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La cura dei malati non autosufficienti non è un fatto privato

Dal sito www.superabile.it ROMA – Sono almeno un milione i malati cronici non autosufficienti in Italia, quasi il 2% della popolazione. Di questi, circa la metà sono affetti da demenza senile o morbo di Alzheimer. Sono persone che hanno diritto a cure specifiche e che non possono essere “parcheggiate” nelle liste d’attesa né essere rimandate a casa se i familiari non sono in grado di prendersene cura. Le leggi ci sono. Il problema è che non tutti ne sono a conoscenza. Il testo di Maria Grazia Breda e Andrea Ciattaglia “Non è sufficiente. Storie e proposte di chi lotta per garantire il diritto alle cure alle persone non autosufficienti” (Altraeconomia, 2013), raccoglie storie di disinformazione, raggiri e torti subiti dai familiari di molti anziani nel loro tentativo di ricevere le cure e l’assistenza di cui hanno diritto.

“Suo padre sta meglio. È pronto a tornare a casa”. È questo il ritornello di molti ospedali che, dopo il ricovero di un anziano, insistono per le dimissioni del paziente perché “Asl e comune non hanno più soldi per le cure”. In realtà, spiegano gli autori, la questione è molto diversa. “Carenze di soldi e posti letto non possono pregiudicare le cure: tutti i malati cronici non autosufficienti hanno diritto per legge alle cure sanitarie e, se ricoverati, non possono essere rimandati a casa a meno che i congiunti non lo accettino”. L’alternativa c’è e si chiama ‘opposizione alle dimissioni’: una lettera raccomandata inviata all’ospedale e all’Asl di residenza dove si comunica il rifiuto delle dimissioni del malato e se ne chiede la prosecuzione delle cure, anche in un’altra struttura. “L’Asl, l’ospedale, gli assistenti sociali non ci hanno mai spiegato a pieno i nostri diritti”, racconta Claudio, parlando della storia di sua moglie Emma, malata di Alzheimer dal 2002. “E’ incredibile quanto queste condizioni siano diffuse e quanto i diritti di queste persone siano sconosciuti e, almeno in un primo tempo, rifiutati dal senso comune delle persone – gli fa eco Marta, figlia di una paziente psichiatrica – . Purtroppo c’è la convinzione che sia un dovere esclusivo della famiglia farsi carico della malattia di un suo componente“. In molti casi una presa in carico totale del malato da parte della sua famiglia può essere davvero onerosa: assumere una “badante” può arrivare a costare fino a 2 mila euro al mese mentre il ricovero in una Rsa può raggiungere i 3500 euro. Molti non sanno che è possibile chiedere e ottenere le cure sanitarie con oneri sostenibili. Il testo ripercorre il quadro normativo attuale, a partire dall’art. 32 della Costituzione fino ad arrivare alle prestazioni socio-sanitarie previste dai Lea, i livelli essenziali di assistenza, in base ai quali le Asl devono farsi carico delle prestazioni per anziani cronici non autosufficienti e/o dementi per una quota che varia dal 40 al 70% del costo totale, a seconda del livello di autosufficienza del paziente.

Gli autori puntano il dito anche contro il sistema di informazione televisivo e quello della carta stampata, colpevoli di mettere in luce solamente fatti di cronaca relativi ai malati non autosufficienti, uccisi dai parenti che spesso si tolgono la vita insieme a loro, senza indagare e approfondire l’altra tragedia, quella dei diritti negati e del perché si giunge a una soluzione tanto estrema. Il problema è che queste tragedie sono il “risultato di una cultura che punta a ridurre il problema della cura dei malati non autosufficienti ad un fatto privato”.

Tuttavia, una nuova organizzazione delle cure è possibile. Secondo il Csa, il Coordinamento sanità e assistenza, per scongiurare un “abbandono terapeutico” è necessario puntare sulla de-ospedalizzazione protetta, meno onerosa dell’ospedale o delle case di cura private, importante anche per assicurare la continuità delle cure oltre il ricovero, nonché sulle prestazioni di tipo domiciliare con il sostegno di Asl e comuni. “Non è accettabile, legalmente e moralmente, che lo Stato abbandoni queste persone a se stesse e alle loro famiglie – lasciate peraltro sole – solo perché li considera soggetti improduttivi e ‘di peso’ per la società”. (Federica Onori)

(16 febbraio 2014)

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Ad alto rischio di tagli “retroattivi”

Dal sito www.superando.it Si parla anzi di tagli già vigenti, come stabilito da un recente Decreto Legge che potrà essere eventualmente modificato solo in sede di conversione in legge. In sostanza, come segnalato dal Servizio HandyLex.org, il rischio più che mai concreto è che vengano ridotti almeno del 5% il Fondo Nazionale per le Politiche Sociali e quello per le Non Autosufficienze, causando quindi un’ulteriore diminuzione dei servizi e delle prestazioni alle persone

C’è un recente Decreto Legge (4/14 del 28 gennaio scorso) – già in vigore e attualmente all’esame del Parlamento per la conversione in legge – che rischia di provocare una riduzione almeno del 5% del Fondo Nazionale per le Politiche Sociali e di quello per le Non Autosufficienze, causando quindi un’ulteriore diminuzione dei servizi e delle prestazioni alle persone.

La segnalazione arriva dal Servizio HandyLex.org, che spiega come la rimodulazione e la revisione delle spese pubbliche – affidata dalla Legge di Stabilità per il 2014 (147/13) al commissario per la Spending Review Carlo Cottarelli – porti a concretizzare, in un allegato del citato Decreto Legge, un’assai pesante “indisponibilità” (congelamento) dei cosiddetti “accantonamenti dei Ministeri”, ovvero di quei fondi e stanziamenti non ancora ripartiti alle Regioni o già approvati, ma non ancora spesi. Ebbene, per quanto riguarda il Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali, si parla di 21 milioni e mezzo di euro, anticipandone oltretutto l’“indisponibilità” già in questo 2014 (6,4 milioni nel 2015 e 5,4 nel 2016), con un effetto che rischia di essere particolarmente grave, in quanto presso quel Dicastero risultano esserci notevoli “accantonamenti”, come le somme afferenti appunto al Fondo per le Non Autosufficienze 2013 (275 milioni di euro) e al Fondo Nazionale per le Politiche Sociali 2013 (344 milioni). In entrambi i casi, infatti, i Decreti di Riparto alle Regioni sono stati molto tardivi, visto che le risorse – approvate alla fine del 2012 – non sono ancora state trasferite alle Regioni. (S.B.)

Suggeriamo la lettura integrale dell’approfondimento sulla questione proposto dal Servizio HandyLex.org, ove vengono anche indicate nel dettaglio le fonti e i riferimenti normativi.

14 febbraio 2014

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Il Terzo Settore continuerà a dare il proprio contributo

Dal sito www.superando.it «In quanto parte sociale – dichiara il portavoce del Forum Nazionale del Terzo Settore Pietro Barbieri, dopo le dimissioni del presidente del Consiglio Enrico Letta – siamo certi di essere in grado di portare un valido contributo a quello che sarà il nuovo Governo, sulle politiche sociali e di sviluppo, e diamo sin d’ora la nostra disponibilità a creare un confronto e un dialogo»

Il presidente del Consiglio Enrico Letta ha rassegnato le proprie dimissioni irrevocabili

«Nonostante alcune riserve, che abbiamo prontamente segnalato, il presidente del Consiglio dimissionario Enrico Letta ha comunque svolto un buon lavoro per il Paese in un contesto non semplice, marcando un’inversione di tendenza sulle politiche di welfare e di terzo settore e sui fondi destinati alle politiche sociali rispetto al passato. Di questo vogliamo rendergli atto». Lo dichiara in una nota Pietro Barbieri, portavoce del Forum Nazionale del Terzo Settore, che manifesta anche le proprie «perplessità per le modalità con cui avviene questo cambio alla guida del Governo».

Rispetto poi a Matteo Renzi, il segretario del Partito Democratico che sarà presumibilmente il nuovo presidente del Consiglio, il Portavoce del Forum si augura «che sappia portare quello slancio necessario al Paese per fare passi avanti e affrontare le riforme di cui c’è urgenza, con la giusta autorevolezza. Sappiamo che non sarà semplice per Renzi, che avrà bisogno di lavorare con una maggioranza coesa per affrontare importanti sfide, ma abbiamo la speranza che possano aprirsi nuovi scenari e prospettive, per un cambiamento di rotta che ponga, in particolare, attenzione al nostro mondo e a una politica economica improntata a uno sviluppo sostenibile e al benessere dei cittadini».

«In quanto parte sociale – conclude Barbieri – siamo certi di essere in grado di portare un valido contributo al Governo sulle politiche sociali e di sviluppo e diamo sin d’ora la nostra disponibilità a creare un confronto e un dialogo anche in vista delle imminenti consultazioni». (A.M.)

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AGEVOLAZIONI FISCALI PER DISABILI: ON LINE LA GUIDA AGGIORNATA

La guida, scaricabile dal sito della Agenzia delle Entrate, riporta le norme in merito a esenzioni, detrazioni e iva agevolata per le persone con disabilità

E’ disponibile on line la versione aggiornata della Guida alle agevolazioni fiscali,  emessa dalla Agenzia delle Entrate con aggiornamento al dicembre 2013, scaricabile dal sito dell’ente.  Il documento rappresenta un ottimo vademecum per conoscere i propri diritti in merito alle agevolazioni fiscali previste dalla legge Italiana, riservate alle persone con disabilità.

La guida tocca i vari punti quali le agevolazioni per il settore auto, le detrazioni Irpef per figli portatori di handicap e per spese sanitarie  e mezzi di ausilio, come pure per gli addetti all’assistenza nel caso di disabili non autosufficienti e per i lavori atti all’eliminazione delle barriere architettoniche.  Spazio trovano anche le agevolazioni per i non vedenti con cane guida, quelle sull’acquisto di ausili tecnici ed informatici e altro. La guida offre indicazioni utili anche per ciò che riguarda la documentazione da presentare e le modalità per fruire delle agevolazioni, inoltre fornisce  in allegato dei facsimile di modelli di autocertificazione.

Riassumiamo qui a grandi linee le principali agevolazioni previste per i portatori di handicap, inserite nella Guida alle Agevolazioni:

DETRAZIONI IRPEF PER FIGLI A CARICO CON DISABILITA’: La persona con figli a carico ha diritto a delle detrazioni Irpef, in base al reddito complessivo (che non deve superare i  95.000 Euro). Nel caso in cui il figlio fiscalmente a carico sia portatore di handicap, gli importi delle detrazioni base aumentano di 400 euro. In questo caso le  detrazioni arrivano a 1.620 Euro se il figlio (portatore di handicap) ha meno di tre anni; e a  1.350 Euro dai tre agli oltre tre anni (sempre per bambino con handicap). Se si hanno più di tre figli a carico, gli importi aumentano di 200 Euro per ciascun figlio, a partire dal primo.

AGEVOLAZIONI ACQUISTO VEICOLI DISABILI – Nel settore auto sono previste alcune agevolazioni nei casi in cui i veicoli siano utilizzati, in via esclusiva o prevalente, a beneficio delle persone disabili. Nel caso in cui ad esempio, il portatore di handicap sia fiscalmente a carico, a beneficiare delle agevolazioni sarà il familiare che ha sostenuto la spesa a beneficio del disabile stesso. Le principali agevolazioni sono: la detrazione Irpef del 19% della spesa sostenuta per acquistare o riparare un autoveicolo (spesa massima: 18.075,99 euro) e l’iva al 4%, sempre sull’acquisto di autovetture, motocarrozzette, autocaravan, autoveicoli specifici, mentre sono escluse le cosiddette minicar che si guidano senza patente. Si sottolinea che, sono nel caso di disabili con ridotte o impedite capacità motorie, le agevolazioni sono condizionate all’adattamento del veicolo. E’ prevista inoltre l’esenzione dal bollo auto (in questo caso nella Guida si invita ad informarsi per accertarsi della presenza di una  eventuale estensione dell’agevolazione anche ad altre categorie di persone disabili, a seconda della regione di appartenenza) e dall’imposta di trascrizione per i passaggi di proprietà.

IRPEF, SPESE SANITARIE E ASSISTENZA – Altre spese che si possono dedurre dal reddito complessivo sono quelle mediche generiche (es. per medicinali) e quelle di assistenza specifica (come possono essere quella infermieristica o riabilitativa). Si tratta di spese deducibili anche quando sono state sostenute per un familiare disabile non a carico fiscalmente. In questo’ambito si torna anche sulla deducibilità delle spese per ricovero in rsa o strutture di assistenza: in quel caso si può dedurre la parte di retta che riguarda le spese mediche e le spese paramediche di assistenza specifica (quindi non l’intera retta). Per questo motivo, è necessario che nella documentazione rilasciata dall’istituto di assistenza le spese risultino indicate separatamente.

VERBALI E ATTESTAZIONI MEDICHE – Nella guida si sottolinea inoltre la semplificazione burocratica introdotta dal decreto legge n. 5/2012 (convertito in Legge 04.04.2012 n° 35)  riguardante le certificazioni da richiedere e presentare per aver diritto alle agevolazioni. Si ricorda, in particolare, che  i verbali di accertamento dell’invalidità delle commissioni mediche devono riportare anche la sussistenza dei requisiti sanitari necessari per poter richiedere le agevolazioni fiscali relative ai veicoli (nonché per il rilascio del contrassegno invalidi), inoltre che le attestazioni medico legali – indispensabili per usufruire delle agevolazioni fiscali – possono essere sostituite dal verbale della commissione medica. Tale verbale deve essere presentato in copia e accompagnato da una dichiarazione sostitutiva dell’atto di notorietà sulla conformità all’originale, resa dall’interessato. Egli dovrà dichiarare, inoltre, che quanto attestato non è stato revocato, sospeso o modificato.

Per conoscere tutte le agevolazioni in dettaglio, vi invitiamo a scaricare qui la Guida alle agevolazioni (pdf)

PER APPROFONDIRE:

Agenzia delle Entrate

Dal sito www.disabili.com

 

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Politiche sociali: ennesimo taglio indiscriminato

Da  www.vita.it L’allarme è stato lanciato dalla Conferenza delle Regioni: «il Fondo Nazionale delle Politiche sociali subirà tagli di 21,5 milioni di euro per il 2014, 6,4 per il 2015 e 5,4 per il 2016»

 

Tagli agli stipendi dei parlamentari

 

Il Presidente del Molise, Paolo Di Laura Frattura, che il 6 febbraio ha presieduto la Conferenza delle Regioni, ha illustrato al Governo (in sede di Conferenza Stato-Regioni) una posizione critica rispetto ad un esecutivo che «ancora una volta disattende le richieste» delle Regioni e procede a tagli orizzontali «indiscriminati» alle dotazioni ministeriali, che, nella fattispecie, vanno a colpire Fondi sociali, tagliando in due soluzioni prima 2 milioni di euro e poi 17 milioni (con il decreto legge 28 gennaio 2014, n. 4: “Disposizioni urgenti in materia di emersione e rientro dei capitali all’estero nonché altre disposizioni urgenti in materia contributiva e di rinvio dei termini relativi ad adempimenti tributari e contributivi”).

In un documento della Conferenza delle Regioni (in allegato) si legge che “risulta con chiarezza nell’allegato 1 del decreto, recante la Tabella esplicativa delle somme indisponibili, come il Ministero del Lavoro e delle Politiche sociali sia privato della somma di 21,5 milioni di euro per il 2014 e rispettivamente 6,4 per il 2015 e 5,4 per il 2016.

La somma indicata afferisce nella quasi completezza al Fondo Nazionale delle Politiche sociali, disciplinato all’articolo 20 della legge 328/2000 che individua tale Fondo come finanziamento alle Regioni e come precisato alla tabella C della legge di stabilità 2014, sostiene l’erogazione di servizi sociali. Tutto questo – si legge sempre del Documento della Conferenza delle Regioni – significa per il già più volte depauperato Fondo, un taglio del 5%, mettendo Regioni e Autonomie nella condizione di ridurre prestazioni sociali, in un momento così pesante per l’economia italiana che vede aumentare quotidianamente la povertà ed il disagio delle famiglie con una domanda crescente di aiuti assistenziali.

Ciò a dispregio di quanto la Legge di Stabilità 2014 – L. n. 147/2013 – aveva già sancito all’art.1 comma 525, in ordine al Patto di stabilità delle Regioni, che fa salvi da prelievi regionali a favore dello Stato, sia il Fondo Nazionale delle Politiche Sociali, che quello per le Non Autosufficienze.

«Le Regioni e le Autonomie si adopereranno anche in sede di conversione in legge del Decreto, ma già oggi elevano la loro protesta per il continuo stillicidio cui sono sottoposti da anni i Fondi per le Politiche Sociali e chiedono al Governo – conclude la Conferenza delle Regioni – l’impegno a rivedere immediatamente i tagli operati con il Decreto citato, ripristinando la dotazione prevista alla tabella C della legge di stabilità 2014».

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Bacchettati per il lavoro e ora anche per i trasporti

Da www.superando.it Non può certo sorprenderci più di tanto – abituati come siamo, purtroppo, a segnalare quasi quotidianamente disservizi e disagi vissuti dalle persone con disabilità che cercano di utilizzare i mezzi di trasporto pubblici – l’avvio di una procedura d’infrazione della Commissione Europea nei confronti del nostro Paese, già pesantemente “bacchettato” da Bruxelles, nell’estate dello scorso anno, anche sul fronte del lavoro

Giovane in carrozzina a fianco di un autobus non accessibileNon mancano le reazioni alla recente iniziativa della Commissione Europea che, come già scritto da Franco Bomprezzi nel nostro editoriale del lunedì, ha avviato una procedura di infrazione nei confronti del nostro Paese, in àmbito di trasporti delle persone con disabilità, dopo che nell’estate dello scorso anno era arrivata una sonora bocciatura anche sul fronte del lavoro.
Ma di che cosa si tratta esattamente? È necessario partire dagli stessi Trattati costitutivi dell’Unione Europea, ai sensi dei quali si parla di «inadempimento degli Stati Membri» ogniqualvolta un’amministrazione nazionale (centrale, regionale o locale) ponga in essere una violazione del diritto dell’Unione attraverso un comportamento attivo o omissivo.
La procedura di infrazione costituisce lo strumento attraverso il quale la Commissione Europea svolge la propria funzione di controllo del rispetto del diritto comunitario da parte degli Stati membri ed essa si articola esattamente in due fasi la prima delle quali è quella cosiddetta «pre-contenziosa», consistente nella produzione di una lettera di messa in mora, atto che segna appunto l’apertura formale della procedura di infrazione. Con esso la Direzione Generale della Commissione competente in materia identifica la violazione del diritto dell’Unione che viene contestata e prevede un termine entro il quale lo Stato potrà comunicare le proprie osservazioni e argomentazioni di risposta. Nel caso poi che la risposta non arrivi o che le informazioni trasmesse non vengano ritenute soddisfacenti, la Commissione adotta un parere motivato, tramite cui constatare la sussistenza della violazione e invita lo Stato coinvolto a prendere tutte le misure necessarie per porre fine alla situazione denunciata.

Veniamo dunque al caso specifico, ovvero a tre recenti lettere di messa in mora, inviate dalla Commissione Europea allo Stato Italiano, tutte concernenti il settore dei trasporti (autobus, navi e pacchetti vacanze), la prima delle quali è specificamente centrata sull’accusa al nostro Paese di non rispettare i diritti dei passeggeri con disabilità che si muovono con gli autobus pubblici, in quanto rischiano di non potersi spostare nell’assenza di fermate predefinite in cui possano ricevere assistenza.
Al momento non disponiamo ancora del testo originale di tali documenti, ma sappiamo che se entro sessanta giorni l’Italia non darà risposte adeguate, rischierà di vedere avanzare l’iter della procedura di infrazione, fino a doversi eventualmente trovare, in ultima battuta, davanti alla Corte di Giustizia Europea.

Parlavamo inizialmente di reazioni a queste notizie, e tra esse registriamo ad esempio quella dell’Associazione Luca Coscioni il cui consigliere generale Alessandro Gerardi si dichiara in una nota «per nulla sorpreso dalla decisione della Commissione Europea», sottolineando come «da anni la nostra Associazione riceva tantissime segnalazioni da parte dei viaggiatori a ridotta mobilità che si vedono quotidianamente costretti ad affrontare problemi dovuti ai rifiuti ingiustificati e ad altre ingiuste richieste quando cercano di viaggiare».
«Avere a che fare con la disabilità nella vita è già una sfida dura – aggiunge Gerardi -, e le cose non dovrebbero diventare ancora più dure quando si arriva in aeroporto, si prende un autobus o si viaggia in metropolitana. In sostanza, con questa decisione i Commissari Europei ci ricordano che il diritto alla mobilità, la non discriminazione e la pari dignità di tutte le persone con diabilità sono requisiti indispensabili senza i quali i concetti di “vita indipendente” e di “inclusione sociale” sono destinati a rimanere privi di significato».
«Ora – conclude il Consigliere dell’Associazione Coscioni – l’Italia ha due mesi per fornire risposte adeguate alla Commissione Europea, ma nel frattempo noi adotteremo ogni iniziativa affinché i fondi statali per l’abbattimento delle barriere architettoniche vengano rifinanziati con risorse adeguate e ci batteremo al fine di vedere attuato il nuovo Regolamento Europeo in materia di trasporto urbano ed extraurbano, mediante la nomina dell’organismo responsabile della sua applicazione».

«La procedura di infrazione avviata dalla Commissione Europea nei confronti dell’Italia – dichiara dal canto suo Giovanni Scacciavillani, responsabile nazionale dell’Ufficio Politiche della Disabilità del Sindacato UGL – sia un monito: ora auspichiamo che finalmente vengano date risposte adeguate alle esigenze di accessibilità e mobilità, finora completamente ignorate».
In tal senso, secondo l’esponente sindacale, «per consentire alle persone con disabilità di vivere indipendenti e partecipare a tutti gli àmbiti della vita, rispondendo così alle richieste dell’Unione Europea, è necessario attuare al più presto quanto indicato dal Programma d’Azione Biennale per la Promozione dei Diritti e l’Integrazione delle Persone con Disabilità, varato dall’Osservatorio sulla Condizione delle Persone con Disabilità e adottato formalmente con il Decreto del Presidente della Repubblica (DPR) del 4 ottobre 2013 [pubblicato il 28 dicembre 2013 in Gazzetta Ufficiale, Serie Generale n. 303, N.d.R.]».
«Quel Programma – conclude Scacciavillani -, in attuazione della Convenzione ONU sui Diritti delle Persone con Disabilità, indica tutti i criteri per permettere a queste ultime di godere di tutti i diritti e le libertà fondamentali, consentendo così di superare le tante barriere purtroppo ancora esistenti nel nostro Paese». (Stefano Borgato)

12 febbraio 2014

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Bambini in difficoltà? Lasciamoli alla scuola materna intanto

Nella mia carriera mi è capitato di incontrare bambini 10 anni ancora all’asilo, ragazzini di 15 ancora alle elementari, e di 20 ancora alle medie. Ci si augurava che quella stagione fosse terminata, che la cultura e la tradizione dell’inclusione scolastica basata sulla coeducazione di coetanei con e senza disabilità fossero oramai consolidate in una visione condivisa. Così non è.”

Questa l’amara considerazione di Salvatore Nocera, vicepresidente della Federazione Italiana per il Superamento dell’Handicap a commento della Circolare 338 (4 febbraio 2014) del Dipartimento Istruzione del MIUR.

Che cosa prevede la circolare? Prevede che i bimbi che giungono in Italia prima dei sei anni in forza di un’adozione internazionale possano essere “parcheggiati” alla scuola di infanzia evitando l’ingresso alla scuola primaria. Questa decisione, molto semplificata, viene attribuita ai Collegi dei docenti.

Ma non è tutto. Il Ministero, che ha assunto la decisione senza nemmeno consultare l’Osservatorio scolastico ministeriale sull’integrazione scolastica, riesuma una vecchia circolare del 1975 (n. 235) da lungo tempo priva di vigore. Quella circolare ammetteva la possibilità per i bambini con disabilità di rimanere alla scuola d’infanzia in deroga all’obbligo della frequenza scolastica. Ma è ampiamente superata dalle disposizioni successive. Tanto per citare una norma: la Legge 53/2003 ha riaffermato l’obbligo scolastico a partire dal compimento del sesto anno di età. Dovevano intendersi ormai abrogate tutte le precedenti circolari che consentivano tale pratica.

Di conseguenza la nuova indicazione amministrativa (che tale rimane) potrebbe essere estesa, a discrezione dei Collegi dei docenti, a qualsiasi condizione di bisogno educativo speciale, inclusa la disabilità.

Rimane da chiedersi quali interventi o quali misure verrebbero adottate per favorire l’inclusione dei bambini durante la permanenza nella scuola di infanzia e come esse siano propedeutiche all’ingresso successivo alla scuola primaria.

La FISH ribadisce che l’ingresso alla scuola primaria deve essere uguale per tutti – prosegue Nocera – e che i casi eccezionali vanno gestiti con i crismi dell’eccezionalità e delle deroghe rarissime che non incidano sul principio della coeducazione dei coetanei. Consolidare prassi diverse sarebbe gravissimo e produrrebbe deleterie conseguenze sulla formazione delle classi e sull’iter dei cicli scolastici, generando confusione e contenzioso sicuro ed immediato. La circolare va dunque ritirata tempestivamente precisando la già avvenuta abrogazione della vecchia circolare 235/1975.”

10 febbraio 2014

FISH – Federazione Italiana per il Superamento dell’Handicap
www.fishonlus.it