Fonte www.superando.it Quella norma che prevede non più di venti studenti in una prima classe ove vi siano alunni con disabilità è volta ovviamente a favorire l’inclusione scolastica delle persone con disabilità e non certo a limitarla. Per questo il TAR della Toscana ha dato ragione a un ragazzo con autismo cui due istituti scolastici di Empoli (Firenze) avevano negato l’iscrizione alla prima superiore, applicando rigidamente la norma stessa, ma con scarso buon senso, proprio per il fatto che la classe corrispondente all’indirizzo di studio legittimamente scelto dal giovane aveva più di venti studenti.
È Marino Lupi, presidente dell’Associazione Autismo Toscana, a riferire di un’importante e anche particolare Sentenza prodotta il 26 marzo scorso dal TAR (Tribunale Regionale Amministrativo) della Toscana.
La vicenda riguarda un ragazzo con autismo, cui due istituti scolastici superiori di Empoli (Firenze) avevano negato l’iscrizione alla prima superiore, sulla base del fatto che la classe corrispondente all’indirizzo di studio legittimamente scelto dal giovane aveva più di venti studenti.
«Nel riconoscere al ragazzo il diritto all’iscrizione – spiega il Presidente di Autismo Toscana – il TAR ha affermato che la disposizione di legge la quale prevede, di norma, che le classi iniziali con alunni con disabilità siano costituite da non più di venti studenti (articolo 5, comma 2 del Decreto del Presidente della Repubblica-DPR 81/09), è volta a favorire l’inclusione scolastica delle persone con disabilità e non certo a limitarla. Le istituzioni scolastiche hanno infatti l’obbligo di garantire la piena inclusione agli alunni con disabilità. Il TAR ha dichiarato quindi che il Legislatore, stabilendo che le classi in cui è presente un ragazzo con disabilità siano “di norma” costituite da non più di venti alunni, ha voluto “introdurre un criterio e una linea guida nella formazione delle classi, affinché queste ultime siano definite nel modo più omogeneo possibile, avendo tuttavia sempre a riferimento l’obbligo prioritario dell’amministrazione di operare al fine di rimuovere gli ostacoli all’integrazione sociale e all’inclusione scolastica” degli alunni con disabilità. In tal modo, quindi, il Tribunale Amministrativo ha voluto affermare che l’indicazione di formare classi di non più di venti alunni, nel caso di presenza di un alunno con disabilità, non costituisce un limite tassativo e inderogabile, laddove tale criterio pregiudichi l’iscrizione dell’aspirante alunno».
«Questa Sentenza – sottolinea Lupi – rende giustizia a una famiglia che, per vedere riconosciuto il diritto del proprio figliolo a scegliersi la scuola, ha dovuto rivolgersi alla Magistratura. È dunque la Magistratura la nuova frontiera della ricerca del diritto dei nostri figli? È questo che si troveranno costrette a fare le famiglie per vedere riconosciuti i diritti dei propri figli?».
«Come non dargli torto», commenta Fabrizio De Angelis in un articolo pubblicato dalla testata «La Tecnica della Scuola», rilevando altresì che «qui la faccenda è un po’ particolare. Infatti, negli ultimi anni fioccano i ricorsi da parte di famiglie che vedono disatteso il famoso principio dei 20 alunni per classe, dove magari con un alunno disabile vi sono 25-26 alunni nella stessa aula e l’inclusione scolastica è messa a rischio. Ricorsi vinti dalle famiglie e Sentenze che hanno fissato le regole. Quindi, pur sbagliando, la scuola ha interpretato in modo rigido la norma, che però ha portato alla paradossale esclusione e mancata inclusione sociale». «Certamente – conclude – sarebbe stato auspicabile buon senso, da parte delle scuole, anziché quelle decisioni». (S.B.)
Ringraziamo per la segnalazione Informare un’h-Centro Gabriele e Lorenzo Giuntinelli di Peccioli (Pisa).
Fonte www.superando.it Tra le altre novità riguardanti le persone con disabilità, la cosiddetta “Riforma Madìa” della Pubblica Amministrazione ha previsto anche l’avvio di una Consulta nazionale per l’integrazione in ambiente di lavoro delle persone con disabilità, della quale, nei giorni scorsi, è stata resa nota la costituzione formale. Tra i vari componenti di essa, vi saranno anche due rappresentanti provenienti da FAND (Federazione tra le Associazioni Nazionali delle Persone con Disabilità) e FISH (Federazione Italiana per il Superamento dell’Handicap).
Come riferisce il Servizio HandyLex.org – al cui approfondimento rimandiamo senz’altro i Lettori – tra le altre novità riguardanti le persone con disabilità, la cosiddetta “Riforma Madìa” della Pubblica Amministrazione (Legge 124/15 e successivi Decreti) ha previsto l’avvio di una Consulta nazionale per l’integrazione in ambiente di lavoro delle persone con disabilità.
Nella Gazzetta Ufficiale del 3 aprile scorso è stata resa nota la costituzione formale di tale organismo, che vedrà la rappresentanza di quattro Ministeri (Lavoro, Salute, Pari Opportunità e Funzione Pubblica), affiancati dall’INAIL, dalla nuova ANPAL (Agenzia Nazionale per le Politiche Attive del Lavoro), da un rappresentante delle Regioni e da uno dei Comuni, da due esponenti sindacali e da due provenienti dalle Associazioni del mondo della disabilità, vale a dire da FAND (Federazione tra le Associazioni Nazionali delle Persone con Disabilità) e FISH (Federazione Italiana per il Superamento dell’Handicap).
Come si legge ancora in «HandyLex.org», la prima funzione della Consulta dovrà essere quella di «elaborare piani, programmi e linee di indirizzo per ottemperare agli obblighi previsti dalla Legge 68/99» e di effettuare «il monitoraggio sul rispetto degli obblighi di comunicazione cui sono tenute (anche) le Pubbliche Amministrazioni». Essa, inoltre, «dovrebbe anche proporre alle amministrazioni pubbliche iniziative e misure innovative finalizzate al miglioramento dei livelli di occupazione e alla valorizzazione delle capacità e delle competenze dei lavoratori con disabilità», prevedendo «interventi straordinari per l’adozione degli accomodamenti ragionevoli nei luoghi di lavoro già previsti dalla Convenzione ONU [sui Diritti delle Persone con Disabilità, N.d.R.]e dalla normativa antidiscriminatoria vigente».
Fonte www.superabile.it In occasione della giornata del 7 aprile istituita dall’Organizzazione mondiale della sanità, Vincenzo Saturni, coordinatore della Consulta salute e anziani del Forum terzo settore lancia l’appello:”Garantire i servizi sanitari a tutti è un presupposto imprescindibile per una società civile e democratica”
ROMA – “La strada per una copertura sanitaria per tutti e dovunque, nonostante i progressi fatti in tutto il mondo e anche in Italia, è ancora in salita: la Giornata mondiale della salute deve servire a prendere coscienza che è necessario operare con urgenza e convinzione per raggiungere questo ambizioso ma necessario traguardo”. Così Vincenzo Saturni, coordinatore della Consulta Salute e Anziani del Forum terzo settore, in occasione della Giornata mondiale istituita dall’Oms. “Garantire i servizi sanitari a tutti è un presupposto imprescindibile per una società civile e democratica. È grave e sconfortante sapere che, nell’ultimo anno, nel nostro Paese il 22 per cento delle persone ha dovuto rinunciare a curarsi per motivi economici, e che in 320 mila hanno dovuto spostarsi dal Sud al Nord per farlo”.
“Sostenere la promozione della salute, del benessere e della qualità della vita per tutti significa rimettere al centro la lotta alle diseguaglianze e la centralità dei diritti, all’interno di un’ottica, più ampia, di sviluppo sostenibile”, continua Saturni. “È questa la direzione del lavoro delle organizzazioni di Terzo settore e della Consulta Salute e Anziani del Forum terzo settore, attivata recentemente. Come rilevato nel report ‘Il Terzo settore e gli obiettivi di sviluppo sostenibile’, infatti, oltre 90 mila organizzazioni (enti di primo livello), quasi 3 milioni di volontari e 436 mila lavoratori sono impegnati nel perseguimento dell’SDG 3 (Salute e Benessere) dell’Agenda 2030 dell’Onu. Tra gli enti aderenti al Forum, ben l’82 per cento è attivo su questo obiettivo”.
fonte Forum Del Terzo Settore – È chiaro l’allarme che la Cnesc lancia sulla posa del primo mattone del Servizio civile Universale (SCU): l’accreditamento all’Albo unico del SCU.
Infatti a 8 mesi dalla circolare che apriva la possibilità di accreditarsi, tutte le organizzazioni che hanno cercato di avviare il procedimento segnalano difficoltà di vario genere e nell’incertezza ci chiediamo come attuare questo primo passo del nuovo Servizio civile.
Procedure poco chiare e risposte incerte o contraddittorie e, soprattutto per il Terzo settore, centinaia di documenti nuovi e aggiuntivi da depositare sono gli esempi più frequenti delle difficoltà raccolte.
L’effetto sulle organizzazioni già accreditate al SCN poteva essere ridotto se si fosse deciso un passaggio quasi automatico all’Albo del SCU. Così non è, nonostante una circolare di metà dicembre che avrebbe dovuto produrre questo risultato.
Adesso, a pochi mesi dall’avvio della progettazione 2018, l’atto fondamentale del Servizio civile, da cui dipendono le attività a cui saranno chiamati a partecipare i giovani, complici i 6 mesi che servono per chiudere il procedimento di accreditamento, le organizzazioni accreditate al SCN, nazionali e regionali, si chiedono allarmate come sia possibile far entrare nel mondo del SCU i soggetti già accreditati e quelli nuovi, attratti dalle novità della riforma, in tempo utile al deposito dei progetti. La gran mole di documenti richiesti alle sole organizzazioni senza scopo di lucro rischia di essere un ostacolo insormontabile.
Serve un cambio di passo in brevissimo tempo che da una parte indichi la data di cessazione della validità degli attuali albi SCN e dall’altra permetta, alle organizzazioni già accreditate, di accogliere e far partecipare alla nuova progettazione sia le organizzazioni già accreditate che quelle che intendono entrare nel nuovo servizio civile.
fonte Forum del Terzo Settore – L’Alleanza contro la Povertà esprime soddisfazione per le evidenze che emergono dai primi dati diffusi dall’Osservatorio Statistico dell’INPS sul Reddito d’inclusione. Durante la tavola rotonda che ha visto coinvolti – oltre al Presidente dell’INPS Boeri – anche il Presidente del Consiglio Gentiloni, il Ministro del Lavoro Poletti ed il Portavoce dell’Alleanza contro la Povertà Rossini, è risultato evidente come la strada sia quella giusta. I risultati sono ancora parziali ma già oggi, con le misure messe in campo – SIA prima e ReI poi – è stato raggiunto circa il 50% della platea potenziale di riferimento.
Numerose le indicazioni emerse dal Presidente dell’INPS Boeri: 7 su 10 nuclei beneficiari risiedono nelle regioni del Mezzogiorno e vi è maggior incidenza dove c’è più disoccupazione; 3 beneficiari su 4 del SIA e del ReI sono in famiglie numerose; il ReI è stato fondamentale per molte famiglie, per le quali rappresenta l’unico forma di sostegno. Non va inoltre sottaciuto che un quinto dei beneficiari è rappresentato da nuclei familiari con disabili.
Boeri – pur riscontrando con soddisfazione la rilevanza del tema della lotta alla povertà per tutta la campagna elettorale – ha affermato che ora bisogna resistere alla tentazione di ricominciare da capo con una nuova misura. “Bisogna piuttosto consolidare la misura esistente, migliorandola secondo le direttrici che abbiamo evidenziato”, sostiene il Portavoce dell’Alleanza contro la Povertà Roberto Rossini. “Ad un anno dalla firma del memorandum, possiamo esprimere apprezzamento per il lavoro svolto. Noi abbiamo fatto la nostra parte, indicando tra le altre cose l’importanza del criterio del monitoraggio e dell’universalismo della misura”.
Secondo l’Alleanza contro la Povertà il nuovo Governo dovrà estendere la copertura del ReI ed il contributo economico, e, soprattutto, investire sull’attuazione della misura: è infatti cruciale il potenziamento dei servizi pubblici territoriali per rendere questa misura di contrasto alla povertà pienamente efficace. “Lo strumento c’è e gli stanziamenti illustrati dal Ministro Poletti vanno nella giusta direzione. Ora avanti senza remore nella sfida cruciale, che e è quella del welfare locale, chiave essenziale per per far sì che la misura sia efficace allo stesso modo su tutto il territorio nazionale”.
Il Presidente del Consiglio ha affermato che la congiuntura economica favorevole, pur nella fase delicata di transizione politica, consente di guardare con fiducia al futuro e alla riduzione delle diseguaglianze. L’evidenza che emerge dai dati consente di poter affermare che “il ReI funziona e funzionerà ancora meglio dal 1° luglio, con l’allargamento della platea e le misure integrative inserite nel bilancio 2018. È una misura che va difesa e potenziata ulteriormente sul fronte delle politiche attive. L’Alleanza contro la Povertà ha avuto un ruolo estremamente significativo ed indispensabile, dimostrando concretamente il ruolo dei corpi intermedi”.
“Celebrare la Giornata Internazionale per promuovere ed aumentare la consapevolezza della società sulle problematiche che vivono le persone con disturbi dello spettro autistico ed i loro familiari non si può e non si deve fermare solo alle tradizionali manifestazioni legate al colorare di blu qualche facciata di palazzi o monumenti o al lancio di palloncini: la Giornata dovrebbe invece rappresentare l’occasione, per le istituzioni statali, regionali e locali, di dare conto di cosa si è fatto e cosa si sta facendo, in concreto, per rendere pienamente esigibili i diritti e garantire la migliore qualità di vita per le persone con disabilità in generale e con disturbi dello spettro autistico in particolare”: così afferma Roberto Speziale, presidente nazionale Anffas Onlus – Associazione Nazionale Famiglie di Persone con Disabilità Intellettiva e/o Relazionale.
Prosegue il presidente: “Troppi infatti, sono ancora i diritti negati alle persone con disturbi dello spettro autistico, troppo sole sono lasciate le famiglie e troppe sono le persone che dovrebbero semplicemente “arrossire” a causa di ritardi, inefficienze e mancate promesse”.
“Infatti anche se esiste una specifica legge per l’autismo che tante speranze aveva suscitato e che in alcune parti d’Italia ha prodotto qualche risultato, siamo ancora ben lontani dal poterci dichiarare minimamente soddisfatti”.
Spiega Speziale: “Non solo mancano ancora i Livelli essenziali per l’autismo come previsto da tale legge ma c’è anche motivo di ritenere che difficilmente ci saranno a breve a causa di un vero e proprio “gioco delle tre carte””.
“Tutto ciò mentre sempre maggiori conoscenze arrivano dal fronte scientifico e della ricerca che sempre più stanno indagando sul complesso mondo dello spettro autistico, delle sue cause e di come affrontarlo al meglio. E anche sul fronte degli approcci le famiglie hanno una sempre maggiore consapevolezza relativamente alla necessità di fare riferimento ai soli approcci validati scientificamente e consigliati nelle apposite linee guida”.
“Importanti conferme si hanno anche sul fronte abilitativo ed è ormai condiviso che in presenza di interventi precoci, tempestivi, globali e continuativi, i bambini a cui viene diagnosticato un disturbo dello spettro autistico possono raggiungere traguardi impensabili solo fino a pochi anni orsono”.
“Dimostrazioni concrete di ciò” continua “si possono trovare anche nei centri di eccellenza che la stessa Anffas, ma non solo, ha promosso e realizzato in alcune parti d’Italia. Purtroppo questi centri sono ancora pochi e la loro diffusione è a macchia di leopardo. Gli approcci adottati sono tra i più avanzati a livello internazionale e rappresentano un patrimonio prezioso in questo ambito. La formazione del personale, curata anche attraverso la frequenza di Master di altissimo livello, ne è ulteriore elemento caratterizzante”.
“Ma come detto, purtroppo, parliamo solo di alcune esperienze, anche se di grandissima qualità, mentre tutto questo dovrebbe essere stato messo già a sistema da tempo ed in modo uniforme su tutto il territorio nazionale e opportunamente sostenuto e finanziato, appunto sotto forma di livelli essenziali specifici per l’Autismo”.
“Quindi” prosegue il presidente “anche per le persone con disturbi dello spettro autistico, come per la generalità delle persone con disabilità, si assiste alla “lotteria” determinata dal fatto che la qualità di vita e le risposte adeguate spesso dipendono una serie di fattori casuali: in quale famiglia si nasce; in quale luogo; chi è il medico che fa la prima diagnosi, valutazione e presa in carico; chi è l’operatore o il professionista che somministra le attività abilitative, che conoscenze ha e di quali approcci, validati scientificamente, si avvale; quale è la scuola che si frequenta; che competenze ha il personale scolastico curricolare, specializzato e di supporto; come viene sostenuta e istruita la famiglia; quale il contesto sociale in cui si vive, etc. etc.”.
“A questo punto la domanda sorge spontanea: tutto questo, non dovrebbe semplicemente far parte di un sistema organizzato ed omogeneo che garantisca, nell’ambito di un progetto di vita personalizzato, di ottenere adeguati e competenti sostegni idonei sia per qualità, quantità ed intensità volti a garantire la migliore qualità di vita possibile?”
E ancora: “È possibile che ancora oggi, nel 2018, le persone con disturbi del neurosviluppo dopo il 18mo anno di età siano i “nuovi desaparecidos” o che al raggiungimento del 65mo anno di età finiscano di essere persone con disabilità e diventino, miracolosamente, delle semplici persone anziane? Possibile che nessuno dei nostri interlocutori si ponga queste domande e soprattutto sia in grado di darci, magari proprio in questa occasione, una risposta di senso?”.
“Un sogno? Una chimera? Una visione fantasiosa? Richieste irrealistiche e costose? No, semplicemente ciò che dovrebbe essere ed invece non è per la stragrande maggioranza delle persone con disturbi dello spettro autistico e delle loro famiglie in Italia. Persone stanche e stufe di attendere. Persone e famiglie allo stremo delle loro forze. Associazioni che trovano sempre più interlocuzioni ottuse e sorde alle vere esigenze delle persone e più orientate a far funzionare i propri apparati senza assumersi alcuna responsabilità vera. Con una politica assente se non addirittura latitante. Oggi vorremmo, ma proprio lo desideriamo fortemente, che qualcuno potesse smentirci”.
In questo quadro la situazione è ancora peggiore per le donne e le ragazze con disturbi del neurosviluppo e con disabilità in generale che, come si legge sul sito delle Nazioni Unite, “sono soggette a molteplici e intersecanti forme di discriminazione, che limitano il loro godimento di tutti i diritti umani e le libertà fondamentali” e che “… subiscono violenze di genere a tassi sproporzionatamente più elevati a causa di discriminazioni e stigmatizzazioni basate sia sul genere che sulla disabilità…”.
Una situazione grave evidenziata anche nel messaggio del Segretario Generale António Guterres – che nello stesso messaggio chiede anche di affermare nuovamente l’impegno di tutti a promuovere la piena partecipazione di tutte le persone con disturbi dello spettro autistico e ad assicurare loro il sostegno necessario per poter esercitare i diritti e le libertà fondamentali – e che sarà oggetto di discussione il prossimo 5 aprile della conferenza dal titolo “Empowering Women and Girls with Autism” (“Promuovere l’Empowerment delle donne e delle ragazze con disturbi dello spettro autistico”) che si svolgerà presso il quartier generale Onu di New York per discutere dell’importanza di promuovere l’empowerment delle donne e delle ragazze con disturbi dello spettro autistico e coinvolgerle, insieme alle loro organizzazioni rappresentative, nella politica e nei processi decisionali per affrontare le sfide che le riguardano.
Conclude il presidente Speziale: “Anffas fa proprie tali riflessioni e raccomandazioni e si impegna anche attraverso la “Piattaforma Italiana Autorappresentanti In Movimento” a dedicare a questo tema iniziative ed approfondimenti, così come si impegna anche nell’ambito del Coordinamento Nazionale sui disturbi dello spettro autistico costituito all’interno di Fish da Angsa-Anffas e Gruppo Asperger, a continuare a battersi per vedere affermati e resi esigibili i diritti e migliorare la qualità formativa di coloro che delle persone con disturbi dello spettro autistico, a vario titolo, si prendono cura e carico”.
Anffas Onlus Corigliano aderisce Il 28 marzo 2018 alla Giornata Nazionale della Disabilità Intellettiva e/o Relazionale, la manifestazione promossa ed organizzata da Anffas Onlus per l’undicesimo anno consecutivo, con l’ormai consueta formula “Anffas Open Day”.
La Giornata 2018 ha per Anffas un’importanza particolare. Anffas compie 60 anni: era il 28 marzo 1958, infatti, quando Maria Luisa Menegotto, mamma di un bambino con disabilità, fondava, a Roma, insieme ad altri 10 genitori e “… su un angolo di scrivania in un seminterrato”, Anffas, con l’obiettivo di cambiare la società, di ottenere diritti, pari opportunità e inclusione. Ed è proprio l’inclusione sociale il tema al centro della Giornata Nazionale della Disabilità Intellettiva e/o Relazionale. Giornata volta principalmente a sensibilizzare ulteriormente la società civile tutta e ri-affermare i diritti civili e umani sanciti dalla Convenzione Onu sui Diritti delle Persone con Disabilità.
Ad accogliere la cittadinanza presso l’associazione sita in via Degli Iris,15 Schiavonea, ci saranno le persone con disabilità, i loro genitori e familiari, gli associati Anffas, gli operatori, i volontari e tutti coloro che, a vario titolo, operano in Anffas e collaborano con essa.
Tema della giornata di Anffas Corigliano “La cultura della disabilità attraverso l’arte“ e presenterà l’installazione interattiva “Questa non è una mostra… Magritte“ realizzata con il supporto del gruppo giovani della parrocchia Giovanni XXIII . Il programma prevede al mattino dalle ore 9,30 alle 12,30 incontri con le scuole che hanno aderito all’invito, il pomeriggio dalle 15,30 alle 19,00 laboratori espressivi e presentazione delle attività associative. In particolare alle 17,00 è previsto il brindisi nazionale “Buon Compleanno Anffas”.
Anffas invita quindi tutti i cittadini a partecipare a questa grande festa, a conoscere l’Associazione, le famiglie e gli amici che la compongono e le tante attività e iniziative che ogni giorno vengono realizzate per promuovere un futuro in cui nessuno sia più discriminato a causa della disabilità e in cui vengano garantiti a tutti pari opportunità e piena inclusione sociale.