,4%), le regioni del tanto vituperato Meridione “patria dei falsi invalidi” hanno il minor numero di certificazioni di disabilità (2%) mentre la media più alta spetta al centro nord (2,3%)

3.gli insegnanti di sostegno, più presenti nelle regioni meridionali, sono sempre meno della metà degli alunni con disabilità con differenze sfumate tra le regioni

4.un alunno con disabilità spesso trascorre in classe un tempo molto inferiore all’orario scolastico dei suoi compagni (mediamente 14 ore su 30)

5.un alunno con disabilità su due vede ogni anno cambiare, alla faccia del valore pedagogico della continuità didattica ed affettiva, l’insegnante di sostegno

6.un alunno con disabilità in molte scuole, soprattutto nelle grandi città, se deve fare la pipì o mangiare una merendina rischia di non poterlo fare perché privo di assistentato materiale (!)

7.l’abbandono dall’obbligo scolastico vede, affianco ai motivi noti, la disabilità come elemento essenziale

8.nelle scuole pubbliche sono accolti oltre il 91% degli alunni con disabilità

9.gli alunni con disabilità sono per circa l’80% di tipo intellettivo

10.negli ultimi tre anni oltre 15000 famiglie italiane hanno, pagando migliaia di euro per ogni ricorso, ottenuto solo grazie alle sentenze del Tar che per i loro figli con disabilità il diritto costituzionale allo studio fosse garantito

11.gli insegnanti di sostegno nella metà dei casi sono diventati tali perché, in soprannumero nelle discipline di elezione, hanno frequentato mini corsi di formazione di poche ore o addirittura nulla (affidare i bambini più fragili ad insegnanti così formati è un po’ come decidere di farsi operare al cuore da un medico della mutua).

Buona scuola a tutti.

 

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PUBBLICHE AMMINISTRAZIONI E LAVORO: LA “CONGIURA DEL SILENZIO

Fonte www.superando.it – Parla di “congiura del silenzio”, un Lettore di Sperando.it, a proposito dei posti previsti (ma non coperti) per le cosiddette “categorie protette”, fissati dalla ben nota Legge 68/99 (Norme per il diritto al lavoro dei disabili), provvedimento certamente “storico”, in àmbito di disabilità, ma anche, per diverse ragioni, uno tra i meno applicati.

Nei giorni scorsi, tra l’altro, ha fatto particolarmente discutere una vicenda verificatasi a Chieti – in apparenza grottesca, ma in realtà un chiaro tentativo di aggirare le norme vigenti – dove il locale Centro per l’Impiego, “in applicazione” della Legge 68/99, ha offerto a un giovane con tetraparesi spastica mansioni da gruista, saldatore, carrozziere, manutentore meccanico e simili… E per fortuna – commentavamo – che la Legge 68/99 era stata incardinata proprio sul cosiddetto “collocamento mirato”…

Quella notizia aveva fatto tornare in mente a molti anche la recente Legge 125/13 – della cui approvazione questa testata si era a suo tempo ampiamente occupata – che aveva convertito con modifiche il cosiddetto “Decreto Legge di razionalizzazione della Pubblica Amministrazione”, prevedendo chiaramente che le Amministrazioni Pubbliche procedessero «a rideterminare il numero delle assunzioni obbligatorie delle categorie protette sulla base delle quote e dei criteri di computo previsti dalla normativa vigente […] [in] deroga ai divieti di nuove assunzioni previsti dalla legislazione vigente, anche nel caso in cui l’amministrazione interessata sia in situazione di soprannumerari età [grassetto redazionale]» (articolo 7, comma 6).

La realtà, purtroppo, è tutt’altra. Come sottolinea infatti Carlo Giacobini , responsabile del Servizio HandyLex.org, «le maggiori elusioni dagli obblighi di riserva interessano di fatto proprio le Pubbliche Amministrazioni, settore in cui vi è anche una notevole incertezza sulle stesse responsabilità dei dirigenti che non provvedono ad ottemperare alle prescrizioni della Legge 68/99».

Ma non solo. Per tornare infatti alla “congiura del silenzio” di cui parlava il nostro Lettore, in tale materia va registrato – eufemisticamente – un certo “credito informativo”, rispetto a dati che dovrebbero naturalmente essere di pubblico accesso e che invece risultano quanto meno difficili da reperire.

Sarebbe troppo, ad esempio, poter conoscere con certezza quale tasso di elusione vi sia in “giganti” del settore, come l’INPS o nelle stesse Aziende USL? Tra non molto, a quanto ci risulta, dovrebbe arrivare, da parte del Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali, la pubblicazione della Settima Relazione al Parlamento sullo stato di attuazione della Legge 68/99, ma si ritiene di non poterci contare più di tanto, pensando ai contenuti di quelle precedenti, in genere molto lacunosi sui dati, sulle sanzioni e sullo stesso ammontare di queste ultime nel settore privato.

C’è dunque qualcun altro che potrà aiutarci a svelare quella “congiura del silenzio” e a informare i Lettori su quelle che potrebbero addirittura configurarsi come vere e proprie “voragini di illegalità”?

 

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Me ne occupero’ io: il dopo di noi una questione che riguarda tutti

Fonte www.disabili.com Anche la Presidente della Camera Boldrini appoggia la campagna che chiede di accelerare i tempi per l’approvazione di una legge per il dopo di noi

 “E’ toccato a me, a noi”. E’ una frase, questa, che si sente spesso quando si parla di disabilità, di una disabilità che “capita” a una persona,  a una famiglia. Ma la disabilità è cosa che interessa tutti, è parte della società, e non è giusto pensarla come “peso” da sopportare soli.

Il discorso può sembrare buonista, ma non lo è. Una persona con disabilità è un elemento della collettività, e in essa va incluso, contato, considerato. Nella vita di tutti i giorni, spesso, la persona disabile è invece appannaggio semi esclusivo della famiglia, soprattutto in caso di gravi disabilità e relative esigenze assistenziali. Famiglia che se ne prende cura, famiglia che si occupa di sopperire anche le mancanze di uno Stato.
Famiglia che però non è eterna, con genitori, mariti, mogli che fin dal primo giorno hanno come chiodo fisso il “cosa ne sarà” del congiunto disabile o non autosufficiente: quando non ci saranno più chi potrà prendersene cura? I genitori muoiono, i fratelli – se ci sono – non è detto che possano o vogliano farlo. L’immensa e angosciante questione del dopo di noi è una spada di Damocle che ingiustamente e terribilmente mangia da dentro queste famiglie, già provate, già eroiche tutti i giorni. Famiglie che significa oltre due milioni e mezzo di italiani, giusto per dare un’idea in numeri.
Pretendere quindi che ci sia modo per i famigliari di guardare con serenità al futuro dei propri congiunti non autosufficienti è una richiesta di civilità, a uno Stato che non può non rispondere. Su questo fronte si dibatte da anni e da anni le famiglie si battono. Recentemente qualcosa si è finalmente mosso: a giugno è stata presentata una proposta di legge alla camera,  ora in discussione.
Primo passo importante, ma non basta ancora. Quello che si chiede ora è di FARE PRESTO. L’obiettivo ideale è quello dell’approdo a una legge entro il 3 dicembre prossimo, Giornata Internazionale della disabilità. La stessa Presidente della Camera, Laura Boldrini, ha espresso il suo sostegno alla campagna lanciata su Change.org che spinge, appunto, per l’approvazione della proposta di legge. Così la Boldrini: “Mi auguro pertanto che l’iter del provvedimento proceda speditamente affinché si giunga in tempi brevi all’esame in Assemblea, anche alla luce del fatto che su di esso sono state raccolte migliaia di sottoscrizioni di sostegno da parte dei cittadini”.
La proposta di legge è appunto sostenuta da questa campagna on line, che conta già 70.000 firme, e che lancia lo slogan significativo “Me ne occuperò io – ce ne occuperemo noi”: la società – noi tutti – si prenda carico della questione.

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Quanto vale in Italia il lavoro volontario?

Fonte www.superando.it . Più di 6 milioni e mezzo di volontari stimati operativi, oltre 4 dei quali attivi in organizzazioni: è il dato prodotto in un’indagine presentata da ISTAT, CSVnet (Coordinamento Nazionale dei Centri di Servizio per il Volontariato) e FVP (Fondazione Volontariato e Partecipazione), per la prima volta confrome agli standard internazionali, che testimonia come il volontariato sia ormai un fenomeno maturo e radicato in tutto il nostro Paese

Disegno che rappresenta alcuni settori di impegno del volontariato6 milioni e 630.000 volontari stimati operativi, di cui 4 milioni e 140.000 attivi in organizzazioni. Il Nord Italia che segna il record di tasso di volontariato (16%) e il Sud che ne ha uno più basso (8,6%).
Sono i dati principali del dossier che quantifica il lavoro volontario, pubblicato in questi giorni da ISTAT, CSVnet (Coordinamento Nazionale dei Centri di Servizio per il Volontariato) e FVP (Fondazione Volontariato e Partecipazione), con il titolo Attività gratuite a beneficio di altri, ove si svelano appunto tutti i numeri del fenomeno volontario in Italia, tratteggiandone anche le caratteristiche, come quella che vuole una percentuale molto più alta di volontari fra chi ha conseguito un titolo di studio più alto come la laurea (22,1%) e inferiore fra chi ha la licenza elementare (6,1%). O che racconta anche di un volontariato sempre più appannaggio di chi ha situazioni occupazionali stabili (14,8%) e di chi vive in famiglie agiate (23,4%).
Il report, inoltre, evidenzia il ruolo fondamentale di donne e anziani nelle attività di aiuto non organizzate e quantifica in 19 il monte ore – calcolate su quattro settimane – che in media gli italiani svolgono in volontariato le quali coincidono, se quantificate con il criterio del monte ore lavorativo, con circa 875.000 unità occupate a tempo pieno.

«Grazie a questa indagine – commenta Stefano Tabò, presidente del CSVnet – siamo in grado di conoscere meglio i “profili” di quei milioni di cittadini che ogni giorno spendono gratuitamente il loro tempo per gli altri. Il fatto poi che 4 milioni di questi preferiscano impegnarsi in organizzazioni strutturate dimostra come il volontariato sia ormai un fenomeno maturo e radicato in tutto il Paese, una realtà che il sistema dei Centri di Servizio per il Volontariato contribuisce a valorizzare con competenze e professionalità diffuse e capillari. La possibilità di equiparare i dati agli standard internazionali non può che accrescere il valore della ricerca, primo frutto di una nostra positiva collaborazione con l’ISTAT e la Fondazione Volontariato e Partecipazione».
«La quantificazione del lavoro volontario in Italia – sottolinea dal canto suo Alessandro Bianchini, presidente della Fondazione Volontariato e Partecipazione – è una sperimentazione di grande rilievo perché fornisce dei numeri che fanno comprendere più a fondo cosa rappresenti oggi in Italia il volontariato e quali siano i tratti distintivi di esso, senza togliere importanza al valore dell’aspetto umano e relazionale del volontariato stesso. Abbiamo partecipato alla sperimentazione dando il nostro contributo scientifico perché crediamo che possa rappresentare un utile strumento di analisi, approfondimento e discussione per tutti i soggetti che a più livelli operano nell’attività volontaria, dalle reti del volontariato ai decisori pubblici».
«La misurazione del lavoro volontario – conclude Edoardo Patriarca, deputato, presidente del CNV (Centro Nazionale per il Volontariato) e dell’IID (Istituto Italiano della Donazione) – quantifica in maniera dettagliata il fenomeno, misurandolo dal punto di vista del valore occupazionale. I risultati sono interessanti e si dimostra ancora una volta la solidità del fenomeno volontario la cui caratteristica principale risiede nel valore relazionale e solidale della propria opera. Senza snaturare questa chiave di lettura del volontariato – che è fondamentale, e lo si nota anche osservando i dati sulle motivazioni dei volontari italiani – la sperimentazione del “Metodo ILO” [ove ILO sta per “Organizzazione Internazionale del Lavoro”, N.d.R.] dà ulteriori e concreti spunti di approfondimento, fornendoci una motivazione strutturale in più per andare avanti con la riforma del Terzo Settore lanciata in questi mesi dal Governo, che ha fra i suoi obiettivi proprio quello di liberare queste energie sociali, economiche e culturali, fondamentali per la ripresa del nostro Paese».

E a proposito del “Metodo ILO” citato da Patriarca, va ricordato che il report presentato in questi giorni è stato realizzato nel contesto dell’indagine multiscopo Aspetti della vita quotidiana del 2013, che ha ospitato un modulo di approfondimento per implementare appunto il Manuale ILO (in italiano OIL, ovvero Organizzazione Internazionale del Lavoro), sulla misurazione del valore economico e sociale del lavoro volontario, prima rilevazione sul lavoro volontario armonizzata agli standard internazionali.
In tal senso, nel report di cui si parla nella presente nota, ci si riferisce a un’accezione ampia di volontariato, non legata solo alla partecipazione a un’organizzazione del Terzo Settore, ma anche a comitati, movimenti, gruppi informali e altro. (S.B.)

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Dopo di noi: non fate che un genitore debba desiderare la morte di un figlio con disabilita’

Fonte www.disabili.com. “Ma perché un genitore deve desiderare la morte di un figlio, un figlio con disabilità, per morire sereno dopo una vita fatta di ostacoli, barriere, burocrazia ottusa e spesso vessatoria?”
A proposito di Dopo di noi, e della legge che è stata presentata e in discussione al Parlamento, pubblichiamo le considerazioni di Marina Cometto, mamma di Claudia, ragazza con grave disabilità, che si mette a disposizione per un confronto con le istituzioni al fine di trovare la soluzione migliore a questo problema.
Sono la mamma di una ragazza, ormai devo dire donna, anche se lei è rimasta bambina di pochi mesi  per le esigenze e per la comunicazione e confronto che ha con il mondo. La sua malattia si  chiama Sindrome di Rett che in lei ha avuto effetti devastanti.
Ho letto che  la Legge per il “Dopo di noi” sta per arrivare in discussione alla Commissione Parlamentare e vorrei sollecitare con le mie considerazioni, o anche se possibile con la richiesta di audizione, chi  si troverà a decidere se e quale sostegno dare a chi rimane senza genitori e senza sostegno.
Abbiamo cercato  di offrirle il meglio, abbiamo, con le poche informazioni che si potevano avere 41 anni fa, cercato soluzioni e cure che potessero  offrirle  opportunità di riabilitazione e un futuro migliore, eravamo soli, perché la disabilità oltre gli ostacoli burocratici, medici, organizzativi famigliari porta anche alla solitudine, gli amici si allontanano seguiti spesso anche dai parenti, ma siamo comunque riusciti a rimanere famiglia cercando di offrire ai nostri figli oltre all’amore  incondizionato  la consapevolezza di essere tutti allo stesso modo amati e seguiti.
Ho dedicato la mia vita all’assistenza di Claudia quando abbiamo capito che per lei non potevamo fare altro che amarla e farla stare al meglio, cullata tra le braccia e le attenzioni di tutti noi. Quando gli altri figli sono diventati adulti è diventata il centro delle priorità per ognuno di noi, se sta bene lei stiamo bene tutti.
Non abbiamo mai  preteso né lussi, né privilegi, abbiamo avuto una vita sociale limitata ma questo non ci ha impedito di rimanere nel contesto sociale, non ci spaventano le difficoltà e ne abbiamo affrontate in silenzio molte.
Ora però da genitore consapevole devo prendere seriamente in considerazione il Dopo di Noi, l’età avanza, gli acciacchi pure, non siamo padroni della nostra vita e non sappiamo quando saremo chiamati a lasciare questo mondo, però quando capiterà voglio lasciarlo con serenità sapendo di avere  costruito il futuro di Claudia rispettando le sue necessità e quelle delle persone che  si prenderanno cura di lei.
Claudia ama la sua casa e qui deve poter rimanere anche quando noi genitori non ci saremo più, non dovrà essere ricoverata in istituto, perché anche fosse il migliore del mondo non riuscirebbe a garantirle tutte le attenzioni a cui lei è abituata e sarebbe una lenta agonia.
Perché una persona con disabilità cognitive  deve essere allontanata dalla propria casa quando i genitori non ci sono più?
Perché  non si rispettano le volontà dei genitori, e sono molti, e non si cerca di trovare un accordo che garantisca la permanenza al domicilio della persona con disabilità  anche dopo che questi genitori  com’è naturale nel percorso di ogni  vita, non ci saranno più?
La  sorella di Claudia, che desidera prendersene cura, ha il diritto però di continuare a vivere la sua vita lavorativa e a non far mancare ai suoi figli e al proprio marito le attenzioni che offre loro ora, per questo io chiedo  che sia finalmente messa in atto  correttamente  la legge 162 /98 che riconosce alle persone con disabilità gravissima di poter avere assistenza fornita dall’Ente pubblico anche per 24 ore al giorno.
Se Claudia fosse ricoverata  in una struttura sanitaria–assistenziale costerebbe alla collettività  300400 euro al giorno essendo totalmente non autosufficiente e avendo serie necessità sanitarie, cosa cambia se quella stessa cifra fosse spesa per assumere persone che l’assistono a domicilio?
Vorrei iniziare un confronto serio, costruttivo e concreto con le istituzioni a questo scopo, ASCOLTATECI,  Claudia  ha diritto  a rimanere nel contesto familiare senza dover penalizzare la sorella. Perchè  devo pensarla affidata a mani estranee, che potrebbero farle qualsiasi cosa senza che lei possa difendersi in alcun modo? (potrebbe essere dimenticata in un angolo che non potrebbe rivendicare o chiedere neppure un bicchiere  d’acqua, potrebbe subire qualsiasi abuso che non potrebbe neppure denunciare  potrebbe morire di carenza affettiva, alimentare, di pulizia e nessuno accorgersene, perché nulla può dire o fare per gridare IO CI SONO..
A un genitore non si può chiedere di sacrificare la vita di un figlio per il benessere di un altro, ma quel genitore può e deve  chiedere alle Istituzioni di poter garantire a ognuno di loro il diritto a vivere una vita dignitosa e serena  senza che  la disabilità influisca  negativamente  sulla realizzazione di questa.
Sono disponibile a spiegare, confrontarmi, impegnarmi, ma non obbligatemi a pensare che la morte  sarebbe il meglio per mia figlia dopo di noi.
Marina Cometto
combot@alice.it Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. E’ necessario abilitare JavaScript per vederlo.

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GUIDA ALLA MOBILITÀ DELLE PERSONE CON DISABILITÀ

Fonte http://sociale.corriere.it Una nuova piattaforma interattiva per promuovere la mobilità delle persone con disabilità, mobilità spesso limitata dalle tante barriere presenti nei sistemi di trasporto e nelle città.

Il sito www.anglat.it è il risultato di un progetto promosso dall’«Associazione nazionale guida legislazioni handicappati trasporti» ed è stato realizzato grazie al contributo del Ministero del Lavoro.

Nella sezione «Muoversi in Italia» si trovano le informazioni su come muoversi nelle diverse città. Cliccando sulla città che interessa, si trovano i link per: accessi ZTL (zone a traffico limitato), rilascio del CUDE (ovvero del nuovo Contrassegno Unificato Disabili Europeo), servizi di trasporto.

Sempre in home page, nell’area «Segnala la barriera» si possono segnalare barriere presenti nei servizi di trasporto pubblico.

Per leggere l’articolo integrale clicca qui