Fonte www.quotidianosanita.it – Le proteine coinvolte nel disturbo interagiscono con un numero di altre proteine molto maggiore di quello che si pensava finora: così un nuovo aspetto legato all’autismo è stato scoperto oggi dall’Università della California (UC) San Diego Health Science, del Center for Cancer Sistems Biology (CCSB) a Boston, insieme ad altri Centri.
Lo studio è pubblicato su Nature Communications. Gli scienziati hanno isolato centinaia di nuove varianti di geni legati all’autismo ed hanno effettuato un’analisi delle proteine corrispondenti a tali geni, per identificare le interazioni con i loro partner, cioè con le altre proteine.
Il risultato? Un network genetico molto vasto rispetto alla diffusione di connessioni genetiche.
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Fonte www.fishonlus.it Una giornata “storica” il 9 aprile scorso. Il TAR del Lazio si è pronunciato, con sentenza n. 3851/2014, sul giudizio avviato da ANFFAS Onlus (Associazione Nazionale Famiglie di Persone con disabilità Intellettiva e/o relazionale), con l’intervento ad adiuvandum della FISH (Federazione Italiana per il Superamento dell’Handicap) contro una serie di messaggi e circolari con cui l’INPS, fra il 2011 e il 2012, ha disciplinato i controlli dei Piani straordinari di verifica sui cosiddetti “falsi invalidi” per 500.000 persone.
La sentenza, giunta dopo ben tre anni di dura battaglia nelle aule giudiziarie, riconosce, come già ampiamente denunciato da ANFFAS e FISH, che le modalità adottate dall’INPS per le verifiche straordinarie sono state illegittime e lesive dei diritti delle vere persone con disabilità e sconfessa – ancora un volta – anche i dati forniti dall’Istituto in materia.
Infatti, a partire dal 2011, dopo aver già effettuato 300mila controlli nei due anni precedenti, l’INPS, in via unilaterale ed anche in contraddizione rispetto alle garanzie previste dalla normativa statale, ha modificato progressivamente le modalità delle verifiche straordinarie stabilendo di far rientrare, nei controlli a campione, anche gli invalidi per i quali era già stata precedentemente prevista una rivedibilità.
Così facendo il numero delle revoche, alla fine dei controlli “straordinari”, è risultato artificiosamente elevato: sono state sommate anche le posizioni comunque già considerate rivedibili e, in larga misura, in ogni caso destinate a revoca.
Senza dire che, poi, tale attività ha distolto l’impegno dell’INPS da quello che effettivamente aveva richiesto il Parlamento: controllo, in aggiunta all’ordinaria attività di revisione, delle situazioni determinate molti anni addietro.
Si sarebbero dovuti effettuare ben altri controlli, oltre che, per esempio, evitare di visitare persone da decenni ricoverate in strutture a causa della loro disabilità – sicuramente non “falsi invalidi”- con tutti i gravosi, inutili ed ulteriori costi delle visite per l’INPS, oltre ai disagi per i cittadini.
I dati finali, come pure la millantata incidenza dei cosiddetti “falsi invalidi” effettivamente individuati dall’Inps, sono risultati “gonfiati” e forieri solo di costi per l’Amministrazione, che sembrano addirittura aggirarsi intorno ai 30 milioni di euro!
Il TAR ha anche accolto gli ulteriori rilievi di ANFFAS e FISH circa la non equiparabilità tra le visite di revisione ordinaria, di competenza prioritaria della Commissione ASL (primo punto di riferimento territoriale per il Cittadino), e quelle straordinarie di competenza esclusiva dell’INPS.
Con tale modalità imposta dall’INPS, infatti, è stata impedita la visita presso le Commissioni Asl più vicine al Cittadino, costringendolo per la revisione ordinaria anche a trasferimenti di decine e decine di chilometri da casa e non garantendo quel doppio controllo che evitasse le sviste di una sola commissione.
Il TAR ha anche appurato che è mancata la tutela alle persone con disabilità intellettiva e/o relazionale: infatti mentre i medici nominati da ANFFAS erano presenti nelle Commissioni ASL, questi erano esclusi dalle verifiche straordinarie dell’INPS, lasciando prive di specifica tutela le persone con tali tipologie di disabilità.
Ma non è tutto. Dal 2012 INPS ha incluso nelle verifiche straordinarie non solo le condizioni di invalidità, ma anche quelle di handicap (ex Legge 104/1992) senza averne una copertura normativa (giunta solo a fine 2012).
Anche in questo caso il TAR ha riconosciuto le doglianze sollevate da ANFFAS e FISH ed ha pienamente chiarito che si sono usate, almeno fino al 2013, le visite di verifica straordinaria per degli scopi che la norma statale non riconosceva: eliminare certificazioni per lo stato di handicap che erano e sono cosa ben diversa da quelle per riconoscere l’invalidità civile e le relative provvidenze economiche.
Inoltre, seppur non accolto con la sentenza in discorso, un importante chiarimento è stato quello relativo al riconoscimento dell’efficacia del Decreto ministeriale 2 agosto 2007 che fissa l’esenzione da visite di revisione o verifiche straordinarie in caso di patologie “stabilizzate o ingravescenti”, principio che, nel corso degli anni successivi al ricorso e proprio per impulso di questo, sembra in via di progressiva acquisizione da parte dell’INPS.
Al momento sono in corso attenti approfondimenti, da parte di FISH e ANFFAS, sulle ricadute dirette per le persone con disabilità che si sono viste revocare le provvidenze economiche in forza di quelle disposizioni amministrative dichiarate illegittime.
Si tratta quindi di un sentenza fondamentale perché mette in discussione le modalità delle verifiche già realizzate, mettendo al tempo in dubbio anche quelle successive al 2012.
L’interesse dell’Associazione e della Federazione non è certo quello di contrastare l’individuazione dei falsi invalidi, ma di fare in modo che siano rispettati i diritti fondamentali delle vere persone con disabilità e che i controlli siano condotti con le opportune garanzie, in modo efficace e mirato, evitando inutili disagi e vessazioni.
Per questo ANFFAS e FISH si augurano e richiedono con forza che Governo e Parlamento chiariscano e riformino non solo il piano di verifica sugli accertamenti, ma anche l’intero sistema di accertamento di invalidità civile, stato di handicap e disabilità che risulta ormai obsoleto, farraginoso ed inefficiente.
Tale riforma è prevista nel programma biennale d’azione che il Governo stesso si è impegnato a mettere in atto per garantire il rispetto dei diritti umani delle persone con disabilità.
La sentenza è consultabile alla pagina http://www.giustizia-amministrativa.it/DocumentiGA/Roma/Sezione%203Q/2011/201105186/Provvedimenti/201403851_01.XML
Fonte www.disabili.com. In questi giorni la cronaca ha denunciato nuovi maltrattamenti su minori inflitti da personale scolastico. Servono controlli: a chiederlo anche gli stessi insegnanti
In occasione della Giornata Nazionale dedicata all’autismo l’Associazione per la tutela del minore ha reso pubblica la notizia di un caso di maltrattamento e violenze subite da un alunno con autismo da parte di un’insegnante. I fatti sono accaduti qualche anno fa in una scuola romana e le indagini erano partite a seguito della denuncia di alcune insegnanti della scuola e di alcuni genitori. Il piccolo, offeso, minacciato, picchiato e preso a calci dalla maestra, aveva manifestato turbamento, stati fobici ed ansiosi. L’insegnante é stata quindi rinviata a giudizio ed è in corso il processo.
Notizie di questo tipo, purtroppo non sono nuove. Ricordiamo ad esempio il caso di Vicenza di qualche tempo fa, in cui a perpetrare violenza nei confronti di un ragazzo disabile erano state addirittura due figure educative, un’insegnante di sostegno ed un’assistente. Era stato in quel caso diffuso un video agghiacciate, in cui un ragazzo del tutto inerme e spaventatissimo veniva offeso, aggredito e picchiato continuamente. Entrambe sono state arrestate.
Altri episodi raccontano di violenze subite da bambini piccoli, non solo disabili. E’ il caso di Bisceglie, anch’esso di questi giorni, in cui una maestra di una scuola dell’infanzia comunale minacciava, terrorizzava e strattonava bambini molto piccoli. Gli episodi sono stati registrati grazie alle indagini avviate a seguito di denuncia. L’insegnate, anche in questo caso, è stata arrestata. Come non ricordare, infine, i piccoli dell’asilo nido Cip e Ciop, maltrattati, picchiati, costretti a mangiare il loro vomito da parte di due educatrici? Arrestate, processate, condannate.
LA SCUOLA NON E’ QUESTO – Chi legge queste notizie prova ribrezzo, repulsione, orrore. A provarlo siamo tutti noi, genitori, nonni, semplici lettori o anche insegnanti. Perché questi sono esiti deviati, ulcerosi, patologici, schegge impazzite che traducono falle di un sistema, anche di controllo. Non è questa la scuola, lo sappiamo. Per fortuna. Eppure anche questo accade.
Si ripropongono dunque interrogativi importanti e inderogabili: com’è possibile che accadano queste cose? Come può il luogo chiamato ad occuparsi della formazione delle nuove generazioni trasformarsi in un incubo? Com’è possibile che persone chiaramente inadeguate occupino il posto destinato a professionisti selezionati per svolgere mansioni delicatissime?
Le famiglie e gli stessi docenti chiamano all’unisono una forma razionale di controllo, che non permetta a persone inadeguate di accedere a questa professione o, se già la svolgono, che non consenta di proseguire in essa. Non è semplice. I docenti italiani giungono all’insegnamento dopo aver superato numerose selezioni culturali, ma non è prevista al momento alcuna forma di accertamento attitudinale. Non vi sono poi controlli in servizio, se non di fronte a situazioni eclatanti.
A ciò si aggiunge l’innalzamento dell’età pensionabile e le classi sempre più numerose. Si tratta un lavoro usurante e con un alto livello di burnout dovuto a stress. Non manca chi auspica lo studio di soluzioni che consentano a chi sente di non farcela più di accedere a prepensionamento o ad altre mansioni.
Fonte www.vita.it – «Il 2013 ha riproposto tutta una serie di criticità che avevo sollevato nelle mie due relazioni precedenti. Va infatti registrata l’assenza di progressi e innovazioni relativamente ad aspetti vitali riguardanti le politiche per l’infanzia e l’adolescenza. […] La scarsità dei fondi stanziati per l’infanzia e l’adolescenza, come anche le politiche di austerità che colpiscono le famiglie, hanno prodotto l’acuirsi di un disagio così diffuso che rischia di compromettere la mobilità sociale intergenerazionale che è condizione essenziale per il progresso della nazione. Le associazioni che si occupano di infanzia sono sempre più abbandonate a loro stesse, eppure lottano ogni giorno per tamponare le carenze dello Stato che non riesce, tramite i propri rappresentanti, ad impostare un’agenda per l’infanzia e l’adolescenza che tenga conto di quanto sia prioritario agire subito e con determinazione. L’Autorità garante per l’infanzia e l’adolescenza, pur con i suoi limitati mezzi economici e di personale, continuerà a compiere ogni sforzo necessario per assicurare che l’attenzione sui diritti dei bambini e degli adolescenti sia alta e non sacrificabile per ragioni di stato contingenti»: così Vincenzo Spadafora, Garante nazionale per l’Infanzia e l’Adolescenza ha chiuso in Senato la sua terza Relazione annuale al Parlamento.
Il Garante ha ripercorso un anno di attività, incentrato sul lavoro di ascolto dei ragazzi e di partecipazione attiva dei bambini e degli adolescenti. Ma ha anche dato i numeri delle segnalazioni ricevute nel corso del 2013: 193, più del quadruplo rispetto all’anno precedente.
Il maggior numero di segnalazioni (64,3% del totale) riguardano le criticità rilevate tra privati e istituzioni: « riflettono un malumore diffuso e un sentimento di sfiducia negli organismi e negli operatori dello Stato e degli Enti locali competenti ad intervenire, che investe i cittadini coinvolti soprattutto in problematiche di tipo familiare. Vengono attaccate duramente le comunità, non comprese nella loro valenza educativa; contestati aspramente i provvedimenti dei Tribunali per i minorenni in ambito civile; svalutato, alcune volte sin quasi fino all’oltraggio, il lavoro degli operatori del servizio sociale».
Secondo nodo problematico è la conflittualità all’interno della coppia genitoriale, con un 36% di segnalazioni che ha a che fare con figli contesi e sottrazione internazionale di minori. Rilevanti anche le segnalazioni su programmi televisivi non adatti a minori (42 su 193). Dal punto di vista dei contenuti, il lavoro più innovativo e propositivo del Garante nel 2013 si è dedicato all’elaborazione di una proposta organica di riforma della giustizia minorile, «non più rinviabile», da presentare a Governo e Parlamento, cui ha lavorato istituendo una apposita commissione composta da rappresentanti dell’Autorità, del Dipartimento della Giustizia minorile, dei magistrati, degli ordini professionali, delle associazioni.
Un secondo gruppo di lavoro è stato costituito con le associazioni del gruppo Batti il Cinque, per stendere una proposta di individuazione dei livelli essenziali delle prestazioni concernenti i diritti sociali e civili (LEP): il documento di proposta, in via di elaborazione, sarà sotoposto a Governo e Parlamento.
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Fonte www.superando.it – «Il cambiamento culturale è lento, ma passa anche dalle definizioni», sottolinea Maria Spallino, madre di una persona con disabilità e formatrice di LEDHA Scuola (Lega per i Diritti delle Persone con Disabilità). Non possiamo che condividere, ricevendo da Giovanni Merlo, direttore della stessa LEDHA, quella che viene presentata come «una piccola, grande notizia», riguardante cioè il cambiamento di dicitura da «figlio disabile» a «figlio con disabilità», sia nei moduli che nelle istruzioni del Modello 730/2014 (Periodo d’Imposta 2013) dell’Agenzia delle Entrate.
E non fatichiamo nemmeno a comprendere la «somma sorpresa» con cui un cittadino di Milano ha visto sostanzialmente recepite tutte le sue osservazioni – e presumibilmente anche quelle di altri cittadini – dopo avere inviato il seguente messaggio all’Agenzia delle Entrate, nel dicembre dello scorso anno: «Gentili signori, per quanto riguarda il mod.730/2014 in bozza voglio suggerire le seguenti modifiche, così come raccomandato dalla Convenzione ONU sui Diritti delle Persone con Disabilità, ratificata da parte del Parlamento Italiano il 24 febbraio 2009 [Legge 18/09, N.d.R.]. In quanto padre di un figlio con disabilità mi piacerebbe che lo Stato a cui appartengo, nel testo più diffuso tra gli italiani, quale è il modello 730, recepisse quello che a prima vista sembra un puntiglio letterale, ma che invece è un profondo cambiamento culturale. Passare infatti dalla parola “ disabile” come sostantivo alla definizione “persona con disabilità” significa rimettere al centro delle politiche sociali la persona in quanto cittadino che esprime in sé diritti e doveri».
Si può dunque concludere con il noto detto latino richiamato ancora da Maria Spallino, che Gutta cavat lapidem, ovvero che “la goccia scava la pietra”.
Fonte www.redattoresociale.it Il metodo evita di addormentare il paziente con anestesia totale, risparmiando in soldi e salute. Collaudato da tempo all’estero, in Italia fatica a prendere piede, anche per colpa della degli scarsi rimborsi ottenuti dagli ospedali. E a Milano la lista d’attesa arriva a luglio 2014
MILANO – In 30 anni, 70 mila visite e zero problemi. Anzi: riesce a rendere facile una visita da un odontoiatra o da un dentista anche ai ragazzi con disabilità di qualunque genere. Il protocollo di sedazione cosciente, una tecnica che permette di controllare il dolore e creare una sensazione di rilassatezza dopo l’iniezione del protossido di azoto, è molto efficace. Lo scrive in una lettera a Redattore sociale Maria Spallino, mamma di un ragazzo con disabilità e volontaria della Ledha. Eppure in Lombardia è una rarità. In un ospedale pubblico l’ha sempre praticata solo dall’odontoiatra Luigi Menozzi, prima all’Ospedale Corbieri di Limbiate poi, da luglio, all’Ospedale San Paolo di Milano.
“Dopo diversi tentativi con un discreto numero di odontoiatri privati – scrive Maria Spallino a Redattore sociale -, ho avuto la fortuna di conoscere Luigi Menozzi che, con la sua équipe, ha condotto per anni l’ambulatorio di odontoiatria speciale presso l’ospedale Corberi di Limbiate, in provincia di Monza, in regime di convenzione con il SSN. Non è stato l’ambiente colorato e accogliente ad aver fatto la differenza, ma un medico in grado di entrare in empatia con i pazienti, coadiuvato da uno staff professionale, stabile e motivato, che adotta un approccio particolare detto soft-heart-care e applica il protocollo di sedazione cosciente con protossido d’azoto/ossigeno (comunemente diffuso all’estero e praticato presso alcuni studi privati in Italia). La persona riceve, attraverso una mascherina, soltanto la dose necessaria a rilassarsi o comunque a consentire l’intervento. E andare dal dentista non è più un dramma. Con il protocollo che il Dott. Menozzi applica caso per caso ai pazienti, diventa così possibile effettuare i trattamenti necessari, anche i più banali interventi conservativi, senza ricorrere all’unica pratica comunemente prospettata per le persone con disabilità non collaboranti: la narcosi”.
La tecnica permette sia di essere meno invasiva nei confronti del paziente, evitando che l’anestesia sia generale, sia di risparmiare sui costi, comportando l’uso di molti meno farmaci. Da tempo è praticata in Canada, Australia e Stati Uniti. Ma allora perché Luigi Menozzi ha sempre avuto difficoltà, tanto da essere stato licenziato dall’ospedale Corberi? A giugno circa 40 associazioni di genitori hanno scritto alla Regione Lombardia per avere una risposta. Il mese seguente la professoressa Laura Strohmenger, responsabile del reparto di Odontoiatria, è riuscita a portarlo al San Paolo. L’ha voluto fortemente anche il direttore generale, Enzo Brusini. Il servizio funziona alla grande, peccato che abbiano i soldi necessari giusto per aprire il reparto ai pazienti disabili per due giorni alla settimana (grazie anche al volontariato di ex infermieri del dottor Menozzi). “Così se oggi una mamma mi chiama per fissare un appuntamento devo risponderle che non sono libera fino a luglio”, spiega Strohmenger. “Siamo pochissimi odontoiatri a lavorare nel pubblico – prosegue – e c’è poca disponibilità verso questo protocollo per problemi organizzativi. L’azienda per la quale lavoro è particolarmente illuminata e disponibile ho trovato sostegno e aiuto, ma è molto raro”.
Secondo Luigi Menozzi, oltre al problema organizzativo, ce ne sono altri due, altrettanto difficili da sormontare. Il primo “è di tipo culturale – afferma -: nelle nostre università c’è una formazione carente, gli anestesisti che fanno i corsi sono i più scarsi e non sono aperti”. Il secondo di ordine economico: “La Regione Lombardia rifonda poco gli ospedali per questa pratica rispetto alla narcosi”, continua Menozzi. Quindi il protocollo è sì economico, ma l’ospedale così ottiene pochi rimborsi dalla regione.
Il Rotary San Babila ha donato 10 mila euro al reparto per aiutarlo nel lavoro di tutti i giorni, soldi che permettono di restare aperti i due giorni a settimana. “Ora servirebbe qualcuno che ci sostenesse con associazioni, per trovare sponsor”, continua Menozzi. “Per restare aperti di più e diffondere questo metodo ci servirebbe un interlocutore con Regione Lombardia”, annota Strohmenger. Ecco che allora la palla passa alle associazioni che vogliono dedicare la giusta attenzione al tema dell’odontoiatria tra le persone con disabilità.
Fonte www.vita.it – Sembrerebbe uno scherzo d’aprile. Ma purtroppo non è così. La notizia è questa: entro il prossimo 6 aprile (fra cinque giorni!), tutte le organizzazioni che impiegano personale (volontario o meno) le cui mansioni comportino contatti diretti e regolari con minori dovranno produrre un certificato penale. Se non lo fanno, la sanzione amministrativa pecuniaria è fissata fra 10mila e 15mila euro.
La disposizione è contenuta nel Decreto legislativo 04/03/2014 n. 39 (G.U. 22 marzo 2014 – serie generale n. 68), in attuazione delladirettiva 2011/93/UE relativa alla lotta contro l’abuso e lo sfruttamento sessuale dei minori e la pornografia minorile, che sostituisce la decisione quadro 2004/68/GAI. La norma, inoltre, non prevede esenzione al pagamento del bollo per le onp (“1 marca da bollo da 16 euro + 1 marca per diritti da 7,08 euro se il certificato è richiesto con urgenza o 1 marca per diritti da 3,54 euro se il certificato è richiesto senza urgenza”).
Su questo punto, quello del costo del bollo, però ci potrebbe essere una via d’uscita (da verificare). Questo il suggerimento del nostro esperto Gianpaolo Concari: «È possibile che sia l’associazione ad effettuare “collettivamente” l’autocertificazione per i soggetti interessati (educatori, operatori…) nel momento in cui il legale rappresentante dichiari che i signori X Y Z non hanno subito condanne per i reati di (…) . Occorre poi allegare le copie dei documenti di tutte le persone interessate (legale rappresentante e i soggetti che rientrano nell’autocertificazione). Così facendo l’ente, se è una Onlus, può godere dell’esenzione dall’imposta di bollo ai sensi dell’art. 27-bis della Tabella allegata al d.P.R. 642/72. Nell’autocertificazione bisogna inserire il riferimento alla norma di esenzione».
Rimane il fatto, nota un altro nostro esperto, Carlo Mazzini che il decreto legislativo pur ispirandosi a una direttiva europea (n. 2011/93), ne stravolge il senso. Sostiene Mazzini: «Al par. 40 delle premesse della Direttiva si legge che il datore di lavoro ha il diritto di essere informato … delle condanne esistenti per reati sessuali ecc. Non solo. All’art 10, c 2 della Direttiva, il legislatore europeo afferma che “gli Stati membri adottano le misure necessarie per assicurare che i datori di lavoro, al momento dell’assunzione di una persona per attività professionali o attività volontarie organizzate che comportano contatti diretti e regolari con minori, abbiano il diritto di chiedere informazioni, …”».
Di più: «Più oltre (art 12) la direttiva parla sì di sanzioni alle persone giuridiche, ma sono quelle collegate alla normativa della 231, (responsabilità amministrativa dell’ente) che il dlgs ha recepito».
Quindi un diritto è stato trasformato in un dovere. Risultato? «Il legislatore italiano ha travisato il contenuto della direttiva», taglia corto Mazzini. Intanto però al 6 aprile, mancano 5 giorni. Non sappiamo se il tempo per rimediare ci sia. Rimane il fatto che ci aspettiamo che nel Palazzo qualcuno almeno si renda conto del danno, anche involontario, una provvedimento del genere rischia di arrecare a chi lavora proprio in difesa dei minori.