Fonte www.vita.it – Il bando “Bando Re-Start Up”, promosso da Irfa (Istituto di Riabilitazione e Formazione Anmil) in collaborazione con la società E-olo, che inizialmente prevedeva la scadenza il 15 luglio, al fine di consentire la fruizione di tale opportunità al massimo numero di progetti finanziabili, essendone pervenuti in numero inferiore, è stato prorogato fino alle ore 18 del 4 settembre.
«Le attuali criticità che caratterizzano il mercato del lavoro non favoriscono di certo chi è in cerca di occupazione, tanto più se persona con disabilità. Per questo abbiamo voluto promuovere il bando dell’Irfa che punta sull’autoimprenditorialità che, quando adeguatamente sostenuta, è in grado di creare nuove e importanti opportunità di accesso al mondo del lavoro» dice il presidente nazionale Anmil, Franco Bettoni.
Obiettivo di “Re-Start Up” è rendere le categorie svantaggiate protagoniste del cambiamento e dell’innovazione, facendone emergere attitudini e potenzialità attraverso la partecipazione ad un percorso formativo in consulenza imprenditoriale, finalizzato alla creazione di imprese.
«Ma è indispensabile accompagnare ogni iniziativa con un’adeguata formazione, soprattutto quando si tratta di persone con difficoltà fisiche e che hanno problemi di reinserimento sociale», continua il presidente Anmil, «affinché si diano a tutti le basi e gli strumenti necessari per affrontare con successo un percorso di inserimento e di auto-occupazione».
Secondo la Relazione al Parlamento sull’attuazione, per il biennio 2012-2013, della legge 68/1999 sul collocamento mirato, anche quando i posti di lavoro riservati ai cittadini con disabilità ci sono e sono disponibili, questi continuano a non essere assunti. Infatti, in totale, nel nostro Paese, fra pubblico e privato, al 31 dicembre del 2013 risultavano 186.219 posti di lavoro riservati a soggetti con disabilità, dei quali 41.238 scoperti: in pratica il 22%, quasi uno su quattro.
Oltre 26 mila, su 117 mila complessivi, sono nel settore privato, invece su 76 mila posti riservati, poco meno di 13 mila sono nel pubblico. Alla fine del 2013, gli iscritti agli elenchi unici provinciali del collocamento obbligatorio sono scesi a 676 mila ma, di fronte a questa potenziale platea di lavoratori, gli avviamenti al lavoro sono stati davvero limitati: poco più di 19 mila nel 2012 e ancora meno, 18.295, nel corso del 2013.
In pratica nel 2013 ogni quattro nuove persone con disabilità iscritte alla lista del collocamento obbligatorio, solamente una ha trovato effettivamente lavoro. Ma se il termine di paragone sono tutti gli iscritti, il calcolo è ancor più impietoso: un avviamento al lavoro ogni 36 iscritti al collocamento.
«A fronte di questi numeri che dimostrano l’inefficacia della normativa», commenta il presidente Bettoni, «la nostra Associazione, che da oltre 70 anni si occupa della tutela degli infortunati sul lavoro e ha oltre 400 mila iscritti, non può rimanere indifferente e poiché ci teniamo a non sederci dalla parte di chi ama solo criticare, diamo vita a progetti come Re-Start Up. Peraltro, nella nostra provincia le persone con disabilità che cercano occupazione sono davvero molte e, purtroppo, gli invalidi del lavoro disoccupati sono ben di più degli invalidi civili, nonostante la nostra categoria sia composta da persone che hanno sacrificato la propria integrità fisica sul lavoro a causa del mancato rispetto delle norme di prevenzione e, pertanto, il loro reintegro nel mondo del lavoro dovrebbe essere assolutamente garantito».
Le domande per poter accedere al finanziamento di 20 progetti dovranno pervenire entro il 4 settembre, esclusivamente a mezzo posta elettronica all’indirizzo: restartup@irfa.anmil.it
Per maggiori informazioni è possibile consultare il sito www.anmil.it oppure contattare l’apposita struttura tecnica di supporto attivata presso la sede della Direzione Nazionale dell’Irfa ai numeri 06.54196-280/554 o, infine, scrivere all’indirizzo di posta elettronica restartup@irfa.anmil.it
Fonte www.superabile.it – E’ legge, il tanto sospirato e dibattuto ddl sull’autismo: nato dall’unificazione di quattro proposte (De Poli, Ranucci, Padua e Zanoni), vivacemente discusso sopratutto nelle ultime settimane, il ddl, già approvato in prima lettura al Senato, poi passato alla Camera e da questa ritoccato, ha oggi ricevuto l’ok definitivo della commissione Igiene e Sanità del Senato, in sede deliberante.
E’ quindi, a tutti gli effetti, legge.
Restano, però, le perplessità di chi, da questo testo, si aspettava di più: “questa legge tratteggia solo una lieve cornice rispetto alle tante proposte che da associazioni e studiosi erano state presentate – coomentava infatti alcuni giorni fa Michela Serra, senatrice Cinque Stelle, promotrice di un dibattito sul tema proprio al Senato – Certo una legge serve, ma il suo compito non può limitarsi a indicare le linee per i Lea: è necessario invece che contenga riferimenti precisi alla metodologia funzionale, visto che in Italia c’è ancora tanta confusione. Soprattutto per quel che riguarda l’inclusione scolastica, bisogna che i docenti abbiano una preparazione specifica e sappiano con esattezza quale metodologia utilizzare. E questo nella legge non c’è: si rischia quindi di mantenere tutto in mano ai privati, in isole magari felici, che però non accessibili a tutti. E’ questo il mio più grande timore e credo che questa legge avrebbe dovuto e potuto fare di tutto per scongiurare questo rischio”.
Critico anche Gianluca Nicoletti, giornalista e papà di un ragazzo con autismo: “è la legge del compromesso de della non belligeranza, fatta col bilancino e incapace, quindi, di cambiare le cose”, diceva a Redattore sociale giorni fa. “Ognuno continuerà a seguire le terapie che vuole, le associazioni e le cooperative continueranno a fare il proprio lavoro e in materia di formazione dubito che ci saranno significativi cambiamenti”.
Anche Anffas Onlus ha espresso il proprio parere sulla legge tramite le dichiarazioni del suo presidente nazionale, Roberto Speziale: il testo è disponibile a questo link
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Leggi l’articolo “Autismo, M5s: la legge non stanzia soldi per la ricerca. Così è inutile”
Fonte www.vita.it – Che fine ha fatto la riforma del terzo settore? E’ importante che il governo proceda perché di un nuovo stimolo per un’economia che crei valore in modo socialmente ed ambientalmente sostenibile abbiamo enorme bisogno. L’uomo è tutt’altro che homo economicus (quello la cui felicità dipende dalla quantità di beni consumati e dal denaro accumulato che serve a comprare beni). E’ molto più un cercatore di senso e una persona, nesso di relazioni la cui felicità dipende dal rendere felici altri esseri umani, soprattutto i più bisognosi. Lo dicevano anche economisti famosi come John Stuart Mill nel famoso paradosso della felicità dove si afferma che non si trova la propria felicità cercandola di per sé. Piuttosto facendo qualcosa di utile per gli altri la si trova lungo la strada.
Per questo motivo le imprese sociali, di terzo settore, non massimizzatrici di profitto non sono un accidente della storia destinato a scomparire nel momento in cui mercati e istituzioni diventeranno perfette (cosa peraltro impossibile da realizzare). Esse sono comunque destinate a crescere perché rispondenti all’esigenza più profonda dell’animo umano. Basta vedere come il progresso tecnologico favorisca e stimoli sempre nuove forme di economia della condivisione e del dono un tempo inimmaginabili. Non è un caso che nell’ultima indagine mondiale Nielsen sul globally conscious consumer nel 2014 il 67% degli intervistati in più i 40 paesi del mondo dichiara che preferirebbe lavorare in un’impresa socialmente responsabile.
Di fronte a questo gigantesco fenomeno allo Stato non chiediamo di spendere tantissimi soldi ma solo di stimolare e di favorire queste immense energie dal basso della società civile, attivandole opportunamente e favorendo il loro incontro con la gigantesca mole di risorse finanziarie pazienti che gira nel pianeta.
Per tutti questi motivi la riforma del terzo settore è molto importante. E in particolare in essa sono decisivi i capitoli del servizio civile e delle nuove forme di finanziamento alle imprese sociali che consentono la remunerazione del capitale al di sotto di certi tetti massimi si remunerazione. Il servizio civile è una palestra fondamentale dove poter sperimentare gratuità, solidarietà, fraternità, cooperazione e fiducia.
Doti sempre più importanti nella vita economica e sociale e che rischiano di diventare progressivamente più scarse col passare del tempo perché vengono meno i canali tradizionali nei quali si investiva per costruirle. Fondamentale anche l’incontro tra capitali pazienti e imprese sociali e di terzo settore. L’umanità sta lentamente cercando di passare da un modo schizofrenico a due tempi dove nel primo si crea valore in modo socialmente ed ambientalmente insostenibile e nel secondo stato ed enti filantropici tentano costosamente di apporre correttivi.
Il traguardo all’orizzonte è invece quello di costruire un mondo dove le imprese producano già in modo sostenibile. La spinta enorme a procedere in questa direzione, volenti o nolenti, e nonostante il panorama culturale continui ad offrire prospettive misere è riduzioniste, è ancora la forza enorme della ricerca di senso dell’essere umano. Che vuole di più e capisce, ritornando al famoso paradosso della felicità di John Stuart MIll che sente vero dentro di sé, che si può essere molto molto più felici trafficando nell’economia di quanto lo si può essere quando si separano scelte produttive e bene comune
*Editoriale di Leonardo Becchetti pubblicato sul numero di agoston di Vita Magazine
Fonte www.superabile.it – Nella seduta del 4 agosto u.s. il Senato ha approvato con 145 voti favorevoli e 97 contrari il DDL 1577B, recante Deleghe al Governo in materia di riorganizzazione delle Pubbliche Amministrazioni, all’interno del quale l’art.8 prevedeva, in ragione delle specificità dello stesso, lo scorporo del Cip dal Coni ed il suo riconoscimento quale Ente autonomo di diritto pubblico.
Il provvedimento era stato licenziato dalla Commissione Affari costituzionali venerdì 31 luglio scorso.
Adesso, perché l’iter sia definitivamente compiuto, occorrerà attendere i necessari Decreti attuativi che daranno sostanza e piena operatività al riconoscimento.
“Esprimo tutta la mia soddisfazione per un momento epocale – ha detto Luca Pancalli appena appresa la notizia-, sognato da molti anni, rincorso con impegno e tenacia quotidiani: il riconoscimento del Cip quale Ente Pubblico, non è un passaggio solo formale, ma un atto politico sostanziale, di cui ringrazio sentitamente il Parlamento ed il Governo. E’ stata riconosciuta la dignità di un movimento che opera a vantaggio della collettività, che svolge una funzione di servizio sociale”.
E ha proseguito: “Oggi non si chiude un percorso, se ne apre uno: grazie a questa nuova veste giuridica, che ci equipara di fatto al Coni, sarà più agevole ed efficace l’interlocuzione del Comitato Italiano Paralimpico con pezzi dello Stato attivi nel comparto socio-sanitario e con la scuola, per dare impulso sull’intero territorio nazionale a progetti di promozione e avviamento alla pratica sportiva delle persone con disabilità. Senza dimenticare l’attività strettamente agonistica e le azioni a supporto degli atleti top level interessati dalla partecipazione ai Giochi Paralimpici, in primis, ed alle maggiori competizioni internazionali, ed il sostegno a tutte le Federazioni Sportive e Discipline Associate, gli Enti di Promozione e le Associazioni Benemerite riconosciute dal Cip”.
In conclusione, plaude ad una vera e propria svolta culturale del Paese, sancita da questo riconoscimento: “Da oggi, quello che era il sogno visionario del movimento paralimpico, quello della piena integrazione attraverso lo sport e delle pari opportunità per tutti le persone con disabilità, diventa presa di coscienza e istanza pubblica, un’assunzione di responsabilità collettiva”.
Fonte comunicato stampa Fish* – La XIII Commissione Agricoltura della Camera ha definitivamente approvato le nuove “Disposizioni in materia di agricoltura sociale” (Atto della Camera 303).
Si tratta di una norma che riconosce il valore di buone prassi già funzionanti nel nostro Paese e che ne premia la responsabilità sociale verso lavoratori con disabilità o comunque svantaggiati.
La stessa definizione di “agricoltura sociale” sembra descrivere esperienze significative già in atto che vanno dall’inserimento socio-lavorativo di lavoratori con disabilità e svantaggiati inseriti in progetti di riabilitazione sociale alle attività sociali di servizio per le comunità locali usando le risorse, materiali e immateriali, proprie dell’agricoltura. Ma vi sono ricordati anche i servizi “terapeutici” con l’ausilio di animali o la coltivazione delle piante ed infine l’educazione ambientale e alimentare rivolta a tutti, la salvaguardia della biodiversità animale (fattorie sociali e didattiche).
“È un ambito a cui ci piace riferirci perché è strettamente legato anche alla qualità dell’ambiente oltre che ad un’imprenditorialità moderna, sensibile e sostenibile. Una norma che apre strade e progettualità, ma soprattutto che riconosce valori ed esperienze.” commenta l’approvazione Vincenzo Falabella, presidente della Federazione Italiana per il Superamento dell’Handicap.
Ora l’iniziativa passa alle Regioni, agli Enti locali e agli enti pubblici. Le Regioni, in particolare, nell’ambito dei Piani di Sviluppo Rurale, potranno promuovere specifici programmi per la multifunzionalità delle imprese agricole, con particolare riguardo alle pratiche di progettazione integrata territoriale e allo sviluppo dell’agricoltura sociale. Chi gestisce mense scolastiche e ospedaliere potrà prevedere come criterio di priorità nelle forniture la provenienza dei prodotti da operatori di agricoltura sociale. Gli enti pubblici territoriali potranno dare in concessione, a titolo gratuito, anche agli operatori dell’agricoltura sociale i beni immobili confiscati alla criminalità organizzata.
“Vista l’attenzione alle persone con disabilità faremo il possibile per promuovere la diffusione concreta della nuova norma. È una risorsa in più che vogliamo sia valorizzata in funzione dell’inclusione sociale.”
*Cui Anffas Onlus aderisce
Fonte – www.repubblica.it .- “Fussball kennt keine Grenzen”. Il calcio non ha confini. A Regensburg, città a nord di Monaco di Baviera, ci credono e hanno deciso di dimostrarlo coi fatti fondando una squadra di calcio che sul campo incrocia i propri tacchetti contro l’avversario più duro: la disabilità. Così nel 2012 Stefan Plötz e Ben Rückerl, due sociopedagogisti con la passione per il football, hanno dato vita al Team Bananenflanke per offrire ai ragazzi con disabilità intellettive, in età compresa tra i 10 e i 27 anni, di fare ciò che da sempre potevano solo osservare: giocare a pallone. Il nome della società è stato ispirato da Manfred Kaltz, ex giocatore dell’Amburgo e della nazionale tedesca, i cui cross (flanke in tedesco) assumevano una traiettoria simile a quella di una banana.
Un progetto che in pochi anni ha riscosso un grande successo al punto da spingere i due fondatori a dare vita alla Bananenflanke Liga (BFL): un campionato che prova a somigliare il più possibile alla Bundesliga. Per riuscirci ed essere presi sempre più sul serio Plötz e Rückerl hanno deciso di organizzare la Lega come una professionistica. Ai ragazzi, 40 in tutto che sono stati divisi in 4 squadre, è stato fatto sottoscrivere un contratto, richiesto di presentarsi nelle conferenza stampa pre e post gara, di rilasciare interviste ai media e di essere testimonial in eventi fotografici che possano servire a pubblicizzare il campionato.
Per leggere l’articolo integrale sul sito di La Repubblica clicca qui.
Fonte www.west-info.eu – L’incidenza dell’autismo è quattro volte superiore nei maschi rispetto alle femmine, ma queste ultime hanno un rischio maggiore di resistenza ai farmaci contro l’epilessia, patologia che colpisce circa un terzo di tutte le persone con autismo. Lo studio, pubblicato su Autism Research e condotto dal Medical Center della New York University, ha preso in esame 130 bambini e adolescenti a cui era stato diagnosticato prima il disturbo dello spettro autistico e successivamente l’epilessia. I ricercatori sottolineano come sia necessario prestare una maggiore attenzione alle bambine e alle giovani donne; in particolare, i medici sono chiamati ad effettuare esami specifici e a testare diversi farmaci per trovare quello più efficace.