Fonte www.vita.it – Un anno fa, il governo presentava e approvava il disegno di legge di Riforma del Terzo settore, impresa sociale e servizio civile. Era il 10 luglio 2014. La Conferenza stampa si sarebbe tenuta il 6 agosto. Nel frattempo la consultazione pubblica lanciata dal Governo aveva fatto recapitare nella casella di posta del sottosegretario al Welfare, Lugi Bobba contributi da 1016 soggetti (il 14,8% non pertinenti). Tra le risposte valide il 37,4% arrivava dalle organizzazioni non profit, il 38,5 per cento dai cittadini, il 7,2 per cento dal mondo delle imprese, dei sindacati e degli ordini professionali e il 2,3 per cento da amministrazioni pubbliche e università.
«Per realizzare il cambiamento economico, sociale, culturale, istituzionale di cui il Paese ha bisogno, è necessario che tutte le diverse componenti della società italiana convergano in un grande sforzo comune. Il mondo del Terzo settore può fornire un contributo determinante a questa impresa, per la sua capacità di essere motore di partecipazione e di autorganizzazione dei cittadini, coinvolgere le persone, costruire legami sociali, mettere in rete risorse e competenze, sperimentare soluzioni innovative». Da qui nelle parole del premier Renzi l’urgenza di portare a casa «una misura che caratterizza questo governo, sono grato a chi dal terzo settore me lo ha suggerito, il terzo settore in realtà è il primo e va incoraggiato».
Dodici mesi dopo, il premier su questo fronte si trova con in mano un pugno di mosche. Il provvedimento è di fatto parcheggiato in Commissione Affari costituzionali al Senato, praticamente da tre mesi. E la relatrice Anna Finocchiaro ha appena prorogato il termine di presentazione degli emendamenti dal 9 al 21 luglio. In tre mesi la Commissione di palazzo Madama si è riunita dieci volte.
L’ultima effettiva il 24 giugno scorso nella quale Bobba per l’ennesima volta ha sottolineato come «sul contenuto del disegno di legge delega si è già svolto un ampio confronto con le organizzazioni interessate, oltre che un approfondito dibattito alla Camera dei deputati (durato circa 6 mesi, ndr.).
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Fonte www.disabili.com – Novità sul fronte delle tutele dei genitori e della conciliazione tra lavoro, vita privata ed esigenze di cura. Ad apportarle, l’entrata in vigore del Decreto Legislativo 80 del 15 giugno 2015. Si tratta di integrazioni a quanto già previsto dal Decreto Legislativo 151 del 2001. Attraverso l’analisi di Handylex, ecco alcuni tra i punti salienti degli aggiornamenti introdotti.
MISURE IN CASO DI FIGLI CON DISABILITÀ – Il congedo parentale, ovvero l’assenza facoltativa dal lavoro concessa ai genitori, si applica fino a un limite di età dei figli ora più alto: da otto anni passa infatti a dodici. Questa modifica vale anche nel caso di minori con disabilità grave. In presenza di questa condizione, tra l’altro, è prevista un’indennità per tutto il periodo di congedo. L’indennità, nel complesso, è pari al 30% della retribuzione. In assenza di handicap, cresce comunque il limite di età del figlio per la concessione dell’indennità: da tre anni passa infatti a sei.
IL CONGEDO PARENTALE – La sospensione facoltativa dal lavoro, si sottolinea, è prevista, tanto per il padre che per la madre, per una durata non superiore a sei mesi ciascuno. Il limite complessivo è di dieci mesi, che diventano undici se il padre si astiene dal lavoro per almeno tre mesi. Le novità introdotte di recente considerano anche i casi di adozione o affidamento. In queste circostanze, il congedo è concesso ai genitori con figli fino ai dodici anni (come già nei casi indicati in precedenza), e va comunque fruito entro i dodici anni dall’arrivo del minore in famiglia. Le novità introdotte disciplinano anche padri e madri lavoratori autonomi e liberi professionisti. Se manca una specifica regolamentazione nel contratto collettivo, anche di livello aziendale, il genitore può scegliere se fruire del congedo parentale su base giornaliera oppure oraria. Esistono però delle eccezioni per il personale del comparto sicurezza e difesa, e per quelli dei vigili del fuoco e del soccorso pubblico: nel loro caso sono previste forme diverse di fruizione del congedo, legate alle esigenze di funzionalità connesse al loro tipo di servizio.
GLI ALTRI CONGEDI – Aggiornamenti anche sul fronte dei congedi di maternità e paternità, ovvero l’astensione obbligatoria della lavoratrice dal lavoro, nel primo caso, e quella fruita dal lavoratore in alternativa al congedo di maternità, nel secondo caso. Per le mamme, nella situazione di parto anticipato, il periodo di congedo non goduto si somma a quello successivo alla nascita del figlio, anche se il periodo, nel suo complesso, risulta così superiore ai cinque mesi. Se il figlio viene ricoverato, durante la degenza la madre può chiedere la sospensione del congedo di maternità, purché presenti al datore di lavoro l’attestazione medica che dichiara la sua compatibilità con la ripresa dell’impiego.
Il periodo di congedo “sospeso” può essere dunque goduto quando il bambino è stato dimesso. Le disposizioni valgono anche nel caso di affidamento e adozione. Sul fronte dell’indennità di maternità, la norma prevede che questa sia dovuta anche nel caso di lavoro cessato per giusta causa. Per quanto riguarda i congedi, le modifiche introdotte dal Decreto Legislativo estendono la possibilità di fruizione, al posto delle madri, anche ai padri lavoratori autonomi o libero professionisti. Perché ciò sia fruibile, devono esserci condizioni tali per cui la madre non può godere del congedo (ad esempio abbandono del figlio, gravi motivi di salute, decesso, ma anche affido esclusivo al padre). La richiesta va presentata all’Inps, che verifica quindi la presenza delle condizioni necessarie.
LAVORO NOTTURNO – La nuova norma aggiunge un ulteriore caso di lavoratori esentati dai turni di notte. Si tratta delle madri adottive o affidatarie di un minore, nei primi tre anni da quando il bambino arriva nella famiglia, e comunque non oltre i dodici anni di età. In alternativa alla madre, e con le stesse condizioni, è esentato dal lavoro notturno il padre adottivo o affidatario.
Fonte www.infocontinuaterzosettore.it – Pubblicati i dati dell’Osservatorio CISL sulle politiche sociali. Due in particolare gli aspetti sottolineati. Il primo è il ristagno della spesa e la persistenza delle differenze territoriali.
La spesa sociale degli enti locali dal 2009 al 2013, evidenzia la CISL, è calata del 2,7% con punte del -29% in Calabria e – 13 % di Liguria e Umbria. Nel quinquennio sono andati persi circa 250 milioni di euro.
Un altro aspetto di rilievo è costituito dall’analisi di 3.653 accordi di contrattazione sociale sottoscritti e siglati dai sindati a livello territoriale dal 2008 ad oggi, con una media negli ultimi 4 anni di circa 800 ogni anno.
Sono le intese per le politiche socio familiari (con più di 2150 azioni in media all’anno) a caratterizzare oggi il quadro della contrattazione sociale nel nostro paese, seguiti dagli accordi in tema di politiche fiscali, tariffarie, prezzi, welfare occupazionale, politiche socio sanitarie. In più del 90% dei casi gli accordi sono stati siglati dai sindacati con la pubblica amministrazione, mentre più del 70% sono volti a difendere e mantenere i sistemi di welfare esistenti, poco più del 20% sono orientati a fare innovazione sociale e meno del 10% a contrattare riduzione di servizi. L’indice di propensione al sociale nel 2013 è più alto nel comune di L’Aquila (56,9 % della spesa corrente), mentre all’ultimo posto della graduatoria c’è il comune di Caserta con appena il 3,6 % della spesa corrente destinata ai servizi sociali.
Per maggiori informazioni e per scaricare l’indagine della Cisl, clicca qui
Fonte Forum Terzo Settore* – Il prossimo 4 ottobre, già giornata della pace, della fraternità e del dialogo tra culture e religioni diverse, si potrà ufficialmente festeggiare il ‘Giorno del Dono’. Si è infatti concluso, con l’approvazione da parte del Senato, l’iter parlamentare cominciato nel 2013 e tenacemente promosso dall’Istituto Italiano della Donazione, fondato dal Forum Nazionale del Terzo Settore, che ha visto come primi firmatari del disegno di legge l’ex Presidente della Repubblica Ciampi e il deputato Patriarca.
Accogliamo con grande soddisfazione il riconoscimento di una Giornata Nazionale dedicata ai valori della gratuità, della solidarietà, dello scambio, della partecipazione attiva, dell’impegno dei cittadini per i beni comuni e per la costruzione di un tessuto sociale così importante per il nostro Paese.
*Cui Anffas Onlus aderisce
Fonte Agenzia Redattore Sociale – “All’interno della nostra Federazione abbiamo iniziato da tempo un dibattito molto approfondito sull’autismo, e sul tema abbiamo costituito un gruppo di lavoro specifico”. Lo mette in luce il presidente nazionale delal Fish*, Federazione italiana superamento handicap, Vincenzo Falabella, al quale abbiamo chiesto un commento in merito alla proposta di legge “Disposizioni in materia di diagnosi, cura e abilitazione delle persone con disturbi dello spettro autistico e di assistenza alle famiglie” che, dopo l’approvazione di ieri alla Camera, si appresta a tornare in Senato per l’approvazione definitiva.
Un testo di legge che non prevede fondi dedicati, nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica, e che dispone che le amministrazioni interessate alla attuazione vi provvedono con le risorse umane, finanziarie e strumentali disponibili a legislazione vigente. Ed è, questa, una prima criticità: “Noi diciamo che una legge che si rispetti deve prevedere un fondo dedicato, sennò non andiamo da nessuna parte” commenta Falabella. Il testo è anche “paludoso: perché non è stato condiviso con il mondo associativo”.
Perché, secondo lei, è mancata la condivisione? “Il testo è frutto di sintesi di testi precedenti, di un processo di costruzione avviato da anni. Noi avevamo presentato un nostro testo – riferisce il presidente nazionale Fish -, ma nella proposta di legge approvata alla Camera non ve n’è traccia. Questo ci pone, oggi, non dico in una situazione di criticità, ma come osservatori attenti degli esiti dell’iter parlamentare”.
Reazioni forti all’approvazione di ieri alla Camera del testo di legge da parte di Anpa onlus, gruppo di familiari di persone con disabilità e associazioni di varie parti d’Italia che in queste ore, tramite un comunicato stampa e tramite i social network, oltre a ribadire la bocciatura dei tanti emendamenti presentati, parla di “legge inganno” e “senza investimenti”, di “legge senza sanzioni per chi non applica il diritto” e di attacco all’articolo 14 della legge 328/2000: “Una legge delega per le regioni che si apprestano a realizzare il recepimento della 328 alle quali arriva il messaggio del respingimento dell’articolo 14 della stessa 328”.
Va giù dura Anpa onlus: “Questa proposta di legge quadro – si legge nella nota stampa dell’organizzazione – non è stata costruita sulle norme costituzionali, ma su interessi di parte”. Anpa chiede quindi “che venga puntualizzata nel testo l’applicazione dell’articolo 14 della legge 328/2000, che venga previsto un budget di cura che superi il progetto assistenziale attuale e che rafforzi le iniziative a livello territoriale per il progetto individuale”.
*Cui Anffas Onlus aderisce
Per appronfondire
Fonte www.disabili.com – Il progetto di riforma scolastica denominato “La buona scuola” è diventata legge dello stato, nonostante le numerose forme di protesta messe in campo da moltissimi docenti, da associazioni studentesche e da genitori. Rimangono infatti in essere molti elementi ritenuti di grande criticità e già si prospettano azioni eterogenee di contrasto, dal referendum abrogativo, già annunciato, ai ricorsi ai tribunali amministrativi: settembre, aggiungono le organizzazioni sindacali, sarà un mese di fuoco.
Il dissenso si concentra in maniera particolare sul reclutamento e sulla presa di servizio dei docenti prospettati dalla legge, che affida alla discrezionalità dei dirigenti scolastici scelte significative operate in base a criteri personalistici ed aziendalistici, in luogo di quelli oggettivi garantiti dalle graduatorie. Non solo: la legge prevede incarichi triennali e, dunque, il venir meno della titolarità di sede; ciò comporta non solo difficoltà significative legate alla costante mobilità territoriale ma anche il venir meno della certezza della continuità didattica per i docenti assunti a tempo indeterminato.
Scenari inediti, dunque, dagli esiti molto incerti, che si avviano in un clima di grande delusione, incertezza e preoccupazione.
Nulla viene prospettato, in essi, per il sostegno didattico, se non il transito nei contestati albi territoriali per i docenti in ruolo che chiedano il passaggio su posto curricolare. Il medesimo trattamento è riservato a quei docenti in ruolo che chiedano trasferimento territoriale per ricongiungersi alle famiglie, ai figli piccoli o con disabilità, ai genitori anziani o invalidi.
Anche questi aspetti hanno generato numerose azioni di protesta. E’ un sistema che appare punitivo e delegittimante. Cosa accadrà, dunque, al sostegno didattico? La legge di riforma prevede un pacchetto consistente di deleghe al governo per legiferare sulla materia e l’ipotesi che appare più probabile è che ad un decreto delegato venga affidato ogni aspetto innovativo riguardante l’inclusione scolastica.
Secondo le dichiarazioni di alcuni politici ed in particolare del sottosegretario D. Faraone, le prospettive che riguarderanno il sostegno scolastico saranno prossime a quelle delineate dalla Proposta di Legge (PdL) A.C. 2444 presentata dalle associazioni Fish* e Fand, anch’essa accolta con preoccupazione e grande perplessità. La PdL prevede infatti una specifica classe di insegnanti di sostegno, con una formazione apposita, distinta da quella dei docenti curricolari. Non più, dunque, docenti abilitati all’insegnamento delle discipline e poi specializzati per le attività di sostegno didattico, ma esperti formati specificamente per promuovere azioni didattiche tarate sulle specifiche difficoltà.
Ad alcuni appare come garanzia di qualità, ad altri come istituzionalizzazione della delega, stridente con ogni principio inclusivo.
Nei diversi incontri che si sono susseguiti in merito, emerge la volontà da parte del mondo accademico e degli stessi insegnanti, di non buttare la formazione di base così com’è stata fatta finora e con essa, le esperienze di buone pratiche inclusive realizzate in 40 anni di integrazione. Anche in questo caso, dunque, non mancano i contrasti.
L’unico punto che mette tutti d’accordo è la necessità della formazione iniziale e in corso, per tutti i docenti. Forse, perciò, bisognerebbe cominciare da questo, consentendo a tutti gli insegnanti di potervi accedere con impegni economici ragionevoli. Le scelte importanti, se affrettate, come abbiamo potuto vedere con il rapido percorso di riforma, deciso con un voto di fiducia al governo, possono generare non solo dissenso, ma anche margini di errore significativi, perché non supportate da studi, ricerca-azione ed esisti di sperimentazioni. Diventano salti nel vuoto, come quello che il mondo della scuola dovrà affrontare a breve.
*Cui Anffas Onlus aderisce
Per appronfondire
Fonte www.vita.it – Ennesimo rinvio per l’approvazione della legge delega di Riforma del Terzo Settore in Commissione Affari Costituzionali al Senato. Il presidente in quota partito democratico Anna Finocchiaro ha infatti accolto la richiesta delle opposizioni di procrastinare il termine di presentazione degli emendamenti che sarebbe dovuto scadere il 9 luglio.
La nuova scadenza è stata fissata per il 21 luglio