Fonte www.vita.it – Undici multinazionali sono diventate le prime firmatarie della recente Carta dell’Organizzazione Internazionale del Lavoro per l’inclusione delle persone con disabilità in una cerimonia tenutasi presso la sede dell’OIL a Ginevra.
La Carta esprime la volontà di promuovere l’occupazione delle persone con disabilità in tutto il mondo e affronta una vasta gamma di temi, dalla protezione del personale con disabilità da ogni forma di discriminazione alla trasformazione dei luoghi di lavoro in senso accessibile per tutti i dipendenti con disabilità.
“Assumere persone con disabilità non è solo una buona causa morale, è anche un vantaggio per il business”, ha affermato Guy Ryder, Direttore Generale dell’OIL. “La mancanza di pari opportunità di lavoro per le persone con disabilità spesso determina povertà e di esclusione sociale”, ha aggiunto Ryder. “I primi firmatari della Carta contribuiranno a diffondere questo messaggio semplice ma essenziale e potranno anche dare un contributo alla realizzazione molti obiettivi della Agenda 2030 per lo sviluppo sostenibile “.
Tutti i firmatari – Accenture, Accorhotels, Adecco, AXA Group, Carrefour, Dow Chemical, Groupe Casino, L’Oréal, Orange, Standard Bank, Michelin – sono membri dell’OIL Global Business and Disability Network, creata nel 2010, che promuove l’inclusione della disabilità e facilita lo scambio di conoscenze e di buone pratiche tra le imprese, le reti aziendali e l’OIL. Inoltre ha prodotto uno strumento di autovalutazione che permette alle aziende di valutare quanto bene stanno facendo in materia di disabilità.
Parlando a nome dei firmatari, il presidente del comitato direttivo della Network, Wendy Orr, ha dichiarato: “Siamo orgogliosi di essere tra le prime aziende a firmare la Carta. Questo è un passo avanti per dimostrare il nostro impegno per l’inclusione delle persone con disabilità nel mercato del lavoro. Noi crediamo e abbiamo sperimentato come una forza lavoro diversificata sia fonte di opportunità per i datori di lavoro, i dipendenti e la società in generale. Incoraggiamo dunque altre grandi aziende di unirsi a noi e firmare la Carta nei prossimi mesi”.
Fonte www.e-include.eu – Thérèse Kempeneers-Foulon, Direttore of Inclusion Belgio ha incontrato nelle settimane passate Nils Muiznieks, Commissario per i Diritti umani del Consiglio d’Europa durante una visita di quest’ultimo in Belgio.
Nel corso dell’incontro, il Direttore di Inclusion Belgio ha evidenziato come vi sia da parte dei giudici belgi una tendenza dovuta alla scarsa formazione ad intrpretare in senso molto restrittivo la legge sulla capacità giuridica nei confronti delle persone con disabilità, minandone la capacità di rendersi più autonomi. Altro tema trattato è stato quello dell’inclusione scolastica, un settore in cui il Belgio purtroppo non si distingue in bene dato che sono ancora moltissimi i minori che vengono inseriti in istituti o scuole speciali invece di frequentare la scuola con tutti gli altri coetanei.
In poche settimane il Commissario produrrà una relazione sulla visita in Belgio.
Per maggiori informazioni clicca qui (pagina in lingua inglese)
Fonte www.superando.it – «Hai mai pensato di prendere il posto di una persona con disabilità? Potrebbe essere un’esperienza illuminante e sorprendente. Scoprire che esistono barriere fisiche, ma ancora prima atteggiamenti di paura e pregiudizio che ti escludono, ti marchiano. Ne usciresti con un punto di vista, qualunque esso sia, molto cambiato».
Con questo messaggio, la FISH* (Federazione Italiana per il Superamento dell’Handicap) – che raggruppa tante Associazioni di persone con disabilità e delle loro famiglie (se ne veda l’elenco in calce) e che da più di vent’anni è protagonista di iniziative di impegno civile per i diritti e l’inclusione delle persone, ma anche di contrasto al pregiudizio e alla discriminazione basati sulla disabilità – lancia in vista del 3 Dicembre, Giornata Internazionale ed Europea delle Persone con Disabilità, una campagna dai caratteri decisamente innovativi e di importante valenza culturale. Si tratta di #INMYPLACE, ovvero, letteralmente, “Al posto mio”, iniziativa voluta per impattare più direttamente sugli atteggiamenti, spesso inconsapevoli ma sempre determinanti, delle persone comuni verso la disabilità.
Preparata già da qualche tempo con la precedente iniziativa denominata Racconta la tua storia con disabilità, che ha già consentito di raccogliere numerose testimonianze di vita, componendo un racconto corale, basato sui diversi aspetti legati alla disabilità – il pregiudizio, l’esclusione, la discriminazione, gli ostacoli, le barriere – la campagna intende ora ampliare il proprio orizzonte.
Essa punta infatti alla condivisione di quei racconti, da parte di tanti volti noti e meno noti, che potranno “adottare” una storia (ma anche più di una in giorni successivi), con un semplice clic nel sito realizzato per l’iniziativa e condividerla sul proprio profilo Facebook o Twitter, “prendendo appunto il posto” del protagonista di quella stessa storia.
«Tutti possono partecipare alla piena riuscita dell’iniziativa – spiegano dalla FISH – ma prima ancora per contribuire a modificare atteggiamenti e percezioni ancora troppo distorti. Il 3 Dicembre si celebrerà la Giornata Internazionale ed Europea delle Perone con Disabilità e ci auguriamo di poter arrivare a quella data con innumerevoli “scambi di posto”, per poter abbattere l’ostacolo più grande, quello della paura, perché una volta superata quella, c’è un posto per tutti!».
Ricordiamo ancora il sito realizzato specificamente per la campagna #INMYPLACE.
Per ulteriori informazioni e approfondimenti, accedere allo spazio Contatti del sito stesso (oppure: ufficio stampa@fishonlus.it).
*Cui Anffas Onlus aderisce
Fonte www.superabile.it – Casi gravi – e purtroppo non certo infrequenti – come quello cortesemente segnalato da Francesco Diomede della Giunta Nazionale FISH* (Federazione Italiana per il Superamento dell’Handicap), riguardante una bimba con disabilità di Bari, costretta a cambiare scuola perché garantita nell’assistenza all’uso dei servizi igienici solo «nei limiti previsti dalla disponibilità del personale», impongono ancora una volta la massima chiarezza sulla materia e per questo si cede la parola a Salvatore Nocera, già vicepresidente nazionale della FISH, della quale è attualmente presidente del Comitato dei Garanti, oltreché responsabile dell’Area Normativo-Giuridica dell’Osservatorio Scolastico dell’AIPD (Associazione Italiana Persone Down).
«A chi sostiene – dichiara dunque Nocera – che per l’assistenza igienica agli alunni con disabilità, oltre all’incarico attribuito dal Dirigente Scolastico a taluni specifici collaboratori, con conseguente aumento retributivo, serva anche il loro consenso, va risposto che proprio non è così, poiché tali mansioni sono previste espressamente dalla Tabella A allegata al Contratto Collettivo Nazionale di Lavoro (CCNL) 2006-2009. Quindi, ove vi sia l’incarico del Dirigente Scolastico, previa assemblea o consultazione sindacale, il collaboratore designato non può rifiutarsi. In caso contrario, infatti, ci si trova in presenza di una mancata assistenza a un minore con disabilità e a un’interruzione di pubblico servizio, fatti per i quali, a mio avviso, proprio il Dirigente sarebbe passibile di denuncia da parte della Procura della Repubblica».
«Per quanto poi riguarda l’obbligo di aggiornamento in servizio per i collaboratori scolastici – prosegue Nocera – esso è espressamente previsto dall’articolo 1, comma 181, lettera c, punto 8 della Legge 107/15 [la Legge di riforma, nota come quella della cosiddetta “Buona Scuola”, N.d.R.]. In quel punto si parla testualmente della “previsione dell’obbligo di formazione in servizio per il personale amministrativo, tecnico e ausiliario, rispetto alle specifiche competenze, sull’assistenza di base e sugli aspetti organizzativi ed educativo-relazionali relativi al processo di integrazione scolastica”».
«È certamente vero – conclude Nocera – che tale norma è prevista come principio cui dovrà informarsi l’emanando Decreto Delegato sull’inclusione scolastica; quest’ultimo, però, dovrà normare le modalità esecutive di tale principio che è intanto immediatamete operante e che i Contratti Collettivi Nazionali di Lavoro non potranno modificare, ricordando come l’articolo 1, comma 196 della medesima Legge 107/15 stabilisca che “sono inefficaci le norme e le procedure contenute nei contratti collettivi, contrastanti con quanto previsto dalla presente legge”».
Annotazioni assai chiare, a disposizione di tutte le famiglie che come quella di Bari si sentano dire dalla scuola che l’assistenza per l’uso dei servizi igienici da parte del figlio o della figlia con disabilità è garantita, ma solo «nei limiti previsti dalla vigente normativa e dalla disponibilità di personale».
*Cui Anffas Onlus aderisce
Fonte www.superabile.it – Si chiama “trust”, in Italia già esiste da tempo, ma ora potrebbe diffondersi molto di più, soprattutto tra le persone con disabilità e in funzione di quel Dopo di noi a cui Renzi ha dedicato uno stanziamento specifico in legge di stabilità (90 milioni) e di cui si occupa una legge già vagliata alla Camera e in attesa di passare al Senato. Una legge che è il frutto di cinque proposte, unificate e integrate da Ileana Argentin, prima firmataria del testo unificato.
Tra le novità principali, c’è una cosa che si chiama “trust”: a incoraggiarne l’inclusione nel testo normativo è stata Francesca Romana Lupoi, avvocato dell’associazione Trust in Italia. “Nessuna delle cinque proposte includeva il trust – ci spiega- che pure già esisteva in Italia dal 1992, in virtù di una convenzione di diritto internazionale. In alcune di queste proposte si parlava invece di ‘fondo di sostegno’, che però non aveva alcuna base giuridica. Per questo, ho proposto di sostituire questa espressione con ‘trust’, ormai ampiamente riconosciuto e praticato dai giudici tutelari. E i legislatori mi hanno seguito”.
Ma in cosa consiste il trust? “E’ una sorta di patrimonio segregato, separato rispetto a quello personale del soggetto che lo gestisce: nel fondo in trust, si va a mettere una somma, un bene mobile o immobile, secondo modalità molto flessibili (per esempio, anche con versamenti periodici, ndr): e questo viene ‘consacrato’, destinato esclusivamente alla finalità prevista. E nessuno può toccarlo, se non il beneficiario”. Il trust, insomma, ha bisogno di tre soggetti: un “disponente”, ovvero il proprietario del bene; il beneficiario; e il “trustee”, ovvero colui che è chiamato a gestire quel bene, secondo le modalità e le volontà indicate dal disponente. Questo strumento giuridico e finanziario è molto utilizzato in ambito sociale, “anche in caso di donazioni – spiega Lupoi – In questi casi, spesso il disponente è una persona anziana che vuole sostenere una determinata realtà ma non ha le capacità o la possibilità o l’intenzione di occuparsene in prima persona, quindi nomina un trustee”.
Anche nell’ambito della disabilità, questo strumento inizia ad essere sempre più conosciuto e utilizzato: “Qui il trustee non è generalmente remunerato, come accade negli altri casi, ma quasi sempre è un membro della famiglia o della rete amicale. Il disponente è di solito il genitore, il beneficiario naturalmente è il figlio disabile. Il bene può essere una somma di denaro, o un immobile, anche lo stesso in cui la famiglia vive attualmente: in questo caso, i genitori possono riservarsene una parte come nuda proprietà. Ma la cosa importante, soprattutto quando parliamo di trust per il Dopo di noi, è che questo è un vero e proprio programma di vita e qui sta la sua forza”.
In che senso? “Nell’atto, viene indicato con precisione come la famiglia vuole che sia utilizzato quel bene. Si allegano le cosiddette ‘lettere dei desideri’, in cui i genitori declinano un vero e proprio progetto per il figlio. In questo modo, sotto questo profilo la loro morte sarà irrilevante, perché il trustee garantirà l’esecuzione di quel progetto e il figlio sarà completamente tutelato”.
Il trustee, in definitiva, consiste in un bene vincolato, con un corollario ben preciso di regole e indicazioni a cui il trustee dovrà attenersi: in questo modo, desideri e progetti diventano legge.
“Per questo, l’atto di trust è su misura, entra nel cuore dei genitori e nelle abitudini del ragazzo. Il trustee si impegna a realizzare nel miglior modo possibile le volontà dei disponenti. Ed eventuali violazioni saranno perseguibili davanti al giudice”, precisa Lupoi.
Un esempio? Una coppia ha un figlio con disabilità ormai adulto e una grande casa di proprietà – racconta Lupoi, riferendo di un caso seguito tempo fa – I genitori hanno diviso l’appartamento in due parti, riservandosene una per usufrutto. Nell’altra ala dell’appartamento, il ragazzo ora vive insieme ad altri cinque ragazzi con disabilità, costantemente assistiti dagli operatori di una cooperativa. In questo modo, il Dopo di noi si sta realizzando anche prima. E la famiglia, dopo diversi anni di sperimentazione, si dice molto soddisfatta”. Ora, con l’inserimento del trust nella legge per il Dopo di noi, questa pratica dovrebbe diffondersi ancora di più in questo ambito: “è infatti prevista la defiscalizzazione, in modo che non siano più dovute imposte ipotecarie e catastali, che ammontano a circa i 3%. Un ulteriore incoraggiamento alle famiglie, affinché utilizzino questo strumento, utile soprattutto nel sostenere quella domiciliarità che da più parti è richiesta”.
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Fonte www-ed-scuola.eu – L’U.s.p. di Bologna ha recentemente riepilogato gli adempimenti amministrativi che le scuole debbono eseguire nel caso di alunni con disabilità e disturbi specifici di apprendimento. Innanzitutto, l’Ufficio ribadisce l’importanza della corretta redazione, da parte delle Istituzioni Scolastiche, del Profilo Dinamico Funzionale per gli alunni con certificazione legge 104/92 a partire dalla scuola primaria fino alla fine della secondaria di secondo grado.
Il Profilo Dinamico Funzionale va redatto dal Gruppo Operativo, sulla base dei dati delle Diagnosi Funzionali, delle osservazioni collegialmente rilevate dai docenti, operatori sanitari e genitori. Si tratta di un importante strumento che servirà nel percorso scolastico dell’alunno e, al termine di esso, ad indicare le reali competenze acquisite nel corso degli anni trascorsi a scuola. Particolare attenzione deve essere posta anche alle rivalutazioni AUSL dei ragazzi di 16 anni, alle quali possono seguire modifiche delle Diagnosi Funzionali e inevitabilmente rielaborazioni e aggiornamenti del Piano Educativo Individualizzato.
Particolare cura richiedono anche le stesure dei Piani Educativi Individualizzati (legge 104/92) e dei Piani Didattici Personalizzati (legge 170/2010) quando vengono stilati negli anni conclusivi dei cicli, perché da questi si desumeranno le modalità e i criteri di valutazione che sanno adottati durante gli esami dalle Commissioni.
Fonte www.vita.it – “Ci tengo molto, quella del dopo di noi è una legge che nel 2016 andrà approvata”: ha detto Matteo Renzi presentando la Legge di Stabilità. In essa ci sarebbero 100 – o più probabilmente 90 – milioni di euro per finanziare la legge sul Dopo di Noi (nel corso della conferenza stampa Renzi ha parlato di uno stanziamento di 100 milioni, il comunicato ufficiale di Palazzo Chigi porta scritto invece 90 milioni).
Avere un impegno così forte sulla volontà del Governo di portare a termine l’iter della legge è importante, ma passando ai contenuti, che analisi possiamo fare della proposta di legge che sta per arrivare alla Camera? Quali punti di forza e quali criticità presenta il testo attuale? Quali miglioramenti potrebbero essere apportati durante la discussione parlamentare? Ne parliamo con chi si occupa ogni giorno di disabilità grave. Cominciando con Roberto Speziale, presidente di Anffas.
Come ha accolto l’impegno del premier?
Che sia stato il Premier Renzi, nel presentare la Legge di Stabilità, ad indicare tra le misure maggiormente qualificanti la manovra stessa, l’istituzione di un Fondo per finanziare la legge sul “dopo di noi” rappresenta per noi certamente una notizia molto positiva. Questo significa che finalmente si dà attenzione e priorità alla domanda che molti genitori si pongono rispetto ai loro figli con disabilità: «chi si occuperà di loro quando noi non saremo più in grado di farlo o non ci saremo più?». Pertanto crediamo che, alla luce di tale dichiarazione, la legge sul “dopo di noi” – che noi vorremmo anche del “durante noi” – possa essere approvata ed emanata nel più breve tempo possibile, disponendo di una prima dotazione di risorse, che non sono certo sufficienti, per la costituzione del previsto Fondo. Questo è ribadito, nell’art. 25 del progetto di legge 2111 annunciato in Senato il 25 ottobre (Legge di stabilità 2016) laddove si legge: “Si istituisce, presso il Ministero dell’Economia e delle Finanze, un Fondo destinato al finanziamento di misure per il sostegno delle persone con disabilità grave, in particolare stato di indigenza e prive di legami familiari di primo grado. Inoltre, le modalità di utilizzo del Fondo vengono definite con decreto di natura regolamentare sul quale va acquisita l’intesa della Conferenza Stato Regioni.”
Nelle note che motivano gli importi speciali di cui alle Tabelle A e B, si legge in riferimento a tala comma 1 dell’articolo 25: “La disposizione istituisce nello stato di previsione del Ministero dell’Economia e delle Finanze un Fondo destinato al finanziamento di misure per il sostegno di persone con disabilità grave, in particolare stato di indigenza e prive di legami familiari di primo grado, con una dotazione di 90 milioni di euro annui a decorrere dall’anno 2016”.
Passando ai contenuti, che analisi possiamo fare della proposta di legge che sta per arrivare alla Camera? Quali punti di forza e quali criticità presenta il testo così come oggi è?
Consideriamo molto positivamente il fatto che il testo unificato (rispetto alle sei precedenti proposte di legge presentate alla Camera) prevede l’Istituzione di un Fondo che serva a finanziare interventi volti a creare percorsi di acquisizione di autonomie per una vita indipendente, anche, ma non solo, in previsione del venir meno del supporto familiare (il cosiddetto “durante noi”).
Un altro punto di forza del testo unificato è il ritenere che gli interventi finanziati dal detto Fondo possano essere fruiti dalle persone con disabilità solo in base a quanto stabilito nel proprio progetto individuale ex art. 14 Legge n. 328/00, affinché gli interventi non siano di carattere estemporaneo e semmai non confluenti nel percorso di vita che quella persona sta facendo. Come Anffas ci siamo battuti affinché potessero essere finanziati non solo interventi per strutture residenziali per il “dopo di noi”, ma soprattutto per attivare percorsi di de-istituzionalizzazione e per assicurare la permanenza delle persone con disabilità grave nel contesto ambientale vissuto, con l’intervento di adeguati supporti e sostegni, specie quando venisse meno un sostegno informale fondamentale quale è oggi quello della famiglia. Purtroppo, nel testo unificato questo è possibile solo se alcune famiglie si riuniscono per richiedere un finanziamento (per esempio, una famiglia mette a disposizione un villino di sua proprietà, dove, oltre a vivere il proprio figlio con disabilità, possa essere ospitata anche un’altra persona con disabilità che compartecipa alla gestione del villino e dei supporti) e non anche alle singole famiglie.
Tale soluzione doveva essere maggiormente valorizzata, prevedendo magari deroghe a requisiti standard che alcune regioni potrebbero richiedere anche per finanziare interventi su soluzioni, che, invece, devono riprodurre il più possibile l’ambiente domestico familiare.
Un altro punto di criticità è quello di un’occasione colta a metà: la previsione di agevolazioni fiscali per polizze assicurative che siano esclusivamente finalizzate a sostenere progetti del “durante, dopo di noi” e non già ad accumulare risorse, che, poi, magari vadano a beneficio di tutt’altri destinatari o finalità.
Quali richieste di miglioramenti potrebbero essere avanzate durante la discussione parlamentare?
Anffas vorrebbe che la legge fosse pienamente coerente con quanto previsto dall’art. 19 della Convenzione Onu, che prescrive che occorre garantire a tutte le persone con disabilità il diritto di “scegliere, su base di uguaglianza con gli altri, il proprio luogo di residenza e dove e con chi vivere”. A tal fine Anffas vorrebbe che si stabilisse già nella legge un sistema premiale (quindi maggiori risorse) per gli interventi di de-istituzionalizzazione, con programmi volti a portare fuori dagli “istituti” sempre più persone con disabilità.
Un problema preliminare, legato all’istituzione del Fondo, è capire come definire la platea dei beneficiari. Per il momento la legge si limita a parlare di “disabilità grave non determinata dal naturale invecchiamento o da patologie connesse alla senilità, prive di sostegno familiare in quanto mancanti di entrambi i genitori” e demanda per ulteriori dettagli a un successivo decreto: secondo voi come andrebbe definita questa platea? Chi dovrebbe potervi accedere?
Anffas è favorevole alla definizione della platea dei destinatari così come prevista dal testo licenziato dalla Commissione Affari Sociali della Camera. Il rischio era che accedessero a un Fondo che ha per fine l’attivazione di percorsi di acquisizione di autonomie, persone ormai anziane che invece vedono il progressivo decadimento delle proprie facoltà, in maniera non connessa ad una congenita disabilità. Gli anziani non autosufficienti, comunque, accedono ai fondi per la non autosufficienza. Il problema vero è che il Fondo Ministeriale previsto dalla proposta di Legge di Stabilità del Governo, diversamente da quanto prevede il testo unificato sul “Dopo di Noi” vede come destinatarie persone con disabilità grave privi di legami familiari di primo grado quindi, per ipotesi, ci potrebbero rientrare anche gli anziani non autosufficienti. Inoltre, il prevedere che gli interventi per il dopo di noi vadano a persone con disabilità che debbano essere anche indigenti snatura il fine della legge, che voleva promuovere anche quelle soluzioni familiari sopra descritte.
Di dopo di noi si parla da tempo, nel 2000 la Turco stanziò dei fondi per strutture dedicate – alcune strutture le stanno inaugurando anche in questi giorni, dopo 15 anni – ma nel frattempo la cultura è molto cambiata, c’è la Convenzione Onu, c’è il riconoscimento che le persone con disabilità hanno il diritto di decidere dove vogliono vivere e con chi vogliono vivere. Il dopo di noi quindi non è un problema di strutture ma di progetti che partano già “durante noi”. Molte associazioni contestano di questa legge l’eccessivo e anacronistico puntare sulle strutture. In effetti si parla di residenze, gruppi appartamento, strutture alloggiative di tipo familiare ma mai del diritto di rimanere a casa propria. Che ne pensa? È un problema?
È quanto ho detto prima. Occorre privilegiare il più possibile l’utilizzo di soluzioni in edifici e case di civile abitazione, specie quelle in cui la persona già viveva, magari ospitando altri amici, in numero limitatissimo, proponendo, al massimo livello possibile, il principio della vita autonoma ed indipendente a partire dal “durante noi”. Allo stesso tempo occorre porre la massima attenzione a tutte quelle persone con disabilità con elevata necessità e intensità di sostegni, ai quali va garantita sempre e comunque la maggiore qualità di vita possibile, anche laddove necessitate a vivere fuori dal proprio contesto familiare e/o abitativo. Non tutti infatti hanno qualità di vita per il solo fatto di vivere al proprio domicilio, perché purtroppo a volte non vi sono i presupposti oggettivi. È il progetto di vita, quindi, che deve valutare per ciascuna persona quale sia la soluzione abitativa più idonea, non pensando che finanziare un assistente domiciliare possa rappresentare sempre e comunque la soluzione ideale.
Spesso, paradossalmente, ciò finisce proprio con il determinare la mancanza di opportunità di partecipazione ed inclusione sociale di tante persone, semplicemente “recluse” in casa. È una questione troppo seria per banalizzarla con slogan del tipo “tutti devono vivere a casa propria”: è del tutto evidente che vi sono persone con disabilità non sono in grado di seguire un percorso di acquisizione delle sufficienti autonomie tali da garantire una vita totalmente indipendente e famiglie in grado di supportare adeguatamente tali percorsi. Per noi occorre parlare sempre più di “vita interdipendente”.
Un’altra preoccupazione riguarda il trust, che inizialmente sembrava essere introdotto in maniera “vaga”, mentre ora le risorse dovranno essere vincolate a interventi e finalità proprie del dopo di noi. È sufficiente? Non è strano che in una legge che parla di dopo di noi l’articolo più lungo, dettagliato e immagino studiato sia proprio quello che introduce i trust?
Le nostre perplessità permangono tutte, anche perché il trust non trova una compiuta disciplina civilistica nel nostro ordinamento. Pertanto, lo stesso andrebbe considerato come una delle possibili forme di destinazione e protezione del patrimonio, ma sicuramente, allo stato, non la principale o esclusiva. A tal fine, come Anffas abbiamo richiesto che perlomeno laddove si volesse inserirlo nella legge sul “dopo di noi”, le relative agevolazioni fiscali ci fossero solo per un trust “finalizzato” ad un percorso concreto del “dopo di noi”.
Alcuni soggetti reputano che più semplicemente la legge sul Dopo di Noi dovrebbe dare risorse alle famiglie, che potrebbero organizzare la vita a casa del figlio con disabilità in continuità con la sua vita di sempre. Costerebbe lo stesso, se non meno. Non è una buona proposta?
Lo dicevo sopra: Anffas ha proposto, ed in parte ottenuto, che gli interventi finanziabili siano anche volti a supportare le famiglie che, semmai, avendo una casa di abitazione (in cui il figlio vive da sempre) possano far strutturare il contesto di vita proprio lì, ma con i giusti sostegni e sempre nell’ottica del perseguimento di un progetto di vita. Dobbiamo evitare assolutamente che la persona con disabilità rimanga segregata in casa con una badante, con il paradossale rischio di ritrovarci in una situazione peggiore.
La legge oggi prevede l’istituzione di un Fondo da 56,9 milioni di euro per il 2016 più minori entrate di 45,7 milioni di euro per il 2016 per via dell’innalzamento della detraibilità delle spese assicurative. Fa 102, 6 milioni, la Legge di Stabilità parla invece di 90, partiamo male?
Intanto registriamo una differenza tra quanto annunciato in conferenza stampa dal Premier, che aveva parlato di 100 milioni, e i 90 milioni oggi previsti nella legge di stabilità. Sarebbe quindi paradossale che anche un solo euro dei 90 milioni previsti venisse poi meno per altri strani meccanismi. Anzi, l’auspicio è che il fondo venga incrementato con altre risorse da parte delle Regioni e degli Enti Locali e che venga stabilizzato, come sembrerebbe, per le annualità successive.