Con l’aiuto del gruppo Ipovedentiinsieme dell’UICI di Brescia cerchiamo di capire come chi vede poco o nulla può vivere in autonomia usando diversi accorgimenti e non passare così per falso cieco
Sulla questione dei falsi invalidi, i media talvolta comunicano in modo non del tutto corretto i singoli episodi, contribuendo in alcuni casi a costruire una immagine non totalmente obiettiva della realtà , e con questo disorientando quindi gli stessi lettori o l’opinione pubblica.
Un esempio lampante è quello di cui parlammo qualche tempo fa: si trattava della notizia per cui sarebbe stato scoperto un falso cieco che, riportava una agenzia di stampa “Aveva un profilo di Facebook”, come se la cosa fosse di per sé prova del suo agire scorretto (tradotto: se è cieco, non può usare i social network). Come se una persona cieca non potesse o non fosse in grado di utilizzare un pc e fare un sacco di altre cose. Per fare luce su questo, abbiamo chiesto agli amici del Gruppo di ipovedenti e non vedenti di Brescia, che ci ha aiutato a metterci letteralmente nei panni di una persona cieca o ipovedente, ripercorrendo insieme una giornata tipo, comprendendo così cosa riesca e in che modo a fare chi non abbia piena facoltà della vista.
Così il gruppo:
Siamo un gruppo di ipovedenti e non vedenti di Brescia e vorremmo spiegarvi a grandi linee come chi vede poco o nulla può vivere in autonomia usando diversi accorgimenti.
Ipotizziamo una giornata tipo:
PERCORSO PER RECARSI AL LAVORO – Come tanta gente, anche molti di noi lavorano, e per recarci in ufficio utilizziamo i mezzi pubblici. Per chi vede è tutto semplice; arriva l’autobus, lo ferma e vi sale. Per noi che abbiamo difficoltà visive le cose sono un po’ diverse. Arriva l’autobus e siamo costretti a fermarlo indipendentemente dal fatto che sia quello giusto o meno. Alcuni di noi usano un monocolo per individuare il numero, e per leggere gli orari, mentre i più fortunati, si abbarbicano sul palo che indica la fermata muniti di lente di ingrandimento.
I non vedenti utilizzano il bastone bianco o sono accompagnati dal loro cane guida, sono quindi più facilmente individuabili, gli autisti si fermano esattamente dinanzi a loro, aprono le porte e dichiarano la linea di percorrenza.
C’è chi si stupisce del fatto che individuiamo la nostra fermata di discesa, come se fossimo extraterrestri, ma siamo comuni mortali che semplicemente stanno più attenti di chi può basarsi sulla vista.
E, se abbiamo delle incertezze rispetto ad un percorso che non conosciamo bene, chiediamo informazioni all’autista o ai passeggeri.
IN UFFICIO – Arrivati a destinazione, dopo aver eroicamente superato svariati ostacoli (gente che va in bicicletta o in motorino sul marciapiede o che parcheggia gli stessi in modo selvaggio, lavori in corso, pali e paletti vari non accuratamente segnalati ecc), giungiamo in ufficio e non ci accorgiamo che il collega ci ha salutati con un cenno del capo o con un sorriso. Non rispondendo al saluto, spesso passiamo pure per maleducati!
Prendere un caffè alle macchinette? Altro problema! Spesso i nomi delle bevande sono scritti a caratteri troppo piccoli o a basso contrasto cromatico, per non parlare dei distributori di acqua e merendine, dove bisogna digitare un codice su un tastierino numerico. Applicare etichette in braille per i ciechi? Pare troppo complicato, anzi, sembra svilupparsi la mania dei touch-screen, persino per gli ascensori.
Anche il pranzo può diventare un’impresa. Non sempre si trovano colleghi disponibili a dare una mano, laddove la mensa è a self service.
Il rientro a casa, soprattutto nella stagione invernale, può presentare maggiori difficoltà a causa della combinazione tra scarsità di luce naturale, lampioni accesi e abbagliamento da fanali. La pioggia confonde i rumori disorientandoci, la neve e la nebbia annullano ogni nostro punto di riferimento.
IN CITTA’ – Oltre alle problematiche che affrontiamo recandoci al lavoro, vi lasciamo immaginare quelle incontrate quando ci si reca da soli in un ufficio pubblico, a fare la spesa in un supermercato, dal medico o in banca.
Spesso, se siamo ipovedenti, per orgoglio o per vergogna tendiamo a mascherare i nostri limiti, quindi la gente non si accorge che abbiamo bisogno di una mano. Anzi, se viene a sapere che godiamo di indennità e pensioni si indigna e ci accusa di essere falsi invalidi quando ci vede abbastanza autonomi.
Molti di voi ignorano che tali provvedimenti economici sono regolamentati dalla legge 138/2001 che tiene conto non solo del residuo, ma anche del campo visivo. Per farvi un esempio, chi di noi ha un visus abbastanza buono, riesce a leggere il giornale, nonostante nel suo campo visivo rientrino solo un paio di parole alla volta. Vi garantiamo che questa situazione non è per niente piacevole! Non possedere una visuale totale di ciò che ci circonda ci porta in molti casi ad avere incontri ravvicinati con pali, cartelloni pubblicitari, bidoni dell’immondizia, specchietti retrovisori delle auto parcheggiate fuori posto e molto altro; per noi i lividi e i rischi sono all’ordine del giorno.
LA TECNOLOGIA DI SUPPORTO – In questi ultimi anni, fortunatamente la tecnologia ci è venuta in soccorso. Ormai su tutti i dispositivi mobili e fissi è possibile installare programmi vocali o ingrandenti che ci permettono di accedere al web, alla posta elettronica, agli sms e ai vari social network. Quindi non c’è da stupirsi se anche un disabile visivo gestisce autonomamente il suo profilo Facebook o Twitter.
Addirittura, tramite dispositivi GPS e navigatori satellitari parlanti siamo in grado di rilevare la nostra posizione per strada e di raggiungere un determinato luogo prefissato.
Anche per lo svago e lo sport possiamo avvalerci di diversi supporti, come ad esempio carte da gioco scritte in braille, apposite scacchiere in rilievo, palloni sonori per calcio, showdown (una specie di ping pong) ed altro, e, con l’aiuto di persone vedenti, risulta persino fattibile sciare, fare vela, scherma, andare in tandem o fare il navigatore nelle gare di rally.
AUTONOMIA IN CASA – Per quanto riguarda l’autonomia personale, esistono dei corsi di mobilità e orientamento che insegnano come muoversi per strada, e corsi di autonomia domestica per la gestione della casa. Anche qui disponiamo di strumenti parlanti o acustici, alcuni dei quali piuttosto costosi: bilance, termometri, timer, dispositivi che individuano i colori, sensori che rilevano la presenza di luci accese o fuoriuscite di gas. Laddove non esistono apparecchiature idonee sono l’abitudine e la manualità a permetterci di compiere azioni apparentemente troppo impegnative o pericolose.
Con questo scritto abbiamo voluto semplicemente farvi conoscere la realtà nella quale ci muoviamo e operiamo quotidianamente, attraverso le nostre risorse personali, l’intuito e la buona volontà , ed utilizzando alla pari degli altri le tecnologie e le tecniche che ci vengono offerte. Ci dissociamo totalmente da chi si finge cieco per godere di ciò che non gli spetta mettendo in dubbio la credibilità della nostra categoria. Altresì condanniamo quelle commissioni che con troppa facilità consentono il riconoscimento di tale stato con relativi benefici economici.
Chiediamo che i giornalisti, prima di pubblicare certe notizie sensazionali, si accertino della veridicità delle cose. Fornire informazioni corrette dovrebbe essere il principio fondamentale del loro lavoro.
Ormai sono finiti i tempi in cui i portatori di handicap visivo (e i disabili in generale) se ne stavano chiusi in casa seduti sul divano accuditi in tutto e per tutto dalle loro famiglie. Ora siamo cittadini del mondo, lavoriamo, studiamo, viaggiamo, ci divertiamo e ci impegniamo a livello sociale con dignità ed abnegazione.
Questa dimensione, sconosciuta ai più, non deve spaventare o essere giudicata sulla base di fatti che fanno clamore e che rovinano la nostra immagine .Sul territorio italiano, quasi in ogni città , esiste una sezione dell’Unione Italiana dei Ciechi e degli Ipovedenti alla quale ci si può rivolgere per avere maggiori informazioni.
Il gruppo Ipovedentiinsieme dell’UICI di Brescia
La discussione attorno al disegno di legge di stabilità 2014 è giunta ad un punto che consente le prime riflessioni che non sono delle migliori. In queste settimane la FISH ha mantenuto interlocuzioni aperte con i Gruppi parlamentari al Senato presentando proposte sugli elementi che ritiene maggiormente rilevanti per le persone con disabilità.
Già in origine il disegno di legge è molto carente e debole in quanto ad interventi a favore della disabilità e della non autosufficienza, ma il Senato – ad oggi – non l’ha di certo migliorato in modo significativo.
Fondo per le non autosufficienze: il disegno di legge prevede uno stanziamento di 250 milioni, cifra di molto inferiore alla drammaticità delle esigenze e al di sotto di quanto stanziato per il 2013 (275 milioni). Solo ieri, in Commissione Bilancio, il sottosegretario Baretta ha annunciato il ripristino del Fondo ai livelli del 2013 (275 milioni). Il Presidente della Commissione Azzollini assicura che la “Commissione e il Governo si sono impegnati a reperire la copertura necessaria per finanziare interventi specifici a favore delle patologie o delle disabilità gravissime, per un importo pari, come già detto, a 75-80 milioni di euro”. Nella migliori delle ipotesi, nonostante le proposte e le proteste espresse in modo forte e determinato dalle associazioni delle persone con disabilità, il Fondo sarà aumentato di 75/80 milioni rispetto al 2013. Il tutto fra molteplici artifizi ! e acrobazie di bilancio e nessun impegno per gli anni successivi. Una situazione che testimonia in modo crudo l’assenza di volontà di interventi strutturali e programmati per la non autosufficienza, a favore della domiciliarità e di sostegno ai singoli e alle loro famiglie.
Al contempo, il Fondo Nazionale per le Politiche sociali rimane al palo: il finanziamento è inferiore a quello del 2013. Poco più di 300 milioni per i minori, la disabilità, la famiglia, le emergenze sociali.
Sono stati dichiarati inammissibili o respinti gli emendamenti per la revisione della norma istitutiva dell’ISEE: si chiedeva di abrogare il computo nel reddito familiare delle provvidenze assistenziali come le pensioni di invalidità e le pensioni sociali.
Respinti gli emendamenti per l’approvazione rapida del nomenclatore tariffario degli ausili e delle prestazioni riabilitative, aspetti che assumono particolare rilevanza in una fase come quella attuale in cui il rischio è quello di un taglio lineare di spesa anziché quello dell’appropriatezza della spesa e di una spending review sostenibile e adeguata.
Respinte anche le proposte di maggiori detrazioni per le spese di assistenza (badanti) per le persone non autosufficienti che avrebbero contribuito anche all’emersione del lavoro sommerso, oltre che ad aiutare tanti nuclei familiari.
“Pessimi segnali per le persone con disabilità e per i loro familiari – commenta Pietro Barbieri, presidente della Federazione Italiana per il Superamento dell’Handicap – Scarsa concretezza, nessuna volontà di affrontare in modo strutturale le emergenze sociali del Paese. Sembra incredibile che questo sia lo stesso Governo che solo quattro mesi fa ha approvato uno specifico Programma pluriennale per la disabilità, con tanti buoni intenti e propositi. Ci auguriamo che la Camera, ricevendo il disegno di legge, intervenga in modo più cosciente e determinato, altrimenti le uniche reali dismissioni riguarderanno le già traballanti politiche per la disabilità.”
22 novembre 2013
FISH – Federazione Italiana per il Superamento dell’Handicap
Fonte www.superando.it – Leggo l’articolo di Stefania Carboni intitolato La vittoria a metà di Alberto, giovane con autismo, nel quale si riferisce di una Sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale (TAR) della Puglia, sede di Lecce – invero credo si tratti di un’Ordinanza Sospensiva – che ha riammesso a ripetere il quinto anno di una scuola superiore un alunno con disabilità che seguiva un PEI (Piano Educativo Individualizzato) differenziato.
Non ho letto l’Ordinanza e quindi mi permetto di riferire a caldo le mie impressioni di dissenso dalla stessa. Intanto, si comprende perché il provvedimento abbia ammesso l’alunno solo sino al mese di aprile del 2014, poiché in tale data ci sarà la discussione di merito del ricorso. Come mai, però, il TAR non ha precisato che l’alunno dovesse avere tutti i diritti degli alunni con disabilità, a partire dal sostegno didattico, che attualmente viene negato dalla scuola?
Ciò che però mi lascia soprattutto perplesso è lo svolgimento dei fatti, interpretati alla luce della normativa vigente. L’alunno, infatti, d’intesa con la scuola, non si è presentato agli esami e la scuola stessa gli ha rilasciato l’attestato con i crediti formativi, previsto per coloro che svolgono un PEI differenziato. Per legge, un alunno che non si presenta agli esami viene bocciato, ma ciò non gli dà diritto alla ripetenza; questa, infatti, dipende da una Delibera del Collegio dei Docenti che può essere positiva o negativa.
Quindi qui manca un passaggio fondamentale che è appunto la Delibera del Collegio dei Docenti che nega la ripetenza. A mio avviso, una ripetenza col PEI differenziato non ha senso, poiché le ripetenze servono in un tempo più lungo a far raggiungere gli obiettivi minimi dei programmi ministeriali, mentre il PEI differenziato, per sua stessa definizione, non deve raggiungere tali obiettivi.
Un’altra anomalia è poi costituita dal fatto che la scuola ha rilasciato l’attestato, il quale deve invece arrivare dalla Commissione di Esami e, se l’alunno non si presenta agli esami, perde il diritto ad avere anche l’attestato.
Ma veniamo alle motivazioni dell’Ordinanza, così come riferite dall’articolo ripreso da «Superando.it»: «I genitori – vi si legge – non ci stanno […] e presentano richiesta di sospensiva al TAR di Lecce e i Giudici danno ragione alla famiglia, sostenendo che l’allontanamento del giovane dall’ambiente scolastico “potrebbe rivelarsi particolarmente pregiudizievole per il ragazzo, avuto riguardo al suo stato di salute psichica”. Non solo, secondo la Sentenza, “la mancata frequentazione della scuola dove il giovane risulta essere ben integrato, può ripercuotersi negativamente sullo sviluppo e il consolidamento delle sue capacità relazionali”».
A chi poi obietta che l’alunno verrebbe in tal modo “parcheggiato”, la famiglia replica che: «Noi non parcheggiamo nessuno. Alberto fa canto, danza, tiro con l’arco, ippoterapia. Per noi è un percorso di riabilitazione».
Ebbene, sia la motivazione dell’Ordinanza che la spiegazione della famiglia mostrano un palese e totale travisamento del senso dell’inclusione previsto dalla nostra normativa. Infatti, se l’inclusione servisse solo a garantire un ambiente affettivamente accogliente per gli alunni con disabilità, essi potrebbero rimanere in classe senza limiti di età; se inoltre le attività svolte da un alunno sono quelle indicate dalla famiglia, non si vede a cosa possa servire un anno in più per migliorare gli apprendimenti dell’alunno, che si possono realizzare benissimo in centri sportivi, culturali, teatrali e centri diurni.
La scuola, anche e soprattutto per gli alunni con disabilità, deve garantire una crescita «negli apprendimenti scolastici», come recita l’articolo 12, comma 3 della Legge 104/92, ovviamente a seconda delle effettive capacità di ciascuno. Infine, a scuola non si fa né può farsi riabilitazione, perché si fa educazione e istruzione. Per questo c’è stata l’importantissima Sentenza 215/87 della Corte Costituzionale e per questo le nostre Associazioni si battono per garantire un ciclo di studi sino al compimento delle scuole superiori come per tutti i compagni senza disabilità.
Dubito, a questo punto, che la Sentenza di merito, tenendo conto di queste argomentazioni, potrà accogliere il ricorso. Se lo accogliesse, sarò curioso di conoscere le motivazioni, che difficilmente coincideranno con la pluriennale cultura dell’inclusione scolastica in Italia. So che queste mie parole solleveranno dibattito, ma è bene che esso ci sia, anche per chiarire bene i fondamentali dell’inclusione che, in questi ultimi anni, si stanno notevolmente offuscando, sia da parte del Ministero – che accetta la delega dei docenti curricolari ai soli docenti per il sostegno – sia da parte di talune famiglie, che hanno una visione individualistica e non più corale dell’inclusione.
*Vicepresidente nazionale della FISH (Federazione Italiana per il Superamento dell’Handicap, cui Anffas Onlus aderisce).
15 novembre 2013
QUALI ORIENTAMENTI PER I DISTURBI SPECIFICI DELL’APPRENDIMENTO (DSA) E BISOGNI EDUCATIVI SPECIALI (BES)?
Venerdì 29 NOVEMBRE 2013 ore 15:00
SALUTI
Dott.ssa M. Anna QUERO Presidente Anffas onlus Reggio Calabria, Neuropsichiatra
Dott.ssa Mirella NAPPA Dirigente ATP di Reggio Calabria
MODERATORE Prof. Francesco CERNUTO Psicologo, Psicoterapeuta
RELATORI
BES e DSA: presupposti psicologici e pedagogici
Dott.ssa Giusy BARTOLO Psicologa, Psicomotricista
Bisogni Educativi Speciali: dalla Direttiva ministeriale del 27 dicembre 2012
alla Circolare Ministeriale n. 8 del 6 marzo 2013
Avv. Antonella IEROPOLI Funzionario ATP
Legge Regionale 11/4/2012, n.10 Disposizioni in favore dei soggetti con DSA
Dr. Antonio CAMMARERI Funzionario regionale
Bambini con DSA o BES lettura delle diagnosi
Dott.ssa Domenica PUNTORIERI Neuropsichiatra
DSA e i BES: comunicazione alla famiglia
Dott.ssa Maria SCORDO Psicologa
La scuola di fronte ai DSA e i BES: la gestione del disturbo e le difficoltà della scuola
Prof.ssa Francesca FEDELE Dirigente scolastico
Il senso degli strumenti compensativi e la stesura del PDP
Prof. Giuseppe ROMEO Dirigente scolastico
La riabilitazione dei Bes
Centro Medico Crupi
presso
sede ANFFAS PIAZZA FONTANA 1 RAVAGNESE Reggio Calabria
Al termine del Convegno verrà rilasciato l’Attestato di Partecipazione
Per info: Tel 0965 1891074. cell.3496667495 info-rc@anffascalabria.net
Si è chiuso il 31 ottobre 2013, dopo due anni di intenso lavoro, “Pathways 2 – Creazione di percorsi di apprendimento permanente per adulti con disabilità intellettiva” il progetto promosso da Inclusion Europe (Associazione Europea di persone con disabilità intellettiva e delle loro famiglie), finanziato dal Programma per l’apprendimento permanente dell’Unione Europea, e sviluppato in Italia e per l’Italia da Anffas Onlus. Numerosi i successi raggiunti, primo tra tutti l’aver promosso sul territorio la consapevolezza dell’importanza della formazione permanente degli adulti con disabilità intellettiva evidenziando anche la frequente discriminazione a cui le stesse persone con disabilità intellettiva e/o relazionale sono sottoposte in materia di accesso alla formazione e informazione, con il conseguente mancato rispetto dell’art. 9 della Convenzione ONU sui Diritti delle Persone con Disabilità. Fondamentale, per lo sviluppo del progetto, è stato il linguaggio “facile da leggere”, strumento indispensabile per consentire reali pari opportunità nella nostra società. E’ solo attraverso questo linguaggio, infatti, che è possibile rendere tutte le informazioni che ci circondano pienamente accessibili, quindi facili da leggere e da capire, permettendo così anche a chi ha una disabilità intellettiva di comprendere notizie ed informazioni importanti ed arrivando una concreta partecipazione di tutti i cittadini alla vita della comunità. Tra il 2012 e il 2013 Anffas ha organizzato numerosi seminari che hanno consentito la formazione di persone in grado di produrre informazioni facili da leggere e da capire. Da segnalare che tra i partecipanti vi erano anche delle persone con disabilità intellettiva e/o relazionale che sono divenute “lettori di prova” e che quindi ora possono svolgere un’importante funzione: controllare che quanto scritto in versione facile da leggere sia realmente accessibile e comprensibile. Evento clou dell’iniziativa è stato il convegno nazionale svoltosi nel febbraio scorso e durante il quale sono stati presentati tutti i risultati del progetto, tra cui i numerosi materiali informativi, e le Linee Guida realizzate da Inclusion Europe – per spiegare come scrivere in linguaggio facile da leggere e da capire – e tradotte ed adattate per l’Italia da Anffas. Le Linee Guida “Informazioni per tutti” e molto altro materiale informativo sono disponibili sul sito di Anffas Onlus nella sezione dedicata al progetto che è possibile consultare seguendo questo link Questo progetto, unico nel suo genere, è stato senza dubbio un ulteriore importante tassello posto per poter arrivare ad avere una società realmente inclusiva, traguardo a cui Anffas Onlus auspica di riuscire ad arrivare nel più breve tempo possibile pur essendo consapevole dei numerosi ostacoli ancora presenti. Il lavoro di Anffas sull’accessibilità della formazione ed informazione non si ferma di certo qui: l’associazione dedicherà moltissimo spazio tra le proprie attività allo sviluppo ed implementazione del linguaggio facile da leggere ed a produrre materiale ed è a disposizione di quanti siano interessati ad approfondire il tema ed a rendere le proprie iniziative accessibili anche per le persone con disabilità intellettiva.
31 ottobre 2013 |
E’ormai fatto noto: alla Camera la Commissione Bilancio ha bocciato per mancanza di copertura l’emendamento invece approvato dalla Commissione Affari sociali che sanava il paradosso della riforma Fornero in materia di pensione anticipata.Oggi per ottenere la pensione anticipata non è prevista un’età anagrafica minima, ma chi la richiede prima dei 62 anni subisce una penalizzazione pari all’1% per ogni anno di anticipo entro un massimo di due anni e al 2% per ogni anno ulteriore rispetto ai primi 2. Viene conteggiata come anzianità quella che deriva esclusivamente da prestazione effettiva di lavoro, includendo i periodi di astensione obbligatoria per maternità , per l’assolvimento degli obblighi di leva, per infortunio, per malattia e di cassa integrazione guadagni ordinaria. Sono esclusi dal computo, quindi, permessi e congedi fruiti dai lavoratori per assistere i familiari con grave disabilità.Si continua ad ignorare incredibilmente il lavoro di cura. protesta Pietro Barbieri, Presidente della Federazione Italiana per il Superamento dell’Handicap ISTAT certifica che due terzi delle persone con gravi disabilità (70,1%) non fruisce di alcun supporto domiciliare pubblico, valore che sale all’83,2% nella fascia di età 11-64 anni. Secondo il Parlamento chi si prende cura di quelle persone.Anzichè incentivare flessibilità lavorativa, sostegno alle famiglie, risposte a lavoratori che per decenni si dividono fra lavoro e assistenza, si erodono continuamente anche quei pochi benefici raccolti in questi anni.La Commissione Bilancio, anzichè preoccuparsi di calcolare e reperire il fabbisogno che minimo per offrire una garanzia e un segnale, si è limitata ragionieristicamente a bocciare un emendamento positivo. Ci appelliamo con forza all’Aula, dove ora il provvedimento torna, e al Governo perchè questa assurdità ed ingiustizia venga rimossa.Nei giorni scorsi, oltre che informare e sollecitare i singoli parlamentari, la FISH aveva chiesto il diretto intervento del Ministro Giovannini. Una richiesta, per ora, senza esito.
25 ottobre 2013
FISH – Federazione Italiana per il Superamento dell’Handicap
Nelle scorse settimane la FISH ha evidenziato il forte e crescente disappunto diffuso fra le persone con disabilità e i loro familiari in merito ad un particolare aspetto della riforma pensionistica Fornero che sta facendo sempre più sentire il suo peso: permessi e congedi per l’assistenza a persone con gravi disabilità incidono negativamente sul riconoscimento della cosiddetta pensione anticipata.La pensione anticipata viene concessa a chi ha un’anzianità contributiva di almeno 42 anni e 1 mese se uomo o 41 anni e 1 mese se donna. Questi requisiti contributivi sono aumentati di un ulteriore mese per il 2013 e per il 2014.Come noto, per richiedere la pensione anticipata non è prevista un’età anagrafica minima, ma chi la richiede prima dei 62 anni subisce una penalizzazione pari al’1% per ogni anno di anticipo entro un massimo di due anni e al 2% per ogni anno ulteriore rispetto ai primi 2. La Legge 14/2012 ha precisato un elemento: le penalizzazioni non operano se quell’anzianità contributiva derivi esclusivamente da prestazione effettiva di lavoro, includendo i periodi di astensione obbligatoria per maternità , per l’assolvimento degli obblighi di leva, per infortunio, per malattia e di cassa integrazione guadagni ordinaria.
Sono esclusi dal computo, quindi, permessi e congedi fruiti dai lavoratori per assistere i familiari con grave disabilità .La FISH, sollecitando parlamentari e Ministro del Lavoro, ha chiesto di sanare questo paradosso che rappresenta uno schiaffo al lavoro di cura assicurato da migliaia di lavoratori.La sollecitazione è stata raccolta in Commissione Affari sociali: è stato approvato uno specifico emendamento nel disegno di legge di conversione del decreto-legge 101/2013 (Razionalizzazione nelle pubbliche amministrazioni; atto della Camera 1682). L’emendamento abroga di fatto la norma restrittiva della riforma previdenziale Fornero.Oggi gli emendamenti sono all’esame della Commissione Bilancio, prima di approdare in Aula. Purtroppo vengono riportate voci assolutamente negative: quell’emendamento verrebbe bocciato per assenza di copertura finanziaria.
Se confermata, la bocciatura di quell’emendamento sarebbe un fatto ulteriormente grave commenta Pietro Barbieri, Presidente della Federazione Italiana per il Superamento dell’Handicap “ un gesto di spregio che disconosce la valenza e la sostanza del lavoro di cura di cui moltissimi lavoratori, soprattutto donne, si fanno carico tutti i giorni, soprattutto per l’assenza e la carenza di servizi pubblici adeguati.
23 ottobre 2013
FISH – Federazione Italiana per il Superamento dell’Handicap