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ISEE E DISABILITÀ. UN DOSSIER AGGIORNATISSIMO SU HANDYLEX

Handylex.org – La presentazione dell’ISEE (Indicatore della Situazione Economica Equivalente) viene richiesta per l’accesso a prestazioni sociali agevolate cioè servizi o aiuti economici rivolti a situazioni di bisogno o necessità (solo a titolo di esempio: dalle prestazioni ai non autosufficienti ai servizi per la prima infanzia, dalle agevolazioni economiche sulle tasse universitarie a quelle per le rette di ricovero in strutture assistenziali, alle eventuali agevolazioni su tributi locali, all’accesso agli asili nido).

L’ISEE esiste già nella normativa italiana dal 1998, ma la sua applicazione è stata unanimemente ritenuta carente, inefficace e causa di un notevole numero di contenziosi. Da alcuni è, inoltre, stato ritenuto uno strumento scarsamente efficace nel contrasto di elusioni o abusi.

Di recente l’ISEE è stato oggetto di una nuova regolamentazione che modifica alcuni criteri e, soprattutto, intensifica i controlli preventivi e a campione e ne affida la gestione all’INPS.

In questo Dossier ne presentiamo gli elementi salienti in particolare per le persone con disabilità e i loro nuclei familiari, fornendo anche alcune simulazioni utili a comprendere diverse situazioni.

L’origine normativa dell’ISEE

La Legge 22 dicembre 2011, n. 214 (nota come manovra Salva-Italia) ha previsto, all’articolo 5, un successivo decreto del Presidente del Consiglio dei ministri e su proposta del Ministro del lavoro e delle politiche sociali, di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze. Questo decreto dovrà rivedere sia le modalità di determinazione che i campi di applicazione dell’indicatore della situazione economica equivalente (ISEE).

Si tratta di un intervento che interessa milioni di famiglie italiane: l’ISEE è idealmente uno strumento per ponderare il reddito di un nucleo familiare. Già prima della revisione in atto dei criteri di calcolo, considerava tutti i redditi IRPEF dei componenti, il 20% del patrimonio della famiglia e sottopone la somma risultante ad una scala di equivalenza: quanto più numeroso è il nucleo, tanto più basso sarà l’ISEE.

È uno strumento che ha la sua razionalità, ma che è stato viene usato negli anni solo per alcune prestazioni sociali agevolate, non per tutte. Per altre ci si riferisce al reddito IRPEF (ad esempio per le pensioni di invalidità); per altre ancora al reddito dell’interessato e del coniuge (assegno sociale).

La determinazione dell’ISEE era in precedenza disciplinata dal Decreto Legislativo 31 marzo 1998, n. 109 (e successive modificazioni e regolamentazioni).

Intervenire sull’ISEE significa, innanzitutto, modificare i suoi tre elementi costitutivi e cioè:

a) l’indicatore della situazione reddituale (ISR);

b) l’indicatore della situazione patrimoniale (ISP);

c) le scale di equivalenza per la ponderazione della composizione del nucleo.

Inoltre significa ridefinire i campi di applicazione (a quali servizi prestazioni si applica) e decidere se, in taluni casi, anziché all’ISEE dell’intero nucleo ci si debba riferire alla sola situazione del singolo cittadino che richiedere prestazioni agevolate.

Come già detto, la riforma dell’ISEE è stata fissata dalla Legge 214/2011 il cui l’articolo 5 citato fissa i seguenti principi ispiratori del successivo decreto del Presidente del Consiglio dei ministri:

  • adottare una definizione di reddito disponibile che includa la percezione di somme anche se esenti da imposizione fiscale e che tenga conto delle quote di patrimonio e di reddito dei diversi componenti della famiglia nonché dei pesi dei carichi familiari, in particolare dei figli successivi al secondo e di persone disabili a carico;

  • migliorare la capacità selettiva dell’indicatore, valorizzando in misura maggiore la componente patrimoniale, sita sia in Italia sia all’estero, al netto del debito residuo per l’acquisto della stessa e tenuto conto delle imposte relative;

  • permettere una differenziazione dell’indicatore per le diverse tipologie di prestazioni.

Rispetto invece ai campi di applicazione, il secondo periodo dell’articolo 5 rimanda al medesimo decreto del Presidente del Consiglio dei ministri che dovrà individuare le agevolazioni fiscali e tariffarie e le provvidenze di natura assistenziale che a decorrere dal 1° gennaio 2013 (termine ovviamente superato), non possono essere più riconosciute ai soggetti in possesso di un ISEE superiore alla soglia individuata con il decreto stesso.

La norma originaria rimanda alla successiva approvazione di un regolamento avvenuta con il Decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri 5 dicembre 2013, n. 159 (Regolamento concernente la revisione delle modalità di determinazione e i campi di applicazione dell’Indicatore della situazione economica equivalente (ISEE)”). È questo il riferimento normativo più rilevante poiché fissa nel dettaglio i nuovi criteri congruenti con la norma originaria.

Il DPCM citato, per rendere effettivamente applicabili le nuove disposizioni al DPCM 159/2013, ha previsto  un provvedimento del Ministero del lavoro e delle politiche sociali, di concerto con il Ministero dell’economia e delle finanze, su proposta dell’INPS, sentita l’Agenzia delle entrate e il Garante per la protezione dei dati personali – che fissa le caratteristiche e le istruzioni per la redazioni del modello di Dichiarazione sostitutiva unica (DSU), cioè il modello su cui vengono inseriti i dati per il calcolo dell’ISEE.

Questo modello è stato approvato con Decreto del Ministero del lavoro e delle politiche sociali del 7 novembre 2014 (Approvazione del modello tipo della Dichiarazione Sostitutiva Unica a fini ISEE, dell’attestazione, nonchè delle relative istruzioni per la compilazione ai sensi dell’articolo 10, comma 3, del decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri 5 dicembre 2013, n. 159.).

Trascorsi 30 giorni dalla pubblicazione del modello (e cioè 17 dicembre 2014), le DSU (Dichiarazione sostitutiva unica) possono essere rilasciate solo con i nuovi criteri. Conseguentemente anche le prestazioni sociali agevolate richieste successivamente a quella data, sono erogate sulla base dell’ISEE rivisto ai sensi del DPCM 159/2013.

Entro la stessa data (17 dicembre 2014) è fissato l’obbligo per gli enti che disciplinano l’erogazione delle prestazioni sociali agevolate (Comuni, Università ecc.) l’emanazione degli atti anche normativi necessari all’erogazione stessa delle nuove prestazioni in conformità con le disposizioni del DPCM 159/2013. Questo significa che devono fissare le nuove soglie di accesso alle prestazioni sociali agevolate di loro competenza ed eventuali criteri aggiuntivi.

 Ricorsi, sentenze e modifiche normative

Una lunga vicenda di ricorsi e modifiche normative ha distinto la fase successiva dell’entrata in vigore del DPCM 159/2013.

Il 29 febbraio 2016 la Sezione IV del Consiglio di Stato ha depositato tre sentenze (n. 838, 841, 842) pronunciandosi sul ricorso in opposizione ad altrettanti pronunciamenti emessi dal TAR Lazio il 21 febbraio 2015 (n. 2454/2015, 2458/2015 e 2459/2015).

La norma impugnata era allora il Decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri n. 159/2013 e cioè il Regolamento concernente la revisione delle modalità di determinazione e i campi di applicazione dell’Indicatore della situazione economica equivalente (ISEE).

Le sentenze del TAR Lazio, avevano respinto molti elementi sollevati dai ricorrenti, ma avevano invece accolto due contestazioni centrali nell’impianto di calcolo dell’Indicatore della Situazione Reddituale, cioè di una delle due componenti dell’ISEE (l’altra è quella patrimoniale). I tre dispositivi TAR, letti in modo combinato, stabilivano:

  • di escludere dal computo dell’Indicatore della Situazione Reddituale i “trattamenti assistenziali, previdenziali e indennitari, incluse carte di debito, a qualunque titolo percepiti da amministrazioni pubbliche” (art. 4, comma 2 lettera f); ciò significa tutte le pensioni, assegni, indennità per minorazioni civili, assegni sociali, indennità per invalidità sul lavoro, assegni di cura, contributi vita indipendente ecc.);

  • di annullare il DPCM 159/2013 nella parte in cui prevede un incremento delle franchigie per i soli minorenni (art. 4, lettera d, n. 1, 2, 3).

Nel frattempo, dal 2015, il sistema di calcolo dell’ISEE, i relativi modelli, il software, le procedure di rilascio delle certificazioni, il sistema dei controlli incrociati sono operativi con il supporto dell’INPS.

Contro le tre sentenze del TAR, la Presidenza del Consiglio dei ministri, il Ministero del lavoro e delle politiche sociali e il Ministero dell’economia e delle finanze hanno proposto ricorso presso il Consiglio di Stato. Il Consiglio di Stato, con le tre sentenze citate all’inizio, ha respinto i ricorsi confermando le tesi della I sezione del TAR del Lazio.

A fronte di queste Sentenze vi è stato un intervento normativo con la legge 26 maggio 2016, n. 89  (art. 2 sexies) che ha modificato l’impianto di calcolo dell’ISEE per le persone con disabilità in attesa di una più complessiva riforma dello strumento.

La norma prevede che:

  • non siano più computate nell’ISRE tutte le provvidenze assistenziali o previdenziali anche indennitarie che siano esenti da IRPEF; tale esclusione vale solo per le provvidenze assistenziali connesse alla disabilità;
  • che siano soppresse le franchigie per disabilità media, grave e non autosufficienza precedentemente previste;
  • che sia soppressa la possibilità di detrarre dall’ISR le spese effettivamente sostenute e dimostrabili per l’assistenza personale o l’ammontare della retta versata per l’ospitalità alberghiera per il ricovero in strutture residenziali nell’ambito di percorsi assistenziali integrati di natura sociosanitaria;
  • che sia applicata per ogni persona con disabilità presente nel nucleo familiare una maggiorazione della scala di equivalenza pari allo 0,50.

INPS, con sue disposizioni, ha fornito indicazioni operative per l’applicazione dei nuovi criteri, rilasciando anche i nuovi modelli di dichiarazione e previsto il ricalcolo di tutte le dichiarazioni precedentemente emesse entro il 10 settembre 2016 (Circolare INPS 25/07/2016 n. 13)

 

Come si calcola l’ISEE?

Nell’ISEE vigente le componenti “logiche” generali rimangono del tutto simili a quelle su cui era incardinato il precedente ISEE.

L’ISEE si calcola sommando l’Indicatore della Situazione Reddituale, il 20% dell’Indicatore della situazione patrimoniale (ISP). La somma viene divisa per i parametri delle scale di equivalenza (composizione del nucleo) che definiscono l’ISEE.

Le modifiche sostanziali riguardano:

  1. ciò che va considerato nell’Indicatore della Situazione Reddituale
  2. ciò che va considerato nell’Indicatore della Situazione Patrimoniale
  3. il diverso riferimento alla composizione del nucleo familiare a secondo del tipo di prestazioni richieste.

Ma la novità è anche più generale. Uno dei maggiori problemi applicativi fino ad oggi, e che peraltro hanno generato non poco contenzioso, risiede nel fatto che le Regioni e i Comuni operano con notevole discrezionalità nel definire i limiti e condizioni di compartecipazione alla spesa per l’accesso alle prestazioni sociali agevolate.

La volonta è di fissare nuovamente un criterio unico di calcolo e di applicazione validi su tutto il territorio nazionale: questo è chiaramente indicato nel nuovo decreto: l’applicazione dell’ISEE costituisce livello essenziale delle prestazioni, ai sensi dell’articolo 117, lettera m), della Costituzione. Quindi diventa vincolante per tutte le Regioni.

Infine un aspetto tecnico riguarda l’introduzione della possibilità di calcolare l’ISEE corrente, cioè di chiedere un “ricalcolo” dello stesso nel caso in cui in tempi più ravvicinati siano significativamente modificate le condizioni reddituali, patrimoniali o di composizione del nucleo.

 L’indicatore della situazione reddituale (ISR)

Nella normativa finora vigente vengono computati i soli redditi (complessivi) ai fini Irpef e gli eventuali proventi agrari (da dichiarazione IRAP) di tutti i componenti del nucleo familiare.

La reale novità introdotta dall’articolo 5 della cosiddetta Legge 214/2011 è l’inclusione nell’ISR della percezione di somme anche se esenti da imposizione fiscale.

Il DPCM 159/2013, conseguentemente, ampia l’elencazione di ciò che debba rientrare nella componente reddituale includendo, quindi, oltre al reddito complessivo ai fini IRPEF, anche, in sintesi:

  • i redditi soggetti a imposta sostitutiva o a ritenuta a titolo di imposta;
  • le rendite catastali dei beni immobiliari (es. abitazioni, edifici) e dei terreni;
  • il reddito figurativo delle attività mobiliari (es. titoli, azioni …);

  • assegni per il mantenimento dei figli effettivamente percepiti;
  • ogni altra componente reddituale esente da imposta, incluso i reddito da lavoro prestato all’estero tassato esclusivamente dallo Stato estero;

Come detto sopra, in seguito alle correlate Sentenze del Conisglio di Stato e alle conseguenti modifiche legislative, sono sstati esclusi dal computo dell’ISR i trattamenti assistenziali, previdenziali, indennitari erogati per la disabilità.

Tutte queste voci nella normativa previgente sull’ISEE non erano computate.

Dalla somma dei redditi e delle somme percepite, sono ammesse alcune franchigie:

  • per chi vive in affitto il valore del canone annuo previsto nel contratto di locazione per un ammontare massimo di euro 7.000 incrementato di 500 euro per ogni figlio convivente successivo al secondo;
  • per chi risiede in abitazione di proprietà sono previste franchige e detrazioni ma che incidono sull’indicatore patrimoniale e non su quello reddituale;

  • fino a 3000 euro per redditi da lavoro o assimilati, pari al 20% dei redditi stessi; in alternativa fino 1000 euro sui redditi da pensione (comprese le prestazioni assistenziali), pari al 20% dei redditi o prestazioni stesse.

 Dalla somma dei redditi, inoltre, possono essere detratte alcune spese; ricordiamo qui quelle che riguardano direttamente le persone con disabilità:

  • le spese sanitarie per disabili e le spese per l’acquisto di cani guida (detraibili in denuncia dei redditi) e interpretariato per i sordi, nonché le spese mediche e di assistenza specifica per i disabili (deducibili in denuncia dei redditi) fino ad un massimo di 5000 euro;

 Disabilità media, grave e non autosufficienza

Come già detto, le più recenti modifiche legislative hanno abrogato le franchigie differenziate, oltre che minore o maggiore età, a seconda della gravità. Tuttavia l’indicazione rimane e viene richiesta nei vigenti moduli di dichiarazione per finalità statistiche e di monitoraggio, ma anche come fonte per eventuali successive programmazione di servizi o politiche in ambito nazionale o regionale.

È però necessario spiegare cosa intenda il Legislatore per disabilità media, disabilità grave, non autosufficienza, poiché le diverse condizioni comportano un diverso trattamento. Il Ministero, nel tentare di elaborare una non facile definizione, si è “scontrato” con il ben noto marasma degli inquadramenti vigenti delle diverse invalidità.

CATEGORIE Disabilità Media Disabilità Grave Non autosufficienza
Invalidi civili di età compresa tra 18 e 65 anni Invalidi 67>99% (D.Lgs. 509/88) Inabili totali (L. 118/71, artt. 2 e 12) Cittadini di età compresa tra 18 e 65 anni con diritto all’indennità di accompagnamento (L. 508/88, art. 1, comma 2, lettera b)
Invalidi civili minori di età Minori di età con difficoltà persistenti a svolgere i compiti e le funzioni propri della loro età (L. 118/71, art. 2 – diritto all’indennità di frequenza) Minori di età con difficoltà persistenti a svolgere i compiti e le funzioni proprie della loro età e in cui ricorrano le condizioni di cui alla L. 449/1997, art. 8 o della L. 388/2000, art. 30 Minori di età con diritto all’indennità di accompagnamento ( L. 508/88, art. 1)
Invalidi civili ultrasessantacinquenni Ultrasessantacinquenni con difficoltà persistenti a svolgere i compiti e le funzioni propri della loro età, invalidi 67>99%(D. Lgs. 124/98, art. 5, comma 7) Ultrasessantacinquenni con difficoltà persistenti a svolgere i compiti e le funzioni propri della loro età , inabili 100%(D.Lgs. 124/98, art. 5, comma 7) Cittadini ultrasessantacinquenni con diritto all’indennità di accompagnamento (L. 508/88, art. 1, comma 2, lettera b)
Ciechi civili Art 4 L.138/2001 Ciechi civili parziali (L. 382/70 – L. 508/88 – L. 138/2001) Ciechi civili assoluti (L. 382/70 – L. 508/88 – L. 138/2001)
Sordi civili Invalidi Civili con cofosi esclusi dalla fornitura protesica (DM 27/8/1999, n. 332) Sordi pre-linguali, di cui all’art. 50 L. 342/2000
INPS Invalidi (L. 222/84, artt. 1 e 6 – D.Lgs. 503/92, art. 1, comma 8) Inabili (L. 222/84, artt. 2, 6 e 8) Inabili con diritto all’assegno per l’assistenza personale e continuativa (L. 222/84, art. 5)
INAIL Invalidi sul lavoro 50>79% (DPR 1124/65, art. 66 )Invalidi sul lavoro 35>59 % (D.Lgs 38/2000, art.13 – DM 12/7/2000 – L. 296/2006, art 1, comma 782) Invalidi sul lavoro 80>100% (DPR 1124/65,art. 66)Invalidi sul lavoro >59%(D.Lgs 38/2000, art. 13 – DM 12/7/2000 – L. 296/2006, art 1, comma 782) Invalidi sul lavoro con diritto all’assegno per l’assistenza personale e continuativa (DPR 1124/65 – art. 66)Invalidi sul lavoro con menomazioni dell’integrità psicofisica di cui alla L.296/2006, art 1, comma 782, punto 4
INPS gestione ex INPDAP Inabili alle mansioni (L. 379/55, DPR 73/92 e DPR 171/2011) Inabili (L. 274/1991, art. 13 – L. 335/95, art. 2)
Trattamenti di privilegio ordinari e di guerra Invalidi con minorazioni globalmente ascritte alla terza ed alla seconda categoria Tab. A DPR 834/81 (71>80%) Invalidi con minorazioni globalmente ascritte alla prima categoria Tab. A DPR 834/81 (81>100%) Invalidi con diritto all’assegno di superinvalidità(Tabella E allegata al DPR 834/81)
Handicap – Art 3 comma 3 L.104/92

 Merita un’annotazione il criterio individuato per i minori con disabilità grave. Vi si prevede che per essere considerati tali gli interessati siano titolari di indennità di frequenza e in aggiunta ricorrano le condizioni di cui a L. 449/1997, art. 8 o della L. 388/2000, art. 30. La prima norma (che si riferisce alle agevolazioni fiscali sui veicoli) indica una ridotta o impedita capacità motoria ed esclude quindi le persone con menomazioni che non siano fisiche (sensoriali o intellettive). La seconda norma (che vale sempre in materia di agevolazioni fiscali) si riferisce invece alle disabilità “psichiche e mentali) con handicap grave (art. 3 comma 3 della legge 104/1992) tali da aver determinato il diritto all’indennità di accompagnamento. Mentre il primo riferimento è praticamente superfluo, il secondo è del tutto inutile, poiché se una persona con disabilità intellettiva minorenne è titolare dell’indennità di accompagnamento ricade sotto la terza categoria e cioè quello della non autosufficienza.

 L’indicatore della situazione patrimoniale (ISP)

L’articolo 5 della Legge 214/2011 prevede che alla componente patrimoniale (mobiliare e immobiliare) sia attribuito un maggior peso nel calcolo dell’ISEE.

Nel decreto la definizione di patrimoni immobiliari (abitazioni, edifici, terreni) e mobiliari (depositi, conti correnti, titoli di stato, obbligazioni, buoni fruttiferi, azioni ecc) è molto più precisa e circostanziata di quella vigente. L’obiettivo è di fare in modo che alcuni patrimoni (in particolare mobiliari) non sfuggano al calcolo dell’ISEE. Rispetto all’ISEE precedente è stata ridotta la franchigia sulla componente mobiliare e considerato il patrimonio all’estero. Sul patrimonio mobiliare è prevista una franchigia massima di 6.000 euro, accresciuta di 2000 euro per ciascun componente del nucleo fino ad un massimo di 10.000 euro

Con riferimento agli immobili si considera patrimonio solo il valore della casa che eccede il valore del mutuo ancora in essere, mentre per tenere conto dei costi dell’abitare viene riservato un trattamento “di favore” alla prima casa. Il valore IMU è calcolato al netto dell’eventuale mutuo e di una franchigia di 52.500 euro, incrementata di 2.500 euro per ogni figlio convivente successivo al secondo. Il valore residuo dell’abitazione, così calcolato, viene abbattuto a due terzi.

Il totale dell’indicatore della situazione patrimoniale (ISP) pesa al 20% nel calcolo finale del ISE.

 Le scale di equivalenza

L’articolo 5 della Legge 214/2011 indica la volontà di intervenire sui “pesi dei carichi di famiglia” e cioè di favorire le famiglie numerose e quelle in cui sia presente una persona con disabilità. Riferendosi all’ISEE, questo significa anche una modificazione delle scale di equivalenza, cioè di quei parametri applicati a seconda del numero dei componenti del nucleo familiare (es.: tre componenti, 2,04; quattro componenti, 2,46; ecc.).

Attualmente la scala di equivalenza è la seguente.

Numero componenti Parametro
1 1,00
2 1,57
3 2,04
4 2,46
5 2,85

 

Nel decreto (DPCM 159/2013) la tabella rimane uguale a quella vigente dal 1998, ma vengono modificati i parametri aggiuntivi e cioè:

  • incremento di 0,35 per ogni ulteriore componente;
  • maggiorazioni per nuclei familiari con figli minorenni:

a) 0,2 in caso di tre figli minorenni, 0,35 in caso di quattro figli minorenni, 0,5 in caso di almeno cinque figli minorenni;

b) 0,2 per nuclei familiari con figli minorenni, elevata a 0,3 in presenza di almeno un figlio di età inferiore a tre anni compiuti, in cui entrambi i genitori o l’unico presente abbiano svolto attività di lavoro e di impresa per almeno sei mesi nell’anno di riferimento dei redditi dichiarati. L’agevolazione spetta anche nel caso di genitore solo non lavoratore con figli minorenni.

Nella sostanza i parametri aggiuntivi favoriscono maggiormente quelle famiglie la cui numerosità sia dovuta alla presenza di bambini.

La legge 26 maggio 2016, n. 89 (art. 2, sexies) ha stabilitp che sia applicata la maggiorazione dello 0,5 al parametro della scala di equivalenza per ogni componente con disabilità media, grave o non autosufficiente.

Ciò significa, ad esempio, che per un nucleo di tre persone in cui sia presente una persona con disabilità, il parametro è di  2,54 (2,04 + 0,5) e non di 2,04, restituendo, quindi, un risultato più favorevole al nucleo.

 Diversificazione dell’ISEE

Dalla lettura del decreto si possono individuare quattro diverse modalità di applicazione dell’ISEE a seconda del tipo di prestazioni agevolate.

  1. Applicazione “classica” che comprende le persone conviventi nel nucleo (con le precisazioni relative ai coniugi separati o ai genitori non conviventi) che viene applicata per la generalità delle prestazioni sociali agevolate ed è quella illustrata sopra.

  2. Applicazione “di favore” che viene prevista per le prestazioni di natura sociosanitaria;
  3. Applicazione “restrittiva” che viene prevista per le prestazioni di natura residenziale a ciclo continuativo (es. ricovero in RSA.
  4. Applicazione “antielusiva” prevista per le prestazioni relative al diritto allo studio univesitario.

 

ISEE e prestazioni socio-sanitarie

Il computo di “favore” viene previsto, come detto, per le prestazioni agevolate di natura socio-sanitaria e cioè quelle assicurate nell’ambito di percorsi assistenziali integrati di natura sociosanitaria rivolte a persone con limitazioni dell’autonomia, ovvero interventi in favore di tali soggetti:

  1. interventi di sostegno e di aiuto domestico familiare finalizzati a favorire l’autonomia e la permanenza nel proprio domicilio;

  2. interventi atti a favorire l’inserimento sociale, inclusi gli interventi di natura economica o di buoni spendibili per l’acquisto di servizi.

In questi casi (se il beneficiario è maggiorenne) il nucleo familiare preso a riferimento, è oltre che il beneficiario, il coniuge, i figli minori di anni 18, nonché i figli maggiorenni. Se questi familiari non sono presenti nel nucleo, ovviamente non vengono computati, come non vengono computati altri familiari che non siano il coniuge o i figli.

Se il beneficiario invece è minorenne per l’individuazione della composizione del nucleo familiare ci si riferisce ai genitori anche se non conviventi (e quindi ai loro redditi e patrimoni). Il che appare come una inspiegabile disparità di trattamento.

Un esempio: persona paraplegica, coniugata, con due figli minori e la suocera convivente; il nucleo di riferimento esclude la suocera e vengono computate 4 persone (parametro 2,46 + eventuali maggiorazioni).

Un altro esempio: maggiorenne con autismo, convivente con madre e padre, e due fratelli; in questo caso sono esclusi dal computo sia i genitori che i fratelli e il nucleo di riferimento è di una persona, cioè il beneficiario stesso (parametro 1 della scala di equivalenza).

Un altro esempio: minorenne con autismo, convivente con madre e padre, e due fratelli; in questo caso il nucleo di riferimento sono i genitori e i due fratelli oltre al beneficiario (parametro 2,85)

Nella sostanza non esiste più l’ISEE individuale (o estratto) come previsto – pur confusamente – dalla controversa normativa attuale.

Le nuove disposizioni tendono a favorire persone con disabilità gravi che vivono in famiglia e che, verosimilmente, non sono in grado di costituire un proprio nucleo familiare. Potrebbero al contrario essere svantaggiati, per le prestazioni agevolate socio-sanitarie – le persone con disabilità che abbiano costituito una propria famiglia.

Attenzione: è il caso di ripetere che questa modalità di calcolo dell’ISEE si applica solo alle prestazioni sociosanitarie indicate sopra. Per altro genere di agevolazioni (esempio eventuali agevolazioni tariffarie o accesso ad altri servizi), ci si riferisce alla modalità classica di calcolo (quindi intero nucleo convivente, con la precisazione sui coniugi eventualmente non conviventi).

 Prestazioni agevolate rivolte a minorenni

Una ulteriore precisazione viene fissate per le prestazioni sociali agevolate rivolte ai minorenni.

Per prestazioni sociali agevolate si intendono “prestazioni sociali non destinate alla generalità dei soggetti o comunque collegate nella misura o nel costo a determinate situazioni economiche, fermo restando il diritto ad usufruire delle prestazioni e dei servizi assicurati a tutti dalla Costituzione e dalle altre disposizioni vigenti.”

Caso tipico: retta per gli asili nido.

In questo caso il decreto entra nel dettaglio della composizione del nucleo da prendere a riferimento e precisa che il genitore non convivente nel nucleo familiare, non coniugato con l’altro genitore, che abbia riconosciuto il figlio, fa parte del nucleo familiare del figlio, a meno che non ricorra uno dei seguenti casi:

a) quando il genitore risulti coniugato con persona diversa dall’altro genitore;
b) quando il genitore risulti avere figli con persona diversa dall’altro genitore;
c) quando con provvedimento dell’autorità giudiziaria sia stato stabilito il versamento di assegni periodici destinato al mantenimento dei figli;
d) quando sussiste esclusione dalla potestà sui figli o è stato adottato il provvedimento di allontanamento dalla residenza familiare;
e) quando risulti accertato in sede giurisdizionale o dalla pubblica autorità competente in materia di servizi sociali la estraneità in termini di rapporti affettivi ed economici.

Nei primi due casi, per le prestazioni sociali agevolate rivolte ai componenti minorenni, l’ISEE è integrato di una componente aggiuntiva, calcolata sulla base della situazione economica del genitore non convivente.

Questa disposizione è volta a forzare la partecipazione alla spesa in particolari situazioni familiari e relazionali che fino ad oggi sfuggivano da tali imposizioni.

 ISEE e prestazioni erogate in ambiente residenziale a ciclo continuativo

La formula più “restrittiva” riguarda le sole prestazioni erogate in ambiente residenziale a ciclo continuativo.

In questo caso il calcolo dell’ISR è potenzialmente diverso perchè non vengono ammesse le deduzioni di spesa per l’assistenza personale (badanti).

Inoltre anche il nucleo su cui conteggiare l’ISEE ha una diversa composizione. Infatti nell’ISEE, in questo caso, si considerano, come componente aggiuntiva, tutti i figli anche quelli non presenti e conviventi nel nucleo familiare considerati “componente aggiuntiva” del nucleo originario. Il decreto entra nel merito delle modalità di calcolo di redditi e patrimoni della cosiddetta “componente aggiuntiva” cioè di come estrarre redditi e patrimoni di loro pertinenza dal loro nucleo familiare effettivo. Agevolazioni e franchigie ulteriori sono previste nel caso in cui la “componente” aggiuntiva sia a sua volta una persona con disabilità.

Per tornare alla nuova logica: si tratta di una modalità per forzare la partecipazione alla spesa dei figli degli anziani (autosufficienti e non) in caso di ricovero in istituto, Rsa ecc.

Il figlio (non convivente) non viene considerato come componente aggiuntiva nel caso in cui quando egli (oppure un componente del suo nucleo) sia una persona con disabilità o nel caso in cui risulti accertata in sede giurisdizionale o dalla pubblica autorità competente in materia di servizi sociali la estraneità del figlio in termini di rapporti affettivi ed economici.

Il DPCM introduce anche una disposizione per certi versi antielusiva che riguarda le donazioni.

La donazione di cespiti parte del patrimonio immobiliare del beneficiario avvenute successivamente alla prima richiesta delle prestazioni di ricovero continuano ad essere valorizzate nel patrimonio del donante. Allo stesso modo sono valorizzate nel patrimonio del donante, le donazioni effettuate nei 3 anni precedenti, se in favore di persone tenute agli alimenti ai sensi dell’articolo 433 del codice civile (figli, fratelli, coniuge ecc.)

Esempio: un genitore anziano fa richiesta di ricovero in istituto, e successivamente effettua una donazione della propria abitazione al figlio (magari confidando di abbassare il proprio ISEE); la rendita dell’immobile continua a pesare sul proprio ISEE e, visto che la donazione è avvenuta nei confronti del figlio, continuerebbe a pesare anche se l’avesse effettuata tre anni prima di richiedere il ricovero.

Queste disposizioni relative al calcolo per le prestazioni erogate in ambiente residenziale a ciclo continuativo sono particolarmente severe e colpiscono in particolare le persone anziane non autosufficienti e i loro familiari diretti. Rischiano di spingere inoltre verso l’alienazione immobiliare per poter contare su fonti di copertura delle spese di ricovero.

 Prestazioni per il diritto allo studio universitario

Il decreto si occupa anche delle diffuse agevolazioni in ambito universitario (riduzioni delle tasse universitarie, facilitazioni per mensa, alloggi ecc.) che sono già prevalentemente condizionate alla presentazione dell’ISEE.

Anche in questo caso il decreto tenta di contenere eventuali abusi o distorsioni precisando in modo restrittivo a quale nucleo familiare si debba fare riferimento.
Lo studente continua a far parte dello stesso nucleo dei genitori anche se vive presso una residenza diversa dal nucleo familiare d’origine (caso tipico in “fuori sede”) da meno di due anni.

 Su quali prestazioni economiche si applica l’ISEE

Come già detto, l’articolo 5 della Legge 214/2012 prevede che il decreto individui le agevolazioni fiscali e tariffarie e le provvidenze di natura assistenziale, non possono essere più riconosciute ai soggetti in possesso di un ISEE superiore alla soglia individuata con il decreto stesso.

Nel decreto sono individuate le nuove soglie solo per due tipologie di assegni di sostegno al reddito e  riguardano:

  • l’assegno ai nuclei familiari con almeno tre figli minori (nuova soglia 8.446 euro)
  • l’assegno di maternità di base che sarà concesso alle donne con ISEE inferiore a 16.737 euro.

Le soglie sono sottoposte a revisione ISTAT annuale.

Non sono fissate soglie ISEE per l’indennità di accompagnamento (oggi non c’è limite reddituale), né per le altre prestazioni assistenziali concesse agli invalidi civili, ciechi civili sordi che continuano ad essere erogate riferendosi al reddito personale.

 Come si richiede il DSU per l’ISEE

Il decreto del 7 novembre 2014 ha approvato i nuovi modelli DSU (Dichiarazione Sostitutiva Unica) e fissato le istruzioni per la compilazione. Una parte centrale nell’organizzazione del nuovo sistema risiede nelle modalità di controllo incrociato (INPS, Agenzia delle entrate) sulle situazioni reddituali e patrimoniali quindi anche controlli su conti bancari, azioni, depositi e titoli.

La stessa richiesta di rilascio dell’ISEE, come detto, va inoltrata all’INPS compilando moduli DSU diversi a seconda della prestazione richiesta o della composizione del nucleo. Ad esempio le persone con disabilità o non autosufficienti, o i nuclei di cui essi facciano parte, devono compilare alcuni moduli segnatamente predisposti per tali situazioni.

Analogamente i disabili maggiorenni che preferiscano un riferimento al nucleo ristretto (se stessi e il solo coniuge o i figli maggiorenni) nel caso di prestazioni sociosanitarie, devono usare il modulo specifico.

I moduli DSU per la richiesta dell’ISEE vanno presentati per via telematica accedendo ai servizi online dell’INPS usando l’apposito PIN (numero identificativo personale). In alternativa ci si può rivolgere ad un patronato sindacale o ad un Caf.

I moduli in sé non sono particolarmente complessi. Gran parte delle informazioni sono generate poi da INPS. INPS infatti, per elaborare l’ISEE, estrae i dati dal proprio casellario (pensioni, dipendenti, autonomi) e da quello dell’Agenzia delle entrate (dichiarazioni dei redditi).

In questo modo il richiedente non deve, ad esempio, indicare l’ammontare di pensioni o indennità di invalidità civile, ché risultano già dal casellario INPS, né spese sanitarie rilevate nella banca dati dell’Agenzia delle entrate come pure l’assunzione di una badante. INPS ha tempo 10 giorni lavorativi per rilasciare l’ISEE e completo degli elementi che ne hanno determinato il calcolo.

Nel caso il richiedente rilevasse dati errati può, entro dieci giorni dal ricevimento dell’attestazione ISEE, con un ulteriore modulo richiederne la correzione o la rettifica.

Dopo ulteriori verifiche INPS rilascia l’attestazione definitiva. Nel caso di discordanze fra quanto dichiarato dal Cittadino e quanto risultante dagli archivi e casellari, la Guardia di finanza viene incaricata di ulteriori accertamenti.

 Appliazione da parte dei Comuni e degli enti erogatori

Come noto gli enti erogatori di prestazioni sociali agevolate (esempio i Comuni, le Università ecc.) fissano, con propria deliberazione, i criteri di accesso e quindi: i destinatari delle prestazioni e le eventuali soglie ISEE per accedervi o al di sopra delle quali viene richiesta la partecipazione alla spesa.

Il DPCM 159/2013 impone che trascorsi 30 giorni dalla pubblicazione dei nuovi modelli, le DSU (Dichiarazione sostitutiva unica) possono essere rilasciate solo con i nuovi criteri. Conseguentemente anche le prestazioni sociali agevolate richieste successivamente a quella data, sono erogate sulla base dell’ISEE rivisto ai sensi del DPCM 159/2013. Entro la stessa data gli enti che disciplinano l’erogazione delle prestazioni sociali agevolate (Comuni, Università ecc.) devono emanare gli atti anche normativi necessari all’erogazione delle nuove prestazioni in conformità con le disposizioni del nuovo decreto. Questo significa che devono fissare le nuove soglie di accesso alle prestazioni sociali agevolate di loro competenza. Di fatto il limite temporale è già superato essendo i moduli approvati il 7 novembre 2014.

Di fatto molti Comuni devono ancora provvedere a fissare i nuovi criteri (soglie e limiti). Si tratta di una decisione politica e organizzativa piuttosto delicata.

Non è infatti solo una decisione che riguardi le soglie (confermare le precedenti o meno) ma che interessa anche l’accesso ai servizi e l’eventuale quantificazione della partecipazione alla spesa da parte dei cittadini.

 Domande e risposte in sintesi

Che cosa viene considerato nel nuovo ISEE?

Vengono considerati i redditi di varia natura e tutte le prestazioni monetarie erogate dallo Stato o da enti pubblici con finalità assistenziale anche se sono esenti da tassazione. Sono escluse le prestazioni assistenziali o previdenziali erogate per disabilità. Viene poi sommato il 20% del patrimonio mobiliare o immobiliare. Sono previste alcune franchigie e detrazioni.
La somma viene poi divisa per parametri diversi a seconda della composizione del nucleo familiare.

 Nel nuovo ISEE sono conteggiate anche le pensioni e l’indennità di accompagnamento?

No. Dopo le più recenti Sentenze e modifiche legislative non vengono più conteggiate

Vengono conteggiati anche gli eventuali ausili concessi alle persone con disabilità?

Assolutamente no. Si tratta di una ipotesi destituita da ogni fondamento.

Sono previste agevolazioni per le persone con disabilità?

Dopo le più recenti Sentenze e modifiche legislative viene prevista una maggiorazione dello 0,5 nei parametri della scala di equivalenza per ogni persone con diabilità presente nel nucleo.

 Si potrà ancora richiedere, almeno in alcuni casi, l’applicazione dell’ISEE personale anziché quello familiare?

No, l’ISEE familiare o (estratto), previsto molto confusamente dalla normativa precedente non esiste più. Solo per le prestazioni sociosanitarie agevolate è previsto di far riferimento, per i disabili maggiorenni, ad un nucleo familiare più “ristretto” e cioè al solo coniuge e ai figli. Nel caso questi non siano presenti, si conteggia il solo beneficiario. Ne beneficiano i disabili maggiorenni non coniugati e/o senza figli.

Quali saranno i limiti ISEE per le prestazioni agevolate?

Il decreto prevede che gli enti erogatori delle prestazioni sociali agevolate, entro 30 giorni dall’entrata in vigore dei nuovi modelli di dichiarazione DSU, rivedano i propri criteri di calcolo e i limiti ISEE precedentemente fissati. Riteniamo che, visto l’ampliamento della base reddituale e patrimoniale considerata i limiti debbano essere superiori.

 Il nuovo ISEE sarà applicato anche all’indennità di accompagnamento?

L’indennità di accompagnamento viene attualmente erogata a prescindere dal reddito del beneficiario. Il decreto non prevede alcuna novità in questo senso. L’indennità di accompagnamento continua ad essere erogata a prescindere dal reddito.

 Il nuovo ISEE sarà applicato anche pensioni di invalidità civile, cecità sordità?

Il decreto non prevede questa ipotesi. Le pensioni assistenziali per invalidità civile attualmente sono erogate riferendosi a limiti reddituali personali. Per applicare l’ISEE è necessaria un’altra specifica disposizione di legge.

In linea generale – fermo restando la valutazione sul limite ISEE ipoteticamente adottato – non è detto che questa soluzione sarebbe negativa per tutti. In alcuni casi sarebbe sicuramente motivo di perdita della provvidenza economica; in altri casi non produrrebbe variazioni; il altri casi potrebbe consentire l’accesso a prestazioni precedentemente negate (si pensi all’invalido con 17.000 euro di reddito e una moglie a carico, attualmente escluso).

 Riferimenti normativi

Circolare INPS 25 luglio 2016 n. 137

Legge  26 maggio 2016 n. 89

Decreto del Ministero del lavoro e delle politiche sociali, 7 novembre 2014

Decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri 5 dicembre 2013, n. 159

Legge 22 dicembre 2011, n. 214 (articolo 5)

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LA FISH E LA CONFERENZA DI FIRENZE: PRIMA DI TUTTO LA CONVENZIONE

Superando.it – Rapido e doveroso riepilogo introduttivo: fu la Legge 162/98 (articolo 1, comma d) a stabilire lo svolgimento, «ogni tre anni», della «Conferenza Nazionale sulle Politiche dell’Handicap». In realtà, le Conferenze da allora sono state quattro, la prima a Roma, nel dicembre del 1999, la seconda a Bari, nel febbraio del 2003, la terza a Torino, nell’ottobre del 2009 e la quarta a Bologna nel luglio del 2013.

Nel 2009, poi, la Legge 18/09, con la quale l’Italia ha ratificato la Convenzione ONU sui Diritti delle Persone con Disabilità, ha previsto, presso il Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali, la formazione dell’Osservatorio Nazionale sulla Condizione delle Persone con Disabilità, composto da rappresentanti delle Istituzioni nazionali e locali, degli istituti previdenziali, dell’ISTAT, delle confederazioni sindacali, di Confindustria e – non ultime – delle organizzazioni di persone con disabilità. Compito di tale organismo, insediatosi alla fine del 2010, è innanzitutto quello di tutelare, monitorare e promuovere l’attuazione dei princìpi sanciti sia dalla Convenzione ONU che dalla Legge Quadro sulla Disabilità 104/92. Esso, inoltre – come recita sempre la Legge 18/09 – deve «predisporre un Programma di Azione Biennale per la promozione dei diritti e l’integrazione delle persone con disabilità, in attuazione della legislazione nazionale e internazionale», documento che viene poi sottoposto all’azione del Governo. Quello prodotto nel 2013 e presentato alla Conferenza Nazionale di Bologna, è stato approvato tramite il DPR (Decreto del Presidente del Repubblica) del 4 ottobre 2013.
Arriviamo dunque all’oggi, ovvero a un paio di settimane dalla quinta Conferenza Nazionale, in programma per il 16 e 17 settembre a Firenze, al centro della quale vi sarà la discussione del II Programma di Azione Biennale, predisposto dall’Osservatorio Nazionale.
Ma come si avvicina a tale appuntamento un’organizzazione quale la FISH* (Federazione Italiana per il Superamento dell’Handicap), cui aderiscono numerose tra le più importanti Associazioni italiane di persone con disabilità e delle loro famiglie, e che vede alcuni dei suoi principali esponenti concretamente impegnati nei lavori dell’Osservatorio Nazionale? La redazione di Superando.it l’ha chiesto al presidente Vincenzo Falabella.
Con quale spirito la FISH attende l’appuntamento di Firenze?
«Molto “laicamente”. Nessuna celebrazione, nessuna critica a priori. La Conferenza è un passaggio, importante, ma non certo unico. Non è né un punto di arrivo né di partenza. Non crediamo che l’impegno nostro e di chi vi partecipa si esaurisca in due giorni. È un’occasione di confronto e come ogni confronto può essere sereno o teso, ma l’efficacia di esso la si valuta dagli esiti successivi.
Il tema centrale indicato dalla Conferenza è la discussione attorno all’ipotesi di Programma di Azione Biennale sulla disabilità che in Governo intende adottare. Il nostro tema centrale rimane invece la reale applicazione della Convenzione ONU sui Diritti delle Persone con Disabilità in Italia. E non è una distinzione fittizia».
Ma se questi appuntamenti si giudicano dagli esiti, quelli della precedente Conferenza di Bologna del 2013 non sono stati certo entusiasmanti. Il Programma di Azione annunciato in quella occasione e poi approvato dal Governo non sembra infatti avere prodotto i risultati sperati…
«Ricordo che quel Programma prevedeva 127 azioni specifiche. Di queste ne sono state condotte in porto un numero irrisorio, come ben documentato qualche tempo fa, nel dettaglio dei fatti, dal Servizio HandyLex.org. Il quadro conclusivo è desolante, ma denota anche una dispersione di responsabilità e volontà istituzionali. Ripetere che “qualcosa non ha funzionato” è un eufemismo. Non è la prima volta che lo affermiamo e lo ripeteremo a Firenze. E tuttavia sarebbe miope limitarsi a indicare la mancata applicazione del Programma…».
Intende dire che c’era da aspettarselo? Che non è poi così grave?
«No, anzi. Intendiamo denunciare che c’è di peggio. Esistesse o meno il Programma, è comunque vigente la Convenzione ONU che esige applicazione articolo per articolo. Bene: a livello di incombenze istituzionali (Governo, Ministeri, Regioni, Enti Locali), la Convenzione è in larga misura lettera morta. Ce ne facciamo ben poco delle adesioni ideali. La Convenzione va concretamente applicata.
E del resto, non siamo solo noi ad affermare questo: i richiami all’Italia da parte delle Nazioni Unite sono cronaca di queste settimane. Il nostro Paese ha dovuto rispondere a stringenti richieste arrivate dall’ONU di chiarimenti sul Rapporto ufficiale del Governo Italiano riguardante appunto l’applicazione della Convenzione e le risposte fornite non sono state certo ritenute soddisfacenti. Al contrario, il Rapporto alternativo (“Rapporto ombra”), prodotto dalle organizzazioni non governative, è stato considerato utile e illuminante dall’ONU. L’Italia è dunque in mora anche di fronte alle massime istituzioni internazionali e quindi, prima ancora del Programma, si latita sulla Convenzione».
A Firenze, quindi, la FISH sarà in opposizione?
«Non siamo “in opposizione”. La FISH agisce comunque e sempre con la forza delle idee, con la sostenibilità delle proposte e su queste si confronta, propone, controdeduce, rigetta o accoglie. Riflette e si confronta al proprio interno e poi all’esterno. Non siamo pregiudiziali nei confronti di nessuno e nemmeno succubi o compiacenti. Con questo spirito saremo presenti a Firenze.
Inoltre, diversamente da altri, non abbiamo – né vogliamo avere – rendite di posizione garantite da norme del secolo scorso che hanno fatto il loro tempo e che sono superate dalla Convenzione ONU».
La FISH ha partecipato attivamente ai lavori dell’Osservatorio Nazionale sulla Condizione delle Persone con Disabilità, attivato presso il Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali. Fra l’altro lei stesso è stato il coordinatore del gruppo dedicato alla vita indipendente e il vicepresidente della Federazione Roberto Speziale ha coordinato i lavori di un altro importante gruppo di lavoro orientato alla revisione dei criteri di accertamento della disabilità. Un suo bilancio e un giudizio?
«Serpeggia un retropensiero piuttosto distorsivo che considera l’Osservatorio come una sorta di “parlamentino” a cui partecipano soggetti diversi fra loro (istituzionali, associativi e sindacali) e che debba produrre delibere, orientamenti, pseudo-norme da assumere a maggioranza dei presenti. Ancora più paradossalmente c’è chi ritiene che i “pareri” di taluno debbano contare aprioristicamente più dei fatti o delle considerazioni esposte da altri. Noi, al contrario, riteniamo che l’Osservatorio, lungi dall’essere luogo unico di confronto o di proposta, debba essere una sede di confronto ed elaborazione – seria e rigorosa – di analisi e di proposte utili a chi deve assumere decisioni e strategie politiche congruenti con la Convenzione ONU.
Anche in questo caso vale la forza delle idee, la loro credibilità, la loro sostenibilità. Non certo il numero dei Soci di questa o quella sigla, né la popolazione di questa o quella Regione. Un fesseria rimane tale anche se espressa dal Presidente di una Federazione che conta su un indotto di 600.000 Soci, regola, questa, che vale quindi anche per il sottoscritto. Le opinioni non vanno confuse con le proposte, i fatti, le analisi. Gli ipse dixit rimangano fuori della porta!
Per quanto riguarda i lavori dell’Osservatorio, abbiamo rilevato esperienze e confronti molto positivi e produttivi, altri più disorganici e confusi, altri ancora deboli nel metodo e conflittuali. Ciò senza nulla togliere all’impegno di ognuno. Ovviamente ci riferiamo ha chi ha partecipato attivamente ai lavori e non certo a chi – pur nominato – ha presenziato solo sporadicamente agli incontri. Sul futuro Osservatorio, quindi, credo vadano condotte alcune riflessioni, sia sul metodo che sugli obiettivi e le regole».
Proprio in queste ore è giunta una presa di posizione piuttosto dura da parte dell’ANMIC, l’Associazione Nazionale Mutilati e Invalidi Civili, che ha attaccato la conduzione dell’Osservatorio in cui sarebbero mancati «l’imparzialità nella gestione dei lavori, la considerazione della rappresentatività delle associazioni dei disabili presenti nell’Osservatorio». Inoltre, sempre secondo l’ANMIC, «l’Osservatorio nazionale non dovrebbe presentare presunte monolitiche posizioni (espresse da gruppi peraltro minoritari), accreditandole come condivise da tutti i disabili, ma nei fatti supportate solo da alcuni»…
«Non ripeto le considerazioni già espresse sopra. Nelle sue dichiarazioni l’ANMIC rigetta l’ipotesi di Programma di Azione con cui il Governo si presenta a Firenze per confrontarsi. In realtà quell’ipotesi è il frutto di proposte plurime su molti aspetti, prodotte da otto diversi Gruppi di Lavoro e poi validate e riviste dal Comitato Tecnico Scientifico dell’Osservatorio. A molti di quei Gruppi l’ANMIC non risulta aver direttamente partecipato, ad esempio al Gruppo sull’inclusione lavorativa o a quello sulla vita indipendente, nel quale ha presenziato solo a un paio di incontri, come testimoniano gli stessi fogli presenza agli atti del Ministero».
Qual è allora, a suo parere, il problema reale?
«Non nascondiamoci dietro un dito né lasciamoci confondere dal polverone. Un’organizzazione come l’ANMIC non tollera l’ipotesi di revisione delle modalità di riconoscimento della disabilità contenute nel Programma e discusse all’interno dell’Osservatorio. Il Gruppo di Lavoro relativo, ricordo ancora, è stato condotto da Roberto Speziale, presidente nazionale dell’ANFFAS (Associazione Nazionale Famiglie di Persone con Disabilità Intellettiva e/o Relazionale) e vicepresidente della nostra Federazione, che ha gestito i lavori spogliandosi delle sue cariche in modo ineccepibile a detta di tutti i partecipanti (l’ANMIC, guarda caso, esclusa). Tant’è che l’ipotesi finale non è quella che la FISH avrebbe voluto. È “annacquata” rispetto all’ancor maggiore rigore che la nostra Federazione vorrebbe.
Per usare parole più chiare, l’attuale sistema di accertamento delle minorazioni civili, oltre ad essere sideralmente lontano dai principi della Convenzione ONU e dai requisiti fissati dall’Organizzazione Mondiale della Sanità (Classificazione ICF), è farraginoso, sviluppa costi e contenziosi enormi, genera disagi nelle persone, diluisce le responsabilità di chi è deputato alle valutazioni. Insomma, è insostenibile da tutti i punti di vista.
La proposta discussa all’interno dell’Osservatorio mira a superare tutto questo e una riforma radicale infastidisce chi su questi procedimenti fonda gran parte della propria presenza, grazie a rendite di posizione. Ovvio, quindi, che l’ANMIC ne sia, a dir poco, infastidita. Oggi, infatti, la normativa degli Anni Settanta consente ancora a tale organizzazione di considerare le persone una “categoria”, di avere propri medici nelle commissioni di accertamento, di ottenere, in forza di legge, i nominativi di tutte le persone che sono state accertate invalide civile. E ciò in modo coattivo, senza cioè che quelle persone ne siano state espressamente informate, abbiano espresso consenso, abbiano autorizzato la comunicazione, in barba alla Convenzione ONU e al principio di autodeterminazione delle persone. Il mondo nel frattempo è cambiato. E vorremmo cambiasse ancora di più e meglio, ma come in ogni cambiamento, le resistenze di chi non ne ha interesse sono prevedibili. Ci auguriamo pertanto che a Firenze si parli di questioni più serie che riguardano direttamente le persone e non gli interessi di pochi».
* cui Anffas Onlus aderisce.
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PLENA INCLUSION MUSIC, UN PROGETTO PER L’INCLUSIONE SOCIALE

E-include.eu – Inclusion Europe membro di Plena Inclusion, l’Associazione spagnola delle orchestre sinfoniche (AEOS) e la Fondazione BBVA (Banco de Bilbao Vizcaya Argentaria) si sono ritrovate insieme per il progetto Mosaic Sounds con la convinzione comune che la musica sia uno strumento per lo sviluppo personale e l’integrazione sociale.

Il progetto si propone di aiutare le persone con disabilità intellettiva a scoprire il loro potenziale creativo, aiutandoli a diventare compositori e interpreti in un’orchestra sinfonica.

Il programma svilupperà quattordici sinfonie attraverso numerosi workshop. In totale il progetto prevede oltre duecento musicisti che lavorano a stretto contatto con circa 300 persone con disabilità per mettere in scena un concerto conclusivo destinato a un pubblico di più di 1.000 persone.

La formazione musicale è stato messa a punto con l’aiuto di terapisti della musica, musicisti, attori e musicisti con esperienze di disabilità, le associazioni delle persone con disabilità e gli esperti in mediazione culturale.

Il progetto prevede anche la registrazione di un documentario diretto dal regista Angeles Muñiz. Questo lavoro si propone di ritrarre con precisione il processo di creazione in tutte le sue fasi: le sessioni di lavoro, i laboratori, le prove e, naturalmente, i concerti.

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70 MILIONI PER I SERVIZI DELLE EX PROVINCE, FINALMENTE LO SBLOCCO

Vita.it – Il 30 agosto scorso il Consiglio dei Ministri ha finalmente sbloccato il riparto dei contributi alle Regioni in materia di assistenza ad alunni con disabilità o in svantaggio. I 70 milioni servono per dare un contrbuto per l’anno 2016 ai servizi relativi all’assistenza per l’autonomia e la comunicazione personale degli alunni con disabilità fisiche o sensoriali e ai servizi di supporto organizzativo all’istruzione per gli alunni con disabilità o in situazione di svantaggio.

Il contributo da 70 milioni era stato previsto dalla Legge di Stabilità, grazie a un subemendamento a firma dell’onorevole Elena Carnevali. Il 21 luglio, In sede di Conferenza Unificata, si erano discussi i nuovi criteri per il riparto, con una spaccatura fra gli attori. La Campania in particolare aveva avuto una posizione fermamente contraria rispetto all’accordo che voleva ripartire il 40% delle risorse in base alla spesa media già sostenuta dalle Province e il 60% sulla base del numero degli alunni disabili nelle scuole superiori: proposta su cui alla fine Regioni, Anci e Upi avevano trovato una convergenza e che avevano presentato al Governo (qui lo schema di riparto che allora VITA era stata in grado di anticipare). La novità consiste nell’introduzione del criterio legato al numero di alunni con disabilità: l’anno scorso le risorse (15 milioni) erano state ripartite in base alla sola spesa storica.
È proprio questa la linea su cui il Governo è andato avanti, nonostante le critiche – fra gli altri – della Fish, che aveva parlato di una scelta che genera «figli e figliastri», sia perché «fissare il riparto sulla base della spesa storica è un atto miope, non equo e discriminatorio», sia perché si estromettevano le regioni a statuto speciale (Friuli-Venezia Giulia, Sardegna e Sicilia) in modo «del tutto immotivato»: il 60% sulla base del numero degli alunni disabili nelle scuole superiori di ciascuna Provincia; il restante 40% tenendo conto della spesa media già sostenuta dalle Province per svolgere le medesime funzioni nel triennio 2012-2014.
«È un provvedimento importante, significativo e atteso», ha detto il ministro per gli Affari regionali e le Autonomie, Enrico Costa. «Vi era un’oggettiva urgenza di sbloccare subito le risorse, tenendo conto delle osservazioni formulate in sede di Conferenza unificata dall’ANCI e dall’UPI. È infatti essenziale l’esigenza di assicurare continuità nell’assistenza e dare certezze e serenità alle famiglie, in vista dell’imminente inizio dell’anno scolastico».
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ECCO IL NUOVO PROGRAMMA D’AZIONE SULLA DISABILITÀ

Vita.it – È online sul sito dell’Osservatorio Nazionale sulla condizione delle persone con disabilità la proposta del Secondo Programma di Azione Biennale per la promozione dei diritti e l’integrazione delle persone con disabilità, così come predisposto dall’Osservatorio stesso con un lavoro lungo e estremamente partecipativo. La bozza (in allegato) del Programma, condivisa e approvata dall’Osservatorio il 13 luglio scorso, sarà discussa durante la prossima Conferenza Nazionale sulle politiche per la disabilità, che si terrà a Firenze il 16 e 17 settembre 2016.

Il “Programma d’Azione Biennale” è figlio dalla ratifica da parte dell’Italia della Convenzione ONU sui diritti delle Persone con Disabilità, di cui quest’anno ricorre il decennale (dicembre 2016). La Convenzione ha segnato il definitivo passaggio da una visione delle persone con disabilità come “malate e minorate” ad una visione della condizione di disabilità non come derivante da qualità soggettive delle persone, bensì dalla relazione tra le caratteristiche delle persone e le modalità attraverso le quali la società organizza l’accesso ed il godimento di diritti, beni e servizi.
Sono otto le linee di azione individuate nel Programma, le sette già individuate nel primo Programma (2013-2015), che ovviamente il nuovo Piano d’azione vuole proseguire, più una sullo sviluppo del sistema statistico e di reporting sull’attuazione delle politiche a sostegno delle persone con disabilità. Nelle prime pagine (8-10) delle 81 del Programma si trova già una esplicitazione degli interventi prioritari e riconosciuti come tali da tutti quanti sono rappresentati nell’Osservatorio – persone con disabilità e loro organizzazioni, tecnici ed esperti di settore, funzionari pubblici ed esponenti del mondo del lavoro e dell’impresa. Come dire, sappiamo tutti quel che va fatto e siamo tutti d’accordo, serve ora una precisa volontà politica per attuare un Programma che, come accade anche ad esempio al Piano Infanzia, non gode di finanziamenti propri.
La novità più grossa contenuta nel Programma è la revisione strutturale dell’attuale sistema di certificazione della condizione di disabilità, descritto come «obsoleto, complesso, generatore di possibili diseguaglianze, in ogni caso lontano dallo spirito e dalla lettera della Convenzione ONU». Il Programma d’Azione (linea d’azione 1) chiede una legge delega che affronti la tematica in modo globale, superi le norme sull’invalidità civile e la condizione di handicap e ponga le basi per una sinergia tra le responsabilità di riconoscimento della disabilità (che resterebbero a livello nazionale) e l’azione valutativa specifica delle Regioni. A queste ultime e alle loro articolazioni operative sarebbe con maggior chiarezza affidato il ruolo di accompagnare le Persone con Disabilità nello sviluppo e articolazione di un “progetto personalizzato” di intervento, con la ricomposizione di tutti i sostegni necessari all’inclusione sociale e all’esercizio dei diritti.
La linea 2, sulla vita indipendente e l’inclusione nella società, si esplicita l’obiettivo di «accelerare processi di deistituzionalizzazione e di contrasto alla segregazione e all’isolamento delle persone con disabilità», con la propsta di «assumere a riferimento per le future convenzioni o accreditamenti istituzionali di strutture la Norma UNI 11010/2016 “Servizi socio sanitari e sociali – Servizi per l’abitare e servizi per l’inclusione sociale delle persone con disabilità (PcD) – Requisiti del servizio”, vietando l’accreditamento istituzionale e, conseguentemente, qualsivoglia finanziamento diretto o indiretto a strutture potenzialmente segreganti e, sulla base di indicatori da individuare, procedere a una rilevazione sistematica e completa delle strutture segreganti, fissando un termine ultimo per congrue e adeguate dimissioni degli ospiti.
La linea di intervento 4 è dedicata all’inclusione scolastica e processi formativi. La scuola insieme a salute e lavoro è uno dei tre cardini dell’inclusione, ma sulla scuola – afferma il Programma – «molte azioni del Programma licenziato nel 2013 non risultano attuate, benché la Legge n. 107 del 13 luglio 2015 offra opportunità importanti di miglioramento dell’inclusione degli alunni con disabilità». In particolare restano «invariati» i problemi di qualità dell’istruzione, di discontinuità didattica (il 41,9% di alunni della scuola primaria e il 36,4% della secondaria di I grado hanno cambiato insegnante di sostegno rispetto all’anno precedente; il 14,7% di alunni della primaria e il 16,5% della secondaria di I grado hanno cambiato insegnante di sostegno nel corso dell’anno) non è stata ancora prevista l’attuazione e la regolamentazione dei corsi di formazione per gli assistenti per l’autonomia, gli assistenti per la cura e l’igiene personale, e gli assistenti alla comunicazione, a cura degli Enti competenti, è ancora da realizzare un piano di adeguamento di tutti gli edifici scolastici alla normativa relativa all’abbattimento delle barriere architettoniche. A questo si aggiungono nuove criticità, non messe in evidenza dal Piano precedente: non esiste una progettazione specifica per gli alunni con disabilità figli di migranti, non ci sono dati attendibili relativi all’accesso dei bambini e delle bambine con disabilità agli asili-nido e ai servizi integrativi per la prima infanzia e in vista della definizione di una formazione iniziale obbligatoria e in servizio per tutto il personale scolastico e dell’istituzione di ruoli specifici per i docenti di sostegno, previsti dalla legge 107, non è stato mai attivato un meccanismo di partecipazione strutturata, efficace, influente e prioritaria delle Organizzazioni delle Persone con Disabilità rappresentative.
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DISABILITÀ FEMMINILE E DISCRIMINAZIONI DI GENERE

West-info.eu – Gli Stati troppo spesso non riescono a rispettare i loro obblighi nei confronti delle donne e delle ragazze con disabilità. È il parere senza appello del Comitato sui diritti delle persone con disabilità delle Nazioni Unite (CRPD). “Le politiche adottate nell’ambito della disabilità sono miopi nei confronti delle donne e trascurano la differenza di genere. Al contrario, le discriminazioni ci vedono bene, e colpiscono giovani e meno giovani proprio per via del loro sesso”.

Ha detto Theresia Degener, un membro del Comitato. Per contribuire a risolvere questo problema, l’ONU ha fornito indicazioni per i 166 Paesi che hanno ratificato la Convenzione sui diritti delle persone con disabilità. Dando consigli su come possono promuovere l’empowerment delle donne con disabilità per consentire loro di partecipare a tutte le sfere della vita su base egalitaria. Le linee guida ruotano attorno a tre aree principali:
1) la violenza fisica, sessuale, o psicologica, che può essere istituzionale o interpersonale;
2) la restrizione dei diritti sessuali e riproduttivi, compreso il diritto di informazioni accessibili e comunicazione, il diritto alla maternità e alla genitorialità;
3) la discriminazione multipla.
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DISABILITÀ: POCA SOSTANZA DALLA CARTA SIA

Superando.it – Come si legge in un ampio approfondimento elaborato dal Servizio HandyLex.org «dal 2 settembre i nuclei familiari in condizioni di particolare povertà possono presentare domanda di concessione della Carta di pagamento elettronica o Carta SIA, acronimo che sta per Sostegno per l’Inclusione Attiva e che costituisce una delle misure per il contrasto alla povertà previste dalla Legge di Stabilità per il 2016 [Legge 208/15, articolo 1, commi 386 e seguenti, N.d.R.]».

Quest’ultima, si ricorda sempre in HandyLex.org, «prevede anche altri interventi di contrasto alla povertà, che però sono ancora in via definizione e di discussione al Parlamento», cosicché al momento l’unico intervento in via di attuazione è appunto quello legato alla Carta SIA, che tuttavia, secondo il portale dedicato ai diritti delle persone con disabilità, «già anticipa, per alcuni versi in modo tutt’altro che soddisfacente, alcune linee di tendenza».
In sintesi estrema, dunque, il Sostegno per l’Inclusione Attiva prevede l’erogazione di un beneficio economico alle famiglie in condizioni economiche disagiate nelle quali almeno un componente sia minorenne oppure sia presente un figlio con disabilità. In àmbito proprio di disabilità, però, fa riflettere quanto sottolineato da HandyLex.org: «Dal combinato disposto delle due tipologie di condizioni (reddituale e familiare) e dalle scale di valutazione del bisogno traspare con sufficiente evidenza come alla disabilità sia stata riservata un’attenzione solo apparente e assai poco sostanziale. Non solo: si sono considerate di fatto le provvidenze assistenziali, quali l’indennità di accompagnamento, come una misura di compensazione del reddito e non già come forma appunto indennitaria per servizi non resi. Si è pertanto molto lontani dal considerare la disabilità come uno dei primi determinanti dell’impoverimento e della povertà. E quindi dell’esclusione sociale».