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OK DEFINITIVO DAL CONSIGLIO DEI MINISTRI, A GENNAIO PARTE IL REDDITO DI INCLUSIONE

Fonte www.vita.itIl 42esimo Consiglio dei Ministri ha approvato definitivamente il decreto attuativo della legge delega sul contrasto alla povertà che introduce il Reddito d’Inclusione (ReI): si tratta dell’ultimo passaggio previsto, manca solo la pubblicazione in Gazzetta Ufficiale e dal 1° gennaio 2018 l’Italia avrà la sua prima misura sistematica di contrasto alla povertà (qui il comunicato del Governo).

L’Italia esce per la prima volta dalla logica sperimentale e delle misura una tantum per introdurre una misura strutturale e nazionale di contrasto alla povertà, benché le risorse stanziate siano per il momento ancora lontane dal consentire di raggiungere l’intera platea delle persone in povertà assoluta. È il punto di arrivo di un percorso politico iniziato con la legge di stabilità 2016 e la creazione di un “Fondo per la lotta alla povertà e all’esclusione sociale” da 600 milioni di euro nel 2016 e 1 miliardo negli anni successivi ma che ha radici molto più profonde, in particolare nell’impegno e nella capacità di sintesi e proposta dell’Alleanza contro la povertà: dalla fine del 2013, 35 soggetti sociali hanno deciso di unirsi per contribuire alla costruzione di adeguate politiche pubbliche contro la povertà assoluta nel nostro Paese. Il loro contributo è stato riconosciuto nel Memorandum sull’attuazione della legge delega contro la povertà siglato lo scorso aprile.

Come funziona il reddito di inclusione?

Il ReI sarà operativo a decorrere dal 1° gennaio 2018 e costituisce un livello essenziale delle prestazioni. Il beneficio economico del Rei è riconosciuto per un periodo continuativo non superiore a diciotto mesi e non può essere rinnovato se non sono trascorsi almeno sei mesi da quando ne è cessato il godimento. In caso di rinnovo, la durata è fissata in un periodo non superiore a dodici mesi. L’erogazione della componente economica del Rei avverrà tramite una Carta Acquisti, detta Carta REI, che consentirà anche di prelevare contanti per un massimo della metà del beneficio mensile. La misura ha due pilastri, il sostegno economico e la presa in carico. Il beneficio economio andrà da 190 euro a 485 euro, è prevista una soglia di accesso pari a 6mila euro Isee e una seconda soglia di 3mila euro Isee per il reddito equivalente.

Il REI prevede (è come noto la sua novità), un contributo economico affiancato da un progetto personalizzato di attivazione e di inclusione sociale e lavorativa, che va rispettato pena la perdita del beneficio. Il ReI è finanziato da un Fondo contro la Povertà stabile, che vale 1 miliardo e 700 milioni e si incrementerà da un lato con il riordino di alcune misure e dall’altro con la decisione già assunta di destinarvi una quota del PON inclusione, destinato al potenziamento dei servizi che devono prendere in carico le persone che hanno diritto al sostegno al reddito.

Complessivamente quindi si tratta di oltre 2 miliardi l’anno. Una novità recente, rispetto all’impostazione iniziale, è che una quota del Fondo è vincolata per rafforzare i servizi sociali territoriali (almeno il 15% del Fondo, dice il testo, motivo per cui sono stati stanziati 262 milioni di euro per l’anno 2018 e 277 milioni di euro a partire dall’anno 2019): su di essi si gioca infatti la realizzabilità dei progetti personalizzati.

Il Piano contro la Povertà

Quello di oggi è un traguardo, ma non la fine della corsa. Intanto il Rei va realizzato, nella pienezza delle sue intenzioni e va realizzato su tutto il territorio nazionale: sappiamo quanto non sia cosa scontata. In secondi luogo c’è un Piano triennale contro la povertà che nasce oggi: è all’interno di questo piano che devono inserirsi i passi che ancora mancano per realizzare davvero universalismo e adeguatezza del ReI, che significa sia importi adeguati sia servizi adeguati. Ileana Piazzoni, relatrice alla Camera del ddl povertà, spiega che «la misura, in questa prima fase è destinata prioritariamente alle famiglie con figli minori, donne in stato di gravidanza, persone con disabilità o persone disoccupate ultra cinquantacinquenni. Vedrà l’avvio delle domande a partire dal primo dicembre, per giungere alla piena operatività dal primo gennaio 2018. Con il Reddito d’Inclusione il percorso verso l’introduzione della prima misura universale di contrasto alla povertà vede compiere un altro passo avanti, arrivando a raggiungere oltre 400.000 famiglie».

Il Piano contro la povertà, previsto dalla legge delega e ovviamente dal decreto odierno dovrà gradualmente ampliare la platea dei beneficiari e l’importo che ogni famiglia riceverà: «Non si può non rilevare la necessità di incrementare le risorse a disposizione già mediante la prossima la legge di bilancio», commenta Piazzoni.

Annamaria Parente, relatrice al Senato, sottolinea come sia «la prima volta che abbiamo una misura nazionale» e il «cambiamento di prospettiva importante, perché abbiamo una misura con due gambe, il trasferimento monetario e i servizi, attraverso il piano personalizzato. Governo e Parlamento si impegnano a reperire ulteriori risorse per rafforzare i servizi sociali sui territori, integrandoli con i Centri per l’impiego, le Asl e le scuole, per rendere realizzabile la misura sull’intero territorio nazioanale».

Il decreto odierno è anche il veicolo scelto dal Governo per stanziare i 212 milioni di euro che vanno a ripristinare il Fondo Nazionale Politiche Sociali alla quota precedente l’intesa Stato Regioni dello scorso 23 febbraio, intesa che di fatto aveva portato ad una decurtazione del Fondo per le politiche sociali di oltre due terzi, riducendolo a 99 milioni di euro.

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CONVENZIONE ONU: POCO DA STARE ALLEGRI, ANCHE NELLA VICINA SVIZZERA

Fonte www.superando.it – Certo non può consolare troppo, pensando ai pochi apprezzamenti e alle tante preoccupazioni espresse lo scorso anno nelle proprie Osservazioni Conclusive dal Comitato ONU sui Diritti delle Persone con Disabilità, rispetto alla scarsa applicazione in Italia della Convenzione ONU sui Diritti delle Persone con Disabilità. Né consola più di tanto il fatto che il nostro Paese abbia ratificato la Convenzione stessa cinque anni prima della Svizzera, con la Legge 18/09. E tuttavia prendiamo atto che nemmeno nella vicina Confederazione Elvetica le cose vanno meglio. Anzi. Basti pensare ad esempio al fatto dei tanti bambini con disabilità che vi sono costretti a frequentare le “scuole speciali”, confrontando tale situazione con quella di un Paese come il nostro, dove molte cose ancora non funzionano, ma che ad eliminare le “scuole speciali” ci è arrivato già da quarant’anni.

Tutto ciò emerge dal Rapporto Alternativo riguardante appunto l’applicazione della Convenzione ONU (ratificata dalla Svizzera il 15 aprile 2014), documento presentato in questi giorni al Comitato delle Nazioni Unite da Inclusion Handicap ed elaborato in stretta collaborazione con le venticinque organizzazioni che compongono tale Federazione, oltreché con il contributo diretto di numerose persone con disabilità e di vari esperti del settore.

«Gli ostacoli sono molti – si legge in una nota diffusa da Inclusion Handicap – e comprendono barriere architettoniche, discriminazioni sul posto di lavoro, mancata compensazione degli svantaggi durante la formazione, la pratica estremamente problematica dal punto di vista dei diritti dell’uomo e concernente il ricovero coatto in strutture psichiatriche. Al fine dunque di garantire l’effettiva applicazione della Convenzione ONU, assicurando alle persone con disabilità la piena partecipazione sociale e l’autodeterminazione della propria vita, va elaborato un piano concreto da parte della Confederazione e dei Cantoni in accordo con le organizzazioni delle persone con disabilità, ciò che al momento non esiste».

Sono tre in particolare i temi evidenziati dalla Federazione elvetica delle persone con disabilità, a partire dalle disparità sul posto di lavoro, rispetto alle quali, annuncia Pascale Bruderer, «depositerò un intervento parlamentare con cui chiederò di garantire a livello legislativo una protezione contro la discriminazione».

E ancora, le “scuole speciali” , di cui si è detto, che molti bambini con disabilità sono costretti a frequentare. Da ultime, ma non ultime, le barriere architettoniche e anche quelle informatiche.

«Il nostro Rapporto alternativo – sottolinea ancora Bruderer – descrive in modo sistematico tutti questi ostacoli, nei confronti dei quali è tempo di agire, ad ogni livello, perché è una responsabilità di ognuno di noi».

È disponibile a questo link il testo integrale (in lingua francese) del Rapporto Alternativo sull’applicazione in Svizzera della Convenzione ONU sui Diritti delle Persone con Disabilità, presentato da Inclusion Handicap al Comitato ONU sui Diritti delle persone con Disabilità.

Per ulteriori informazioni e approfondimenti: Sara Martinetti (Inclusione Andicap Ticino), sara.martinetti@inclusione-andicap-ticino.ch.

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PARIGI, FRA TESTIMONIAL ED EVENTI SI PUNTA ALLA PROMOZIONE DELLE PARALIMPIADI

Fonte www.superabile.it – Era la favorita e alla fine le Olimpiadi e le Paralimpiadi 2024 saranno assegnate proprio a Parigi. La capitale francese era la grande favorita e dopo l’accordo con Los Angeles – che si sposta sul 2028 avendo così la certezza di organizzare una edizione dei Giochi, seppur quattro anni dopo quella per cui si era candidata – la decisione ufficiale sarà presa a settembre dal Comitato olimpico internazionale.

Per Parigi quella del 2024 sarà la terza Olimpiade della storia e la prima Paralimpiade. Troppo lontani nel tempo infatti i precedenti olimpici – era il 1900 e il 1924 – per aver già avuto a che fare con il movimento paralimpico. Grande attenzione nel dossier della candidatura era stata assegnata alle Paralimpiadi. Il Comitato organizzatore si proponeva – e dunque si propone – di rendere le Paralimpiadi una grande opportunità per cambiare il modo in cui le persone guardano la disabilità.

E’ prevista una grande campagna di sensibilizzazione: il primo passo, veniva indicato nel dossier, sarà quello di lavorare a stretto contatto con le emittenti tv e in generale con i media, in modo da raggiungere l’obiettivo di far capire e conoscere meglio gli atleti del team paralimpico francese e non solo. Sono poi previsti eventi speciali in modo da suscitare e stimolare la curiosità del pubblico: dalla vendita dei biglietti al percorso della torcia olimpica tutto sarà creato in modo tale da significare il desiderio di creare una società dove tutti possano avere il proprio posto.

Per la promozione dei Giochi Paralimpici erano stati messi a bilancio 17 milioni di euro. Naturalmente Parigi 2024 poteva già contare sul sostegno degli atleti paralimpici francesi, ad iniziare da Amélie Le Fur (campionessa dell’atletica leggera, otto medaglie fra Pechino 2008, Londra 2012 e Rio 2016 ) e del giocatore di tennis in carrozzina Michaël Jeremiasz, portabandiera a Rio.

Con la sfida della promozione, il dossier di Parigi 2024 mette in evidenza anche la necessità di sviluppare infrastrutture con una capacità di accoglienza per tutti, di modo anche da sviluppare un’accessibilità piena della città.

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NARRARE LA DISABILITÀ, PER SUPERARE LE CREDENZE: CI SI PROVA IN KENYA

Fonte www.redattoresociale.itIncontrare, spiegare e “narrare” la disabilità per superare miti, credenze e relativo stigma: è quello che suggerisce un’indagine svolta dall’Istituto di Ricerca Medica del Kenya (KEMRI), proponendosi di scoprire come le superstizioni influenzino la comprensione (e l’accoglienza) della disabilità tra le popolazioni africane.

Molte persone, soprattutto nelle zone rurali, credono infatti che la disabilità sia causata da forze soprannaturali, come maledizione e “punizione”: di qui lo stigma, l’abbandono di cui queste persone, particolarmente vulnerabili, diventano vittima, subendo perfino, nel 90% dei casi, violenze sessuali, secondo quanto riferito dai ricercatori.

Molti bambini con disabilità sono tenuti in casa, “spesso bloccati”, per la loro sicurezza. Ma più le comunità entrano in contatto con la disabilità, più cresce la consapevolezza e la comprensione: è questa la tesi che sostengono i ricercatori, facendo riferimento al progetto “Preparazione delle comunità: l’utilizzo di narrazioni personali per influenzare le attitudini verso la disabilità a Kilifi, in Kenia (Pre-Call)”, promosso per incrementare la consapevolezza della disabilità nelle piccole comunità in una zona rurale del Paese, incoraggiando un processo di riflessione e di istruzione.

Le discussioni hanno coinvolto 21 gruppi di comunità in cinque circoscrizioni della Contea di Kilifi, per un totale di 263 partecipanti di diverse confessioni: cristiana (70%), tradizionale (20%) e islamica (10%). Secondo il ricercatore Karen Bunning, “le informazioni sulle cause mediche della disabilità infantile non sono disponibili in tutte le comunità dei paesi a basso reddito e la comprensione è generalmente scarsa. In Namibia, ad esempio, l’albinismo è spiegato dalla madre che ha rapporti sessuali con un uomo bianco o un fantasma. E in Guinea-Bissau, l’epilessia è ampiamente attribuita a spiriti maligni, talvolta come punizione per ingiustizie. Le diverse spiegazioni rappresentano un vero e proprio mix di credenze tradizionali, religiose e biomediche”. E così come una spiegazione in base alle credenze conduce spesso dallo stregone, così una spiegazione scientifica può portare ad un centro medico.

Spiega ancora Bunning: “Queste credenze culturali influenzano il modo in cui le persone con disabilità si percepiscono e vengono percepite. Èer questo, le persone con disabilità in Africa hanno scarso accesso alle prestazioni sanitarie, alla frequenza scolastica, al lavoro. Le conseguenze più estreme riguardano l’abuso e la violenza sessuale, subita dal 90% della popolazione con difficoltà di apprendimento. E lo stigma associato alle persone con disabilità è così grande che si estende anche a chiunque cerca di aiutarle. Ma abbiamo scoperto che più le persone entrano in contatto con la disabilità, più la loro comprensione migliora. Incontri reali con persone che hanno disabilità possono essere un passo veramente positivo”.

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UN’OFFESA A TUTTE LE PERSONE CON DISABILITÀ

Fonte www.superando.itA quanto si legge, dunque, sarebbe un imprenditore quarantenne e per giunta laureato, quell’automobilista multato nei giorni scorsi per occupazione abusiva di un parcheggio riservato, che aveva piazzato in un centro commerciale nei pressi di Milano un famigerato cartello diffamatorio, recante un testo ormai noto ai più e che riportiamo ai Lettori: «A te handiccappato [sic!] che ieri hai chiamato i vigili per non fare 2 metri in più vorrei dirti questo: a me 60€ non cambiano nulla ma tu rimani sempre un povero handiccappato……… [sic!]. Sono contento che ti sia capitata questa disgrazia!!!».

Avevamo già scelto di commentare con l’ironia di Francesco Giovannelli questa vicenda di per sé incommentabile, sottolineando per altro anche la scarsa conoscenza dell’italiano da parte dell’autore di quel cartello. Oggi, come detto, scopriamo anche trattarsi di un laureato, ciò che può far riflettere sull’eccessiva facilità con cui vengono rilasciati certi titoli di studio…

Chi invece ha puntato direttamente “al sodo” è stata la LEDHA, la Lega per i Diritti delle Persone con Disabilità che costituisce la componente lombarda della FISH (Federazione Italiana per il Superamento dell’Handicap), che ha deciso di sporgere presso la Questura di Milano denuncia-querela contro l’autore di quel gesto. «Le sue parole – sottolinea infatti Marco Faini, vicepresidente della Federazione lombarda – rappresentano una gravissima offesa per tutte le persone con disabilità». «Siamo di fronte a una violenza verbale gratuita e assolutamente immotivata – aggiunge – e poiché uno dei nostri obiettivi statutari è proprio quello del rispetto dei diritti delle persone con disabilità e dei loro familiari, per questo motivo abbiamo deciso di ricorrere alle vie legali».

«Auspichiamo dunque – conclude il Vicepresidente della LEDHA – che la persona venga sanzionata in base ai termini previsti dalla legge. A prescindere poi dall’esito dell’iter giudiziario di questa vicenda, vorremmo che egli trovasse il coraggio di chiedere scusa e soprattutto che venisse a trovarci, per conoscere veramente il mondo delle persone con disabilità».

Per ulteriori informazioni e approfondimenti: ufficiostampa@ledha.it

*Cui Anffas Onlus aderisce

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DOPO DI NOI, ECCO IL RIPARTO DEI 38 MILIONI PER IL 2017

Fonte www.vita.itLa seconda annualità del Fondo per il Dopo di noi è stata ripartita fra le Regioni. Si tratta di 38,3 milioni di euro (qui il riparto regione per regione), suddivisi fra le regioni in base al numero di persone con disabilità nell’età 18-64 anni, secondo i dati Istat. Il Decreto Interministeriale porta la data del 21 giugno 2017 ed è stato registrato alla Corte dei Conti il 21 luglio 2017, al foglio n. 1732. Ne dà notizia il Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali, dando seguito a quanto anticipato nelle settimane scorse dal sottosegretario Luigi Bobba.

Il Decreto è in corso di pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale della Repubblica Italiana. La Lombardia avrà quasi 6,4 milioni di euro, il Lazio e la Campania la stessa cifra, quasi 3,9 milioni, 3,3 andranno alla Sicilia e 3,1 milioni al Veneto. Oggi intanto anche il Molise ha pubblicato l’Avviso Pubblico per la selezione di progetti personalizzati per il ‘Dopo di noi’ e per la sperimentazione di soluzioni innovative per la vita indipendente per persone con disabilità senza il necessario supporto familiare, a seguito della determinazione del direttore generale n. 329 del 27 luglio 2017.

Il vicepresidente della Regione Molise, Vittorino Facciolla, ha sottolineato che possono presentare istanza di finanziamento le persone con disabilità grave, residenti in Molise almeno da 12 mesi prima della pubblicazione del suddetto Avviso, di età compresa fra i 18 ed i 64 anni (la guida di Anffas spiega tuttavia che questo limite di età non è corretto): «Le domande di accesso al contributo, ove ricorrano i requisiti richiesti, dovranno essere presentate all’Ambito Territoriale Competente per territorio. Non c’è una scadenza, bensì sarà possibile soddisfare le richieste fino ad esaurimento delle risorse disponibili, assegnate alla Regione Molise». Le risorse del Fondo nazionale assegnate al Molise sono pari a 450mila euro per l’anno 2016 e 191.500 euro per l’anno 2017.

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CLASSI CON ALUNNI CON DISABILITÀ: QUAL È IL LIMITE MASSIMO, 20 O 22

Fonte www.disablog.it – Una nota del Ministero dell’Istruzione ha creato non pochi malumori nel mondo della scuola perché scriveva che gli studenti con disabilità sarebbero potuti stare in classi formate al massimo da 22 alunni. Tuttavia il portale Superabile ha voluto fare chiarezza e provare a distendere gli animi sottolineando che no, la normativa non parla affatto di 22 alunni: gli studenti con disabilità possono stare in classi con non più di 20 alunni. Insomma, il limite dei 22 alunni era semplicemente stato un errore riportato dal Ministero e che lo stesso Ministero ha infatti provveduto a rettificare.

Ricordiamo quindi che il comma 2 dell’articolo 5 del D.P.R. n.81/2009 stabilisce che il limite dei 20 alunni per classe deve essere “giustificato” in rapporto alle “esigenze formative degli alunni con disabilità”.

Il testo afferma che “le classi iniziali delle scuole e degli istituti di ogni ordine e grado, comprese le sezioni di scuola dell’infanzia, che accolgono alunni con disabilità, sono costituite, di norma, con non più di 20 alunni, purché sia esplicitata e motivata la necessità di una tale consistenza numerica in rapporto alle esigenze formative degli alunni disabili, e purché il progetto di integrazione definisca in modo chiaro le strategie e le metodologie adottate dai docenti della classe, dall’insegnante di sostegno o da altro personale operante nel plesso scolastico”.

Insomma, il tetto dei 20 alunni per classe, stabilito laddove vi sia almeno un ragazzo con disabilità, è scritto chiaro e tondo nella legge ed è stato anche ribadito in più sentenze. Una delle più importanti fu quella del 2010 diramata dalla Corte Costituzionale, in occasione della quale si affermava che il suddetto limite “costituisce un presidio dell’adeguatezza dell’offerta formativa, in particolar modo nei confronti degli allievi con disabilità, costituendo forma di garanzia del loro diritto costituzionale allo studio”.