Fonte www.vita.it – Un’associazione non riconosciuta avente la qualifica di onlus può subentrare nella gestione di un’albergo ristorante? Quindi in forma più sintetica e brutale: può una onlus fare business?
La risposta, affermativa, è arrivata qualche giorno fa dal ministero dello Sviluppo Economico dopo una consulenza giuridica richiesta all’Agenzia delle Entrate lo scorso novembre. E lo ha fatto con la risoluzione 15452 i cui passaggi più significativi meritano di essere ripresi.
Scrive la Direzione Generale per il mercato del Mise: «Siamo dell’avviso che tutte le associazioni, sia riconosciute che non riconosciute, anche se avente la qualifica di onlus, possono svolgere attività commerciali finalizzate alla vendita o attività che si concretizza nella prestazione di servizi».
Il ministero ha poi precisato anche che «le entrate di tipo commerciale non dovrebbero essere prevalenti sul complesso delle entrate di una determinata annualità, per la perdita della qualifica di ente non commerciale».
In altri termini: una onlus (ong, cooperativa sociale, odv…) può svolgere attività commerciale a patto che questa sia ancellare rispetto alla mission dell’ente che deve rimanere sociale e non lucrativa.
Dal sito www.superabile.it Appena ricevuto l’incarico alle Politiche sociali individua una prima azione, “a costo zero”, da attuare subito: “No alle doppie visite e tempi di attesa dimezzati per i disabili”. E sul nuovo Isee: “Ascolterò le ragioni di chi protesta”
ROMA – “Darò tutta me stessa, ce la metterò tutta”. E per partire con il piede giusto individua una “cosa che può essere fatta subito e a costo zero”: il certificato unico per il riconoscimento dell’invalidità civile e dell’indennità di accompagnamento. Le prime parole di Franca Biondelli, nuovo sottosegretario al ministero del Lavoro e delle Politiche sociali, affrontano uno dei temi più delicati per le persone con disabilità: “Dobbiamo abbreviare i tempi, oggi ci vogliono 400 giorni per avere una cosa che è un diritto della persona”. Parla chiaro, la deputata del Pd: “Oggi una persona fa in tempo a morire prima di vedersi riconosciuto un diritto, occorre rendere le cose più facili, dobbiamo almeno dimezzare i tempi”. Il che si fa intanto “evitando doppie visite” e poi applicando le norme contenute nel decreto legge n. 5 del 2012 in materia di semplificazione della documentazione per persone disabili e patologie croniche. Alcune delle norme di quel decreto, infatti, non sono ancora attuate.
Franca Biondelli, piemontese di Borgomanero (Novara), diploma di operatore sanitario e di dirigente di comunità, ha lavorato in passato alla Asl di Novara: sindacalista Cisl, è stata poi senatrice nella passata legislatura ed è deputata in quella attuale. Eletta sempre nelle fila del Pd, si è segnalata come una delle componenti della Commissione Affari sociali di Montecitorio più attenta al tema della disabilità. E infatti, commentando a caldo il nuovo incarico, fa riferimento anzitutto al Piano d’azione biennale sulla disabilità adottato dal precedente governo e al quale va ora data attuazione: “C’è il tema del lavoro alle persone disabili, che andrebbe rivisto in alcuni aspetti, e c’è poi la partita dei servizi e dei modelli organizzativi sulla vita indipendente”, dice, ricordando poi anche “l’attenzione alla fase neonatale e prenatale e l’accoglienza ai bambini disabili abbandonati in culla”.
“E’ un piano molto ambizioso, dobbiamo focalizzarci su alcune cose e portarle a compimento”. Fa riferimento al tema dei Lea, i livelli essenziali di assistenza (che vanno aggiornati e con i quali comunque “non si risolve tutto”), e riguardo alle polemiche che ancora solleva la riforma dell’Isee – portata a termine dall’ex viceministro Guerra e ormai in vigore – afferma: “Tanto è stato fatto con il lavoro portato a termine finora: ciò detto, sui punti che sono oggetto di contestazione vorrei incontrare le associazioni per ascoltarle nuovamente, e decidere il da farsi dopo un ulteriore e ampio dialogo con loro”. Una modalità di azione che, dice, sarà attuata anche su altri temi, compreso quello riguardante gli interventi di contrasto alla povertà e alla realizzazione di una misura di sostegno e di reddito garantito.
Dal sito www.superabile.it Il parlamento europeo ha votato un ddl che prevede che tutti i siti della pubblica amministrazione e quelli privati che forniscono servizi come banche e asili nido siano resi fruibili. Ma le ong temono che il testo venga indebolito dagli stati membri
L’obiettivo di una piena accessibilità dei siti della pubblica amministrazione in tutta l’UE sembra un po’ più vicino, dopo che il parlamento Europeo ha votato a larghissima maggioranza (593 voti a favore e quaranta contrari, con tredici astenuti) un disegno di legge più ambizioso di quello presentato agli Eurodeputati dalla Commissione. Eppure secondo le organizzazioni che rappresentano le persone con disabilità e gli anziani (European Disability Forum, Age Platform e Anec), il rischio è che il testo approvato a Strasburgo venga indebolito in fasi di negoziazione dagli Stati membri che dovranno dare il semaforo verde finale in Consiglio. Ma cosa prevede il disegno di legge? In sintesi, che tutti i siti gestiti da enti pubblici siano accessibili, e che lo siano anche i siti gestiti da privati che però forniscono servizi pubblici (come le compagnie elettriche, i fornitori di gas e acqua, gli asili nido, le poste e le banche, le società di trasporti e i servizi sanitari. Uniche eccezioni potranno essere fatte per le aziende con meno di dodici dipendenti, ma il poter applicare o meno una tale eccezione dipenderà dai singoli Stati membri e da come recepiranno la direttiva nelle legislazioni nazionali.
Sarà possibile poi, per gli utenti, presentare reclami in caso di inadempienza riguardante l’accessibilità di un sito, e sono previste penali per le compagnie che non rispettino la legge. Infine, i siti dovranno essere accessibili indipendentemente dallo strumento usato dall’utente per la navigazione (computer, tablet, smart phone etc.). Sono oltre 761.000 i siti coinvolti dal testo nella sua redazione attuale (solo un terzo di essi è accessibile al giorno d’oggi), e oltre 167 milioni i cittadini per cui – una volta che il disegno di legge sarà approvato – diventerà più agevole utilizzare il web per compiere attività semplici quali compilare la dichiarazione dei redditi, chiedere il sussidio di disoccupazione o iscrivere i figli a scuola.
Per essere accessibile, un sito web dovrebbe rispettare il più possibile delle linee guida tecniche chiamate standard Wcag 2.0 e permettere, ad esempio, agli utenti di ingrandire il testo o le immagini, di navigare solo con la tastiera e con l’ausilio di lettori di schermo, di avere sottotitoli per i video etc. Questo rende il web utilizzabile non solo ai disabili (sordi ciechi o persone con disabilità motoria), ma anche più fruibile da parte degli anziani. Il testo approvato in Parlamento Europeo suggerisce un limite di tempo di un anno perché i nuovi contenuti siano resi accessibili, che può essere prolungato a tre anni per i vecchi contenuti già presenti online e a cinque per l’accessibilità di audio e video o contenuti live. Cosa succederà ora? Il Consiglio, composto dai ventotto Stati membri, potrà o accettare il testo del parlamento o proporre, come temono le Ong che rappresentano le persone con disabilità e gli anziani, un suo testo indebolito da ridiscutere poi di nuovo in Parlamento.
“Chiediamo a tutti gli Stati membri di adottare velocemente il testo approvato in parlamento, e alla presidenza greca dell’UE di dare massima priorità al dossier”, scrivono in una nota lo European Disability Forum, la Age Platform e l’Anec. Bisognerà aspettare per capire se queste richieste verranno esaudite ma, mai come in questo contesto, la paura è che sia valido l’adagio popolare secondo cui non c’è peggior sordo di chi non vuol sentire.
In occasione della Giornata internazionale, l’associazione ricorda le “gravi carenze nel rispetto del diritto alla salute” di chi è colpito da una di queste patologie. E chiede “politiche e atti concreti, a partire da un adeguato sostegno alla ricerca”
ROMA – Le celebrazioni vanno bene, ma servono soprattutto politiche e atti concreti, che siano capaci di garantire a tutti il diritto a una “vita lunga e di qualità”: è questo il messaggio trasmesso dall’Anffas in occasione della Giornata internazionale delle malattie rare, che si celebra oggi.
“La nostra associazione – spiega il presidente Roberto Speziale – dopo oltre mezzo secolo di attività ed impegno e pur non potendo negare i progressi scientifici, sociali e culturali raggiunti, assiste ancora a gravi carenze nel rispetto del diritto alla salute dei cittadini con malattie rare: assenze o inappropriatezza delle diagnosi, mancanza di adeguati protocolli terapeutici e farmacologici, elevata disomogeneità territoriale, etc. A questi si aggiungono poi, tutti gli aspetti relativi alla complessiva presa in carico ed alla piena inclusione sociale che Anffas, insieme al movimento delle persone con disabilità, sollecita e promuove con costante impegno”.
L’auspicio dell’associazione è quindi che “agli importanti momenti di celebrazione come quello odierno possano seguire politiche volte a garantire, tramite atti concreti, i fondamentali diritti delle persone con malattie rare e ciò a partire da un adeguato sostegno alla ricerca. Speriamo anche – conclude Speziale – che le persone con malattie rare, pur nella specificità delle loro condizioni di salute, possano riconoscere l’importanza di restare uniti nel rivendicare i propri diritti e che di conseguenza le tante associazioni ed organizzazioni esistenti – spesso distinte per specifica patologia – possano trovare nuovi e più forti terreni comuni per perseguire l’unica mission del rispetto del diritto di tutti i cittadini ad una vita lunga e di qualità”.
Dal sito www.disabili.com Come garantire agli alunni con disabilità un adeguato accompagnamento nel passaggio da un grado scolastico all’altro? Le modalità di continuità verticale sono indicate nelle norme
Il passaggio da un grado scolastico all’altro è per gli allievi un momento importante e delicato, che comporta la necessità di numerose attenzioni da parte dei docenti. Le istituzioni scolastiche attivano perciò diverse iniziative di raccordo, con al centro la continuità verticale ed il confronto tra i docenti dei diversi gradi, nella formazione delle classi, nel passaggio delle informazioni o nelle misure di attenzione educative necessarie per i singoli allievi.
Naturalmente, tale esigenza si mostra particolarmente evidente nel passaggio di grado scolastico degli allievi con disabilità. A tal proposito, la L. 104/92 prevede forme obbligatorie di consultazione tra insegnanti del ciclo inferiore e del ciclo superiore, proprio al fine di garantire la continuità educativa fra i diversi gradi di scuola.
In merito alle modalità operative di tale raccordo, si richiama, per la scuola dell’obbligo, al C.M.1/88. L’alunno disabile, si legge in essa, necessita più di ogni altro di una particolare attenzione educativa volta a realizzare un progetto individualizzato unitario che, pur nella differenziazione dei tre ordini di scuola – materna, elementare e media – consenta un’esperienza scolastica di ampio respiro, priva di fratture e sempre coerente con gli individuali bisogni educativi e ritmi di apprendimento. Per tale ragione, occorre individuare criteri e metodi che sul piano operativo agevolino il passaggio da un ordine di scuola a quello successivo.
MODALITA’ OPERATIVE DI RACCORDO PREVISTE DALLA CIRCOLARE – Sono previsti, in primo luogo, nel periodo immediatamente successivo alle preiscrizioni, incontri tra i capi d’istituto e tra gli insegnanti della sezione o della classe frequentata e quelli del grado successivo, gli operatori dei servizi socio-sanitari e i genitori, per un primo esame della situazione ambientale nella quale il bambino dovrà inserirsi e per una prima valutazione di eventuali difficoltà riferite all’integrazione. Al termine dell’anno scolastico occorrerà trasmettere alla scuola di destinazione la documentazione e le notizie riguardanti l’integrazione dell’allievo. La circolare prevede poi che all’inizio dell’anno scolastico vi sia un incontro tra i capi d’istituto e gli insegnanti che lasciano e accolgono l’alunno, finalizzato alla comunicazione di informazioni analitiche utili per la formulazione del nuovo piano educativo individualizzato. Un’ulteriore possibile forma di raccordo può essere costituita dalla partecipazione, a titolo consultivo, del docente di sostegno della scuola di provenienza alla programmazione del nuovo piano educativo individualizzato. Molto importante è anche l’ultimo punto, nel quale si prevede che, nel caso in cui il primo ambientamento nella nuova istituzione scolastica e il passaggio a nuove figure di riferimento costituiscano per l’alunno difficoltà tali da compromettere i risultati già raggiunti, potranno eccezionalmente essere sperimentati, previa autorizzazione del Provveditore agli Studi (oggi Ufficio Scolastico Territoriale) e limitatamente ai primi 2-3 mesi di frequenza del nuovo corso scolastico, interventi rivolti all’alunno da parte dell’insegnante di sostegno che lo ha seguito nel precedente ordine di scuola.
Molto importante è anche la C.M. 262/1988 che estende l’applicabilità di ciò anche alle Scuole Secondarie Superiori. Infine, in base all’art. 40, co 3, della L. 449/97 e, quindi, all’art. 43 del D.M. 331/98, possono essere consentiti solo progetti sperimentali di continuità educativa stabile tra diversi ordini. Il personale coinvolto, infatti, è inserito in diverse graduatorie e la presenza fissa del precedente docente altererebbe le dotazioni organiche dei diversi gradi.
Le possibilità di una serena integrazione nelle classi iniziali dell’ordine scolastico superiore, dunque, ci sono e possono garantire fasi di accompagnamento costruttive ed inclusive. Ci auguriamo che esse vengano, all’occorrenza, sempre attivate.
APPROFONDIMENTI Continuità educativa
Integrazione alunni disabili
In disabili.com
Fonte www.redattoresociale.it – Da oggi in poi le organizzazioni onlus saranno messe “fuorigioco” per le raccolte fondi “niente meno che dai partiti politici, per la sproporzione delle agevolazioni, che metterà in pericolo progetti e servizi”.
Una situazione paradossale che ricalca la cecità della politica in tema di politiche sociali. E’ duro il commento di Roberto Speziale, presidente nazionale di Anffas, sulla nuove norme sul finanziamento pubblico, che per le donazioni al di sopra dei duemila euro renderanno più conveniente donare a un partito politico che al mondo del non profit.
Norme che hanno suscitato la reazione anche di altre realtà del non profit. “E’ quanto mai paradossale registrare che da oggi in avanti le organizzazioni onlus, in tema di raccolte fondi, saranno messe fuori gioco niente meno che dai partiti politici. La sproporzione nelle agevolazioni previste per i soggetti che fanno donazioni ed erogazioni liberali a tutto vantaggio dei partiti mette in serio pericolo progetti e servizi che le organizzazioni non profit garantiscono spesso in supplenza dello Stato – sottolinea Speziale – Grande è la preoccupazione anche per la ricerca scientifica che viene appunto sostenuta in grande parte grazie alla raccolta fondi. Che questo avvenga per favorire i partiti la dice lunga sull’attenzione che la politica riserva alle organizzazioni che – soprattutto in questo momento – sono una risorsa indispensabile per l’intera collettività”.
“Cicero pro domo sua”, questo è l’antico retaggio con cui i partiti mantengono aree di privilegio – continua Speziale – a scapito di altre formazioni certamente non meno meritevoli di analoga attenzione; ma quando i nefasti effetti di questa ennesima scellerata scelta produrranno i loro effetti a pagarne le spese saranno, ancora una volta le fasce più fragili della popolazione, destinatarie delle attività delle Onlus insieme naturalmente all’intera collettività”.
Per leggere l’articolo integrale clicca qui
Dal sito www.superabile.it ROMA – Si è tenuta ieri l’udienza generale del mercoledì che Papa Francesco ha dedicato ai malati rari in occasione del Rare Disease Day che si celebra il 28 febbraio. Grazie all’impegno del Centro per la Pastorale della Salute del Vicariato di Roma, il Papa ha abbracciato malati rari, adulti e bambini come il piccolo Lorenzo, provenienti da tutta Italia e ha incontrato i responsabili delle istituzioni che operano nell’assistenza e nella ricerca in questo campo oltre a un’ampia delegazione di pazienti, familiari e rappresentanti delle associazioni.
L’udienza di Papa Francesco ha dato il via ai numerosi appuntamenti che sono in calendario per questa VII Giornata mondiale delle malattie rare, che si celebra con lo slogan “Insieme per un’assistenza migliore” e che prevedere eventi in 100 piazze italiane per concludersi con il ricevimento di pazienti e rappresentanti delle istituzioni a Montecitorio venerdì 28 febbraio alle ore 15 presso la Sala del Mappamondo della Camera dei deputati. Il calendario completo degli eventi in 100 piazze italiane è su www.uniamo.org.
I promotori della Giornata sono Uniamo Fimr Onlus, l’Istituto Superiore di Sanità, la Fondazione Telethon, il Policlinico universitario Agostino Gemelli, l’Ospedale pediatrico Bambino Gesù e il Centro per la Pastorale sanitaria del Vicariato di Roma insieme per dar voce ai malati e ai loro bisogni. “E’ la prima volta – riferiscono i promotori – che una rete creata tra istituzioni, luoghi di ricerca e di cura e associazioni di pazienti promuove congiuntamente una serie di appuntamenti in occasione della Giornata mondiale delle malattie rare”.