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Autismo. Stanziato il più grande finanziamento per lo studio dei disturbi del neuro sviluppo

Fonte www.disabili.com – Lo studio internazionale AIMS-2-Trials cercherà  di comprendere anche perché alcune persone autistiche sviluppino problemi di salute aggiuntivi che hanno un impatto grave sulla qualità e durata della loro vita

Il più grande finanziamento (115 milioni di euro) per la ricerca scientifica nell’ambito dei disturbi del neurosviluppo è stato assegnato dall’Innovative Medicines Initiative a un consorzio internazionale guidato dall’Istituto di Psichiatria, Psicologia e Neuroscienze (IoPPN) del King’s College di Londra, al quale partecipa anche l’Italia. Partner italiano del consorzio è l’equipe guidata dal Prof. Filippo Muratori, direttore dell’unità operativa di Psichiatria dello Sviluppo del IRCCS Fondazione Stella Maris di Calambrone e docente dell’Università di Pisa, che si occupa da anni di bambini autistici e delle loro famiglie.

AUTISMO E QUALITA’ DELLA VITA – Lo studio si intitola “Autism Innovative Medicine Studies-2-Trials (AIMS-2-Trials)” e ha l’obiettivo di accrescere la conoscenza dell’autismo e contribuire a sviluppare nuove terapie per migliorare lo stato di salute e la qualità della vita delle persone autistiche.
Il professor Declan Murphy, responsabile del progetto e direttore del Sackler Institute for Translational Neurodevelopment presso l’IoPPN del King’s College di Londra afferma: “Molte persone autistiche vanno incontro ad una bassa qualità di vita, tuttavia la ricerca sull’autismo riceve molto meno investimenti rispetto ad altre condizioni che limitano l’aspettativa e la qualità della vita, come il cancro o la demenza. Questo finanziamento ci consentirà di colmare il divario tra le conoscenze biologiche e la clinica offrendo approcci personalizzati nei confronti dei problemi che incidono in modo severo sulla vita delle persone autistiche“.

LE COMORBILITA’ NELL’AUTISMO – Più di 1 persona su 100 è autistica. Oltre alle caratteristiche principali dell’autismo, molte persone autistiche lottano con gravi comorbidità, come l’epilessia, l’ansia e la depressione, e l’aspettativa di vita delle persone autistiche si può ridurre fino a 30 anni. Tuttavia, le cause dell’autismo e delle difficoltà ad esso associate rimangono in gran parte sconosciuti ed esistono pochissime terapie efficaci e appropriate per l’autismo.
AIMS-2-Trials riunirà le persone autistiche e le loro famiglie, le istituzioni accademiche, le associazioni benefiche e le aziende farmaceutiche per studiare l’autismo e fornire un’infrastruttura per lo sviluppo e la sperimentazione di nuove terapie. In linea con le priorità della comunità delle persone con autismo, il consorzio si concentrerà anche sul perché alcune persone autistiche sviluppino problemi di salute aggiuntivi che hanno un impatto grave sulla qualità e sulla durata della loro vita.

L’APPROCCIO DI STUDIO – Tutte le persone autistiche sono diverse e questo rende difficile identificare e testare nuove terapie. AIMS-2-Trials adotterà come approccio quello della medicina di precisione volto a personalizzare le terapie sulla base del profilo biologico individuale. Per raggiungere questo obiettivo sarà necessario sviluppare test in grado non solo di individuare precocemente l’autismo ma anche di prevedere la sua progressione nel tempo e la probabilità di insorgenza di ulteriori problemi di salute mentale.
AIMS-2-Trials darà vita alla prima rete europea di studi clinici sull’autismo, oltre a consentire collaborazioni internazionali con enti no profit, agenzie governative e industrie per determinare rapidamente se le terapie sono efficaci. La collaborazione con le persone autistiche, le loro famiglie e i loro accompagnatori sarà parte cruciale per lo sviluppo di terapie che migliorino l’outcome e che riguardino molte persone con autismo.

I FINANZIAMENTI – Attraverso l’Innnovative Medicines Initiative (IMI), i finanziamenti dell’Unione europea sono sostenuti anche da contributi devoluti dagli enti di beneficenza  che operano a favore delle persone con autismo e dall’industria farmaceutica, con quasi 60 milioni di euro da parte dalle associazioni di beneficenza e 2,5 milioni di euro dalla Federazione europea delle industrie e delle associazioni farmaceutiche (EFPIA). Il progetto ha ricevuto finanziamenti dall’IMI-2 (numero 777394) e ha beneficiate del supporto da parte del programma di ricerca e innovazione dell’Unione Europea Horizon 2020, dell’EFPIA, della Fondazione Simons, di Autism Speaks e di Autistica, un ente di beneficienza inglese per la ricerca sull’autismo.

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Decreto inclusione ed assegnazione delle risorse per il sostegno: in arrivo importanti novità

Fonte www.disabili.com – Dal primo gennaio 2019 saranno attivi i Gruppi per l’inclusione territoriale (GIT), chiamati a verificare le richieste delle scuole e a proporre la quantificazione delle risorse di sostegno

Il D. Lgs. n. 66/17, Norme per la promozione dell’inclusione scolastica degli studenti con disabilità introduce, all’art. 9, notevoli cambiamenti nei gruppi di lavoro per l’inclusione scolastica rispetto a quanto previsto dall’art. 15 della L. 104/92, che sostituisce. In particolare, i commi 4-7 prevedono che per ogni ambito territoriale venga istituito un Gruppo per l’inclusione territoriale (GIT). Si tratta di un gruppo che sarà composto da un dirigente tecnico o scolastico (che lo presiede), da tre dirigenti scolastici dell’ambito territoriale, da due docenti per la scuola dell’infanzia e il primo ciclo di istruzione e da uno per il secondo ciclo di istruzione, nominati con decreto dell’USR.  Il GIT riceverà dai dirigenti scolastici le proposte di quantificazione delle risorse di sostegno didattico, le verificherà e formulerà la relativa proposta all’USR. Per lo svolgimento di ulteriori compiti di consultazione e programmazione delle attività e per il coordinamento degli interventi di competenza deidiversi  livelli  istituzionali  sul territorio, il GIT sarà integrato dalle associazioni rappresentative delle persone con disabilità, dagli Enti locali e dalle ASL.

L’aspetto che ci preme sottolineare, come abbiamo già evidenziato in passato, è la procedura di assegnazione delle risorse per il sostegno, che appare alquanto farraginosa, dal momento che vi sarà l’intermediazione di un nuovo gruppo, il GIT, tra le richieste dei dirigenti e l’assegnazione delle stesse da parte degli uffici scolastici. Il ruolo del GIT appare burocratizzante e ciò certamente non aiuterà l’ottimizzazione dei tempi per l’assegnazione delle risorse. Non solo. Si tratta di un gruppo che non conosce concretamente gli alunni, le classi, le risorse disponibili, il contesto. Non mancano gli interrogativi sul valore aggiunto che esso potrà apportare. In qualche modo pare delegittimare il ruolo delle scuole e dei dirigenti nella quantificazione delle richieste, in ottica di controllo e razionalizzazione. Il GIT dovrà essere attivo dal 1 gennaio 2019 ed avrà dunque un ruolo fondamentale nella definizione delle risorse per il sostegno didattico, come proposte dalle singole scuole, poiché avrà il compito di verificarle.

Cosa vuol dire verificare in tale contesto? Come sarà fatto? Molti interrogativi giungono dalle stesse famiglie che in passato hanno presentato ricorso ai tribunali amministrativi per ottenere ore di sostegno in deroga. Se la quantificazione dei fabbisogni va inserita nei PEI, se i dirigenti scolastici formulano le richieste in base a tale quantificazione, quale ruolo può avere il GIT se non quello di controllare che tali richieste siano coerenti col fabbisogno? In base a cosa stabilità tale coerenza?  E soprattutto, se sarà il GIT ad avere l’ultima parola nella definizione della proposta da presentare agli uffici scolastici, cosa potranno fare le famiglie nel caso vengano assegnate poche risorse rispetto a quanto richiesto? Si apre forse una nuova stagione di ricorsi contro nuovi soggetti?

Anche Ernesto Ciraci, presidente del Movimento insegnanti di sostegno a tutela degli alunni con disabilità (MIsos) nutre profonde perplessità e preoccupazioni in merito alla nuova procedura nell’assegnazione e quantificazioni delle ore di sostegno affidata al GIT: tale organo di nomina burocratica è composto da tecnici che non hanno nessuna conoscenza diretta dell’alunno, per tanto si opera un preoccupante cambio di rotta con la precedente normativa che prevedeva invece  la quantificazione delle ore di sostegno attraverso il PEI così come previsto dal comma 5 art. 10 della Legge n 122/10. La grande paura consiste nel fatto che attraverso questa nuova procedura ci possa essere “un risparmio” sul numero delle ore per motivi di bilancio, che proviene da un organo che non conosce oggettivamente e direttamente i bisogni dei nostri alunni. Il nostro auspicio è che il nuovo governo prima dell’entrata in vigore della nuova procedura, apporti dei correttivi a tutela del diritto allo studio per gli alunni con disabilità, rintroducendo il comma 5, art. 10 della legge n 122/10 ossia la quantificazione delle ore tramite PEI, peraltro come stabilito anche dalla stessa Legge 104/92.

APPROFONDIMENTI

Gruppo per l’Inclusione Territoriale

In disabilicom

La “nuova” inclusione: cosa cambia?

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In Calabria si spende più per gli eventi che per il welfare

Nel solo 2016, la spesa pro capite messa in campo dai Comuni per far fronte alle rette di ricovero in strutture per anziani, minori e portatori di handicap è stata ben 11 volte inferiore alla media italiana

Fonte http://www.vita.it/it/article/2018/06/21/in-calabria-si-spende-piu-per-gli-eventi-che-per-il-welfare/147299/ – Esiste un divario territoriale e un dualismo Nord-Sud anche in materia di assistenza alle persone con fragilità. Sono i comuni friulani, infatti, con una spesa pro capite pari a 63,37 euro, a collocarsi sul podio delle amministrazioni comunali maggiormente “sensibili” per la spesa indirizzata alle rette di ricovero in strutture per anziani, minori e portatori di handicap seguiti dai comuni laziali (46,83 euro pro capite) e dai comuni lombardi (39,33 euro pro capite). Sul versante opposto, maglia nera agli enti locali valdostani, che spendono 1,34 euro per ogni cittadino, seguiti da quelli calabresi e campani rispettivamente con un “esborso” pro capite pari a 2,13 euro e a 3,75 euro.

È quanto emerge da una Nota scientifica dell’Istituto Demoskopika che, da un lato, ha misurato, seppur in maniera preliminare, l’operato delle amministrazioni comunali in materia di assistenza alle categorie più fragili attraverso le voci di spesa riguardanti le “Rette di ricovero in strutture per anziani/minori/handicap ed altri servizi connessi” e, dall’altro, ha generato un confronto con le risorse destinate alle organizzazioni e alle manifestazioni di fiere, eventi e convegni.

«Abbiamo volutamente scelto due categorie di spesa così distanti tra loro», spiega Federica Roccisano, responsabile del dipartimento Welfare dell’Istituto Demoskopika, «proprio per misurare la sensibilità degli amministratori locali al momento della ripartizione delle spese nei bilanci comunali e della liquidazione dei mandati. È opportuno, infatti, sottolineare che mentre la spesa per il cosiddetto loisir, e quindi l’organizzazione di fiere ed eventi, è una spesa opportuna sì per creare sviluppo locale e attivare manifestazioni culturali ma non obbligatoria, la spesa per l’assistenza delle persone più fragili», precisa ancora Federica Roccisano, «è obbligatoria ai sensi della legge nazionale 328/2000, prevedendo che i Comuni siano titolari della gestione di interventi e di servizi socio-assistenziali a favore dei cittadini».

«In questo quadro, la spesa per il servizio, e quindi, il livello di compartecipazione alla retta, è vincolata alle disponibilità di bilancio degli enti e alla programmazione delle priorità scelte dalla politica al momento della composizione del bilancio. È in virtù di questo ultimo aspetto, della scelta su cosa rendere prioritario al momento della ripartizione della spesa, pertanto», conclude la responsabile del del dipartimento Welfare dell’Istituto Demoskopika, «che le due voci di spesa diventano comparabili tra loro e utili quali indicatori preliminari del livello di sensibilità dei decisori politici e della pubblica amministrazione in generale».

E dallo studio, inoltre, emerge che se per la voce dedicata agli eventi e alle manifestazioni fieristiche la media nazionale è di 3 euro e gli enti comunali nelle varie regioni mantengono livelli di spesa compresi tra un minimo di 2,05 euro per i comuni piemontesi e un massimo di 9,07 euro per i comuni friulani, il divario in materia di rette e, quindi, di assistenza ai più fragili, è molto più ampio, con una media nazionale pari a 24,01 euro pro capite e livelli massimi e minimi molto distanti tra loro.

Un ulteriore orientamento significativo è che i comuni valdostani e calabresi non solo hanno una spesa pro capite destinata alle politiche sociali molto più bassa di quella dei comuni più sensibili, ma spendono addirittura di più per l’organizzazione delle fiere e degli eventi che per l’assistenza alle persone con fragilità.

In particolare, eccezion fatta per la provincia di Catanzaro che ha “investito” 6,63 euro pro capite per le rette a fronte di 2,72 euro per gli eventi, in tutti gli altri sistemi provinciali calabresi i pagamenti rilevati per l’organizzazione di eventi, fiere e convegni risulta prevalente: Reggio Calabria ha speso 0,16 euro per le rette e 1,78 euro pro capite per gli eventi; Cosenza ha speso 2,03 euro per le rette e 3,04 euro pro capite per gli eventi; Vibo Valentia ha speso 0,61 euro per le rette e 1,24 euro pro capite per gli eventi. Infine, le realtà comunali della provincia di Crotone hanno emesso mandati per 0,80 euro per l’assistenza sociale a fronte di euro 2,68 per le manifestazioni culturali.

Tuttavia, occorre precisare che nell’Ente regionale della Valle D’Aosta una parte corposa di servizi sociali è gestita direttamente dalla Regione con un intervento di 17 milioni di euro (dato 2015) che rapportati ai residenti della regione corrispondono a 133 euro per abitante. Mentre la Regione Calabria, dove ancora oggi c’è un confronto istituzionale in corso sull’applicazione della legge 328/2000 e sul passaggio effettivo delle deleghe ai comuni nella gestione delle politiche sociali, nel 2016 ha speso 35 milioni di euro per servizi di assistenza alle persone con fragilità, un valore pari a 18,24 euro pro capite, ancora molto distante dai livelli di spesa delle aree più sensibili.


Alcune precisazioni metodologiche
Per valutare il livello di sensibilità delle governance locali sono state individuate quali termini di confronto due voci spesa: le “Rette di ricovero in strutture per anziani/minori/handicap ed altri servizi connessi” e la spesa destinata alle organizzazioni e manifestazioni di fiere e convegni. In entrambi i casi abbiamo utilizzato i dati SIOPE, relativi al 2016, il sistema di rilevazione telematica degli incassi e dei pagamenti effettuati dai tesorieri di tutte le PA (amministrazioni centrali e locali, università, ASL e altri enti pubblici, come Enti di ricerca, di previdenza, gestori di parchi, etc.) e che nato dalla collaborazione tra la Ragioneria Generale dello Stato(RGS), la Banca d’Italia e l’ISTAT.

Nel primo caso, quello delle rette per l’assistenza di anziani/minori/handicap, i Comuni compartecipano alle spese degli utenti mediante convenzioni con le strutture e/o attraverso bandi dedicati all’attivazione di servizi e al ricovero degli utenti. Nel secondo caso, le scelte delle amministrazioni possono prevedere spese di fiere ed eventi organizzate direttamente dal Comune o l’attivazione di bandi e manifestazioni di interesse per associazioni culturali e altri beneficiari.

Per meglio consentire una confrontabilità tra realtà regionali differenti, infine, i dati rilevati sono stati successivamente rapportati alla popolazione residente in ciascuna regione per ottenere i valori pro capite.

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Non semplici disservizi, ma vere discriminazioni per cui chiedere giustizia

Fonte www.superando.it – Quante volte i bagni di un locale pubblico sono inaccessibili oppure chiusi per via di una cattiva organizzazione? Nel caso però di una persona con disabilità recatasi in un Autogrill e rivoltasi poi alla SIDIMA (Società Italiana Disability Manager), c’è un fatto nuovo ed è che si può avere giustizia, ottenendo anche un risarcimento. «Siamo così abituati a subire disservizi di ogni genere che li riteniamo “normali” e irrisolvibili – commenta Rodolfo Dalla Mora, presidente della SIDIMA – e invece anche queste sono discriminazioni, per le quali possiamo ottenere giustizia»

Una persona in carrozzina viaggia su un’autostrada del Nord Italia; decide per una sosta in Autogrill, rigorosamente uno di quelli contrassegnati dal simbolo dell’accessibilità. Il locale, in effetti, è senza barriere architettoniche, e il bagno pure, ma… Ma non ci si può entrare! Infatti, le chiavi del bagno per disabili sono state affidate agli operatori delle pulizie, i quali però si recano nella struttura solamente in determinate fasce orarie. Quando loro non ci sono, in quel bagno non si va!

Quante storie come questa di ordinaria discriminazione nei confronti delle persone con disabilità si potrebbero raccontare? Quante volte succede loro di non trovare bagni accessibili o, in modo ancor più assurdo, di trovarli chiusi per via di una cattiva organizzazione?
Questa volta, però, c’è un fatto nuovo ed è che si può avere giustizia, ottenendo anche un risarcimento, oltre alla soluzione del problema.
Nel caso specifico, infatti, la persona coinvolta ha chiesto aiuto al Servizio Legale Antidiscriminazione della SIDIMA (Società Italiana Disability Manager), che ha preso in carico la situazione tramite l’avvocato Dirk Campajola. Il legale ha dapprima inviato alcune raccomandate alla Società Autogrill, poi, non ricevendo alcuna risposta, ha deciso di depositare un ricorso per discriminazione ai sensi della Legge 67/06 (Misure per la tutela giudiziaria delle persone con disabilità vittime di discriminazioni).
Non c’è stato però bisogno di arrivare al Tribunale: a quel punto, infatti, Autogrill, vedendosi citata in giudizio, ha risposto, preferendo raggiungere un accordo per evitare di andare davanti al Giudice. Oltre quindi a garantire la consegna delle chiavi del bagno al personale del bar, la relativa transazione ha accordato al ricorrente 600 euro di risarcimento, comprensive delle spese legali.

«Transazioni del genere avvengono di frequente – sottolinea Rodolfo Dalla Mora, presidente della SIDIMA – perché le aziende preferiscono evitare lunghi e costosi procedimenti legali, specie quando il loro errore è palese. Purtroppo, poche persone lo sanno: siamo così abituati a subire disservizi di ogni genere che li riteniamo “normali” e irrisolvibili, e ci rassegnamo a sopportarli. Invece anche questi disservizi sono discriminazioni, vietate dalla Legge, per le quali possiamo ottenere giustizia».

Ma quanto costa difendere i propri diritti? Accade infatti che molte persone preferiscano  “passar sopra” a episodi come questo, perché spaventate dai tempi, i costi e lo stress di un’azione legale. «Dobbiamo sfatare questo mito – dichiara Dalla Mora – dal momento che spesso i risarcimenti accordati includono anche le spese legali, per cui il cittadino alla fine non spende niente, anzi magari gli resta in tasca qualcosa».
Com’è ovvio, però, dipende sempre dal caso specifico e proprio per questo il Servizio Legale della SIDIMA offre gratuitamente ai propri Soci una valutazione del caso, nonché l’invio della prima lettera di diffida, che a volte è sufficiente a “motivare” la controparte verso la risoluzione del problema.

E se invece la controversia si protrae? Tra scambi di raccomandate e fissazioni di udienze, possono passare anche diversi mesi. «È comunque meno tempo – puntualizza il Presidente della SIDIMA – di quello che spendiamo inviando lettere di protesta in prima persona e facendo pressioni che non ottengono ascolto, Con la differenza, inoltre, che la persona discriminata non ha grosse incombenze: può essere dunque un alleggerimento anche psicologico». «Insomma – conclude – istituendo un nostro Servizio Legale abbiamo voluto dare un’opportunità in più ai cittadini, per l’effettiva attuazione dei loro diritti, che troppo spesso rimangono solo sulla carta». (S.F. e S.B.)

Per ulteriori informazioni e approfondimenti: Ufficio Stampa SIDIMA (Salvatore Ferragina), stampa.sidima@gmail.com.
Per informazioni specifiche sul Servizio Legale della SIDIMA: serviziolegale.sidima@gmail.com.

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“Da assistiti a contribuenti”, ecco i lavoratori con sindrome di Down

Fonte www.redattoresociale.it – Il lavoro delle persone con disabilità non è solo un diritto o una “terapia”, ma può e deve essere una vera e propria risorsa produttiva, economica e sociale: è quanto intende affermare e dimostrare il progetto “Lavoratori con sindrome di Down: da assistiti a contribuenti”, della durata di 12 mesi, proposto dall’Associazione italiana Persone Down onlus e finanziato dal Dipartimento per le Pari Opportunità.

Obiettivi principali dell’iniziativa sono: creare lavoro attraverso la formazione di operatori specializzati negli inserimenti lavorativi, aumentare la consapevolezza delle persone con sindrome di Down sulle proprie potenzialità di futuri lavoratori e sensibilizzare le aziende presenti sul territorio. Il progetto coinvolge 9 operatori, 18 persone con sindrome di Down e loro famiglie di 9 sezioni Aipd di 6 regioni italiane (Belluno, Cosenza, Frosinone, Grosseto, Latina, Oristano, Potenza, Roma, Vulture).

Secondo un’indagine condotta da Aipd nel 2017 su 51 delle proprie sezioni, su 1.374 persone con sindrome di Down maggiorenni aderenti alla rete, solo 168 (il 12% circa) lavora con un regolare contratto.

Il progetto prevede una serie di azioni: consulenza, informazione e formazione in presenza (incontri di formazione per familiari, percorsi di orientamento e formazione per giovani con sindrome di Down) e a distanza (tramite corso online e telefono), azioni di sensibilizzazione del mondo aziendale/istituzionale e monitoraggio e tutoraggio in situazione e l’avvio di nuovi servizi di inserimento lavorativo (SIL) presso le sezioni che ne sono sprovviste.

“Tali azioni – spiega Monica Berarducci, responsabile dell’Osservatorio sul mondo del Lavoro di Aipd nazionale – coinvolgeranno direttamente le organizzazioni partecipanti rendendole protagoniste, con l’obiettivo di scardinare il pregiudizio che consiste nel pensare che l’inserimento lavorativo delle persone con sindrome Down è solo un’opportunità ‘occupazionale’ o terapeutica, quindi un peso per l’impresa e non un contributo alla produttività aziendale. Importante anche il lavoro sulle famiglie, che per prime concepiscono ancora il proprio figlio come un bambino o il suo inserimento lavorativo come un modo per occupare il ‘tempo’, con un atteggiamento assistenziale ed iperprotettivo che limita l’acquisizione dell’identità adulta/lavorativa e l’emancipazione in generale”.

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Tutti hanno l’imperativo morale di sostenere i diritti delle persone con disabilità

Fonte www.un.org – “Cementare e proteggere i diritti di circa 1,5 miliardi di persone in tutto il mondo in conformità con la Convenzione sui Diritti delle Persone con Disabilità è un imperativo morale”, ha dichiarato il segretario generale delle Nazioni Unite, António Guterres, martedì scorso.

Stava affrontando una conferenza dei firmatari della Convenzione presso il quartier generale delle Nazioni Unite a New York, descrivendolo come uno dei trattati internazionali sui diritti umani più ampiamente ratificati, il quale ribadisce che le persone con disabilità hanno diritto allo stesso trattamento di chiunque altro.

“Ma firmare e ratificare la Convenzione non è abbastanza. L’implementazione è essenziale “, ha affermato Guterres. “Le società devono essere organizzate in modo che tutte le persone, incluse quelle con disabilità, possano esercitare liberamente i propri diritti”.

Il Segretario Generale ha sottolineato che i paesi applicano la Convenzione alle loro politiche di sviluppo, agli investimenti e ai sistemi legali, che rappresenta un passo importante “se vogliamo rispettare l’impegno centrale dell’Agenda 2030 per lo sviluppo sostenibile: non lasciare nessuno indietro”.

“Non possiamo permetterci di ignorare o emarginare i contributi di 1,5 miliardi di persone”, ha affermato, sottolineando che è necessario fare di più per le persone con disabilità per partecipare pienamente alla società.

Le persone con disabilità spesso affrontano spesso discriminazioni, stereotipi e mancanza di rispetto per i loro diritti umani fondamentali – con donne e ragazze colpite in modo sproporzionato.

“Ogni minuto, più di 30 donne sono gravemente ferite o hanno delle disabilità durante il parto”, ha spiegato il capo dell’ONU.

Inoltre, donne e ragazze con disabilità affrontano molteplici ostacoli all’accesso all’istruzione, ai servizi sanitari e ai posti di lavoro.

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Verso un reale contrasto alla segregazione delle persone con disabilità?

Fonte www.superando.it – «La Relazione del Garante riconosce come fondate e legittime le istanze e gli approfondimenti che riproponiamo con insistenza negli ultimi anni in materia di segregazione delle persone con disabilità»: così Vincenzo Falabella, presidente nazionale della FISH, commenta i contenuti della Relazione Annuale elaborata da Mauro Palma, Garante Nazionale dei Diritti delle Persone Detenute o Private della Libertà Personale. «Forse – aggiunge Falabella – potremmo essere davvero all’avvio di un reale contrasto alla segregazione delle persone con disabilità e di garanzia della loro vita indipendente»

«Quello del 15 giugno è stato un giorno importante per la nostra Federazione, durante il quale sono state condivise e riconosciute come fondate e legittime le istanze, le rivendicazioni, le proposte, gli approfondimenti che riproponiamo con insistenza negli ultimi anni in materia di segregazione delle persone con disabilità. È stata inoltre premiata la determinazione che ha guidato la specifica Conferenza di Consenso sulla segregazione da noi promossa un anno fa, e anche il nostro recente Congresso Nazionale, che ha nuovamente ribadito la centralità del tema e soprattutto l’avere cercato e trovato interlocuzione nel Garante Nazionale, nostro ospite in entrambe le occasioni».
Così, un soddisfatto Vincenzo Falabella, presidente nazionale della FISH (Federazione Italiana per il Superamento dell’Handicap), commenta la conferenza durante la quale Mauro Palma, Garante Nazionale dei Diritti delle Persone Detenute o Private della Libertà Personale, ha anticipato i contenuti della propria Relazione Annuale, depositata poi in Parlamento.
Per l’occasione erano presenti le Presidenze di Senato e Camera e i referenti dei massimi organi istituzionali, tra cui quelli della Corte Costituzionale, del Consiglio di Stato, della Corte dei Conti e del Ministero della Giustizia.

Nella Relazione di quest’anno, ha premesso innanzitutto Palma, spicca subito una novità: l’area della libertà e della salute, «volutamente posta – ha sottolineato – come prima delle aree di analisi, ampliandola al monitoraggio delle strutture residenziali per disabili e anziani, ove si concretizzi di fatto una privazione della libertà. Sono le strutture che in àmbito internazionale vengono definite come Social Care Home».
«Sono questi dati – ha proseguito Palma – a far comprendere la vastità del mandato di monitoraggio che lo rendono impossibile senza la costruzione di referenti territoriali del Garante Nazionale e senza il supporto degli Istituti di Ricerca, di altre Istituzioni e dell’importante ruolo dell’Associazionismo di settore. Da qui lo sviluppo di alcuni Protocolli tra il Garante e altre Istituzioni per la costruzione di un’Anagrafe che è stata realizzata classificando le strutture in base alle prestazioni erogate (sanitarie; socio-sanitarie; sociali) e al grado di residenzialità (residenziale; semiresidenziale)».

«Il Garante – viene ulteriormente annotato dalla FISH – ha proseguito con una serie di affermazioni che la nostra Federazione non può che riconoscere come proprie». Si fa riferimento, in particolare, alle seguenti parole: «L’attesa del mondo della disabilità è stata centrata nella fiducia in questa Istituzione nuova, il Garante Nazionale, che ha assunto l’impegno di monitorare il variegato mondo delle strutture per persone vulnerabili e di indirizzare un occhio esterno verso luoghi capillarmente sparsi nel territorio del Paese a volte poco trasparenti. Sono luoghi in cui accudimento e controllo si confondono frequentemente. Luoghi certamente noti alla rete degli affetti di chi vi è ospitato e al variegato mondo del volontariato, ma molto meno alle Istituzioni, forse proprio per la supposta residualità del ruolo sociale delle persone che vi risiedono; le quali vi entrano spesso volontariamente, ma nel tempo rischiano, per una serie di imprevedibili fattori, di divenire di fatto private della libertà. Proprio per questo abbiamo voluto inserire questo settore d’azione del Garante come primo capitolo tematico di questa Relazione e voglio leggere la nuova previsione di un Dicastero rivolto, nel proprio mandato, anche alla disabilità come l’indicazione di un’accelerazione nel processo d’integrazione dei relativi problemi all’interno del quadro complessivo della tutela dei diritti di tutti e non come separazione da quest’ultimo».

E ancora, rispetto ai trattamenti sanitari obbligatori e alla salute mentale, Palma ha sottolineato che a colpire maggiormente «è la mancanza di dati certi che peraltro rende molto più difficile l’attività di monitoraggio e quindi la possibilità di prevenire situazioni che potrebbero ledere i diritti delle persone. Per colmare tale lacuna, il Garante raccomanda che sia predisposto un Registro nazionale dei trattamenti sanitari obbligatori, in cui siano riportate una serie di informazioni, quali il numero complessivo dei pazienti ricoverati nei diversi Servizi Psichiatrici di Diagnosi e Cura; il numero complessivo dei pazienti sottoposti a trattamento sanitario obbligatorio e la durata per ciascun caso; il numero di coloro che sono sottoposti a trattamento sanitario volontario; la data di inizio del trattamento; la durata presumibile all’atto dell’ingresso e la durata effettiva dello stesso; l’eventuale uso della contenzione (nelle sue diverse declinazioni) e la sua durata; la conversione del trattamento da obbligatorio a volontario per avvenuto consenso».

«Un giorno, quindi, davvero importante – conclude Falabella – che potrebbe segnare l’avvio di un reale contrasto alla segregazione delle persone con disabilità e di garanzia della vita indipendente, come previsto dall’articolo 19 (Vita indipendente ed inclusione nella società) della Convenzione ONU sui Diritti delle Persone con Disabilità, brillanetmente citato dal Garante nella sua Relazione». (S.B.)

Alcuni dati tratti dalla Relazione al Parlamento 2018 del Garante Nazionale dei Diritti delle Persone Detenute o Private della Libertà Personale*
In Italia, nel 2014, i presìdi residenziali socio-assistenziali e socio-sanitari pubblici e privati ospitavano complessivamente 273.316 persone con disabilità e non autosufficienza, pari al 70,8% del numero totale di ospiti (si parla dei cosiddetti istituti, RSA, comunità, strutture di tipo familiare).
Di questi: 3.147 erano minori con disabilità e disturbi mentali dell’età evolutiva; 51.593 adulti con disabilità e patologia psichiatrica; 218.576 anziani non autosufficienti. Dunque, poco più dell’83% degli ospiti con disabilità e non autosufficienza presenti nelle strutture residenziali erano anziani non autosufficienti. In particolare, va rilevato che nell’81,6% dei casi si trattava di anziani non autosufficienti cui veniva garantito un livello di assistenza sanitaria medio-alto, ossia trattamenti medico-sanitari estensivi per la non autosufficienza (livello medio) o intensivi per il supporto delle funzioni vitali (livello alto). Si può quindi parlare per lo più di anziani in condizioni di gravità.
Inoltre, nel 98,3% dei casi erano ospiti di strutture che non riproducevano le condizioni di vita familiari e avrebbero dunque potuto risultare come potenzialmente segreganti.
Allo stesso modo, il 93,2% dei 32.648 posti letto rivolti alle persone con disabilità risultavano collocati in strutture che non riproducevano l’ambiente della casa familiare.

*A questo link è disponibile il testo integrale della Relazione (segnaliamo che i capitoli 18, Disabilità e inclusione e 19, Il Garante nazionale e la disabilità, sono alle pp. 151-155.

Per ulteriori informazioni e approfondimenti: ufficiostampa@fishonlus.it.