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ONLINE IL NUOVO DIZIONARIO PER IL LINGUAGGIO FACILE DA LEGGERE

Fonte www.e-include.euSi chiama Hurraki ed è la nuova pagina web – disponibile al momento solo in inglese, tedesco e spagnolo – che proprio come un vocabolario spiega in easy to read le parole più difficili.

Hurraki ha origini tedesche ed è possibile scaricarlo anche come app sul proprio telefono.

L’obiettivo dell’iniziativa è ovviamente quello di rendere accessibili le informazioni alle persone con disabilità intellettiva consentendo loro di poter usufruire di un vero e proprio dizionario online come lo è wikipedia.

Così come wikipedia, infatti, Hurraki offre la possibilità di scrivere in linguaggio Easy To Read il significato delle parole, da quelle più comuni a quelle più ricercate.

Tutti possono accedervi e contribuire.

Per maggiori informazioni clicca qui (pagina in lingua inglese)

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LAVORO E DISABILITÀ: GLI ESCAMOTAGE LECITI PER EVITARE L’ASSUNZIONE

Fonte www.vita.itC’è una specifica norma, la legge 68/99. C’è la Corte di Giustizia Europea, che boccia l’Italia per non aver garantito tutte le misure necessarie a un adeguato inserimento professionale dei lavoratori. E infine ci sono i 750mila cittadini con disabilità iscritti alle liste speciali di collocamento obbligatorio che tuttavia un lavoro non ce l’hanno.

Si parla di oltre l’80% delle persone con disabilità, un mancato impiego di forza lavoro che costa al nostro Paese l’1% del Pil.

Dal 2008 in poi si è aggiunta la crisi, tanto che in casi di contratti di solidarietà, fallimento o ristrutturazione aziendale, si può chiedere la sospensione degli obblighi previsti dal la L. 68/99, che prevede appunto che le aziende che superano i 15 dipendenti sono obbligate ad assumere un determinato numero di lavoratori appartenenti alle categorie protette (7% dei lavoratori occupati, se occupano più di 50 dipendenti; due lavoratori, se occupano da 36 a 50 dipendenti; un lavoratore, se occupano da 15 a 35 dipendenti).

Addirittura nel mese di maggio del 2013, nella nota 23580 del Dipartimento della Funzione Pubblica della Presidenza del Consiglio, si legge che l’obbligo di coprire le quote di riserva per le categorie protette nel pubblico impiego, è sospeso fintanto che le amministrazioni pubbliche non abbiamo posti disponibili nella dotazione organica e, a fortiori ratione, laddove presentino posizione soprannumerarie.

Situazione dunque ancora più grave di quella del settore privato, in quanto agli enti pubblici economici che non ottemperano agli obblighi di assunzione di persone disabili sono applicate non solo le sanzioni amministrative e disciplinari, ma anche quelle penali (art. 15 c.3 L.68/99).

Per quanto riguarda il settore privato invece, è stata operata una depenalizzazione, restando in vigore esclusivamente le sanzioni amministrati- ve. Infine i datori di lavoro sia privati che enti pubblici economici che, per le speciali condizioni della loro attività non possono occupare l’intera percentuale di persone con disabilità, possono essere parzialmente esonerati dall’obbligo di assunzione, a condizione che versino al Fondo regionale per l’occupazione delle persone con disabilità un contributo esonerativo nella misura di 30,64 euro per ogni giorno lavorativo riferito a ciascun lavoratore con disabilità non occupato.

Il ministro del Lavoro e della previdenza sociale ogni due anni, entro il 30 giugno, presenta al Parlamento una relazione sullo stato di attuazione della legge, sulla base dei dati che le regioni annualmente, entro marzo, sono tenute a inviare al ministro stesso. Con l’ulteriore recentissima riforma del lavoro (Jobs act) il legislatore ha modificato la normativa sul diritto al lavoro dei cittadini con disabilità, introducendo nuove categorie di lavoratori quali basi di calcolo della riserva: i somministrati (il cosiddetto lavoro interinale) purché abbiamo un contratto di lavoro non inferiore ai 12 mesi.

Seppur non siano state modificate le quote di assunzione dei lavoratori con disabilità, le aziende, ancor oggi, preferiscono pagare le sanzioni per l’omessa assunzione. Infatti, la nuova riforma, non ha aggravato le sanzioni per tali omissioni. Il legislatore, nonostante la grave situazione dei disabili nel mondo del lavoro, continua a favorire le aziende: entro la fine di febbraio, le aziende avrebbero dovuto presentare in via telematica il prospetto informativo, la dichiarazione desti- nata ai servizi provinciali competenti, che indica la situazione rispetto agli obblighi di assunzione di personale con disabilità o appartenente ad altre categorie protette. Tuttavia, con la nota 6725 del 30 dicembre 2015, il ministero del Lavoro ha prorogato il termine di presentazione di tale documentazione in modo tale da rendere incerta la data di decorrenza dell’obbligo dell’invio e la base di computo.

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L’INVECCHIAMENTO DELLE PERSONE CON SINDROME DI DOWN IN ITALIA

“Le persone con Sindrome di Down in Italia oggi, al contrario di quanto accadeva sino a 20 anni fa, invecchiano, e cioè passano i 45 anni, e come tutti gli italiani diventano anziani. Siamo pronti ad affrontare l’oggi e il futuro di questi nuovi anziani?” Questa è la domanda alla base del Progetto nazionale DOSAGE (Functioning and disability of AGEing people with DOwn Syndrome), finanziato dalla Fondazione Jerome Lejeune di Parigi e coordinato dalla SOSD Neurologia, Salute Pubblica e Disabilità della Fondazione I.R.C.C.S. Istituto Neurologico Carlo Besta in collaborazione con ANFFAS e AIPD.

“Nella ricerca, nella clinica e nella politica servono interventi e lavori seri e concreti per le persone con sindrome di Down, interventi che considerino veramente tutti gli elementi che causano disabilità nell’invecchiamento. Per questo abbiamo sviluppato il progetto e ne presentiamo, in questo convegno nazionale, i risultati di due anni di lavoro” dice la dott.ssa Matilde Leonardi, coordinatrice del progetto. I risultati di questa ricerca offrono dati utili alla politica, alle organizzazioni socio-sanitarie ed alle associazioni perché serve un’etica della cura personalizzata e basata sulle reali necessità delle persone con Sindrome di Down, SdD, anziane.

“Il convegno DOSAGE”, spiega la dott.ssa Leonardi, “considera sia le persone con SdD che entrano nella vecchiaia con disabilità, sia i genitori e i caregiver che invecchiando diventano persone con disabilità. I dati clinici, dalla presenza di demenza alla aumentata sordità, sono dati abbastanza risaputi e diversi esperti ne presenteranno le caratteristiche. Quello che non era noto, e che DOSAGE ha evidenziato, è la necessità di ripensare le politiche per progettare un invecchiamento “sano” e “attivo”, tanto di moda nel dibattito su active ageing della popolazione, anche delle persone con SdD. I dati raccolti in tutta Italia ci sembrano molto attuali, visto anche il dibattito parlamentare sulla legge sul Dopo di Noi”

ALCUNI DATI – In Italia ogni 1.200 neonati, uno ha la SdD e non si hanno stime di quanti non nascono perché vittime di aborto. Nel corso degli ultimi anni, l’allungamento dell’aspettativa ed il miglioramento della qualità di vita hanno portato a un aumento della popolazione anziana anche con la SdD. In Italia, la stima di persone con SdD nel 2007 era di 48.000 persone, di cui 10.500 tra 0 e 14 anni, 32.000 tra i 15 e i 44 anni, e 5.500 oltre i 44 anni.

DOSAGE – “Il nostro lavoro ha fotografato la vita di 136 persone con SdD tra i 45 e i 67 anni, presenti in 15 Regioni Italiane, rilevando in che modo la loro condizione di salute e disabilità responsabile delle fasi di ricerca sul territorio italiano: “I risultati parlano di anziani con SdD che vivono per lo più a casa, con i propri familiari e frequentano centri diurni. Molti di loro a un certo punto della loro vita sono stati costretti a cambiare residenza o perché è mancato il genitore oppure perché le persone che si occupavano di loro non sono stati più in grado di farlo, per anzianità o malattia. La metà del campione, inoltre, non possiede alcun titolo di studio e non ha mai lavorato, aspetti che impattano direttamente sul loro grado di autonomia e sulle attività quotidiana che possono svolgere (dal prendersi cura di sé o degli altri, al poter svolgere attività complesse).

Dalle interviste fatte con ANFFAS e AIPD emerge che la rete di cura e presa in carico che li circonda è in genere organizzata, soprattutto sotto forma di centri diurni in cui molti di loro passano la giornata, e offre una quotidianità strutturata. Una preoccupazione costante emersa in tutte le Regioni è quella di poterla garantire nel tempo. I dati infatti richiamano l’attenzione sull’importanza di costruire il futuro delle persone con SdD insieme a loro, e non solo con i caregiver, cercando, laddove possibile, di parlare di “dopo di noi” a partire da un “durante noi”. Non è solo un intento organizzativo, significa soprattutto tenere conto dei diritti delle persone e dell’impatto psicologico che può avere un ‘semplice’ cambio di residenza. È un aspetto da non sottovalutare.”

“Sono dati importanti” afferma il Presidente di ANFFAS Onlus, Roberto Speziale “che ci invitano a riflettere ancora una volta sull’importanza di attuare progetti individualizzati nel durante noi, puntando al raggiungimento del massimo livello di autonomia possibile, al fine di garantire un dopo di noi, tema attualmente molto discusso e, ricordo, oggi di rilevanza nazionale, che garantisca la migliore qualità di vita in chiave inclusiva”.

Inoltre, afferma la Coordinatrice nazionale AIPD, Dott.ssa Anna Contardi “è evidente la differenza tra le persone con SdD oggi anziane, ma cresciute in anni di esclusione sociale, e i giovani con Sindrome di Down cresciuti in un sistema inclusivo sia per l’istruzione che per l’inserimento lavorativo. Tra qualche annoi dati raccolti sui nostri futuri “anziani” saranno ben diversi”.

L’Istituto neurologico Besta conta di estendere sia in Italia che all’estero questa ricerca poiché i dati raccolti permettono di avviare una riflessione basata sul sull’evidenza su quali siano le politiche per l’invecchiamento delle persone con disabilità in generale.

Una sintesi dei risultati del progetto sarà disponibile a breve

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TAR LAZIO. ALUNNI CON DISABILITÀ E COMPETENZA ESCLUSIVA ASL PER CERTIFICAZIONI

Fonte www.grusol.itLa Regione Lazio aveva emanato nel 2009 la circolare n° 18157/D4/00 che consentiva le certificazioni per l’inclusione scolastica, oltre che alle ASL, anche ad Aziende ospedaliere, Centri universitari, centri convenzionati ai sensi dell’art. 26 della L. n° 833/78 e a centri accreditati ai sensi del D.lgs n° 502/92.

Essendo negli anni successivi cresciuta la percentuale di certificazioni di alunni con disabilità nel Lazio rispetto alla media nazionale, nel 2014 la Regione Lazio ha emanato la Circolare n° 212522 nella quale si stabilisce che le uniche certificazioni per l’inclusione scolastica sono quelle rilasciate dai TSMREE (Tutela, Salute Mentale e Riabilitazione in Età Evolutiva) dell’ASL (vedi scheda n° 473. Certificazioni per l’inclusione scolastica nel Lazio (Reg. Lazio 212522/14)).

Alcuni centri convenzionati ed accreditati hanno impugnato con ricorso al TAR quest’ultima circolare.

Il TAR lazio con la sentenza n° 2093 del 9/2/2016 depositata in segreteria il 17/2/2016 ha rigettato il ricorso condannando i ricorrenti al pagamento delle spese.

L’argomentazione della corte poggia sull’esclusività della funzione certificativa pubblica delle ASL e sulla libertà di scelta delle famiglie nel rivolgersi ai centri convenzionati o accreditati per gli adempimenti successivi alle certificazioni, cioè formulazione della Diagnosi Funzionale, del Profilo Dinamico Funzionale e dei PEI.

Per leggere l’appronfondimento completo clicca qui

*Responsabile dell’area Normativo-Giuridica dell’Osservatorio dell’AIPD sull’integrazione scolastica

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EQUI-BLU: A CAVALLO PER ESSERE PARTE DEL MONDO E NON UN MONDO A PARTE!

Fonte comunicato stampa Equitabile – Il 2 Aprile si celebra la Giornata Mondiale della Consapevolezza sull’Autismo. Questa ricorrenza simbolica è stata istituita dall’ONU per promuovere la conoscenza e l’impegno in riferimento alla tematica dell’autismo. Durante questa giornata saranno messi in atto in tutto il mondo eventi ed iniziative mirati a creare informazione e interesse intorno a questo argomento.

L’autismo è un disturbo di natura neuro-psichiatrica che impedisce a chi ne è affetto di interagire in maniera adeguata con l’ambiente che lo circonda.

EQUITABILE®, movimento che promuove attività di riabilitazione tramite l’ippoterapia secondo l’esclusivo aspetto educativo, ludico-motorio, relazionale e del pre-sport, intende contribuire in maniera importante alla sensibilizzazione sul tema proponendo un circuito di iniziative equestri da realizzare sul territorio nazionale. La volontà alla base di questa iniziativa è quella di sensibilizzare al tema dell’autismo e delle debolezze in genere e mostrare come l’interazione col cavallo possa aiutare queste persone a sviluppare abilità residue e trasversali.

In questa giornata 28 centri equestri sparsi in tutta Italia realizzeranno gratuitamente una serie di eventi di avvicinamento al cavallo e attività ludico-ricreative integrate rivolte a tutti i convenuti, con particolare attenzione verso giovani e adulti caratterizzati da forme di autismo o da altre forme di disabilità.

Le singole iniziative territoriali saranno coordinate tra loro e realizzate sotto l’egida del Movimento EQUITABILE® con lo scopo di stimolare al confronto tra le diversità in un clima informale e senza esclusioni. Saranno così promosse iniziative in maneggio con attività autonome che permetteranno l’incontro tra i regolari fruitori del maneggio ospitante ed il pubblico esterno indistintamente. Avvicinamento e conoscenza del cavallo, giri in carrozza, passeggiate a cavallo, semplici competizioni equestri riservate aanche a cavalieri con disabilità, dimostrazioni di cavalieri con disabilità fruitori dei servizi, merenda in maneggio per stare tutti insieme abbattendo anacronistici muri di pregiudizio, sono alcune delle attività organizzate per l’occasione.

Parallelamente alle attività pratiche verrà individuato in ogni centro un momento informale di sensibilizzazione al tema dell’autismo e del valore del cavallo nel supporto dei più deboli. Saranno per tanto invitati esperti del settore e genitori di bambini con autismo che già hanno sperimentato queste particolari attività a portare la loro testimonianza e a condividerne con tutti l’importanza e l’efficacia.

A sostegno dell’intera iniziativa è già in essere in avvicinamento all’evento una campagna “social” virale, dove appassionati di equitazione e amanti del cavallo sensibili alla tematica dell’autismo possano aderire “a distanza” per mezzo di selfie scattati con il proprio cavallo – indossando un vestito o accessorio blu, colore simbolo della Giornata Mondiale dell’Autismo – e postati nell’apposita pagina Facebook creata per l’occorrenza con il tag #equiblu.

EQUITABILE® coordinerà a livello nazionale l’intero circuito e si porrà come facilitatore nella divulgazione del progetto a livello nazionale evidenziando le sedi, gli orari di attività e quanto programmato dai singoli centri con i riferimenti dell’organizzazione territoriale. Per maggiori informazioni e per scoprire quali sono i centri equestri che aderiscono all’iniziativa visitare il sito http://www.equitabile.it/.

Per informazioni: Ufficio stampa – Ab Comunicazioni Alice Prencipe – prencipe@abcomunicazioni.it – 335 6237960 Giulia Arcelli – arcelli@abcomunicazioni.it – 02 26413003

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LE PERSONE CON DISABILITÀ DI ORIGINE STRANIERA

Fonte www.superando.it Quello delle persone con disabilità di origine straniera, migranti o figli di migranti, presenti nel nostro Paese è un fenomeno di cui conosciamo ancora poco. Il quadro dei riferimenti scientifici sul tema risulta complessivamente piuttosto carente, perché calibrato sull’una o sull’altra dimensione: la disabilità o la migrazione. Le statistiche nazionali oggi esistenti non restituiscono dati e informazioni capaci di cogliere la doppia condizione di persona straniera e con disabilità, non permettono di afferrare dimensioni e caratteristiche del fenomeno nella sua completezza e soprattutto non consentono di conoscere le condizioni di vita delle persone che subiscono quotidianamente questo duplice rischio di discriminazione.

La consistenza del fenomeno migratorio e l’impatto sui sistemi educativi e sociosanitari dei Paesi di accoglienza pone, senza dubbio, nuove problematiche, di natura organizzativa, sociale e culturale. Problematiche che, verosimilmente, si acuiscono quando il migrante è anche una persona con disabilità, rendendo ancora più complesso il percorso di inclusione.

Per affrontare i cambiamenti e predisporre politiche mirate e servizi inclusivi, è quindi necessario acquisire contezza della situazione concreta, individuare e colmare le lacune informative, acquisire nuovi elementi di conoscenza. Occorre cioè superare il piano emotivo con cui spesso si affrontano queste tematiche e adottare un approccio scientifico, basato sulla raccolta e l’analisi dei dati. In questa direzione, nel corso degli ultimi anni, la FISH (Federazione Italiana per il Superamento dell’Handicap*) ha promosso e avviato progetti di studio finalizzati a intrecciare queste due dimensioni: la disabilità e la migrazione.

Il primo di essi (Migranti con disabilità. Conoscere il fenomeno per tutelare i diritti), cofinanziato dal Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali, ha inteso indagare il fenomeno attraverso vari filoni di studio: l’analisi del quadro normativo e degli interventi da esso previsti; la sistematizzazione e l’analisi delle informazioni e dei dati disponibili; la raccolta di testimonianze dirette e indirette sulle reali condizioni di vita delle persone con disabilità di origine straniera.

Il secondo progetto, invece (Migranti con disabilità. Conoscere i dati per costruire le politiche), promosso dall’UNAR (l’Ufficio Nazionale Antidiscriminazioni Razziali della Presidenza del Consiglio), si è proposto di mettere in luce dimensioni e caratteristiche del fenomeno, con un un’attenzione particolare a Campania, Puglia, Calabria e Sicilia, ovvero ai territori di prima accoglienza, maggiormente sottoposti alle pressioni migratorie, allo scopo di sostenere e facilitare il lavoro degli operatori dei servizi, degli educatori e dei referenti associativi.

Inoltre, con questo progetto si è inteso evidenziare le lacune informative e costruire indicatori mirati, che potessero essere inseriti in maniera sistematica nelle rilevazioni statistiche periodiche di carattere nazionale.

Ebbene, dalle ricerche realizzate emerge come, allo stato attuale, non sia possibile rispondere in maniera compiuta alla domanda su quante siano le persone con disabilità di origine straniera, migranti o di seconda generazione, presenti in Italia e nei singoli contesti regionali.

Esistono alcuni dati che vengono rilevati in maniera sistematica, ma per la loro tipologia, per le modalità di costruzione degli indicatori e per i criteri di rilevazione adottati, essi non consentono di disporre di un quadro complessivo del fenomeno e comunque non permettono di conoscere le condizioni di vita delle persone con disabilità di origine straniera.

Da un punto di vista strettamente quantitativo, possiamo attingere ad alcune fonti di natura ufficiale: l’INPS sui beneficiari delle pensioni assistenziali, l’ISTAT sugli ospiti dei presìdi residenziali socio-assistenziali e socio-sanitari, il Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali sugli iscritti agli Elenchi Unici Provinciali del collocamento obbligatorio, lo SPRAR [Servizio Centrale del Sistema di Protezione per Richiedenti Asilo e Rifugiati, N.d.R.] sui beneficiari dei progetti d’accoglienza, il Ministero dell’Istruzione sugli alunni con disabilità di cittadinanza non italiana.

Ai dati di tipo quantitativo sul mondo della scuola, si vanno poi ad aggiungere alcune ricerche mirate di carattere esplorativo, realizzate in alcuni contesti locali, volte ad indagare le problematiche connesse all’inclusione scolastica degli alunni con disabilità figli di migranti. Senza dubbio, attualmente è la scuola l’àmbito di vita su cui si dispone di maggiori informazioni. Complessivamente, nell’anno scolastico 2013-2014 gli alunni stranieri con disabilità delle scuole statali e non statali, di tutti gli ordini e gradi, sono stati 26.626, più del doppio di quelli registrati il primo anno della rilevazione (11.760 nell’anno scolastico 2007-2008). Rispetto poi al numero complessivo degli alunni con disabilità (230.581, pari al 2,6% del totale), l’incidenza degli alunni stranieri con disabilità era dell’11,5% (il 6,2% nel 2007-2008). Considerando invece l’incidenza percentuale sul totale degli alunni con cittadinanza non italiana (802.785, pari al 9% del totale), la presenza degli alunni stranieri con disabilità risultava essere del 3,3% (il 2% nel 2007-2008).

E tuttavia i numeri, pur significativamente cresciuti, poco ci dicono, come accennato inizialmente, rispetto alle condizioni di vita dei minori e delle loro famiglie.

È per questo che, nei progetti di ricerca realizzati dalla FISH, un ampio approfondimento è stato effettuato incrociando i risultati delle indagini mirate, realizzate in alcuni contesti locali, per poter conoscere i fattori che ostacolano o facilitano il percorso di inclusione, mettendo in luce le discriminazioni esistenti e fornendo strumenti interpretativi e possibili “raccomandazioni” ai decisori politici e agli operatori del settore.

Al di fuori del mondo della scuola, le informazioni sulle persone con disabilità di origine straniera risultano, al contrario, decisamente più limitate. Ma, soprattutto, una forte criticità emersa dalla comparazione tra gli studi realizzati riguarda la definizione stessa di “migrante con disabilità”. Infatti, l’universo cui si fa riferimento nelle diverse rilevazioni e indagini differisce significativamente dall’una all’altra. In alcuni casi si parla di persone con disabilità di cittadinanza non italiana, cosa che esclude coloro che hanno acquisito la cittadinanza secondo i termini di legge o i figli di coppie composte da almeno uno dei due genitori di cittadinanza italiana.

In altri casi si fa riferimento ai figli di migranti, sia che abbiano vissuto l’esperienza migratoria, sia che siano nati in Italia da genitori migranti o da coppie miste. In altri casi ancora, si considerano i soli cittadini extracomunitari, e quindi si escludono dal computo i cittadini comunitari che, pur di origine straniera, non vengono distinti dai cittadini italiani.

Il risultato è che le informazioni risultano settoriali, frammentate e non confrontabili tra loro.

In entrambi i progetti di studio della FISH, alla sistematizzazione e all’analisi dei dati disponibili, è stata affiancata anche una parte di ricerca sul campo. Nel primo progetto di indagine, ad esempio, si è scelto di incontrare alcune persone straniere con disabilità per ricostruirne il percorso biografico attraverso la conduzione di interviste narrative, nonché di raccogliere il punto di vista degli operatori attraverso lo strumento dei focus group. Nel secondo progetto, invece, è stata condotta una ricerca pilota, di carattere esplorativo, circoscritta a due territori regionali (Puglia e Sicilia) e volta ad indagare le situazioni di discriminazione ed esclusione sociale vissute dalle persone con disabilità di origine straniera, così come vengono intercettate dagli operatori, nonché di individuare gli elementi che ostacolano o favoriscono il percorso di inclusione nel contesto sociale, secondo il mondo associativo e dei servizi.

Una delle prime riflessioni emersa da entrambi gli studi è che le persone straniere con disabilità sembrano, in genere, circuitare al di fuori dei classici riferimenti sociali che caratterizzano sia le persone con disabilità sia quelle straniere, ossia le proprie comunità di riferimento. Contemporaneamente, cioè, i rispettivi mondi associativi sembrano essere impermeabili a questa doppia condizione: le associazioni del mondo della disabilità non si occupano di persone straniere (con disabilità), quelle del mondo delle migrazioni non si occupano di persone con disabilità (straniere). Inoltre, l’esistenza di una sorta di “separatezza” tra il tema della migrazione e quello della disabilità, che caratterizza la letteratura scientifica, sembra riprodursi anche nella costruzione delle politiche e dei servizi, che stentano a garantire una presa in carico complessiva della persona migrante con disabilità, con le molteplici istanze di cui è contemporaneamente portatrice.

Il risultato è che le persone con disabilità migranti o di seconda generazione si trovano in una situazione di frammentazione dei punti di riferimento, di scarsa informazione e conoscenza sul fenomeno: situazione, questa, che mette a rischio il rispetto e l’esercizio dei loro diritti civili e sociali.

*Cui Anffas Onlus aderisce

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TERZO SETTORE, LA RIFORMA ARRIVA IN SENATO

Fonte www.nonprofitonline.it – Dopo il via libera della Commissione Affari Costituzionali, che ha concluso l’analisi dei numerosi emendamenti presentati, il 17 marzo è arrivato in Aula al Senato il disegno di legge delega di riforma del terzo settore e di istituzione del servizio civile universale. Un testo che giunge all’Assemblea cambiato rispetto a quello approvato dalla Camera nell’aprile 2015 e che, nelle intenzioni del Governo e della maggioranza, una volta licenziato da Palazzo Madama, dovrà poi ritornare blindato alla Camera per l’approvazione definitiva.

Dopo le modifiche attuate nelle due sedute del 15 e 16 marzo, la Commissione ha votato gli emendamenti relativi all’articolo 9 (quello riguardante il fisco) e agli articoli 10 e 11 sulle disposizioni transitorie e la previsione di relazione al Parlamento. Non è stato invece messo ai voti l’emendamento presentato in extremis dal Governo con l’istituzione della Fondazione Italia Sociale, che ha suscitato un vivace dibattito destinato a trasferirsi dalla Commissione all’Aula, tenendo conto che l’esecutivo ha deciso di non insistere in Commissione (ritirando l’emendamento) per confrontarsi direttamente in Aula, dove sarà riproposto in una versione però riveduta e corretta, tenendo conto delle più interessanti proposte di modifica giunte finora.

Il tema della Fondazione è piuttosto dibattuto. Secondo il relatore Stefano Lepri l’obiettivo da considerare è l’istituzione di una struttura statale, a livello nazionale, che sia capace di attrarre le donazioni di imprese e cittadini, sotto forma di prestiti, erogazioni a fondo perduto o anticipazioni di capitale, destinate agli enti del Terzo settore. La Fondazione offrirebbe garanzie circa la destinazione pubblica delle risorse e l’elevato impatto sociale e occupazionale dei progetti realizzati. Rispetto alla prima formulazione, l’intendimento è quello di accogliere alcune proposte di modifica, a partire da quella che precisa come i soggetti che beneficeranno delle iniziative della Fondazione saranno esclusivamente gli enti del Terzo settore (e non più genericamente gli interventi innovativi caratterizzati dalla produzione di beni e servizi che, senza scopo di lucro, siano idonei a conseguire con un elevato impatto sociale e occupazionale).

D’altro canto, verrà eliminata la previsione che il patrimonio della Fondazione possa essere incrementato anche da apporti dello Stato o di soggetti pubblici: “Se si intende incentivare la donazione da parte di privati, imprese e cittadini, sarebbe irragionevole – argomenta il relatore Lepri – consentire la destinazione di risorse anche da parte di soggetti pubblici”. Sarà anche proposto di acquisire il parere delle competenti Commissioni parlamentari per l’approvazione dello statuto della Fondazione, ed è plausibile che le attività svolte e le risorse impiegate siano oggetto di una apposita relazione al Parlamento.

Modifiche che non piacciono più di tanto alle opposizioni. Rispondendo ad alcune sollecitazioni, il sottosegretario al Lavoro e Politiche sociali Luigi Bobba ha ribadito che “lo strumento della Fondazione non è affatto alternativo rispetto all’intervento del welfare pubblico o agli enti del Terzo settore” e che l’iniziativa (che si richiama a una analoga esperienza francese) ha lo scopo di “organizzare l’area della filantropia, attraendo i grandi donatori che preferiscono affidarsi a un ente strutturato e organizzato, piuttosto che costituire fondazioni di carattere privato”. Bobba spiega che la Fondazione, pur avendo una finalità pubblica, avrà natura giuridica privata, sull’esempio di ciò che avviene già oggi per l’Istituto italiano di tecnologia (Iit) di Genova. Il nuovo soggetto avrà natura operativa, in quanto assumerà la responsabilità – anche sulla base delle competenze che saprà incorporare – nella gestione e nella realizzazione di progetti di alto valore sociale e occupazionale, i quali potranno riguardare (è una delle proposte di modifica che potrebbe essere accolta) principalmente i territori disagiati. Secondo Bobba “il nuovo soggetto avrà un valore complementare rispetto agli enti del Terzo settore, grazie alla sua capacità di attrarre le donazioni dei soggetti privati rilevanti sotto il profilo economico e scoraggiando, al contempo, la moltiplicazione di fondazioni di piccola entità”.

La Fondazione non beneficerà di trattamenti fiscali privilegiati.

Per il Forum nazionale del Terzo settore si tratta comunque di un passo in avanti. “Gli emendamenti presentati, in particolare da Stefano Lepri, relatore della Riforma al Senato, d’intesa con il sottosegretario alle Politiche Sociali Luigi Bobba, ma anche dagli esponenti di maggioranza e opposizione, in vista della discussione del testo in Aula, colgono le nostre preoccupazioni, modificando in maniera significativa alcune delle questioni che abbiamo sollevato sin dall’inizio della discussione in Parlamento. Quegli emendamenti, infatti, mostrano la capacità di centrare le nostre istanze, sempre volte all’interesse generale del Paese e a rafforzare l’autonomo impegno civico dei cittadini di cui siamo la rappresentanza organizzata e quindi primo destinatario della Riforma”.

Lo ha dichiarato in una nota il portavoce del Forum, Pietro Barbieri. Per quanto poi riguarda la Fondazione Italia Sociale – nuovo organismo che secondo il Governo dovrebbe fare da volano, finanziandole, a iniziative di produzione di beni e servizi con un elevato impatto sociale e occupazionale, già definito come una sorta di “IRI del sociale” – rimaniamo in attesa – dichiara Barbieri – dell’annunciato emendamento da parte dell’Esecutivo, auspicando che possano essere colte sia le nostre preoccupazioni che quelle della I Commissione del Senato. A questo punto aspettiamo che tutti questi emendamenti – conclude il Portavoce del Forum – diventino parte del testo approvato e nonostante non siano stati sciolti tutti i dubbi, siamo fiduciosi che nella fase di redazione dei Decreti Legislativi possano essere apportate le ulteriori modifiche necessarie a rendere il testo pienamente coerente e soddisfacente alla facilitazione della cittadinanza attiva nel Paese. Per quanto ci riguarda, continueremo certamente nella nostra azione di pressione, perché una buona politica è quella che, nel decidere, sa prima ascoltare”.

Per approfondire

Leggi l’articolo “Renzi torna a parlare della Riforma del Terzo settore”