Fonte LEDHA – Ogni giorno e in ogni ambito della loro vita, le persone con disabilità subiscono episodi di discriminazione. Succede agli alunni e studenti che non ottengono un adeguato numero di ore di assistenza, alle persone in carrozzina che si spostano con i mezzi pubblici. Alle persone costrette a pagare quote eccessive di compartecipazione alla spesa socio-sanitaria. Tutte situazioni che vengono sanzionate dalla legge 67/2006, importante strumento giuridico per la tutela dei diritti delle persone con disabilità. Che però, a dodici anni dalla sua entrata in vigore, viene applicata ancora troppo poco nei tribunali italiani. È quanto emerge da una ricerca svolta da LEDHA-Lega per i diritti delle persone con disabilità nell’ambito del convegno “Disabilità: la discriminazione esiste e noi la combattiamo” che si è svolto giovedì 21 giugno presso l’Università degli Studi di Milano.

In questi mesi LEDHA ha svolto una ricerca presso gli archivi di alcuni tribunali italiani, attraverso cui l’associazione è venuta a conoscenza di appena 64 provvedimenti giudiziali emessi a seguito di ricorsi presentati sulla base della tutela introdotta dalla legge 67/2006. La maggior parte dei pronunciamenti sono stati effettuati dopo il 2011 e riguardano soprattutto l’accessibilità dei luoghi pubblici e l’inclusione scolastica. Un dato parziale, che sicuramente non esaurisce la totalità dei pronunciamenti di questo tipo, ma che permette comunque di trarre alcune conclusioni. “La legge 67/2006 costituisce indubbiamente uno strumento utile ed efficace per il contrasto alle discriminazioni, di cui però non sono state ancora sfruttate tutte le potenzialità -sottolinea Gaetano De Luca, avvocato del foro di Milano, consulente di LEDHA-. Un dato incoraggiante, infine, viene dal fatto che la quasi totalità dei provvedimenti di cui siamo a conoscenza ha accertato l’esistenza di una condotta discriminatoria. Solo quattro sono stati respinti, mentre gli esiti negativi in primo grado di altri due procedimenti sono stati poi ribaltati in appello”.

“Occorre lavorare intensamente per far conoscere alle persone con disabilità e ai loro familiari le potenzialità di questa normativa -commenta Alessandro Manfredi, presidente di LEDHA-. Nel corso dei primi tre anni di attività, il Centro Antidiscriminazione Franco Bomprezzi ha ricevuto più di 3mila richieste, contatti e segnalazioni. Segno che da parte delle persone con disabilità e dei loro familiari c’è un grande bisogno di informazioni e di supporto per vedere tutelati i propri diritti”.

Il bilancio del Centro Antidiscriminazione Franco Bomprezzi

Grazie l’attività svolta dal Centro Antidiscriminazione Franco Bomprezzi (CAFB) in questi primi tre anni di attività, LEDHA è diventata un importante punto di riferimento per tutte le persone con disabilità e loro familiari, volontari e operatori, che ritengono di subire una situazione di discriminazione.

Tra luglio 2015 e giugno 2018 state oltre tremila le segnalazioni arrivate al centralino del CAFB: 1.608 sono state gestite direttamente dall’operatore che svolge la funzione di filtro. Mentre 1.470 sono state gestite dai legali del CAFB. Di queste, quasi una su quattro (ovvero 576) sono relative a casi di discriminazione vietati dalla legge. Quasi uno al giorno, considerando solo i giorni feriali ed escludendo le chiusure dello sportello.

La tematica su cui il CAFB è stato chiamato più spesso a intervenire è ancora una volta la scuola (33% dei casi). “La prevalenza di segnalazioni relativa al tema dell’inclusione scolastica è dovuta, da una parte, al buon livello di consapevolezza sui propri diritti raggiunto dalle famiglie su questo tema. Dall’altro, dalla presenza di un ampio quadro normativo cogente e vincolante, che ha consentito a numerosi Tribunali di accertare diverse condotte discriminatorie e di condannare i relativi responsabili -spiega l’avvocato Laura Abet-. I genitori degli alunni con disabilità oramai conoscono sempre meglio i diritti dei propri figli e cominciano sempre più a riconoscere quando una determinata situazione, condotta o omissione possa essere ricondotta al concetto di discriminazione vietata dalla Legge 67/2006”.

A seguire il tema della compartecipazione al costo dei servizi socio-sanitari (12,40%), il lavoro (11,50%), l’accesso alle prestazioni sociali e sociosanitarie (8,50%), tutela giuridica (5,4%), barriere architettoniche (4,4%), accertamento dell’invalidità (3,45%), mobilità (32,6%), formazione professionale (1,64%), provvidenze economiche (1,15%), tempo libero (1%), agevolazioni fiscali (1%), protesi e ausili (0,9%), pensionistica (0,8%).

In questi tre anni di attività, i legali del Centro Antidiscriminazione Franco Bomprezzi hanno seguito centinaia di casi, accompagnando le persone con disabilità e i loro familiari lungo il precorso per ottenere il riconoscimento dei propri diritti. Come sta facendo la famiglia di Marco*, un ragazzo che vive nella provincia di Milano e soffre di una forma di autismo. A settembre, Marco inizierà la scuola secondaria e avrebbe voluto frequentare un Centro di formazione professionale, ma la sua domanda di accesso non è stata accolta. Non solo, alle richieste di chiarimento da parte dei genitori sui motivi di questa esclusione, l’istituto non ha fornito risposte esaustive.

“Abbiamo avviato una trattativa con l’istituto, inviando lettere di diffida, per chiedere la cessazione di questo comportamento discriminatorio -spiega l’avvocato Gaetano De Luca, che sta seguendo la vicenda-. La nostra speranza è che si riesca a trovare una soluzione del caso senza arrivare alle aule di tribunale, trovando un accomodamento ragionevole per garantire a Marco il diritto di frequentare la scuola che ha scelto”.

*il nome del ragazzo è stato cambiato per motivi di privacy

Per maggiori informazioni www.ledha.it