Conface-eu.org – La risoluzione delle Nazioni Unite sulla protezione della famiglia: ruolo della famiglia nel sostenere la tutela e la promozione dei diritti umani delle persone con disabilità stata adottata il 27 giugno 2016 presso il Consiglio dei diritti umani.Il testo adottato si inserisce nell’agenda di COFACE (Confederazione delle organizzazioni familiari dell’unione europea).
“Il testo non menziona i diritti genitoriali e si concentra ancora esclusivamente sugli interessi dei bambini invece di riflettere sulla loro reale partecipazone” – afferma Conface. “Potrebbe essere ancora più forte se sottolineasse che la volontà e le preferenze delle stesse persone con disabilità devono essere rispettate anche se in contraddizione con ciò che i familiari rintegono per loro più giusto”.
In seguito alla risoluzione, nel mese di marzo 2017 avrà luogo un seminario intersessionale sull’impatto dell’attuazione da parte degli Stati dei loro obblighi internazionali sui diritti umani in relazione alla protezione delle famiglie nella promozione dei diritti delle persone con disabilità. In seguito sarà pubblicato un rapporto sulla base dei risultati di questo seminario.
Fonte comunicato stampa FISH* – Da quando le Province hanno cessato di gestire il trasporto gratuito per le scuole secondarie e l’assistenza per l’autonomia e la comunicazione per gli alunni con cecità e sordità nelle scuole di ogni ordine e grado e per gli altri alunni con disabilità nelle scuole superiori, si sono diffuse gravi condizioni di disagio.
Le Regioni avrebbero dovuto affidare quelle competenze e le corrispondenti risorse ad altri enti quali città metropolitane, enti di area vasta, ambiti territoriali, associazioni o consorzi di comuni ecc. A fronte dell’immobilismo e delle incertezze interpretative, l’ultima legge di stabilità ha ribadito che tali competenze sono definitivamente assegnate alle singole Regioni che potranno attribuirle ad altri enti. A questo punto, oltre all’incertezza circa gli enti destinatari delle competenze, è sorta un’altra incertezza per le famiglie e le scuole e cioè a quali assessorati regionali si intendesse attribuire la competenza ed i corrispondenti finanziamenti.
“A metà luglio 2016 , cioè a due mesi dall’inizio dell’anno scolastico, ancora il disorientamento regna sovrano! – dichiara Vincenzo Falabella, Presidente della Federazione Italiana per il Superamento dell’Handicap – Le scuole non sanno come sarà garantita la frequenza e le famiglie sono giustamente in ansia, poiché questi servizi normalmente negli anni precedenti erano programmati già a partire da febbraio o marzo dell’anno precedente.”
È a rischio il diritto allo studio in molte Regioni: gli alunni con disabilità non potranno frequentare come i compagni fin dall’inizio dell’anno e in taluni casi dovranno frequentare senza tali servizi o dovranno totalmente rinunciare alla frequenza. “Un silenzio gravissimo – prosegue Vincenzo Falabella – nonostante la pressante azione di sensibilizzazione e protesta delle nostre federazioni regionali e delle associazioni federate.”
Di fronte alla violazione del diritto costituzionale allo studio, FISH annuncia azioni legali contro le Regioni inadempienti. “Non esiteremo ad agire contro le Giunte e gli Assessori che non hanno provveduto ad attivare in tempi utili i servizi che garantiscono la frequenza. È patente la discriminazione ai danni degli alunni con disabilità: chiederemo, oltre che la nomina di commissari ad acta che provvedano nel più breve tempo possibile, anche il risarcimento dei danni patrimoniali e non patrimoniali come previsto dalla legge 67/2006.” Ma FISH intende anche sporgere esposti-denuncia perché la Magistratura accerti se vi siano stati comportamenti omissivi che integrino il reato di interruzione di pubblici servizi. E non è esclusa l’eventualità che la FISH si rivolga al Governo affinché, essendo questi servizi dei livelli essenziali di prestazioni relativi a diritti sociali e civili ai sensi dell’articolo 117 della Costituzione, intervenga per sanare, con le facoltà che la Carta costituzionale gli riconosce, le inadempienze di talune Regioni.
“Ci rivolgiamo anche alle famiglie: – conclude Falabella – fateci pervenire, attraverso le associazioni del vostro territorio, le segnalazioni di eventuali inadempienze così da rafforzare le nostre azioni politiche e in giudizio.”
* Federazione italiana superamento handicap cui Anffas Onlus aderisce
Superabile.it – La disabilita’ intellettiva è tra le conseguenze più evidenti dell’alterazione cromosomica che caratterizza i soggetti con sindrome di Down. La presenza di una terza copia del cromosoma 21 riduce, in particolare, la capacita’ di generare nuove cellule nervose nell’area del cervello denominata ippocampo. Una ricerca attesta ora che utilizzando il resveratrolo, un polifenolo presente in un’ampia varieta’ di piante e frutti, tra cui l’uva rossa e quindi il vino, è possibile stimolare la formazione di nuovi neuroni. Lo studio, condotto dall’Istituto di biomembrane e bioenergetica del Consiglio nazionale delle ricerche (Ibbe-Cnr) di Bari, in collaborazione con il Dipartimento di scienze mediche di base, neuroscienze e organi di senso dell’Universita’ di Bari, il Dipartimento di neuroscienze e tecnologie del cervello dell’Iit di Genova e l’Inserm di Parigi, e’ pubblicato sulla rivista Biochimica et Biophysica Acta-Molecular Basis of Disease.
“Con questo lavoro, eseguito su linee cellulari di un modello animale con sindrome di Down, dimostriamo che il resveratrolo e’ in grado di ripristinare la neurogenesi agendo a livello dei mitocondri” – spiega Rosa Anna Vacca, ricercatrice dell’Ibbe-Cnr e coordinatrice del lavoro – “In condizioni normali, i mitocondri forniscono l’energia necessaria per alimentare i diversi processi cellulari, tra cui la proliferazione e la corretta funzionalita’ dei neuroni, che risultano alterati nelle persone con sindrome di Down e vengono invece riportati a valori normali dal resveratrolo. Esistono migliaia di studi sugli effetti protettivi del resveratrolo in diverse malattie, da quelle metaboliche e neurodegenerative a quelle dell’apparato cardio-vascolare e nell’invecchiamento: e’ pero’ la prima volta che questa molecola viene testata in sindrome di Down, attraverso un meccanismo che inoltre correla il deficit della funzionalita’ dei neuroni alla ridotta funzionalita’ mitocondriale”.
Così in un comunicato il Cnr. La ricerca conferma anche l’efficacia di un altro polifenolo di origine naturale, l’epigallocatechina-3-gallato (Egcg), estratto dal te’ verde, nel riattivare il metabolismo energetico mitocondriale e la generazione di nuovi neuroni. “L’utilizzo di molecole di origine naturale, prive di effetti collaterali, rappresenta un’opportunita’ importante per migliorare il quadro clinico complessivo e la qualita’ della vita dei soggetti con sindrome di Down. In Spagna è stato appena portato a termine uno studio su 84 giovani adulti con sindrome di Down in cui si e’ osservato che il trattamento con Egcg potenzia gli effetti della riabilitazione cognitiva”, aggiunge Daniela Valenti (Ibbe-Cnr). “Anche in Italia e’ in fase di organizzazione un trial clinico in cui, in collaborazione con il Dipartimento di medicina specialistica, diagnostica e sperimentale dell’Universita’ di Bologna, si valuteranno gli effetti del resveratrolo e dell’Egcg, da soli e in combinazione, su un gruppo di persone con sindrome di Down. In uno studio pilota pubblicato lo scorso anno avevamo gia’ riportato l’efficacia dell’utilizzo combinato, in un bambino con sindrome di Down di 10 anni, di Egcg con acidi grassi omega-3 nel ripristinare alterazioni critiche della sindrome senza alcun effetto collaterale”, conclude Rosa Anna Vacca, ricercatrice dell’Ibbe-Cnr.
Superabile.it – “Sono qui per affrontare con voi questo momento di passaggio” – ha dichiarato Pancalli, rivolgendosi ai presenti -. “Dalla nascita della FISD, nel 1990, ci siamo evoluti parecchio, guadagnando un’autonomia sempre maggiore e ottenendo riconoscimenti notevolissimi sul piano culturale. Oggi non ci chiamano più disabili ma paralimpici, termine che ha una mera connotazione sportiva. Ora è il momento di consolidare le nostre conquiste, costruire qualcosa di nuovo e interagire in maniera diversa con le istituzioni. La trasformazione in Ente fa di noi un interlocutore differente rispetto al passato. La mission paralimpica consiste nel modificare la concezione di disabilità e nel mettere la persona con disabilità nelle condizioni di potersi esprimere a livelli di eccellenza nel contesto sportivo e sociale. Ora, questa mission è stata elevata a interesse pubblico, dello Stato, così come quella olimpica. I nostri atleti cosiddetti ‘top level’ sono finalmente considerati atleti a tutti gli effetti” – ha proseguito Pancalli -. “Il lavoro maggiore, adesso, dev’essere fatto sulla base. Nel prossimo quadriennio dobbiamo lavorare soprattutto su promozione, avviamento e attività nelle scuole. La nostra evoluzione non ci deve far perdere di vista chi siamo: una famiglia, formata da persone che nella propria vita hanno conosciuto la sofferenza. Non dobbiamo trasformarci in una fredda struttura. Vi chiedo di non spaventarvi di fronte alle difficoltà burocratiche che questa fase di passaggio comporta – ha concluso il numero uno del Comitato Paralimpico -. Guardiamo oltre, puntiamo all’obiettivo finale e portiamo avanti il movimento. In Lombardia abbiamo società e strutture d’altissimo livello, sfruttiamole al meglio”.
Alla riunione, moderata dal presidente del CIP Lombardia Pierangelo Santelli, ha partecipato anche Oreste Perri, vertice del CONI regionale. “Sto scoprendo un mondo che non conoscevo” – ha osservato -. “Ringrazio Luca, Pierangelo e tutte le persone che come loro lavorano sodo per consentire ai ragazzi con disabilità di divertirsi e di vivere una vita da protagonisti”. Alla proiezione dello spot “Insieme”, realizzato dalla Rai, ha fatto seguito un dibattito ricco di spunti di riflessione.
A margine dell’incontro, è stato siglato un importante Protocollo d’Intesa. Le firme sono state apposte da Vittore De Carli, presidente di Unitalsi Lombardia, e da Santelli. L’Unione Nazionale Italiana Trasporto Ammalati a Lourdes e Santuari Internazionali metterà a disposizione del CIP e delle società sportive del territorio i propri mezzi per favorire gli spostamenti in occasione delle manifestazioni sportive e promozionali. Un accordo che può fare scuola a livello nazionale.
Martedì 12 luglio Pancalli è stato in Regione, per incontrare l’assessore regionale allo sport, Antonio Rossi, il direttore di INAIL Lombardia, Antonio Traficante, e i rappresentanti delle tre Unità Spinali del nostro territorio: Niguarda, Sondalo e Bergamo. Focus, anche in questo caso, sull’evoluzione del CIP e sulle prospettive future del movimento. Nel pomeriggio, sempre in Regione, è andato in scena il saluto alla delegazione FISDIR convocata per i Trisome Games, le Olimpiadi per persone con Sindrome di Down, in programma a Firenze dal 15 al 22 luglio 2016.
Il regista Gianluca Nicoletti si è rivolto ad Anffas Onlus per chiedere il nostro supporto per la realizzazione di un film che vuole raccontare la storia di suo figlio Tommy e dei suoi amici con autismo, ma anche la storia delle sfide e delle prove che genitori e familiari devono affrontare quotidianamente.
Anffas sostiene il progetto e invita tutti a fare altrettanto per permettere la realizzazione e la distribuzione del film al fine fare luce su tematiche che ancora oggi in Italia sono sconosciute o trascurate.
Di seguito la richiesta di Gianluca Nicoletti che trovate anche cliccando qui
withyouwedo.telecomitalia.com – So che esistono centinaia di migliaia di famiglie in Italia che si arrovellano sui miei stessi problemi. Voglio fare un film su Tommy e i suoi amici autistici perché anche quei genitori abbiano il coraggio di uscire dal silenzio, quel mutismo coatto a cui si condanna da solo chi pensa di avere avuto in sorte un figlio irraccontabile.
Sono un giornalista che ha un figlio autistico. Da anni scrivo e parlo alla radio, ora vorrei fare un film che racconterà le vere storie dei nostri ragazzi stralunati, ma anche di noi genitori, dei fratelli, delle persone che di loro si occupano. Non mi interessa confezionare i santini dei bravi operatori, delle eroiche insegnanti, dei genitori mirabolanti.
Ho promesso che farò un grande film che racconterà le vere storie dei nostri figli con autismo. Ho già da anni raccontato, scrivendo e parlando, quello che ho conosciuto sui questi giganti indifesi, e forse è servito a farne uscire tanti dalle porte di casa.
Andrò a visitare le famiglie che hanno perso speranza e fiducia, quelle che si sentono prese in giro e abbandonate dai finti professionisti dell’autismo. Racconterò tutte le storie possibili, soprattutto quelle che a nessuno va di raccontare.
Chi vorrà seguirmi sarà ingaggiato in una battaglia per la civiltà, non abbiamo coccarde da appuntare al petto, nessuno può esercitare su di noi diritto di proprietà. Anzi il nostro film dovrà rappresentare il più possibile la parte “indicibile” dell’autismo in Italia.
ABBIAMO GIA’ INIZIATO A GIRARE…
Non potevamo più aspettare. Da vari mesi abbiamo già cominciato a lavorare sul film, siamo partiti da soli e con pochissimi e fidati amici, Vogliamo che il nostro film sia terminato e visibile a tutti entro la prima settimana di dicembre. Contiamo unicamente sulle nostre personali risorse e sull’ aiuto di chi crede nel nostro sforzo. Così siamo sicuri che comunque il film lo faremo, ancora di più saremo certi di avere la massima libertà e leggerezza di pensiero e di visione.
Vogliamo che il nostro racconto sia veramente uno sguardo realistico sui cittadini italiani autistici e sulle loro famiglie. Il film dovrà rappresentare luci e ombre di una realtà che fino a pochissimo tempo fa era travisata o sconosciuta. Ora se ne comincia a parlare, anche grazie ai nostri sforzi di avere scritto libri e di continuare cocciutamente a raccontare nel sito www.pernoiautistici.com il quotidiano autismo che grava sulle spalle di tante famiglie.
Ora è importante che chi ci legge ci aiuti a non farci sentire soli in questo progetto. Chi vorrà sentirsi parte attiva di questo nostro sogno potrà dimostrare concretamente che crede nel nostro lavoro e crede che porterà dei vantaggi a molte persone che non hanno parola.
Questo è quanto finora abbiamo fatto
Abbiamo scritto la traccia del film, sappiamo quello che andremo a raccontare, abbiamo una mappa delle situazioni esemplari che vogliamo filmare, lista che aggiorneremo in progress fino all’ultimo ciack che avverrà non oltre la fine del mese di settembre 2016.
Dopo di che ci prendiamo due mesi per il montaggio e la post produzione e ci piacerebbe proiettare l’anteprima del fim in occasione del secondo congresso nazionale Aira (i ricercatori e medici più seri che in Italia abbiano titoli oggettivi per parlare di autismo) che si terrà a Roma nella prima settimana di dicembre 2016.
La sfida che lanciamo qui ha come obiettivo la raccolta dei fondi necessari a terminare le riprese.
LA NOSTRA SQUADRA
Siamo una troupe di sei persone, che porteranno avanti il progetto fino al suo compimento. Tommy fa parte della squadra e ci segue sempre, lui è fondamentale perchè ci rappresenta lo sguardo di una persona con autistismo. Poi c’è il sottoscritto che continua a fare, anche in questa circostanza, il suo mestiere di padre e giornalista. Ecco nel particolare tutti i valorosi che partecipano all’impresa:
Regia Massimiliano Sbrolla
Fotografia Massimiliano Sbrolla, Paolo Aralla, Beatrice Quadri
Fonico Presa diretta Nicola Gualandris
Direttore di Produzione Carlotta Nuccetelli
Produzione esecutiva Zoofactory
Ora passiamo ai discorsi seri…
Sono convinto che un docu film sull’autismo in Italia sarà la migliore forma di narrazione per sensibilizzare l’opinione generale e le istituzioni su un problema che noi genitori ben conosciamo. Le immagini possono arrivare a chiunque più di ogni altro linguaggio, ma perchè siano efficaci occorre affidarsi a veri professionisti.
Per realizzare il mio progetto ho scelto quanto secondo me offre oggi di meglio il mercato nazionale, almeno per capacità di coniugare una solida e versatile esperienza professionale con la capacità di calarsi empaticamente in un universo così doloroso e complesso. Farlo al massimo livello naturalmente costa. Costa la trasferta di sei persone, costa l’ attrezzatura e gli operatori (giriamo con tre telecamere, un fonico e quando serve in esterna anche il drone), costerà il montaggio e la post produzione.
Quello che finora abbiamo girato (una quindicina di giorni di shooting nel complesso, tra le riprese a Roma e due viaggi con un pulmino in giro per l’ Italia ) siamo riusciti in parte a coprirlo con le nostre risorse, soprattutto grazie fatto che i ragazzi della troupe hanno accettato di lavorare con un compenso minimo in attesa che trovassimo finanziatori, che al momento sono rappresentati da un contributo dei ragazzi dell’Università Luiss che ci hanno regalato i proventi del loro Charity di Natale (€ 9.315.00).
Il meraviglioso “Fiat Ducato” che abbiamo usato nella prima e seconda trasferta ci è stato dato in comodato grazie a Umberto Murazio (EMEA Region – Fleet & Business Sales AUTONOMY FCA Italy S.p.A).
Grazie a questi fantastici amici la produzione del nostro film sull’autismo è potuta iniziare così dal 17 al 23 Marzo abbiamo realizzato il primo shooting in giro per l’ Italia che ha seguito puntualmente il nostro programma.
Bisogna però andare avanti…
Abbiamo così fatto un secondo viaggio nel sud d’Italia dal 19 al 26 maggio. Per completare il film prevediamo che sia necessario ancora l’ equivalente di una terza uscita, magari in tappe più brevi per coprire le situazioni che non siamo riusciti ancora a toccare.
Se ci aiuterete assieme ce la faremo di sicuro!
Chi avesse altre idee per il nostro film può scriverci a redazione@pernoiautistici.com
Posso anticiparvi come comincerà il film.
Una grande festa per il giorno della “guarigione” , Tommy è diventato maggiorenne e quindi non più autistico per la legge italiana. Il teaser girato da Massimiliano Sbrolla alla festa di Tommy è abbastanza criptico, ma non possiamo farvi vedere tutto in anticipo…
Leggi l’intero progetto e la richiesta di sostegno cliccando qui
E-include.eu – L’ Accademia di diritto europeo (ERA) ospiterà un seminario sulla Carta dei diritti fondamentali. Essa fornirà una formazione pratica, presentazioni, discussioni di gruppo e workshop. I partecipanti avranno l’opportunità di discutere con i colleghi ed esperti provenienti da tutta Europa le più rilevanti questioni pratiche e gli sviluppi recenti nel campo e per imparare a fare uso della Carta in una causa dinanzi a un tribunale.
I temi principali di discussione saranno:
L’evento avrà luogo il 15 e 16 settembre 2016 a Treviri (Germania) e sarà in lingua inglese.
La partecipazione è aperta ad avvocati che intendono applicare le disposizioni della Carta ad un caso dinanzi a un tribunale, docenti universitari e altri professionisti legali degli Stati membri dell’Ue.
Per accreditarsi cliccare qui.
Superabile.it – Ahmed è la prova che tutto può succedere: per lui la disabilità, drammaticamente piombata nella sua vita quando aveva solo dieci anni, ha segnato l’inizio di una nuova vita. Una vita ricca e bella, a giudicare dal sorriso con cui si presenta, all’ingresso della Fondazione Santa Lucia di Roma. Marocchino, 34 anni, in Italia dal 2006, Ahmed Raourahi è una punta di diamante della squadra di basket in carrozzina più temuta della serie A1: un bottino di 21 scudetti, 3 Coppe campioni, 12 Coppe Italia. Dalla sua storia prende le mosse l’inchiesta pubblicata sul numero di giugno della rivista SuperAbile Inail.
La palestra è tirata a lucido. Ahmed si muove come in casa propria, governando la sua sedia a ruote con l’unico braccio che gli è rimasto. L’altro gliel’ha portato via un treno: lo stesso che lo ha lasciato senza gambe, ripartendo dalla stazione proprio nel momento in cui lui cadeva sui binari. Colpa di un borseggiatore a bordo di una carrozza molto piena, dove da bambino era salito per accompagnare il padre, commerciante, a vendere la merce al mercato. Però quel giorno ci era andato senza il suo permesso. E il padre seppe solo più tardi cosa fosse capitato al figlio: “Mi risvegliai all’ospedale, circondato dai medici. Mi pareva di essere in un sogno”. Ma, come in un incubo, aveva perso tre arti su quattro. Era il 1990, a un centinaio di chilometri da Tangeri. Ospedale, riabilitazione, poi il ricovero – voluto dal padre – in una comunità per persone disabili. E lì, quasi per caso, così per gioco, l’incontro con il basket.
Ma il gioco si fa serio, Ahmed si rivela talentuoso: nel 2003 è proprio il basket a portarlo in Italia, reclutato dalla squadra di Treviso. E Ahmed diventa un immigrato. Immigrato disabile. Oggi è sposato, vive a Treviso ma durante il campionato si trasferisce a Roma, perché ormai gioca in serie A, nella squadra della Fondazione Santa Lucia. “Mi trovo bene e l’essere straniero non mi ha creato nessun problema. In Italia ho trovato subito una grande gentilezza”. Forse perché gli mancano un braccio e due gambe: lo straniero fa paura e suscita diffidenza, ma non certo in quelle condizioni. “Sì, forse è per questo”, ammette Ahmed ridendo.
Tuttavia Ahmed è ben consapevole di essere un’eccezione, non la regola: gli immigrati con disabilità, in Italia, non stanno tutti bene come lui. Soprattutto, non sono conosciuti e supportati come lo è lui, arrivato in Italia con un permesso di soggiorno per sport, poi rinnovato per ricongiungimento familiare, dopo il matrimonio con un’operatrice socio-sanitaria conosciuta a Treviso, nella comunità in cui viveva. Ora cittadino italiano, titolare di pensione d’invalidità e con la casa fornita dalla squadra, che gli assicura anche “qualche rimborso”. La pensione, però, i primi due anni non l’ha avuta, perché “con il permesso di soggiorno per sport non mi spettava», racconta. Eppure la sua disabilità non può sfuggire a nessuno. E per questo «anche le visite di accertamento con la commissione dell’Inps sono state facili”, racconta.
Ahmed vive di sport: la mattina si allena da solo, il pomeriggio con la squadra. Poi le partite, il campionato, le trasferte. È autonomo in tutto: guida, fa la spesa, cucina, passa da una carrozzina all’altra in un batter d’occhio. Si fascia il moncherino con i calzini, nello spogliatoio: “I miei compagni mi prendono in giro quando tiro fuori i calzini, io che non ho nemmeno una gamba. Ma poi, quando se li dimenticano, vengono a chiedermeli in prestito”. Ad Ahmed la disabilità ha aperto la carriera sportiva e le porte dell’Italia. Lui ci ha messo, naturalmente, la capacità e la determinazione di saperla prendere nel verso giusto. “Le protesi alle gambe non le voglio, ci ho pensato: mi farebbero sentire davvero disabile, sarei lento nei movimenti, mentre con la carrozzina ormai sono decisamente agile”.
Stranieri con disabilità: a caccia di numeri. Come Ahmed, però, ce ne sono pochi. Mentre tanti sono gli stranieri con disabilità che vivono in Italia. Quanti con esattezza non si sa: lo chiediamo all’Istat, ma la risposta è franca: “Dati su stranieri disabili non sono pubblicati”. Qualche informazione ci arriva invece dal ministero dell’Istruzione (Miur). È infatti la scuola il settore in cui gli stranieri con disabilità – bambini, ovviamente – sono maggiormente “contati” e studiati. Le rilevazioni avvengono ogni anno e i dati sono quindi continuamente aggiornati. Così il ministero fornisce le ultime cifre sugli alunni stranieri disabili nelle nostre scuole, riportati nell’indagine, appena pubblicata, Gli alunni con cittadinanza non italiana, condotta dalla Fondazione Ismu. Nell’anno scolastico 2014/2015 gli alunni stranieri con disabilità certificata erano in totale 28.117, per lo più maschi (meno di 9mila le femmine). Rispetto all’anno precedente, si è registrato un aumento di quasi 1.500 unità. Sono tanti, quindi, sempre di più, gli studenti stranieri con disabilità, che rappresentano ben il 12% del totale degli alunni disabili certificati. E ci sono regioni, come Lombardia, Veneto, Emilia Romagna e Lazio, in cui uno studente disabile su cinque è di origine straniera. Questi numeri vanno però letti con la massima attenzione: lo raccomanda lo stesso ministero, nell’esaminare le possibili ragioni di questa crescita. Certamente è il segnale di una crescente integrazione sociale e della maggiore disponibilità degli studenti stranieri e delle loro famiglie a continuare gli studi: tanto che, seppure sia la scuola primaria a registrare i numeri più alti (11.864 alunni stranieri con disabilità, tra scuole statali e non statali), l’aumento più consistente si registra nella secondaria di secondo grado, dove si passa, in un anno, da 3.975 a 4.546 presenze. Il Miur però sospetta che l’aumento rilevato dall’indagine sia dovuto anche a un “eccesso di certificazione”, per cui vengano classificati come disabili alunni che in realtà non lo sono e i cui problemi derivano solo dall’essere, appunto, stranieri. La presunta disabilità servirebbe insomma come “viatico”, per ottenere un’attenzione in più di cui certamente questi bambini hanno bisogno, ma che diversamente farebbero fatica a ottenere. Un’ipotesi che il ministero si ripromette di verificare e approfondire. E su cui, quindi, al momento non possiamo dire di più.
Nella ricerca di cifre, ci viene poi in aiuto anche la Relazione al Parlamento sulla legge 68/99 (quella relativa al 2012-2013 è la più recente), con i dati sul collocamento mirato: si parla di 13.369 “cittadini extracomunitari” iscritti agli elenchi del collocamento obbligatorio. Certamente una minoranza, anche perché l’accesso a questo sistema di collocamento è riservato a chi ha un permesso di soggiorno della durata di almeno un anno. Esclusi quindi i lavoratori stagionali, oltre naturalmente agli irregolari. Un altro indizio arriva dall’Inps: nel 2014, quasi 18mila cittadini non comunitari erano beneficiari di pensioni d’invalidità civile. Ma sono titolari di indennità. Un beneficio a cui non tutti possono accedere. Sono pochi dati, orientativi e tutt’altro che esaurienti: ci permettono però di dire che le persone con disabilità immigrate nel nostro Paese esistono e non sono poche.
Le tutele tra teoria e realtà. Quali diritti e quali tutele la nostra legislazione offre a questi abitanti? Ci viene in soccorso la Fish, con la ricerca Migranti con disabilità. Conoscere il fenomeno per tutelare i diritti, a cura di Daniela Bucci, Carlo Giacobini, Giovanni Merlo e Matteo Schianchi. L’assistenza sanitaria, riabilitativa e protesica spetta a tutti i cittadini stranieri regolarmente soggiornanti in Italia (inclusi coloro che sono in via di regolarizzazione), che hanno contemporaneamente l’obbligo di iscrizione al Servizio sanitario nazionale e il diritto alla “parità di trattamento e piena uguaglianza di diritti e doveri rispetto ai cittadini italiani”. La tutela della salute spetta anche agli immigrati irregolari, a cui “sono assicurate, nei presidi pubblici e accreditati, le cure ambulatoriali e ospedaliere urgenti o comunque essenziali, ancorché continuative, per malattia e infortunio”.
In secondo luogo, il sostegno scolastico e il supporto educativo è un diritto che spetta a tutti gli alunni con disabilità, italiani o stranieri che siano. Esiste però una criticità: tutte le procedure necessarie per avere la certificazione indispensabile per accedere a questo servizio vanno concluse entro il 31 luglio dell’anno precedente la frequenza degli alunni interessati. Questa limitazione – osserva la ricerca – “comporta una grave difficoltà per le persone con disabilità che entrano nel ciclo di istruzione ad anno scolastico già iniziato”. Infine, le prestazioni e i servizi sociali spettano ai cittadini stranieri, a condizione però che siano titolari di un permesso di soggiorno valido, di durata non inferiore a un anno; lo stesso vale per l’indennità di accompagnamento, la pensione di inabilità, l’assegno mensile di invalidità e l’indennità mensile di frequenza. Nessuna limitazione è prevista invece per i minori stranieri, che hanno diritto ad accedere ad accertamenti, prestazioni e servizi sanitari anche in assenza di iscrizione al Ssn.
Purtroppo, da una parte c’è il diritto, dall’altra la realtà: se le tutele esistono, averle è un’altra storia. Accedere a servizi, prestazioni e provvidenze è spesso complicato per gli italiani con disabilità, e l’impresa diventa ancor più ardua per gli stranieri. Burocrazia, ma anche isolamento sono gli ostacoli con cui si scontrano coloro che, come Ahmed, sono immigrati disabili. Ma, diversamente da lui, non hanno avuto la strada spianata da un talento sportivo d’eccellenza. Vincenzo Falabella, presidente della Fish, evidenzia: “La prima criticità emersa dalle nostre due ricerche è quella relativa ai dati. A oggi non abbiamo contezza di quante siano le persone con disabilità di origine straniera, migranti o di seconda generazione, presenti nel nostro Paese. In Italia è disponibile una solida letteratura scientifica tanto sul tema della disabilità quanto su quello delle migrazioni, ma abbiamo riscontrato una sostanziale carenza di studi e ricerche quando le due situazioni si intersecano”.
Il secondo problema, che discende direttamente dal primo, è che “questo approccio a compartimenti stagni sembra riprodursi anche nella costruzione delle politiche e dei servizi, che stentano a garantire una presa in carico complessiva della persona con disabilità di origine straniera, con le molteplici istanze di cui è contemporaneamente portatrice. Il risultato è che le persone disabili migranti o di seconda generazione si trovano in balìa di una frammentazione dei punti di riferimento e di una scarsa conoscenza sul fenomeno: ciò mette a rischio il rispetto e l’esercizio dei loro diritti civili e sociali”.
Accanto alla mancanza di conoscenza del fenomeno e alla conseguente inadeguatezza dei servizi, c’è il terzo problema, forse il più grave: quello dell’isolamento, evidenziato ancora da Falabella. “Le persone straniere con disabilità sembrano, in genere, gravitare al di fuori dei classici riferimenti sociali che caratterizzano sia le persone con disabilità sia quelle straniere, ossia le proprie comunità di riferimento. Contemporaneamente i rispettivi mondi associativi sembrano essere impermeabili a questa doppia condizione: le associazioni del mondo della disabilità non si occupano di persone straniere (con disabilità), le associazioni del mondo delle migrazioni non si occupano di persone con disabilità (straniere)”.
Come rompere, allora, questa condizione di isolamento, in cui è alto il rischio che anche i diritti riconosciuti non vengano di fatto goduti? E che pure le minime tutele previste dalla legge non raggiungano, effettivamente, chi non sa reclamarle? “Bisogna operare in due direzioni – propone il presidente della Fish -: approfondire la conoscenza del fenomeno, a partire dall’identificazione e sistematizzazione dei dati di natura amministrativa, e favorire un’inedita e fattiva collaborazione tra chi si occupa di disabilità e chi di migrazioni, tanto a livello istituzionale quanto a livello associativo. Con lo scopo, comune e condiviso, di contrastare l’isolamento e l’emarginazione, per arrivare alle persone, che spesso non entrano in contatto con il mondo delle associazioni e dei servizi. Dobbiamo costruire reti sociali sul territorio attivando sinergie più strutturate, che vadano al di là della discrezionalità e della buona volontà del singolo operatore”.
Quando il lavoro “fa male” allo straniero. C’è poi un’altra categoria di stranieri con disabilità, che più facilmente entra nel circuito dei servizi e delle tutele, perché prima ancora di essere “immigrati” e “disabili”, sono lavoratori. Lavoratori infortunati. Come Saad Yadoughi, tunisino di origine, in Italia dall’inizio del 1990. Vive a Torino, Saad, 46 anni, con la moglie e due figli di 4 e 10 anni. Il 20 agosto del 2013, l’incidente che gli ha portato via la gamba destra: “Ero alla guida del camion, in autostrada. Era una giornata come tante, nessun pericolo particolare, né nebbia né pioggia. E avevo fatto la mia pausa di 45 minuti a Reggio Emilia”. Era in sorpasso “quando l’auto davanti a me ha frenato improvvisamente, credo per far passare un animale. La cabina si è rotta, con me dentro. Si è capito subito quanto fossi grave: è arrivato l’elicottero e mi ha portato a Parma. Mi hanno messo in coma farmacologico perché non potevano operare subito. L’infezione dalla gamba è salita, hanno dovuto amputare sopra il ginocchio. Sono rimasto a Parma per due mesi, in coma farmacologico, poi mi hanno trasferito a Torino, dove sono stato ricoverato altri due mesi. Poi sono tornato a casa e finalmente, il 7 luglio 2014, sono arrivato a Budrio. L’azienda ha fatto quello che doveva fare, niente di più, niente di meno”. Il resto lo ha fatto l’Inail di Pinerolo.
“E tutto è filato abbastanza liscio: ho trovato l’assistenza che mi serviva e mi hanno messo in piedi. Ricordo ancora l’emozione, quando dopo tanti mesi in carrozzina mi ritrovai dritto sulle mie gambe, grazie alla protesi. Mi sono visto altissimo! È stato davvero commovente”. Saad si definisce “invalido, ma posso uscire, camminare e fare quasi tutto con i miei figli. Piano piano sento che sto venendo fuori dall’incubo. Non posso dire che la mia nazionalità straniera mi abbia creato difficoltà: i tempi lunghi e la burocrazia, questo sì, ma so che questo è un problema anche per gli italiani”. È vero anche, però, “che sto in Italia da 26 anni, ormai mi sento italiano. Magari per uno straniero arrivato da poco sarebbe stato tutto più difficile: capire cosa fare, comprendere cosa gli veniva chiesto. Io oggi ringrazio per quello che ho”.
Chiudiamo il cerchio e torniamo ad Ahmed, perché sia lui ad avere l’ultima parola: lui che ce l’ha fatta. Lui che, straniero e disabile, ha trasformato tanti possibili limiti in altrettante preziose risorse. A dimostrare che lo sport, ma soprattutto la determinazione di darsi una seconda possibilità, possono aprire le frontiere anche dove si innalzano muri. E che si può bucare il canestro anche con un braccio solo. Proviamo a rovinargli la festa, dopo l’allenamento in palestra e tanti tiri andati a segno. “Tu oggi sei fortunato, vivi di sport. Ma quando sarai troppo ‘grande’ per giocare, cosa farai per vivere?”. Il sorriso si smorza, ma solo per un attimo: “Vado a fare la doccia”. Ci sono ancora tanti campionati da giocare.